Recensione Ride to Hell: Retribution

Eutechnyx ci mostra come si possa pagare a caro prezzo uno sviluppo travagliato

Recensione Ride to Hell: Retribution
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Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Sviluppare un videogioco a basso budget richiede sforzi produttivi e concettuali spesso maggiori rispetto ai titoli Tripla A. Bisogna avere idee chiarissime, spiccate capacità di gestione delle risorse e, non ultimo, un certo talento nello sfruttare in maniera creativa i mezzi a disposizione. Gli sconosciuti Eutechnyx, spalleggiati evidentemente non benissimo da Deep Silver, non dimostrano in questo caso alcuna delle qualità sopracitate, mostrandoci con Ride To Hell: Retribution tutto quello che non avremmo mai voluto vedere in un videogioco.
    Passi un racconto poco sapido e passi anche una caratterizzazione dei personaggi praticamente inesistente, ma di fronte a una produzione dalle idee confuse e male implementate non si può soprassedere. In Ride To Hell: Retribution, per farla breve, non funziona niente. Il titolo si presenta come un action con una spuruzzatina shooter, ma tenta allo stesso tempo -e male- la via del free roaming. Mostra problematiche tecniche inarginabili e una realizzazione generale assolutamente inaccettabile.Propone infine meccaniche per nulla rifinite, trascinando il giocatore in un vortice di frustrazione senza fine.
    Un disastro completo: forse uno dei più clamorosi di questa generazione. Un titolo dal quale stare alla larga a partire dal 28 Giugno, day one in tutta Europa per le versioni Xbox 360, Playstation 3 e PC.

    Un vero duro?

    A livello narrativo Ride to Hell: Retribution è davvero poca cosa. Jake Conway, il protagonista, è un ex-militare appena rientrato dal Vietnam, con tutte le problematiche psicologiche che potete benissimo immaginare. Le grida di dolore e il canto cadenzato delle mitragliatrici ancora gli rimbombano nel cervello, ma tutto sembra passare quando finalmente riabbraccia lo zio ed il fratellino, ritrovando la famiglia a lungo abbandonata. L'idillio, naturalmente, non è destinato a durare. Di lì a poco, infatti, il fratello di Jake verrà brutalmente assassinato dai membri della Devil's Hand, una banda di motociclisti, locale un tempo rivale dei Retribution, dei quali il padre di Jake era leader. Vecchie ruggini che lo stesso protagonista si riprometterà di grattar via, agendo questa volta secondo la sua legge: quella della vendetta senza scrupoli.
    Capiamo bene, dunque, come la vicenda non sia altro che un pretesto per consentire a Jake di menare le mani e diventare "il figlio di suo padre". Il meccanismo, come in tante altre produzioni del genere, potrebbe anche funzionare; e fino ad un certo punto si regge. Almeno fino a quando Eutechnyx non decide di voler a tutti i costi trasformare il protagonista in un "badass", un motociclista con il fare da duro, dimenticando tutti gli spunti che sarebbero invece potuti scaturire da un approfondimento psicologico. Viene lasciato completamente da parte tutto lo strascico della guerra nel Vietnam, che avrebbe certamente potuto rendere più dettagliata la personalità di Jake, coinvolgendo maggiormente il giocatore. Viene minimizzato in alcuni casi addirittura il dramma personale, il passato evidentemente burrascoso della famiglia. Passi ancora ancora la "piattezza" dello zio e degli altri co-protagonisti, ma lasciare a margine addirittura i collegamenti con il padre o, in alcuni casi, il desiderio stesso di vendetta che muove Jake, sembra davvero troppo. Tutto viene sacrificato all'altare del machismo, inserendo intermezzi senza capo ne coda: Jake che fa sesso (in una scenetta peraltro ridicola) con una sconosciuta semplicemente per averla aiutata a recuperare le chiavi di casa. O ancora risse che si scatenano senza una motivazione apparente.
    Sesso, violenza, droga e rock'n'roll sono le tematiche, in una pessima amalgama che non coglie mai veramente lo spirito "anni '70", o gli ideali dei Bikers e degli Hippie che il team tenta in vari frangenti di rappresentare. Al di là delle "macchiette" a fare da spalla al protagonista, insomma, sono le idee di base, la metodologia e la regia a risultare puerili e senza carattere, dipingendo il quadro piuttosto chiaro di una produzione mai davvero curata. Dialoghi e sceneggiatura non fanno eccezione: incapaci di colpire il giocatore e dargli anche un singolo motivo per proseguire.

    Action? No. TPS? No. Free Roaming? Nemmeno!

    A livello ludico Ride to Hell: Retribution è un calderone di idee lasciate a metà, senza una vera logica. Nelle prime ore di gioco veniamo in contatto con il cuore action della produzione, che tratteggia un picchiaduro a scorrimento piuttosto banale. Al classico dualismo colpi deboli e potenti si uniscono parata e contrattacco, mutuate in maniera affatto efficiente dagli oramai plagiatissimi Batman di Rocksteady. Accumulato un certo quantitativo di rabbia, subendo e procurando danni, potremo infliggere attacchi particolarmente brutali a suon di Quick Time Event.
    La struttura, molto basica e di facile approccio, potrebbe sembrare l'ideale per una produzione del genere: non fosse per l'elevata ripetitività e la pessima realizzazione tecnica che contraddistinguono Retribution. Partendo da quest'ultima le problematiche sono innumerevoli e sconcertanti. Il sistema di controllo, in barba all'accessibilità, mostra evidenti problemi d'implementazione, lasciando il videoplayer a fare i conti con la totale mancanza di reattività degli input e con un sistema di lock on tremendo. Dinamismo e fluidità del corpo a corpo sono pesantemente inficiati soprattutto da un rilevamento inesistente delle collisioni, un parco animazioni limitatissimo, compenetrazioni poligonali continue ed una lista di bug praticamente infinita. Venire coinvolti negli scontri è praticamente impossibile, tanto più che l'impegno richiesto è minimo. Oltre a pigiare metodicamente i pulsanti, curandosi il necessario dell'effetto risultante, ci sarà chiesto ben poco. L'intelligenza artificiale nemica non riesce mai a metterci in difficoltà, anche qualora gli sfidanti fossero armati di tirapugni, chiavi inglesi ed altre amenità. Quasi sempre fermi come inermi sacchi d'allenamento, gli avversari si limiteranno di tanto in tanto a parare, subendo il resto dei colpi come raramente abbiamo visto in un action di questa generazione. Nemmeno il barlume di varietà introdotto da un pizzico d'interattività ambientale e dalla possibilità di raccogliere le armi lasciate dal nemico aiuta; ma rende se non altro un po' più interessante qualche scontro.

    A variare la progressione avrebbe dovuto pensarci la componente shooter, da alternare senza soluzione di continuità ai cazzotti, trasformando Ride to Hell: Retribution in un esplosivo mix action-TPS. Anche in questo caso di esplosivo c'è solo la frustrazione, poiché subentrano immediatamente altre problematiche di carattere tecnico a sopprimere ogni guizzo. I difetti risiedono alla base, legati alla sensibilità mal tarata degli strafe, che in fondo sciupa anche gli entusiasmi per qualche headshot andato a segno. Per riuscire a destreggiarsi nelle sparatorie bisogna infatti fare i conti con le notevoli difficoltà di spostamento del puntatore, irrisolvibili anche agendo sulla sensibilità delle levette analogiche. La discreta varietà di bocche da fuoco ed un sistema di coperture abbastanza ben implementato vengono in parte incontro al giocatore, che rimane sempre e comunque innervosito.
    Il dev team, soprattutto in questo frangente, dimostra un impegno produttivo minimo per risolvere problemi tutt'altro che insormontabili. L'aggiunta di un semplice lock on "magnetico", come quelli visti in COD o GTA, avrebbe semplificato enormemente le cose, e forse mitigato con una fase shooter più convincente il mal riuscito combattimento corpo a corpo.
    Sarebbero rimasti in ogni caso molti altri difetti: la già citata intelligenza artificiale, ad esempio, una varietà tra le file nemiche rasente allo zer,o e la linearità della progressione. Gli incarichi appaiono infatti molto monotoni: percorri il corridoio, abbatti i nemici in una stanza, percorri un altro corridoio. Basta ripetere l'operazione un numero imprecisato di volte, aggiungere minime variazioni, per avere un'idea di praticamente tutte trentasette (!!) missioni. Un piano d'azione chiaramente improponibile nel 2013, al quale il dev team aveva in effetti intenzione di apportare qualche "contromisura".

    Dopo una serie di missioni che potremmo considerare introduttive si aprirà quella che doveva essere la "fase free roaming" dell'avventura. Ci accorgeremo presto, in realtà, che la "libertà d'azione" sarà limitata alla sola cittadina natale di Jake: un piccolo centro rurale nel quale girovagare costretti tra assurde barriere invisibili, e interagire con appena tre NPC in totale. Il ricettatore di droga, per scambiare i pacchetti recuperati dai cadaveri, il negozio militare, che venderà armi, munizioni e manuali per imparare nuove combo, e infine lo zio di Jake, proprietario di un'officina nella quale modificare la motocicletta. Ognuna delle possibilità, sulla carta interessanti, appare in ultima analisi totalmente futile ai fini della progressione. Le poche combo garantite dal supporto del negoziante non aumentano di una virgola il coinvolgimento negli scontri, tantomeno ne mitigano la linearità. Le parti della moto, alla stessa maniera, influiscono solo esteticamente sulle fasi da centauro, che chiudono il quadro di una produzione davvero tremenda.
    Inserite con il compito di fungere da diversivo e collante tra una missione e l'altra -come le fasi di guida in GTA- si dimostrano il punto più basso di Retribution. Costretti sempre e senza appello a percorrere un tragitto ben definito, dovremo solo schivare gli ostacoli rappresentati da autovetture e camion, mentre, in stile Road Rash, i motociclisti della banda rivale tenteranno di disarcionarci. Questa fase mostra meccaniche vecchie di oltre un decennio: un immobilismo quasi surreale e la solita, pessima, realizzazione tecnica. Ritrovarsi su un binario a "lottare" premendo un pulsante in sequenza, per poi vedere l'avversario schiantarsi sempre con la stessa animazione, è un vero e proprio oltraggio videoludico. La chiara dimostrazione del mancato sforzo, anche minimo, per inserire quei guizzi, quegli spunti, che spesso anche senza grossi investimenti riescono a valorizzare una produzione. Non rimangono perciò molte parole per descrivere Ride to Hell: Retribution a livello ludico. Spinto da chissà quale smania di grandezza il team tenta di combinare fasi action, tps, di guida e free roaming: tutte realizzate malissimo e senza la minima convinzione. Un'IP la cui gestazione (annunciata nel 2008, cancellata nel 2009 e ripresa nell'Aprile del 2013) dimostra chiaramente la grande confusione che ne ha contraddistinto lo sviluppo. E i risultati non potevano che essere ugualmente disastrosi.

    Back to the Future

    Ride to Hell: Retribution, a livello tecnico, è un salto nel passato. Senza la nostalgia del caso. La modellazione poligonale è molto povera, e se i protagonisti principali mostrano ancora ancora qualche sparuto particolare a caratterizzarli, le comparse sembrano realizzate con lo stampino. Disastrosa la texturizzazione, indietro di oltre una generazione ed incapace di mostrare anche un solo scorcio minimamente interessante in oltre dieci ore di avventura. Altrettanto limitate e mal implementate le animazioni: pochissime, legnose, arretrate, inficiate da innumerevoli problemi di compenetrazione e da una marea di glitch più o meno fastidiosi. A livello visivo non si salva nulla. Anche il frame rate non riesce a rimanere solido e costante, nonostante quanto già detto e nonostante a livello d'effettistica Retribution non si permetta assolutamente di divagare dalla totale mediocrità.
    Leggermente meglio il comparto sonoro, caratterizzato da un doppiaggio quantomeno ascoltabile e da una colonna sonora di buona fattura, realizzata partendo da una playlist rock ed heavy metal anni '70 che riesce a galvanizzare indipendentemente dalla qualità dell'offerta ludica.

    Ride to Hell: Retribution Ride to Hell: RetributionVersione Analizzata PlayStation 3Disastroso. Non ci sono altri aggettivi per definire un titolo come Ride to Hell: Retribution. La gestazione travagliata ha certamente contribuito a peggiorare le cose, ma per un risultato del genere non ci sono scusanti. A livello ludico ogni elemento mostra un’inconsistenza disarmante: figlia di una cronica mancanza di idee e di uno sviluppo confusionario e mai focalizzato verso un obiettivo preciso. La struttura, che unisce male tanti generi diversi, è l’esempio più lampante, assieme alla frettolosa realizzazione tecnica, del tutto inaccettabile per un videogame in uscita agli sgoccioli della generazione. L’unico consiglio è di stargli quanto più possibile lontano.

    3

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