Recensione Starhawk

Analizzato il seguito di Warhawk

Recensione Starhawk
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  • PS3
  • Seguito "spirituale" di Warhawk e primo lavoro del team LightBox (nato dalle ceneri di Incognito Games), Starhawk si presenta sul mercato con il non facile compito di irretire un'utenza ormai assediata da Sparatutto declinati in tutte le salse. Per riuscire nell'impresa questa nuova esclusiva PlayStation 3 recupera non solo l'impostazione del suo predecessore, concedendoci la facoltà di passare senza soluzione di continuità da scontri terrestri a combattimenti aerei, ma aggiunge anche l'inedita possibilità di costruire al volo edifici, mezzi, torrette e strutture difensive, per incrementare il fattore strategico delle partite. Basterà l'insolito approccio di questo "Third Person Builder" per conquistare il pubblico?

    Geoenergia cercasi

    Starhawk è un titolo principalmente dedicato al multiplayer competitivo. Il supporto per 32 giocatori, la meticolosa attenzione per il level design delle mappe, il serrato divertimento delle partite giocate sui server, testimoniano che l'habitat naturale del prodotto è la Rete, ed il focus del team di sviluppo è sempre stato quello di ottenere un ottimo Sparatutto Online.
    Per non scontentare nessuno e giustificare il prezzo, Starhawk propone tuttavia una modalità Single Player, perfetta per introdurre agli utenti le meccaniche e fare in modo che si prenda confidenza con le molte variabili da considerare in una partita.

    "La particolarità di StarHawk è proprio la possibilità di impiegare le risorse energetiche per richiamare sul pianeta torrette, muri, garage e bunker."

    La trama della campagna principale racconta, attraverso sequenze che sembrano le tavole di una graphic novel molto cupa, la storia di Emmett Graves, pioniere partito alla conquista nello spazio durante la "Febbre dell'Oro Blu". Sui più inospitali pianeti della galassia è stata scoperta la preziosissima geoenergia, ed in molti sono partiti per accaparrarsi una fetta consistente dei profitti, costruendo siti minerari sulle catene di asteroidi o sulla superficie brulla dei corpi celesti. Emmett ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze dello sfruttamento incontrollato di questa insidiosa risorsa, che poco a poco riesce addirittura a penetrare nel cuore degli uomini ed a "contaminarli", trasformandoli in "bestie" senza più coscienza. Nel passato del nostro protagonista c'è infatti il fantasma di un incidente terribile, che gli ha strappato il fratello e lo ha segnato per sempre con una orrenda cicatrice fluorescente. Ma i segni più indelebili sono quelli dell'anima, e quella di Emmett sembra davvero cupa e rassegnata: il protagonista della vicenda è un eroe scuro e disilluso, diventato ormai uno "sciacallo". In pratica, una sorta di giustiziere che arriva nei siti minerari quanto gli assalti delle bestie sono ormai incontrollabili, e rimette a posto le cose.
    La trama di StarHawk, nonostante il setting possa sembrare in qualche maniera interessante, finisce per essere purtroppo molto scontata, nelle premesse quanto nelle conclusioni. Lo svolgimento senza colpi di scena lascia abbastanza insoddisfatto il giocatore, che ha modo di apprezzare soltanto l'insolita ambientazione, che incrocia elementi della science-fiction fantascientifica con i tratti degli Spaghetti Western e del racconto "di frontiera". L'insolito mix funziona, anche in virtù di un colpo d'occhio ben caratterizzato, in cui i panorami desolati di questo "Ovest Spaziale" si mescolano con il profilo di navi interstellari e installazioni industriali futuristiche.

    Immediatamente riconoscibile

    Al di là delle incertezze di una sceneggiatura sempre attenta a condire la progressione con qualche linea memorabile, la campagna permette di prendere confidenza con il variegato sistema di gioco di Starhawk. Il titolo ha mantenuto l'anima da Third Person Shooter del predecessore, conservandone anche il chiacchierato Control Scheme. La disposizione dei tasti, distante anni luce da quella canonica, riesce a farsi apprezzare soltanto dopo qualche sessione di gioco, in cui si superano i primi scogli e si metabolizza la funzione dei front button e dei dorsali.

    "La trama di StarHawk, nonostante il setting possa sembrare in qualche maniera interessante, finisce per essere purtroppo molto scontata, nelle premesse quanto nelle conclusioni. Lo svolgimento senza colpi di scena lascia abbastanza insoddisfatto il giocatore, che ha modo di apprezzare soltanto l'insolita ambientazione"

    Falciando orde di avversari con il corposo armamentario a disposizione (si va dal lanciarazzi al fucile da cecchino, da selezionare grazie ad una Weapon Wheel che si apre con il D-Pad), il protagonista accumula geoenergia, da sfruttare per costruire strutture offensive o difensive. La particolarità di StarHawk è proprio la possibilità di impiegare le risorse energetiche per richiamare sul pianeta torrette, muri, garage e bunker. Nel corso dei livelli ci sono sessioni classiche, in cui avanzare verso l'obiettivo massacrando a suon di fucilate le bestie che ci bloccano in cammino. In altre occasioni si deve invece "tenere la posizione" difendendo un estrattore o un altro bersaglio sensibile: in questi momenti, in attesa dell'arrivo delle ondate di nemici, ci troviamo quasi a giocare ad un moderno Tower Defence: potremo costruire torrette antiaeree o postazioni di guardia, muri e cancelli per allestire una linea difensiva. Accumulando abbastanza materiale saremo in grado di piazzare anche delle torri di comunicazione, che richiameranno automaticamente le truppe mercenarie in grado di fornirci supporto e fuoco di copertura.
    L'introduzione di queste novità potrebbe far pensare, sulle prime, ad una troppo marcata revisione della formula di gioco. Il bilanciamento dell'esperienza è invece più che buono: il titolo Lighbox lascia più spazio possibile al videogiocatore, che oltre a piazzare le strutture deve restare sempre al centro dell'azione per non vedersi sopraffatto. Su ogni torretta piazzata, ad esempio, potremo salire in prima persona, per massimizzarne l'efficacia direzionando manualmente il fuoco.
    Oltre a muraglie e postazioni di fuoco, sarà possibile costruire Garage che ci daranno accesso ai molti veicoli disponibili, utili per spostarsi da un'area all'altra (i rapidi Scooter antigravitazionali) o per bombardare le linee nemiche (i potenti Tank). Ma la soddisfazione più grande si ha piazzando un Launch Pad, che ci darà accesso (finalmente) al mech ibrido StarHawk. Nella sua forma classica questo gigante meccanico ci permette resistere ad assalti molto duri, ed in ogni momento, con una trasformazione da far invidia agli Autobot, il nostro StarHawk può trasformarsi in un rapido Jet spaziale, in grado di sorvolare le aree di gioco per darsi al dogfighting più spinto. Si arriva così alla terza componente del gameplay: gli scontri aerei. Una volta selezionato il sistema di controllo più adeguato alle nostre esigenze (ce ne sono tre tipologie che permettono di gestire in maniera diversa la mira, ed è stato totalmente abbandonato il controllo tramite SixAxis), possiamo solcare i cieli alla ricerca dei caccia nemici. Si scopre così l'estrema cura riposta anche in questo aspetto. Il nostro velivolo è dotato di Flare per disperdere i missili a ricerca, ed è in grado di eseguire manovre difensive ("Do a Barrel Roll!"), che permettono di schivare le smitragliate o di eseguire giri della morte per entrare in coda agli avversari. Le varie armi (mine, missili a ricerca, bombardamenti a tappeto) vanno recuperate sul campo, e globalmente il dogfighting di Warhawk risulta parte integrante dell'esperienza di gioco, solido e divertente.
    La campagna per singolo giocatore si rivela quindi piacevole da giocare, soprattuto grazie all'ottima varietà di situazioni, che si avvantaggia anche di una inaspettata vivacità degli ambienti di gioco (nonostante lo stile sia alle volte un po' generico). Sette ore sono sufficienti per portarla a termine, ma se si vogliono massimizzare le prestazioni conquistando i premi d'oro, si può spendere anche più tempo a giocare l'avventura di Emmett. Non consiglieremmo però il titolo solo per la sua campagna principale, molto varia e costruita discretamente ma senza picchi d'eccellenza né momenti memorabili. Del resto, come abbiamo detto in apertura, StarHawk è un prodotto pensato principalmente per il Multiplayer Competitivo.

    E proprio sui server online il titolo LightBox trova la sua ragion d'essere. Tutti gli elementi del gameplay, dal sistema Build & Battle alla possibilità di prendere il volo, sono trascinati anche nella componente multigiocatore, per partite che finalmente hanno un sapore diverso da quelle di tanti altri congeneri meno creativi. Se la presenza del dogfighting fu il punto di forza del precedente WarHawk, in questo caso abbiamo ancora più carne al fuoco. Immaginate che cosa può significare la possibilità di costruire a piacimento torrette e strutture difensive: la mappa di gioco abbandona la sua staticità, per trasformarsi in una struttura mobile, dinamica, diversa ad ogni partita e pronta ad assecondare i capricci dei 32 giocatori che su di essa si danno battaglia. Il consiglio è quello di cominciare a giocare in partite più contenute, per imparare a conoscere il level design, i punti di interesse, le caratteristiche delle varie modalità. Una volta assimilata la logica di base potete darvi alla mattanza del 16 contro 16, prendendo parte a scontri sinceramente epici, dove i bombardamenti degli Hawk infiammano i cieli ed i fasci laser delle torrette antiaeree schizzano sulle sommità dei Bunker.

    "Il motore grafico è senza ombra di dubbio più performante rispetto a quello di WarHawk, anche se Lightbox ha preferito sacrificare l'abbondanza poligonale ed il dettaglio per garantire stabilità e fluidità."

    Il set di modalità a disposizione è abbastanza classico, ma StarHawk riesce a vivacizzarlo grazie al suo concept. La modalità più riuscita è senza dubbio "Cattura la Bandiera": in ogni partita l'assalto alla base nemica va studiato con cura, dal momento che la struttura è costruita direttamente dai giocatori, e bisogna scoprire le falle del progetto e i sistemi per avvicinarsi al nostro target incontrando meno resistenza possibile. Una volta conquistato l'oggetto del contendere si hanno a disposizioni diversi modi per allontanarsi, sfruttando il supporto dei compagni o richiamando uno dei garage per salire sui veicoli a disposizione. Ma anche in questo caso bisogna stare attenti: conservare la geoenergia per preparare la fuga, oppure impiegarla per massimizzare le difese della nostra base? C'è un pizzico di strategia spicciola in StarHawk, ma questa basta per vivacizzare ogni match senza complicare le cose.
    Divertente anche la modalità Zone, mentre il Deathmatch è forse il Game Mode meno apprezzabile. Per gli amanti del volo c'è anche l'opzione per partite esclusivamente dedicate ai combattimenti aerei: un'introduzione assolutamente piacevole, data la qualità dell'impianto di gioco.
    Finalmente, poi, StarHawk abbandona perks e killstreak per tornare ad un sistema interamente basato sulle abilità del videogiocatore: l'aumento di livello del personaggio è legato solo ed esclusivamente allo sblocco di elementi estetici per la personalizzazione dell'avatar, e non ci sono loadout o slot abilità. Tutte le armi si recuperano sul campo, eventualmente richiamando un Bunker al cui interno sono posizionate le bocche da fuoco più potenti.
    Nonostante una certa difficoltà a trovare partite (il matchmaking deve essere rivisto) ed alcuni momenti di sconforto nei match più affollati, il netcode è stabile, ottimizzato grazie ai lunghi periodi di Beta, e l'offerta di mappe inaspettatamente variegata, sia a livello strutturale che dal punto di vista stilistico e cromatico. Il punto di forza dell'online di StarHawk, insomma, è questo suo essere "fuori dagli schemi": non solo facendosi carico di un "ritorno alle origini" nell'abbandono di Perks e quant'altro, ma anche inserendo elementi inediti per porsi come seria alternativa alla standardizzazione degli sparatutto.
    C'è anche, per gli amanti del gioco cooperativo, una modalità "orda", che appare appena un leggero e disimpegnato passatempo. Non sempre stimolate (soprattutto per gli svarioni dell'IA), questo game mode si limita a replicare in rete gli assalti già sostenuti più volte durante il Single Player. Adatto soprattutto a chi non ama la competizione, ma poco efficace anche in virtù della facilità a tratti disarmante.

    A tratti Stupefacente

    Dal punto di vista tecnico StarHawk riesce a stupire soprattutto per la quantità di oggetti che riesce a gestire, alternando senza soluzione di continuità la dimensione da Third Person Shooter con le vedute "totalizzanti" del combattimento aereo. Il motore grafico è senza ombra di dubbio più performante rispetto a quello di WarHawk, anche se Lightbox ha preferito sacrificare l'abbondanza poligonale ed il dettaglio per garantire stabilità e fluidità. Questo è vero soprattutto nelle partite online, mentre nel corso della campagna single player la pulizia della scena è maggiore e le texture appaiono meglio definite. Niente di speciale, bisogna essere sinceri; neppure sul fronte delle animazioni si registrano risultati di spicco, anche se la fluidità dell'azione è encomiabile, ed in linea di massima l'approccio scelto dal team ci sembra quello giusto per valorizzare il prodotto.
    Premuto fino in fondo il pedale dell'effettistica, con particellari ed esplosioni realizzate al meglio.
    La sensazione di meraviglia non può che coglierci, però, proprio quando vediamo materializzarsi sullo schermo le strutture richiamate dai capricci di 32 giocatori, o gli Hawk che solcano i cieli caratterizzando uno scenario bellico in qualche maniera totalizzante, che si avvicina per complessità a quello dei migliori shooter "corali" di questa generazione. Un risultato tecnologicamente impressionante, che va senza ombra di dubbio premiato.

    Buono il comparto stilistico, un po' più cupo e disperato rispetto a WarHawk, e adeguato a riprodurre i tratti da "Western Futuristico" che accomunano questo titolo a molti altri in circolazione o di prossima uscita. Come si diceva, certe strutture e alcuni veicoli hanno un design un po' triviale, ma il profilo degli StarHawk e l'architettura di alcune stazioni spaziali costruite nelle fasce di asteroidi risolleva la situazione. C'è sempre l'idea che con un lavoro di design più curato il titolo avrebbe potuto aspirare a ben altri risultati.
    Il comparto sonoro non brilla eccessivamente: buono il doppiaggio italiano, anche se ci tocca sentire improvvisi cambi di tono che rovinano un po' l'immersione. I brani d'accompagnamento ricordano da vicino quelli di uno western d'antologia, interrotti ogni tanto da effetti "sintetici". La selezione è però esigua, e spesso la musica tende a svanire fagocitata dagli effetti sonori, non sempre ispirati.

    Starhawk StarhawkVersione Analizzata PlayStation 3StarHawk, così come il suo predecessore, è un'esclusiva solida, anche se non di quelle più chiacchierate. Riesce nell'impresa di vivacizzare il multiplayer competitivo, introducendo elementi insoliti e originali, che dimostrano quantomeno un po' di coraggio, nell'affollato panorama di shooter tutti uguali. Non è un titolo perfetto (qualche incertezza del Matchmacking, un po' di confusione nelle partite più affollate), e sicuramente non può vantare il bilanciamento preciso e meticoloso di tanti altri sparatutto, ma si propone come valida alternativa all'uniformità dell'offerta globale. Diventa quindi adatto a partite serrate ma mai nervose, che permettono di adottare un approccio sempre diverso: ora si schizza in volo a bordo degli StarHawk, ora si costruisce un piccolo bunker per sostenere l'avanzata dei nemici, ora ci lanciamo in assalti mordi e fuggi per rubare la bandiera e scappare a bordo di uno dei molti mezzi a disposizione. Pur senza la “grazia” delle produzioni tripla A (non dal punto di vista tecnico, né da quello artistico), gli amanti del gioco in rete gli concedano una chance. Soppesino attentamente, invece, coloro che vogliono testare solo il Single Player: la durata della campagna è nella media, ma nonostante la buona varietà di situazioni trama e interpreti non sono caratterizzati al meglio, ed il rischio è quello di restare un po' delusi.

    7.8

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