Recensione Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan

Continua la collaborazione tra Activision e Platinum Games: dopo The Legend of Korra e Transformers Devastation, il team giapponese torna sui nostri schermi con Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan.

Recensione Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan
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  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Mutanti a Manhattan è l'antitesi di quello che un buon action game dovrebbe essere. È un gioco così tremendo che sarebbe stato brutto anche nell'epoca dei Tie-In brutti. E pensare che arriva in un momento storico in cui, invece, se ne trovano persino di decenti. Anche senza aspirare ai livelli di Batman, ci saremmo accontentati di un prodotto dimesso e onesto: magari inferiore a l'Ombra di Mordor, un po' meno in vista di Mad-Max; qualcosa sulla falsariga del Transformers pubblicato qualche mese fa dalla stessa Activision, e alla stessa maniera sviluppato da Platinum Games. E invece no: TMNT è brutto bruttissimo. Persino se siete fan sfegatati delle Tartarughe Ninja, anche se ci siete cresciuti assieme alla fine degli anni '80, non dovreste comprarlo. A meno che non siate convinti collezionisti di trash videoludico, ovviamente. Che poi, a dirla tutta, Mutanti a Manhattan non è neppure trash vero e proprio, né ricercato né involontario: semplicemente non funziona, ognuna delle sue componenti è rotta, mal messa, storta. L'umorismo è spuntato, il combat system claudicante, il level design insipido, la struttura delle campagna incomprensibile. Proprio nel momento in cui annuncia la chiusura della divisione interna che supervisiona lo sviluppo di titoli su licenza, insomma, Activision ci consegna questo disastro bell'e buono. A farne le spese sono soprattutto i Platinum Games, che "macchiano" il loro curriculum con un prodotto davvero terribile: un'indimenticabile tragedia videoludica.

    Gli elementi del disastro

    Che lo sviluppo di Mutanti a Manhattan non sia andato proprio come previsto lo si capisce anche dal menù iniziale, affollato di voci inutili e non proprio facilissimo da navigare, e la sensazione si ripresenta quando diamo un'occhiata alle cut-scene. Non è tanto la qualità del colpo d'occhio, che anzi rimane decente, grazie ad un Toon Shading non proprio esaltante ma neppure da buttare. TNMT recupera insomma la tecnica di The Darkness 2 e Borderlands per presentarsi con un look da fumetto, con i dettagli che sembrano disegnati a mano su texture dai colori uniformi. Peccato che tutto il resto sia un disastro: la sceneggiatura lenta e noiosa, i dialoghi monotoni, la regia inesistente. Il doppiaggio italiano, per quanto non raggiunga i livelli dell'indimenticabile Mortal Kombat 9, ci mette del suo, recitato purtroppo senza alcuna verve e pronto insomma a disinnescare l'ironia che avrebbe dovuto animare le scene d'intermezzo. E invece le battute non funzionano, non hanno nerbo, suscitando lo stesso effetto di quelli che spiegano le barzellette. Ma fin qui, sia chiaro, non c'è nulla di strano: TMNT non è certo un progetto sviluppato con budget faraonici, e non ci aspettavamo nulla di più. Dal punto di vista narrativo e tecnico il gioco si accontenta di galleggiare sul confine fra la sufficienza e l'oblio, sicuro di poter colmare lo scarto coi colleghi grazie all'affetto che i fan provano nei confronti del brand. Inspiegabile è quello che scopriamo quando procediamo ad esplorare le qualità ludiche della produzione. Il gameplay di Mutanti a Manhattan è tutto sbagliato, ed è difficile anche solo scegliere da dove cominciare a raccontarvi perché. Il Combat System si basa, molto classicamente, sull'alternanza di due tasti d'attacco, con cui si possono eseguire le combinazioni di base. C'è poi la possibilità di eseguire una serie di mosse speciali, che vanno lasciate ricaricare dopo l'uso, richiamando un invasivo menù grazie ad uno dei dorsali. Per quanto efficaci dal punto di vista coreografico, questi attacchi non sempre si integrano in maniera fluida con l'azione di gioco, rendendola più frammentata di quanto già non sia. Il problema principale è però la presenza di quattro personaggi sullo schermo, che attaccano contemporaneamente finendo per combinare un gran casino. Il giocatore ha la possibilità di saltare da una tartaruga all'altra, ma in ogni momento gli altri tre fratelli lo seguiranno per i livelli di gioco, scagliandosi contro gli avversari, apparentemente sordi alle indicazioni che è possibile impartirgli.

    L'Intelligenza Artificiale che li controlla sembra piuttosto aggressiva, e li lancia a testa bassa verso la minaccia più vicina. Ne esce un guazzabuglio incomprensibile di fendenti, shuriken, tranci di pizza ed effetti speciali, che rende l'azione appesantita e difficilmente leggibile. L'animazione della parata, una sorta di trottola che le Tartarighe fanno ruotando sul guscio, è così difficile da interiorizzare che eseguire una schivata o un contrattacco (soprattutto nel caos incontrollato degli scontri) è questione di fortuna e non di abilità. La telecamera bizzosa ed il sistema di lock-on dei nemici che sembra quasi schizofrenico, danno il colpo di grazia al prodotto. Che vogliate giocarlo da soli o in co-op con altri tre utenti, Mutanti a Manhattan metterà a dura prova i vostri nervi, tormentandovi senza tregua. E poi c'è la struttura della campagna, divisa in dieci missioni che è possibile affrontare nell'ordine che preferiamo, inseguendo le losche attività di Shredder e del Clan del Piede. Un'idea di per sé interessante, se non fosse che poi i livelli si rivelano strutturati come condensate aree open-world, dall'estensione francamente risibile, in cui dobbiamo occuparci di missioni trite e insipide. Visto che l'esplorazione non è piacevole né stimolante, e che gli stage sono stati assemblati con un riciclo davvero spietato di asset ed elementi architettonici, l'unico effetto di questa deriva sandbox è quello di smorzare i ritmi dell'azione, di diluirla, costringendoci ad affrontare incarichi di dubbio gusto e utilità, fino a che non avremo attirato l'attenzione del boss di turno. Ecco un'altra nota dolente: dimenticatevi le titaniche boss fight da sempre marchio di fabbrica di Platinum Games, perché qui ci sono solo estenuanti battaglie uguali a sé stesse, lunghissime e noiose, bilanciate in maniera terribile. La curva di difficoltà è inspiegabile: alle volte possiamo lasciare il pad appoggiato sul divano e vedere le altre tartarughe che massacrano impunemente l'avversario; in altri casi la sequenza di attacchi ai nostri danni è così insistente e spietata da non lasciare scampo.

    TNMT è un titolo che fa salire il nervoso, minacciando seriamente (!) l'integrità dei vostri pad. Per le prime ore di gioco si va avanti sospinti da una curiosità quasi morbosa: "non può essere davvero così brutto", viene da pensare. E invece no, fidatevi: lo è. Il sistema di sviluppo delle abilità non è intuitivo né trainante, le ambientazioni avvolte da un grigiume pervasivo, e mentre si tenta di proseguire verso il finale (a cui è comunque possibile arrivare dopo 6 ore di moderata agonia), l'unica sensazione che ci accompagna è di profonda tristezza, consapevoli del terribile spreco a cui siamo di fronte.

    Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a ManhattanVersione Analizzata PlayStation 4Non c'è nessun modo di giustificate TMNT: Mutanti a Manhattan. Le citazioni al classico per NES, i guizzi del toon shading e quella coppia di battute inspiegabilmente più riuscite di tutte le altre svaniscono di fronte all'imbarazzante pochezza ludica della produzione. I combattimenti sono chiassosi e a tratti incomprensibili, il sistema di parate e contrattacchi sembra pensato per mettere il giocatore in difficoltà, la telecamera ingestibile rimarca in ogni momento la superficialità con cui è stato sviluppato il gioco. Anche se siete accorati sostenitori del quartetto mutante, o infervorati fan di Platinum Games, dimenticatevi di quest'ultima avventura videoludica delle “Tartarughe Ninja”: destinatela all'oblio che merita.

    3.5

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