Thief: abbiamo trascorso sei ore nei panni di Garrett

Sei ore passate in compagnia del ladro di Eidos Montreal

Thief: abbiamo trascorso sei ore nei panni di Garrett
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Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • E' normale che le aspettative per Thief, reboot della storica saga firmata Looking Glass Studio, siano letteralmente alle stelle. Il titolo del 1998, come abbiamo sottolineato nel nostro speciale, ha di fatto contribuito a fondare le regole di un genere fra i più apprezzati dai giocatori "duri e puri", rimanendo per sempre scolpito a fuoco nella memoria di una generazione. Eidos Montreal, sotto la direzione attenta di Nicolas Cantin (una delle tre persone che hanno "inventato" l'originale Assassin's Creed), ha adesso il compito di riportare alla ribalta il brand, scrivendo un'altra pagina nella storia dello Stealth Game.
    Noi di Everyeye.it siamo stati nelle freddissime regioni del Quebéc, abbiamo giocato a Thief per oltre sei ore e intervistato gli sviluppatori, per darvi la più completa panoramica sul titolo in arrivo il 28 Febbraio su PC, Ps4 e Xbox One, ma anche sulle console della scorsa generazione.

    Luci ed ombre della Città

    Basta un momento perchè Thief ci conquisti con la sua estetica tenebrosa e malinconica. Il gioco si apre inquadrando la Città, enorme distesa di casupole e palazzi che si specchia sulle acque tetre e limacciose di un fiume nero. Chiaramente ispirata alla Londra vittoriana, la Città è avvolta da un alone sinistro, un senso di scacco esistenziale che si diffonde fra le strade come i miasmi dello smog. Proprio come nella Dunwall di Dishonored (titolo a cui Thief è stato più volte paragonato), anche qui una strana pestilenza incancrenisce interi quartieri. Ma non è solo la peste che fiacca il popolo: ci sono anche le smanie del Barone, corrotto signorotto locale, fautore di un progresso tecnologico che ha tolto lavoro al popolo e rigettato per le strade fumi oleosi e penetranti.
    La Città è, al pari di Garret, vera e propria protagonista dell'avventura: un ecosistema depravato da scoprire, esplorare, e forse persino da salvare, improvvisandosi nuovamente (anti)eroi come ai tempi di The Metal Age.
    I primi minuti in compagnia del nuovo Thief, in ogni caso, mettono subito in chiaro la profonda distanza narrativa che c'è fra questo nuovo capitolo e la precedente trilogia. Il Garret che ci troviamo di fronte è "liberamente ispirato" a quello che conoscevamo: ancora cupo, schivo e taciturno, ma sicuramente un protagonista diverso e ben più presente. Gli eventi dell'incipit ci raccontano di un terribile incidente che segna per sempre il destino del nostro ladro di poche parole. La sua protetta Erin, avventata e testarda, cadrà proprio sotto i suoi occhi solo per non averlo ascoltato, ficcando il naso in uno strano rituale che sembra aver risvegliato sopite forze oscure. L'esplosione di energie arcane coinvolgerà anche Garrett, trovato esangue e salvato in extremis, portato lontano dalla sua Città in attesa di un recupero integrale. Quando, un anno dopo, Garret rimetterà piede nei quartieri che un tempo gli appartenevano, tutto sarà in qualche modo diverso. E non solo perché le spietate politiche del Barone e le fetide esalazioni della pestilenza avranno fiaccato alla base il già flebile tessuto sociale, ma perché Garret stesso sarà tormentato da strane visioni, da ricordi terribili e sciagurati presentimenti.

    La trama, nelle prime ore dell'avventura, resta volutamente misteriosa, tornando più e più volte ad insistere su Erin, che compare come un fantasma nella mente di Garret: regina delle sue incomprensibili allucinazioni, sembra volergli indicare una via per scoprire quello che sta succedendo alla Città. Le quattro missioni iniziali, che durano da sole cinque ore abbondanti di gioco, introducono da una parte le personalità di spicco di questa società marcia, dall'altra fanno emergere una potente componente paranormale, che alle volte si fa fin troppo insistente.
    Mentre Garret incontra Orion, capo "spirituale" dei poveracci e dei derelitti che vogliono opporsi allo strapotere del Barone, le sue visioni si fanno quasi assillanti, e le sue scorribande lo portano persino a scoprire strane creature che si nascondono nelle profondità della terra, fra le rovine perdute che ancora giacciono sepolte sotto la Città.
    A onor del vero il plot di Thief sembra in queste prime fasi di gioco zoppicare un po'. Alle scene di intermezzo manca forse il pathos, l'intensità, e troppe linee si aprono tutte insieme. L'elemento esoterico è leggermente fuori contesto, i personaggi non bucano lo schermo, ed al racconto manca un po' di coerenza e di intensità. Speriamo che il team sappia tirare i fili del racconto senza ingarbugliarli, perché nel corso di queste prime ore di gioco è stato proprio l'elemento narrativo il più debole della produzione, in opposizione con l'ottima caratterizzazione artistica e concettuale dell'ambientazione, e con un gameplay calcolatissimo.

    Cleptomania

    Se avete amato alla follia i primi Thief, vi basti sapere questo: pur promuovendo una sostanziale riscrittura delle dinamiche di gioco, e cercando una sua precisa identità nel panorama (non troppo affollato) degli stealth game, il titolo di Eidos Montreal riesce con estrema efficacia a conservare alcuni di quelli che erano gli elementi costitutivi del suo progenitore. Soprattutto, è la tensione costante nel corso dell'esplorazione a risaltare: l'urgenza di un'attenzione continua ed ininterrotta, l'idea di non avere nessun approdo sicuro, e la necessità di tenersi sempre in movimento. Basterà questo a mandare in fibrillazione i fan di vecchia data, che nel nuovo Thief troveranno un erede eccezionale dell'originale.
    E' bene chiarire fin da subito che, nonostante molti tratti in comune con il già citato Dishonored, Thief prende una direzione diametralmente opposta rispetto al titolo Arkhane. Nell'avventura di Corvo tutto si giocava sulla completa libertà di movimento. La verticalità dei livelli e le doti soprannaturali del protagonista permettevano di schizzare sui tetti, portandosi lontano dagli sguardi indiscreti delle guardie, per dominare ogni cosa dall'alto come uno spietato assassino.
    In Thief, invece, Garret non può neppure saltare liberamente. Il suo rapporto con l'ambiente è del tutto particolare: con la pressione di un tasto dorsale possiamo arrampicarci sulle varie strutture che compongono gli stage, scavalcare ostacoli e muretti, ma in linea di massima non potremo mai "dominare" il level design e scardinarne le regole. Piuttosto, dovremo confrontarci con la conformazione degli stage, nei panni di un ladro evidentemente più umano di Corvo. Garrett striscia come un ratto negli angoli bui della città, ombra tra le ombre, scivolando grazie alla pressione di un tasto con una sorta di scatto, che ci permette di passare da un angolo buio all'altro. Tutto l'impianto stealth di Thief gioca quindi sull'opposizione tra luce ed ombra: vulnerabili quando siamo investiti dal chiarore di una torcia, invisibili quando siamo protetti dal manto del buio, dobbiamo aggirarci furtivi negli stage, spegnere le candele, soffocare i falò. Thief è insomma un gioco molto "nervoso", forse addirittura cattivo: non c'è mai modo di scappare dal confronto con le guardie, e bisogna calcolare ogni passo, chiudere ogni porta alle nostre spalle, restare fermi immobili ansimanti a pochi centimetri dal muso di una sentinella invadente che ficca il naso in ogni angolo.

    Si deve stare attenti a tutto: agli uccelli in gabbia che gracchiano al nostro passaggio, ai cani che possono fiutare il nostro odore, alle fiaccole che anche solo in un attimo potrebbero rivelare la nostra presenza.
    Dopo un primo periodo di adattamento, il gameplay di Thief si rivela diretto ed efficace, perfetto per metterci nei panni di un ladro che può contare solo sulla sua furtività. Gli scontri, del resto, vanno davvero evitati: troppo impacciati ed evidentemente impari, finiscono male dopo un paio di fendenti ricevuti. Meglio restare sottotraccia: e allungare le mani su tutti gli oggetti preziosi che disseminati nelle stanze, nei bordelli, nelle botteghe dei gioiellieri. Un'altra cosa che Thief riesce a far bene è quella di trasmettere un'ossessione quasi viscerale per il furto. Trafugare gioielli, specchi e forbici preziose, gemme, è una questione di importanza vitale, sia per rimpinguare il portafoglio, sia per rimpolpare la collezione di oggetti unici che Garret tiene nel suo covo, nella torre dell'orologio. E allora eccoci a frugare in ogni cassetto, aprire ogni armadio ed ogni scrigno: peccato che per cercare questi oggetti serva tempo e attenzione, e che le guardie siano sempre dietro l'angolo. E' proprio da questo contorto rapporto che si genera la tensione di cui si diceva: il giocatore sente il bisogno di prendersi i suoi tempi, di esplorare, di rubare anche le poche monete scivolate dalle tasche del padrone di casa e finite sotto una poltrona. Ma d'altro canto attardarsi troppo in una stanza ci espone a parecchi rischi. Bisogna allora trovare il modo per mettersi al sicuro, magari stordendo le guardie oppure distraendole con una bottiglia scagliata nel punto giusto.
    Nelle stanze, fra l'altro, si nascondono davvero molti segreti. Interruttori celati dietro le cornici dei quadri, serrature da forzare con i grimaldelli, casseforti di cui non sappiamo la combinazione. Ci vengono in aiuto le nostre percezioni acuite, una sorta di "visione oscura" che ci permette di evidenziare i punti di interesse.

    Un po' criticata dai fan di vecchia data, questa opzione si è rivelata poco invasiva e ben integrata. Nelle prime fasi dell'avventura ci permetterà soltanto di avere qualche indizio in più sugli oggetti segreti, sui meccanismi nascosti o sulle trappole disseminate qua e là. Potremo poi potenziarla gradualmente, scegliendo il campo d'azione: preferiamo usarla per avere la meglio nei combattimenti, oppure fare in modo che possa aiutarci quando tentiamo di scassinare una serratura? O ancora attivarla per ridurre il rumore dei passi, e passare a pochi centimetri dalle guardie di pattuglia? La "night vision" va usata in ogni caso con parsimonia, perchè non si ricarica automaticamente (neppure fra una missione e l'altra) e i "papaveri" che servono per rimpinguare la barra costano davvero tanto. Al mercato nero sarà forse meglio spendere i nostri risparmi per acquistare frecce speciali, con cui spegnere le torce o distrarre i nemici, oppure per comprare i tanti oggetti che ci danno qualche piccolo bonus (un po' di armatura in più, passi più silenziosi).
    Il sistema di crescita e potenziamento del personaggio, sostanzialmente bipartito fra i poteri della visione oscura e questi "gadget" acquistabili, sembra ben bilanciato: il costo degli oggetti è molto alto e anche i ladri più abili dovranno faticare per raccogliere un bel gruzzolo. I completisti preferiranno poi spenderli per acquistare gli oggetti che ci permetteranno di raccogliere il bottino più prezioso: lame con cui tagliare i dipinti dalle loro cornici e chiavi con cui svitare le placche di rame appese nei vari distretti cittadini. Tutto il sistema, insomma, funziona benone: un meccanismo sicuramente ben oliato.
    Fra una missione e l'altra, anzi, saremo davvero invogliati ad esplorare la città, scoprire i segreti dei suoi quartieri, infilarsi nelle molte aree nascoste e negli appartamenti dei mercanti. Peccato per i tempi di caricamento un po' estesi fra una zona e l'altra, e per la mappa non sempre chiarissima: per orientarsi in Città bisognerà fare un po' di pratica. Le fasi preparatorie prima di ognuna delle quest principali, comunque, sono riuscitissime, proprio perché ci lasciano intravedere aree apparentemente irraggiungibili, stimolando una vorace curiosità, e portandoci a setacciare come segugi ogni angolo.
    Thief sembra insomma voler coniugare l'esigenza di un approccio libero, vicino alla filosofia "free roaming", con l'urgenza di una più inquadrata componente narrativa, declinata appunto nella sequenza di missioni. Forse è proprio la linearità di alcune sessioni spiccatamente legate alla progressione della trama che lascia interdetti: anche gli incarichi principali funzionano meglio in quei momenti (tutt'altro che rari, per fortuna), in cui siamo liberi di esplorare la zona, giocando con le ombre.
    Nel corso delle prime sei ore passate in compagnia di Thief, comunque, siamo rimasti piacevolmente colpiti. Anche se la sceneggiatura ci ha dato da pensare, il lavoro di Eidos Montreal pare davvero meticoloso, inseguendo la struttura globale del riuscitissimo Human Revolution (un'area centrale che funge da hub, e singole missioni sempre molto attente al level design), e poi calcando nuove vie per quel che riguarda le dinamiche stealth. Tesissima e ben tenuta, nervosa e irrequieta, l'esplorazione non solo funziona, ma trasmette anche una sincera fissazione per il furto: come una insolita cleptomania virtuale. Se insomma il team saprà evitare le insidie di una narrazione un po' disorganizzata, Thief potrebbe veramente convincere anche i sostenitori di vecchia data, rappresentando un nuovo inizio per una saga immortale.


    Sul fronte tecnico, il titolo Eidos Montreal ha i caratteri classici dei prodotti cross-gen. Il salto generazionale si avverte nelle texture più che nei modelli poligonali (ancora un po' spigolosi), ma la potenza del nuovo hardware permette per fortuna una gestione impeccabile dell'illuminazione, che -capite bene- in un titolo come Thief è fondamentale. Il colpo d'occhio resta comunque avvolgente, pieno, grazie ad una direzione artistica davvero granitica: il fantasy cupo e intimistico che il team ci propone spicca fin da subito. Questa evidente ossessione per l'oscurità, per l'ombra, contamina anche gli scorci della Città, ritorta come un cadavere nero, dedalo di guglie e mattoni. Una reinterpretazione perfetta degli ambienti medievali dei vecchi episodi.

    Modulare e personalizzabile

    Uno degli elementi che più ci ha colpito, in questo nuovo incontro con Thief, è stato il menù di selezione della difficoltà. Ci sono i classici tre livelli (facile, medio, difficile), ma anche una serie di modificatori che permettono di scolpire a proprio piacimento l'esperienza di gioco. Possiamo ad esempio attivare la morte permanente (solo per masochisti), oppure un'opzione che ci fa incappare in un game over ogni volta che veniamo scoperti. Possiamo eliminate i checkpoint, in modo che come nei capitoli originali ogni missione vada giocata necessariamente tutta d'un fiato. Non vi piacciono i poteri della night vision? basta toglierli. Ci sono poi opzioni per rendere più vigili le guardie.
    La personalizzazione estrema riguarda anche l'interfaccia, che può essere ridotta fino a farla scomparire. Il team di sviluppo, insomma, concede al giocatore tutta la libertà di cui ha bisogno, permettendogli di inseguire il sogno di una progressione davvero estrema, realistica, dura e vicina a quella del titolo datato 1998.

    Thief Thief è ormai in dirittura d'arrivo, e per il momento Garret sembra in gran forma. Non aspettatevi, in questo nuovo capitolo, la “libertà integrale” di Dishonored: Eidos Montreal ha preferito puntare tutto sulla tensione, sull'urgenza del furto, sulla necessità di misurarsi costantemente con l'intreccio di luci ed ombre che si stende su ogni livello. Il risultato, anche al netto di una sceneggiatura non sempre convincente, conserva il fascino tipico della saga, anche se sacrifica quel senso di indipendenza decisionale che i fan ricordano con estremo piacere. La progressione non è sempre e comunque inquadrata: anzi la possibilità di girare liberamente per la Città rende piacevolissime le fasi tra una missione e l'altra, e le singole missioni ci stuzzicano con un level design sempre molto vasto e colmo di segreti e possibilità. La grande libertà concessa al giocatore in termini di opzioni e personalizzazione dell'esperienza di gioco è forse l'aspetto che più dimostra l'attaccamento del team al brand storico, e la voglia di venire incontro a tutte le tipologie di giocatori. Thief è uno Stealth impegnativo, che non perdona leggerezze, e sicuramente saprà esaltare i fan del genere, in questo periodo di “interregno” fra una generazione di console e l'altra.

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