Recensione Final Fantasy IV Complete Collection

Vent’anni sono un grosso traguardo. Come li avrà celebrati Square-Enix per il suo Final Fantasy migliore?

Recensione Final Fantasy IV Complete Collection
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  • L’azione del tempo su qualunque opera d’arte è un fenomeno purtroppo inevitabile.
    Interi monumenti logorati dalla furia della natura e delle intemperie; dipinti che perdono la loro brillantezza ed integrità, pellicole rovinate e perdute per sempre.
    Anche i videogiochi subiscono una sorte simile, sebbene sia nella maggior parte dei casi il semplice progresso a rendere quello che un tempo sarebbe stato un successo mondiale in un obsoleto e sorpassato piccolo giochino da niente.
    Per quante obiezioni si possano muovere, è innegabile come talune gemme del passato siano totalmente incapaci di invecchiare con dignità.
    Per questo, come chiamare un equipe di specialisti per ridipingere un affresco di Carlo Rosa, ecco entrare all’opera team di sviluppo per creare immancabili porting e remake.
    Un’arma a doppio taglio, poichè un solo passo falso e tutti i difetti strutturali determinati dalla vecchiaia di un titolo possono essere messi pericolosamente alla berlina, causandone il completo decadimento.
    Final Fantasy è una serie che negli ultimi anni ha tentato di rispolverare e valorizzare alcuni dei suoi capitoli più acclamati con numerose di queste operazioni.
    Passando per collection su Playstation e porting potenziati su GBA fino a giungere ai sontuosi remake per Nintendo DS, la creatura di Sakaguchi ha iniziato a dar l’impressione di arrampicarsi disperatamente sugli specchi, tentando di imporsi nuovamente sul pubblico, affiancando a vecchi episodi chiaramente curvati dal peso degli anni nuovi esponenti incapaci di muovere i passi nella giusta direzione.
    Se doveste chiedere ad un fan di vecchia data qual’è il miglior Final Fantasy mai creato, con grande probabilità questi nominerà il sesto o il quarto capitolo. Proprio quest’ultimo, forse a causa dell’enorme gradimento, è stato reso protagonista di tutte le operazioni di rilancio possibili ed immaginabili. Tutte grossomodo trascurabili, a vederle con il senno di poi, con una sola eccezione.
    “The After Years”, un vero e proprio sequel ad episodi che ha trovato casa prima sui dispositivi cellulari giapponesi, poi, finalmente, in tutto il resto del mondo tramite servizio Wiiware.
    The After Years e Final Fantasy IV tornano, a distanza di qualche anno, ancora una volta sotto la supervisione di Tokita, sugli scaffali dei negozi in una nuova collection per PSP, in occasione del ventennale del capitolo originale. Forse per permettere anche agli utenti Sony di godere del sequel, forse per tentare, ancora una volta, di dar lustro a quest’arrugginita IP.

    Limited!

    I fan più sfegatati del quarto capitolo saranno “felici” di sapere che la collection è disponibile in Europa in un’edizione speciale, in perfetto stile Square Enix, dai contenuti piuttosto deludenti. Certamente questi individui avranno già messo da qualche settimana le zampe sull’ottima edizione giapponese, che contiene un ricco artbook con cover rigida ricolmo di illustrazioni provenienti da tutte le versioni della serie, un cd con i brani tratti dalla colonna sonora riarrangiata ed una guida.

    Two Moons

    Final Fantasy IV: The Collection racchiude dunque sia la storia del cavaliere oscuro Cecil e dei suoi compagni, sia il seguito ambientato più di dieci anni dopo, in cui vestiremo i panni di suo figlio Ceodore; il tutto intramezzato da un capitolo bonus, chiamato “Interlude”, che collega gli eventi di queste due grandi epopee.
    Si tratta di una sceneggiatura di dimensioni considerevoli, e di qualità davvero notevole.
    Chi non ha mai avuto la fortuna di provare Final Fantasy 4 potrà dunque finalmente cimentarsi in quest’emozionante avventura, costellata di personaggi davvero memorabili (a mani basse i migliori dell’intera saga), a patto di riuscire a “sopportare” uno stile di narrazione chiaramente datato, ma non per questo qualitativamente inferiore.
    Final Fantasy IV è stato uno dei primi giochi di ruolo a proporre un comparto narrativo più sostanzioso in un periodo storico in cui, mediamente, questo genere consisteva semplicemente nel muoversi da una location A ad una location B con poco più di un paio di righe di dialogo e tanta, tanta immaginazione a colmare i buchi. 
    Final Fantasy IV è uno dei primi titoli a definire con cura un cast di personaggi dalle personalità e dai rapporti complessi. E non è favoloso come riesca ad imprimere nel cuore del giocatore questi individui pur senza l’uso di lunghe e boriose cutscenes?
    Una volta portato a termine il gioco, chiunque vorrebbe di più. Fortuna vuole che non siete nati negli anni ottanta, e quello che avete tra le mani è questa collection per PSP.  Volete di più? Non dovrete aspettare più di un lustro. Vi basterà il prossimo capitolo dal menu. Interlude ruota attorno alla celebrazione della rinascita di Damcyan. Si tratta di un capitoletto lungo un paio d’ore, tutt’altro che gradevole, è un aggiunta tutto sommato non necessaria e scritta in modo povero. Passiamo dunque pure avanti, perchè il bello viene adesso.

    The after

    The After Years è un seguito controverso. Per anni rimasto esclusivo appannaggio dei nostri colleghi asiatici e dei loro cellulari, ha causato forte invidia per gli abitanti del resto del mondo.
    Invidia che probabilmente ne ha esacerbato i difetti una volta che Wiiware lo ha reso disponibile a tutti.
    Questo sequel è strutturato ad episodi. Originariamente, a cadenza regolare, uno o più nuovi episodi venivano rilasciati sul marketplace di turno nel giusto ordine, ognuno della durata di un paio d’ore.
    Proprio come in un manga o anime, ogni episodio finiva con un cliffhanger, e spesso nel corso di ogni mini avventura, le vicende dei vari personaggi si incrociavano. Perchè, è bene specificarlo, tutti gli episodi di The After avvengono grossomodo in contemporanea, ed ognuno ci mette alla guida di un party diverso.
    In questo modo Square ha orchestrato una trama d’ampio respiro, in grado non solo di approfondire il modo in cui le relazioni tra i vecchi protagonisti si sono evolute, ma anche di introdurre nuovi volti, in alcuni casi davvero carismatici.
    The hooded man, Harley, Luca, solo alcuni dei personaggi che affiancheranno Edgar, Yang e gli altri: alcuni sono toalmente inediti, altri erano semplici comparse nell’originale.
    La versione PSP di The After Years, una volta completato il capitolo introduttivo di Ceodore, sbloccherà mano a mano anche tutti gli altri, permettendo al giocatore di affrontare la storia in modo disordinato, ma non per questo confusionario. L’unica eccezione sono i capitoli finali (come ad esempio quello dedicato a Kain). Affrontarli prima degli altri potrebbe risultare problematico poichè nel corso di queste mini storie sovente il punto focale della narrazione verrà spostato anche su altri personaggi o eventi cui il giocatore potrebbe non aver ancora assistito.
    Un “difetto” ovviamente esente, per ovvie ragioni, nelle edizioni precedenti del gioco, tutto sommato insignificante su PSP, vista la costante bontà del comparto narrativo, che presenta giusto un paio di scivoloni, specialmente nella fase conclusiva delle vicende.

    Walking the blue planet

    Il vero problema di questa collection è che il peso degli anni nel comparto del gamepaly si sente eccome.
    Abbandonate le piccole innovazioni della versione DS, Final Fantasy IV (seguito a ruota da The After Years) ritorna in formato originale, con party fisso in costante mutamento, incontri casuali a go-go e tanti dungeon da esplorare.
    La gradevolezza del grandioso potere narrativo del titolo (comunque come già anticipato non digeribile da tutti i palati) viene a volte oscurata da una progressione troppo legata a vetusti crismi, in cui occorreva semplicemente affrontare un combattimento dopo l’altro -un dugeon dopo l’altro- senza possibilità di dedicarsi a diversivi quale formazione o personalizzazione del party.
    Non resta che camminare, esplorare e combattere. 
    Non sarebbe male, vista la varietà di ambientazioni ed un dungeon design ancor oggi piuttosto creativo, se non fosse che l’interruzione degli incontri casuali è davvero troppo frequente. A volte non si riesce a muovere tre passi prima di essere risucchiati nel solito scontro. Ad avviso di chi scrive, Final Fantasy è davvero invecchiato male, e FFIV in particolare, con il suo party rigido e l’impossibilità di variare strategie (non che il gioco lo richieda particolarmente, a parte un paio di boss battles) il gameplay appare davvero noioso. Persino l’ATB, per quanto rivoluzionario a suo tempo, non è che uno specchio per le allodole: aspettare che una barra carichi non varia in modo alcuno l’approccio agli scontri. Il bilanciamento della difficoltà è magistrale, stimolante quasi quanto nella serie Dragon Quest: una rarità per un Final Fantasy. Ma questo può diventare un difetto nelle battute finali di FFIV.
    Il sequel invece merita un discorso a parte. Notevole la volontà di modificare in modo non invasivo il battle system. Ecco dunque introdotte fasi lunari che modificano l’efficiacia di magie, attacchi fisici e armi da tiro e la funzione “band”, che permette di creare attacchi combinati degni del miglior Chrono Trigger.
    Ma anche questo sequel incontra, particolarmente su PSP, un paio di annosi problemi. Innanzitutto, giocare a cadenza settimanale o mensile un episodio dopo l’altro, ammortizzava notevolmente il più grande difetto di The After Years, ovvero la presenza di un enorme quantità di materiale riciclato.
    Giocando le varie storie, a causa della dimensione dei mondi di gioco, è inevitabile affrontare lo stesso medesimo dungeon e visitare le solite città. Affrontare tutti i capitoli di seguito amplifica quest’effetto all’inverosimile, specialmente perchè, rispetto a FFIV, The After Years introduce soltanto un paio di nuove location e mostri, con risultati devastanti sulla varietà vista la longevità complessiva del prodotto. Disastro accentuato dalla necessità più che frequente di doversi dedicare a qualche manciata di pesantissimi minuti di grinding e da alcuni capitoli evidentemente più macchinosi di altri, come quello di Edgar o Edge, in cui dovremo sopravvivere per lungo tempo con soltanto un personaggio nel gruppo.

    Celtic moons

    Si potrebbe pensare che in occasione di una collection per un ventennale, Square-Enix abbia colto la palla al balzo, sfruttando la potente PSP per creare un prodotto sontuoso, appetitoso per collezionisti e fan del titolo originale.
    Ma così non è stato, e questo Final Fantasy IV: The Collection segue la scia degli scialbi remake dei primi due episodi per PSP, con una grafica bidimensionale ad alta definizione che sembra uscita da tre generazioni di RPGmaker fa.
    La qualità di fondali e sprite di per se è buona, ma le animazioni e la mancanza assoluta di dinamismo è scandalosa. Ogni personaggio ha solo tre frame di animazioni, e il titolo sembra una specie di pantomima dei classici titoli per NES, senza però mantenere il fascino della pixel art. A chi importa che siano stati aggiunti filmati in CG (peraltro riciclati dal remake DS) o che gli effetti delle magie siano davvero ben fatti? 
    La colonna sonora segue lo stesso destino. Brani riarrangiati alla bene e meglio per l’occasione, certo, ma considerato la qualità degli originali non se ne sentiva davvero il bisogno. 
    Il gioco strappa un sorriso, si lascia giocare, ma rasenta la sufficienza ed è vittima di una direzione artistica affrettata e, per riassumere, insignificante, all’insegna del riciclaggio.
    Persino la gallery all’interno del gioco contiene immagini in bassa risoluzione, che se ingrandite vengono rovinate da pixel enormi. Chiaramente PSP può fare molto di più.
    Vent’anni sono un grosso traguardo. Perchè non celebrarli propriamente, Square-Enix?

    Final Fantasy IV Complete Collection Final Fantasy IV Complete CollectionVersione Analizzata PSPLa vecchiaia è una brutta bestia. Ma ancor peggiore è la volontà di macinare soldi sfruttando il nome di un gioco mitico come Final Fantasy IV. Cecil e la sua banda meritavano di meglio. Il capitolo DS, per quanto controverso, era chiaramente frutto di un notevole sforzo artistico, che andava e va tutt’ora apprezzato. Quel che resta sulla sfortunata macchina portatile Sony è un titolo in grado di essere salvato solo dall’eco della sua gloria passata o dalla curiosità, per chi non dispone di un Wii o un cellulare giapponese, di provare finalmente The After Years e godere della sua sceneggiatura retrò e adorabile. Square-Enix ha dato il peggio di se con un remake passivo, inerte, realizzato in modo indegno e affrettato. Certo, i fan ancora una volta saranno li pronti ad aprire il portafoglio per amore verso la saga, ma per quanto ancora?

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