Recensione You don't know Jack

La vera storia del Dottor Morte è al centro di You Don't Know Jack, interpretato da un ottimo Al Pacino e diretto dal regista Barry Levinson

Recensione You don't know Jack
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Forte del grande successo ottenuto in patria, arriva in Italia "You don't know Jack", film per la televisione diretto da Barry Levinson e interpretato da un colossale Al Pacino, basato sulla vera storia del Dr. Jack Kevorkian, "simpaticamente" soprannominato "Dottor Morte", noto al mondo per aver praticato l'eutanasia ad oltre 130 malati terminali e per la lunga battaglia legale che lo ha visto protagonista durante gli anni '90.

EUTANASIA: CURA O CONDANNA?

- "Quanto chiederebbe per la prestazione?"
- "Non ci si può far pagare per una cosa del genere...".
Parliamo, ovviamente, di eutanasia, e lo facciamo attraverso un personaggio a noi pressoché sconosciuto - almeno fino ad ora - il cui nome è Jack Kevorkian, medico statunitense di origine armena tutt'ora in vita e passato alla storia per aver praticato l'eutanasia ad oltre 130 malati terminali, acquisendo così l'appellativo di "Dottor Morte". Da questa incredibile storia, il regista Barry Levinson e i produttori della HBO hanno tratto il film "You don't know Jack", un resoconto della battaglia legale combattuta da Kevorkian insieme al suo avvocato Jeffrey Feiger per rendere l'eutanasia una cura medica a tutti gli effetti.
A vestire i panni del "Dottor Morte" vi è un gigante della storia del cinema come Al Pacino, che dona al personaggio una spiazzante umanità, in grado di renderlo fragile e vulnerabile come qualunque altro essere umano. La forte attualità e complessità dell'argomento spingerebbe quasi a lasciare da parte la qualità dell'opera per concentrarsi, invece, sugli aspetti sociologici fini a se stessi, che suscitano quotidianamente scandali e polemiche e che, spesso e volentieri, non conducono da nessuna parte se non al mero litigio. Riteniamo quindi opportuno focalizzare la nostra attenzione unicamente sul valore del prodotto e su quelli che sono i suoi reali intenti, approfondendo i concetti che mette in scena senza condannare niente e nessuno.
"You don't know Jack" si può definire un lungometraggio sperimentale a sé stante, che evita accuratamente di assumere connotazioni televisive - pur essendo un film tv - ma che non si dichiara nemmeno come prodotto cinematografico. Nessuna delle due opzioni riesce infatti a identificare appieno l'opera in questione, da prendere, più che altro, come una sorta di cronaca enfatizzata di eventi realmente accaduti che hanno segnato - e forse cambiato - la storia della medicina.
I toni sono volutamente documentaristici e la narrazione è spesso inframezzata da (finti) reportage che mostrano il Dr. Kevorkian - sempre sotto le vesti di Pacino - e il suo assistente Neal Nicol (John Goodman) alle prese con i loro pazienti.
"Tutti i medici giocano a fare Dio", sostiene il Dr. Kevorkian, perché somministrando pillole e medicinali ai propri pazienti si interferisce con il loro organismo e gli si cambia il modo di vivere, esattamente come fa l'Onnipotente.
In poche parole, Jack è da considerare null'altro che un missionario, il cui compito è togliere dalla sofferenza le persone che si rivolgono a lui, limitandosi ad assisterle mentre queste pongono fine, in tutta tranquillità, alla propria esistenza. Macabro, ma niente di più semplice, in fin dei conti.

DR. JACK & MR. AL

"You don't know Jack" segna il ritorno di Al Pacino ai massimi livelli di un tempo, quando era considerato, insieme al quasi coetaneo collega Robert De Niro, uno dei più grandi attori della storia del cinema. Il Dr. Jack Kevorkian gli dà modo di calarsi appieno nei panni di una figura tanto umana quanto controversa e contraddittoria, un (anti)eroe che si ritrova intrappolato e condannato dalle proprie gesta di carità verso il prossimo, erroneamente interpretate come malsane, immorali e addirittura criminali.
Più che l'interpretazione in sé, ciò che suscita più orgoglio nei fan dell'attore italoamericano è il fatto di aver scelto, come punto di riscatto (se così vogliamo chiamarlo), un prodotto televisivo e non cinematografico, che ha sicuramente tutte le caratteristiche di un vero e proprio lungometraggio ma che si distingue per l'uso improprio, ma senza dubbio efficace, di tutte le componenti artistiche e tecniche.
Ad ogni modo, quella regalataci da Pacino in "You don't know Jack" non è solo una grande performance recitativa, bensì un'autentica metamorfosi, che testimonia come l'attore abbia ormai ampiamente compreso di non essere più nel fiore dell'età e di sentire il bisogno di confrontarsi con ruoli sempre più diversi ed adatti al suo fisico.
Il buon De Niro - che si è di recente concesso un'incursione nel nostro cinema con la commedia romantica "Manuale d'amore 3" - dovrebbe non solo congratularsi con il suo stimatissimo collega, ma prendere questa gigantesca prova come un esempio, onde evitare di incorrere in nuovi flop e umiliazioni, almeno per quanto riguarda la sfera professionale.
Oltre a Pacino, prendono parte al film anche altri eccezionali interpreti come Susan Sarandon, John Goodman, Danny Huston che si fa rimpiangere solo per un'improbabile pettinatura alla Elton John, e la poco nota Brenda Vaccaro.

CINE-TELEVISIONE

Come già accennato in precedenza, la storia del "Dottor Morte" è adattata con uno stile che fonde in modo impeccabile i caratteri televisivi con quelli cinematografici, dando vita ad una sorta di osmosi che rende le due parti inscindibili.
Ci troviamo davanti alla tv, ma, in fondo, è come se fossimo al cinema. Non è un medical-drama ma nemmeno un legal thriller.
Il film trova i suoi punti di forza, oltre che nella già citata interpretazione di Al Pacino, anche in una regia che sa ben gestire l'alto livello di pathos presente nella sceneggiatura.
Da uno specialista come Barry Levinson, premio Oscar nel 1989 per "Rain Man", era comunque lecito aspettarsi una degna prova. La sorpresa è dunque rappresentata dallo sceneggiatore Adam Mazer, che riesce a creare situazioni intense e fortemente emotive non scadendo mai nella retorica.
Nota di merito anche per la fotografia di Eigil Bryld, che ricorda, a tratti, il Roger Deakins dei film dei fratelli Coen.

You don't know Jack “You don’t know Jack” è un film che regala diverse sorprese e che, soprattutto, non fa rimpiangere le entusiastiche premesse e la valanga di riconoscimenti ottenuti. Un mastodontico Al Pacino perfettamente calato nei panni di un personaggio controverso vale da solo l'intera visione. Se poi ci aggiungiamo la buona regia di Barry Levinson e la sorprendente sceneggiatura di Adam Mazer - oltre ad un reparto tecnico eccellente - questo può essere davvero considerato uno dei migliori prodotti della stagione. Da non perdere per nessun motivo!