Recensione Bit. Trip RUNNER

Il quarto episodio della saga di Rhythm Game dei Gaijin Games

Recensione Bit. Trip RUNNER
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  • Wii
  • Tra i tanti meriti della piattaforma WiiWare, soluzione di Nintendo alla nuova sfida della distribuzione di contenuti digitali tramite le console da salotto (e, recentemente, anche tramite quelle portatili), c’è sicuramente quello di aver dato spazio ad esperimenti videoludici che difficilmente si sarebbero realizzati. Il motivo è duplice: il superamento dei costi legati alla pubblicazione ed alla distribuzione ha attirato numerosi sviluppatori, vista poi anche la notevole base installata, è uno; l’altro è la necessità di far fronte allo sviluppo di titoli di dimensioni modeste, per non sforare i limiti imposti. Alla ristrettezza di byte si è sopperito spesso con la fantasia e l’ingegno, adottando soluzioni varie: non è un caso che molti dei titoli WiiWare sfruttino, con risultati che vanno dal soddisfacente all’estasiante, le potenzialità del Wiimote; e quando questo non è stato fatto le strade intraprese sono state altre, come l’operazione nostalgica o come la realizzazione di progetti assai strambi, stranezza esplicitata magari da impianti di gioco fuori dai canoni o stranianti alchimie audiovisive.
    I ragazzi di Gaijin Games hanno dimostrato di essere maestri proprio in questo campo, con la confezione dei primi tre titoli appartenenti alla serie Bit. Trip: Beat, Core e Void hanno fatto presa su molti giocatori proprio grazie a questo riuscitissimo mix, pur rimanendo sostanzialmente nell’area dei rythm game. Con il loro ultimo lavoro, Bit. Trip Runner puntano ad integrare nella loro formula di successo anche l’esperienza tipica del platform game. Vediamo come.

    Correre sul ritmo del beat

    Il protagonista di Bit. Trip Runner è, per la prima volta Commander Video, icona della serie ed efficace strumento di viral marketing per gli sviluppatori, che ne hanno usato l’appeal per promuovere il gioco nella fase iniziale dello sviluppo. Senza particolari preamboli ne giustificazioni, l’omino nero viene sparato (è proprio il caso di dirlo) in un’avventura all’interno di un mondo 8 bit e dall’estetica folle, come da tradizione della serie, acida, a tratti psichedelica. Psichedelica lo è certamente la musica che accompagna: dapprima si comporrà di pochi beat, alternati a tempo, ma mano a mano che si raccoglieranno particolari oggetti andrà ad arricchirsi gradualmente di melodie chip-tune, in un crescendo che sfocia in veri e propri brani, sempre più pomposi, accattivanti ed incalzanti.
    A comporre la colonna sonora ci sono inoltre anche gli effetti che accompagnano molte delle azioni che accadono a schermo: ricordiamo che ci troviamo di fronte ad un platform di stampo assolutamente classico, con l’unica differenza che il protagonista correrà da sé. Soluzione particolare, ancora una volta, ma strettamente necessaria al mantenimento di un ritmo ludico-musicale che non è altro che la pietra angolare sulla quale si regge tutta la struttura di gioco. Il salto sfora dalla sua accezione prettamente piattaformistica per divenire strumento musicale, nel momento in cui un bip, un beat, chiamatelo come volete, lo traduce in suono. Collocando gli elementi scenici ed i power up all’interno di un level design che a tal fine deve essere ovviamente studiato, e non alla costruzione di complicati percorsi nei quali destreggiarsi, si crea quell’alchimia della quale s’era accennato, sfondando le barriere classiche di genere, se non del medium videoludico stesso, trascendendone i canoni. Ciò è tanto più evidente quando magari sezioni uguali di livello si riproducono alcune volte, al solo fine della composizione melodica, visto che in quel frangente il giocatore subito capisce la meccanica ed accoglie l’invito di farvi parte. A riprova di questo in determinate fasi è più l’orecchio che va teso, a cogliere il ritmo della composizione, piuttosto che l’occhio da sbarrare: spesso infatti la vista inganna, abbindola, in maniera eccellentemente studiata, ed una serie di salti che appare normalissima si rivela invece difficilissima da affrontare.
    Il salto non è l’unica azione performabile: frutto di un sistema di controllo assai basilare ma integrato benissimo nelle meccaniche di gioco, vi sono possibilità che vanno dal calcio, utile per sfondare gli ostacoli, all’utilizzo di trampolini, dalla scivolata alla parata, utile per ricacciare indietro i Bit, presi direttamente dal primo titolo della serie, che arrivano addosso a Commander Video. Ovvio aggiungere a questo punto come ognuna di queste azioni produca un effetto che s’inserisce nella totalità sonora. Forse la metafora che descrive in maniera più efficace la progressiva creazione della colonna sonora è il passaggio dal caos all’ordine, dai pochi bip sparsi alla melodia beat; ma per rendersi davvero conto di ciò è necessaria assolutamente la prova con mano. E con orecchio.
    Quando ci si trova di fronte a tali commistioni, che come detto quasi sembrano trascendere il medium, è necessario anche andare oltre i normali canoni recensori, ma l’analisi non può prescindere dall’elemento ludico. Ed a tal proposito, assodata la qualità di un level design, funzionale al tipo di gioco ma che altrove risulterebbe alquanto banale, vanno evidenziati i limiti della produzione Gaijin, che vengono fuori una volta abituati alla sbornia di luci e suoni. I livelli tendono ad essere monotoni, offrendo sempre gli stessi ostacoli da superare sempre nello stesso modo, non essendoci variazioni sul tema. A voler essere puntigliosi si tratta sempre dello stesso livello, mescolato diversamente: tre, al massimo quattro elementi oltre al protagonista. Ciò è influente dal punto di vista ludico come da quello visivo, perché se l’estetica di Bit. Trip Runner è di sicuro impatto, tra colori accesi, ambientazioni 8-bit e strambi oggetti meccanizzati, è vero anche che vi ci si abitua molto facilmente, dato che nei dodici livelli che compongono i mondi (solo tre) offre poche variazioni sul tema. Leggermente diverso dal punto di vista ludico è l’ultimo livello di ogni mondo, nel quale affrontare un boss, che seminerà ostacoli sul percorso.
    L’altro appunto rilevabile è l’eccessivo affidamento al meccanismo del trial and error, in particolare nei livelli più complicati. Colpire un ostacolo non implica perdite di vite ne game over, ma solo il ritorno all’inizio del livello, meccanismo digeribile in quelli corti, molto meno nei due che precedono il boss, assai lunghi. Si arriverà a punti in cui il fattore sensoriale sarà ridotto al minimo, essendo quasi inutili riflessi, occhi attenti e orecchie ben aperte: spesso l’unica capacità che permetterà di terminare il livello sarà la costante ripetizione e forzata memorizzazione di alcune fasi di gioco. Si potrebbe eccepire che questo è un difetto presente in molti platform; ma si può benissimo rispondere che i migliori riducono al minimo tale problema, mentre in Bit. Trip Runner è estremamente accentuato, vista anche la progressione automatica del protagonista.

    Bit. Trip RUNNER Bit. Trip RUNNERVersione Analizzata Nintendo WiiBit. Trip Runner, come i suoi predecessori, è un prodotto estremamente atipico, pur tentando di smussare tale caratteristica tramite l’inserimento dei suoi particolari contenuti all’interno di una struttura di gioco tradizionale, quella platform. Comparto ludico ed audio-visivo s’intrecciano in maniera assoluta, efficace, fornendo al giocatore divertimento ed una forte esperienza sensoriale. Vi sono dei difetti che però ne minano, a tratti, la godibilità, come l’eccessiva difficoltà di alcune fasi, superabili solo memorizzando ogni singolo ostacolo a schermo. Al di fuori di questo il lavoro dei Gaijin Games va di certo preso in considerazione, per tutti coloro che volessero correre al ritmo del beat.

    7.5

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