Recensione Devil May Cry HD Collection

Il vecchio Dante in una nuova veste

Recensione Devil May Cry HD Collection
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Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Il processo di remaking e restyling in alta definizione di vecchi capolavori (o presunti tali) non lascia scampo. In una generazione dove la produzione di nuove IP richiede fondi cospicui, ogni occasione è buona per raggranellare qualche spicciolo; se poi l'esperienza collima con la decente riproposizione di glorie del passato ancor oggi degne di nota, tanto meglio. L'ultima arrivata in questo sistema oramai di moda è Capcom, che dopo la non brillante collection dedicata a Silent Hill ci riprova con Devil May Cry. La trilogia (PS2) di Dante presenta certamente ottimi spunti d'adattamento ancor oggi, ed il suo affacciarsi su questa generazione oramai agli sgoccioli ha generato dunque un grande quantitativo d'hype. Come vedremo, tuttavia, quest'attesa non è stata doverosamente ripagata dal dev team, che ha effettuato un travaso in HD troppo superficiale, limitandosi a svolgere un compitino che non vale sempre i quaranta euro necessari all'acquisto. Everyeye.it vi spiega il perché.

    Devil May Cry

    Chi non conoscesse il primo, storico Devil May Cry, faccia immediatamente ammenda. Si tratta del Padre di tutti gli action game moderni: un videogame senza il quale, molto probabilmente, i vari Bayonetta, God of War ed affini, oggi, non esisterebbero. O quantomeno non sarebbero così spettacolari. Il parto della mente di Hideki Kamiya, inizialmente pensato come sequel di Resident Evil, presentava e presenta infatti tutte le basi di quello che oggi chiamiamo "action puro". La fenomenale struttura ludica di Devil May Cry, intatta ancor oggi, prevedeva la progressione lungo una serie di stage dalla difficoltà crescente, all'interno dei quali battagliare all'ultimo sangue con una moltitudine di demoni diversi, tentando di carpirne le routine e sfruttarne i punti deboli. Immancabile, alla fine di ciascuno schema, il mega-boss semi-imbattibile. Più classico così non si può insomma.

    "Devil May Cry è ill Padre di tutti gli action game moderni: un videogame senza il quale, molto probabilmente, i vari Bayonetta, God of War ed affini, oggi, non esisterebbero."

    La particolarità di Devil May Cry consisteva però nel suo tecnicismo -per l'epoca- impensabile: un mix di stile ed agilità che bastava da solo a definire il design di uno dei più iconici protagonisti dell'intero panorama videoludico. Quel Dante figlio di Sparda nelle cui vene scorre sangue di demone e il cui potere è però interamente dedicato nel fare poltiglia di questi ultimi. Oltre al favoloso (e difficilissimo) gameplay, la primissima incarnazione di DmC si distinse anche per la caratterizzazione del protagonista: un tamarro di prima categoria, pieno di se e capace di esaltare ragazzini ed adulti, intenti a guadagnare quanti più "Rank S" possibili nei lineari stage previsti dall'avventura. Il tutto sfruttando le tantissime possibilità offerte da un sistema di controllo intuitivo ma profondissimo, capace di sfruttare l'abile mix di spade e pistole (le mitiche Ebony & Ivory) per produrre evoluzioni mai viste a schermo prima di allora.
    Anche se la progressione non si poteva certo dire "aperta", il level design presentava un elemento di rottura rispetto ai congeneri dell'epoca: l'ottima interattività ambientale. Distruggendo qualsiasi oggetto a tiro di Dante, era infatti possibile recuperare sfere e manufatti utili ad aumentare le capacità dell'eroe e a potenziarne l'equipaggiamento. Un sistema funzionale che univa alla componente puramente action una componente esplorativa utile a spezzare i ritmi e "costringere" il giocatore, di tanto in tanto, ad aguzzare la vista.

    L'intelaiatura complessiva funzionava alla perfezione ieri e funziona benissimo anche oggi, adattandosi senza intoppi alla Next Gen soprattutto grazie ad un sistema di controllo quasi immutato e capace ancor oggi -per precisione e reattività- di insegnare qualcosa ad una buona parte dei congeneri attuali. Ai pregi, purtroppo, fanno eco i difetti, figurati principalmente in una gestione della telecamera (fissa) che non sembra sempre l'ideale per seguire l'azione frenetica del nostro eccentrico eroe - resa oggi ancor più veloce dal supporto ai 60Hz, grave mancanza dell'edizione PAL targata Playstation 2.
    I "miracoli", però, finiscono qui e dal Paradiso si passa all'Inferno. Non ci aspettavamo un restyle spaccamascella ma quantomeno una conversione decente in ogni aspetto. Dove la pulizia visiva e la brillantezza delle sezioni in-game restaurate riesce ancora ancora a soddisfare il videoplayer (che comunque non deve aspettarsi nulla di trascendentale), alcune grossolane imperfezioni minano la qualità globale dell'opera. Si tratta di aspetti forse marginali ma, alla luce del dover ri-comprare un videogame del 2001, fastidiosi. Ci troveremo spiazzati, in particolare, nel passare da stage adattati ai 16:9 a menù e filmati in 4:3 con tanto di visualizzazione in bassissima definizione. Quasi a sottolineare come il lavoro sia stato fatto in maniera frettolosa e svogliata.
    In ultima analisi, comunque, questo primo Devil May Cry rimane un must, ieri come oggi, ed un motivo da solo più che valido per acquistare la collection, soprattutto per chi se lo fosse perso all'epoca.

    Devil May Cry 2

    Il seguito di Devil May Cry, due anni dopo lo sconvolgente primo capitolo, fu un vero e proprio fulmine a ciel sereno, ma in negativo. Il passaggio del testimone ad Hideaki Itsuno produsse prima di tutto uno stravolgimento nella delicatissima intelaiatura ludica. Il novello papà pensò infatti di potenziare le sezioni avventurose/esplorative, sacrificando -in un certo senso- quelle action. Il risultato fu il disastroso inserimento di fasi quasi "adventure", che stravolgevamo completamente il ritmo e, non funzionando nemmeno come avrebbero dovuto, concorrevano solamente a frustrare ed annoiare il giocatore. Non bastasse, come detto, il gameplay era stato deturpato, soprattutto dalla grande varietà e pericolosità dei nemici, riconducibili ora a pochi e spartani modelli dalle routine sin troppo semplificate. I giocatori di vecchia data ricorderanno bene quanti disastri (in senso lato) si potevano fare semplicemente sfruttando il "punto cieco" (un vero e proprio bug) di alcune creature, incapaci di attaccarci semplicemente perché occupavamo uno "spot non previsto".

    "Il seguito di Devil May Cry, due anni dopo lo sconvolgente primo capitolo, fu un vero e proprio fulmine a ciel sereno, ma in negativo."

    Alla ripetitività, alla banalità e ad un sistema di controlli che aveva ereditato una macchinosità mai vista prima nella serie s'univa, non bastasse, una telecamera gestita in maniera indecente, che non aiutava di certo nel ridimensionamento di una struttura a dir poco imbarazzante. Fortuna volle che non tutti gli sforzi di Itsuno fossero stati inutili: a funzionare e divenire poi indispensabili per la serie, alcune nuove abilità legate al figuro di Dante. Si trattò della facoltà di sparare in due direzioni differenti con le pistole ed eseguire nuove e complesse combinazioni aree e correre sui muri. Non dimentichiamo poi le diverse abilità legate al Devil Triggher che, sotto diverse spoglie, avrebbero poi trovato fortuna nel terzo capitolo - quello della redenzione. Il loro sfruttamento donava alla produzione una dimensione leggermente meno fastidiosa, riuscendo in qualche caso a strappare qualche momento di gioia ai fan, vistisi depauperati di tutto quel che avevano fino a quel momento amato in DmC.
    E per tutto intendiamo proprio tutto, dato che in questa seconda incarnazione anche il carisma del protagonista venne svilito da un'esagerata carica di volgarità e bassezze d'ogni genere, che lo dipingevano più come un bullo di periferia che come un personaggio "figo" e degno di un videogame del genere. Si aggiunse, in questo secondo capitolo, anche un personaggio secondario da utilizzare: Lucia, una ragazza di cui pochi ricordano persino il nome. Il motivo va ricercato principalmente nella piattezza della sua caratterizzazione e nell'esigua profondità e varietà del gameplay associato - una concomitanza che fece immediatamente passare la voglia di terminare il Disco 2, sul quale era contenuta l'avventura dedicata alla donzella, fisicamente separata da quella dell'ammazzademoni per eccellenza.
    Riallacciandoci proprio a questa divisione notiamo il primo dei problemi dell'incarnazione HD di Devil May Cry 2. Anche qui, infatti, le due avventure sono completamente separate, costringendoci ad uscire e rientrare completamente in partita ogni volta che volessimo cambiare personaggio; un aspetto piuttosto disfunzionale nel 2012. Per fortuna (o forse no?) dal punto di vista del gameplay e del sistema di controlli anche qui è stato fatto un ottimo lavoro d'adattamento, con la versione Collection in grado di ricalcare tutte le caratteristiche dell'originale. Peccato la gran parte fossero pessime.
    Leggermente diverso il discorso per quanto riguarda il comparto visivo che, in questo caso, si dimostra leggermente superiore al primo Devil May Cry, pur mostrando però ambientazioni meno particolareggiate e peggio caratterizzate. La pulizia globale appare mediamente più che accettabile per un restyle tratto dai primi anni 2000, ma anche in questo caso la presenza di filmati in bassissima definizione e menù "non convertiti" dimostra la generale noncuranza con la quale è stata prodotta questa Collection HD.

    Devil May Cry 3

    L'apice della Collection HD è senz'altro caratterizzato dal terzo episodio della saga che, ai tempi dell'uscita, riuscì a riscattare i fallimenti del secondo, "ripulendo" il nome di Itsuno, nuovamente al comando. Abbandonata la sua "giapponesità" il producer ascoltò le molte lamentele emerse dalla critica e dal pubblico, rivoluzionando Devil May Cry 3 e portandolo nelle immediate vicinanze del primo, fantastico capitolo. Il primo passo, come spesso accade, fu rendere questo sequel del sequel, un prequel, puntando anzitutto su un Dante ringiovanito. La decisione costituì senza ombra di dubbio una delle novità più riuscite: rinvigorito dalla spavalderia della giovane età Dante risultava "realisticamente" più spaccone, ma in una maniera meno piatta e scontata. La sua caratterizzazione giovava poi della presenza di Vergil, fratello malvagio da combattere a suon di combo, presente poi in forma giocabile nella Special Edition (ovvero quella presentata nella nostra Collection HD). Se già charachter design e di riflesso anche la trama ottenevano un gradito restyle dovuto ad una maggior cura per i dettagli e a qualche approfondimento sinora ritenuto superfluo, era il gameplay a beneficiare maggiormente dei cambiamenti inseriti. La novità più sostanziale, da questo punto di vista, fu sicuramente l'introduzione delle Battle Stance: quattro stili di lotta da intercambiare tra un livello e l'altro sia per apportare varietà all'azione ma anche per controbattere le potenzialità dei nemici. Abbiamo dunque il Giocoliere, improntato sulle acrobazie e sulle schivate millimetriche; il Tiratore ed il Maestro di Spada, focalizzati sui rispettivi strumenti di morte; ed infine la Guardia Reale, grazie al quale ci viene data la possibilità di contrattaccare e parare i colpi nemici. Un'ottima varietà per l'epoca, aumentata a dismisura dalla possibilità di progredire in ciascuna delle strade di combattimento, ottenendo nuove spettacolari mosse ad ogni upgrade.

    Devil May Cry 3, in ogni caso, vuole fare di più; vuole esagerare. Il team, aggiungendo in primis le (poche) buone idee scaturite dal predecessore, implementa una delle più interessanti features dell'intera saga: la facoltà di cambiare arma in tempo reale. Quest'introduzione permette d'inanellare una valanga di combo tutte diverse tra loro, aumentando a dismisura la profondità del batlle system ed omaggiando i giocatori più assidui (nonché fan storici della saga) con combinazioni di colpi veramente esagerate ed in tutto e per tutto degne di uno tra i migliori Devil May Cry. Sulla falsariga viene ritarato verso l'altro anche il livello di difficoltà, tanto da indispettire decine e decine di acquirenti, che si lamentarono immediatamente dell'impossibilità di completare alcune delle fasi più ostiche. Si trattò in realtà di un semplice avvicinamento verso il primo capitolo, che rimaneva ancora un baluardo per precisione e complessità delle meccaniche da interiorizzare per affrontare al meglio ogni scontro.
    Ai molti pregi faceva comunque da contraltare un difetto non di poco conto, ma comunque non così pronunciato da inficiare l'esperienza ludica. Parliamo di quelle piccole imprecisioni al sistema di controllo ed al targeting che, in buona sostanza, andavano ad aumentare "artificialmente" quello che già risultava un livello di difficoltà piuttosto elevato. Dinamiche di poco conto che si ripresentano tuttavia immutate anche in questa Collection HD, dove per l'ennesima volta vediamo che, dal punto di vista delle correzioni, sostanzialmente nulla è stato fatto. L'impatto grafico, se non altro, appare qui molto migliore sia del primo che del secondo episodio (ovviamente). Modellazione poligonale e texturizzazione risentono positivamente del restyle, ed anche filmati e menù, pur rimanendo tali e quali anche in quest'ultimo caso, risultano decisamente più godibili e meno stranianti.

    Devil May Cry HD Collection Devil May Cry HD CollectionVersione Analizzata Xbox 360Tra tutte le Collection analizzate questa si pone a metà tra le migliori e le meno riuscite. I meriti sono da ricercarsi principalmente nel buon adattamento del gameplay dei Devil May Cry in oggetto, che riprende perfettamente i fasti originali donando ancor oggi diverse buone motivazioni per sviscerare da capo a piedi il primo ed il terzo episodio. Dove DmC non può invece insegnare nulla a questa generazione è -ovviamente- nel comparto tecnico, che soffre un’età veramente avanzata. Da questo punto di vista il restyle non risulta di qualità, odorando da lontano di operazione commerciale. Il team coinvolto si è infatti limitato ad eseguire un preciso compitno al risparmio, evitando di approfondire l’opera di ristrutturazione e lasciando così dei “buchi” del tutto inspiegabili ed inaccettabili. Che dire dunque: si tratta in definitiva di una raccolta di buon livello, dedicata soprattutto ai super-nostalgici ed ai videoplayer più giovani, che potranno finalmente sperimentare il Padre di tutti gli action game moderni.

    7

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