Recensione Dungeons & Dragons: Chronicles of Mystara

Due grandi classici del beat'em up tornano in Digital Delivery

Recensione Dungeons & Dragons: Chronicles of Mystara
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Wii U
  • Pc
  • Chiunque di voi abbia vissuto l'epoca d'oro dei coin-op durante la prima metà degli anni '90 ricorderà sicuramente con una certa malinconia ogni minimo dettaglio della propria sala giochi di fiducia: dalle lamentele del proprietario contro i maltrattamenti verso i cabinati ai preziosi gettoni acquistabili per appena 200 lire; dai presunti record stratosferici che gli amici raggiungevano sempre in vostra assenza (e dei quali non vi era assolutamente traccia perché 'quando spengono il cabinato si resetta la classifica') agli inutili tentativi di armeggiare con l'alimentazione in cerca di un miracoloso credito extra, ognuno ha la proprie storie e i propri ricordi da condividere.
    Ci sono cose, però, comuni a tutte le sale 'mangia gettoni' di quel periodo; poco importa che si trattasse dell'impianto sul lungomare delle proprie vacanze, del bar sotto casa o del luna park in città: gli elementi ricorrenti erano tutti riassumibili con un nome che in quegli anni di gloria bidimensionale si consolidò come una delle potenze del gaming internazionale: Capcom.
    Il logo della software house di Osaka, e l'inconfondibile jingle che ne accompagnava l'arrivo su schermo, troneggiavano, infatti, su una quantità incredibile di cabinati dell'epoca, non solo grazie alla rivoluzione apportata al genere dei beat'em up con il secondo capitolo di Street Fighter (e la valanga di versioni successive che lo stesso titolo generò) ma anche per merito dell'alta percentuale di unità distribuite appartenenti ad un genere che, in futuro, risentirà molto del salto nella terza dimensione: il picchiaduro a scorrimento.
    Definire tale genere come inflazionato è, per quegli anni, un eufemismo che non rende assolutamente l'idea; quasi ogni supereroe (singolo o in gruppo), cartone animato o serie tv poteva contare sulla propria, a volte discutibile, versione della storia in salsa 'rissaiola', senza contare gli innumerevoli parti della fantasia di game designer attratti dalla possibilità di moneta facile, nel vero senso della parola. Divenuta una delle regine incontrastate della categoria grazie a classici immortali come Final Fight, Captain Commando e Cadillacs & Dinosaurs, Capcom non disdegnò di inserire due titoli più 'sperimentali' nella propria line-up di beat'em'up: The King of Dragons e Knights of the Round. Entrambi i giochi, accomunati da un setting fantasy/medievale, inserivano all'interno delle loro meccaniche un sistema di progressione dei personaggi e del loro equipaggiamento simile in tutto e per tutto a quello tipico degli RPG e quindi garante di abilità e caratteristiche migliori con il prosieguo del gioco. L'accoglienza rivolta ai due titoli fu discreta e il loro successo, pur non essendo neanche lontanamente paragonabile a quello dei suddetti 'fratelli maggiori' e capisaldi del genere, bastò per convincere Capcom ad investire maggiori risorse su una commistione di generi ancora da raffinare, ma con grandi potenzialità. Il passo successivo fu quindi frutto dell'esperienza e della potenza economica della casa di Osaka che, guardatasi intorno alla ricerca di licenze da legare ai suoi titoli successivi, ne trovò una che sembrava perfettamente costruita attorno alla loro nuova idea di picchiaduro a scorrimento e, soprattutto, capace di muovere un enorme fanbase solamente grazie alla propria sigla: Dungeons & Dragons.
    È dunque il 1993 quando D&D: Tower of Doom, primo progetto basato sul popolare RPG da tavolo, raggiunge le sale giochi di tutto il mondo, seguito tre anni dopo dal suo sequel D&D: Shadow over Mystara, entrambi disponibili oggi nella versione digitale della collection per console e PC Dungeons & Dragons: Chronicles of Mystara.

    LUCI SOPRA MYSTARA

    Non appena inserito il primo gettone o, per restare più vicini all'attualità, non appena premuto il tasto START, il capostipite della saga, Tower of Doom, ci mostra tutta la carica di innovazione e svecchiamento che Capcom intendeva infondere al genere in quel momento. Sin dalla selezione del proprio avatar, infatti, è notevole la fedeltà ai set di regole del gioco originale, evidenziata dall'utilizzo di classi prese in prestito dal manuale di creazione del personaggio di D&D. Perfettamente bilanciati e inseriti nella struttura base del beat'em up troveremo quindi un Guerriero adatto a stili di gioco equilibrati, un Nano che sacrifica la propria velocità in favore di una maggiore forza e resistenza, Un'Elfa in grado di abbinare alla sua spada l'utilizzo di incantesimi ed un Chierico dalle peculiari capacità curative oltre che belliche. E' in questo capitolo che la casa di Osaka getta le basi di sistema di combattimento dalla richiesta tecnica decisamente sopra la media delle produzioni da sala dello stesso periodo, fatto di scatti, parate, schivate e nel quale le armi secondarie iniziano ad essere ben più che impalpabili comprimarie. Tower of Doom offre inoltre al giocatore i primi accenni di quella rigiocabilità che lungo i suoi dieci livelli inizia a manifestarsi sotto forma di biforcazioni nelle quali il giocatore potrà scegliere la strada da percorrere, idea che il suo successore erediterà ed evolverà.

    Concept che non rimarrà l'unico a compiere un salto verso quel Shadow over Mystara che aggiungendo all'equazione due nuovi PG (una Ladra per chi preferisce agilità e velocità sul campo di battaglia ed un 'Magic-User' che compensa la propria debolezza fisica con un evastante utilizzo della magia) e una serie di limature e particolari che solo l'esperienza può aiutare ad implementare, si candida pubblicamente come vera perla di questa collection.
    A livello di puro gameplay, durante gli scontri ognuno dei personaggi potrà disporre, oltre che delle proprie capacità combattive di base, di una serie di abilità selezionabili tramite due menù radiali, dedicati all'utilizzo di armi secondarie e al lancio dei propri incantesimi, che andranno ad ampliare sensibilmente le possibilità di approccio agli scontri e, soprattutto in modalità multiplayer, creeranno quella necessità di assistenza reciproca che, senza raggiungere i livelli di un RPG puro, renderà altamente esaltanti le partite, oltre ad arricchirle di scene di 'vita da sala' vissuta come amichevoli scambi di offese reciproche, magari tra un mago che ha appena perso un credito e il tank di turno reo di non averlo coperto a dovere mentre si sbarazzava del boss a suon di incantesimi.
    Ad estendere le competenze belliche del proprio personaggio troviamo, inoltre, tutta una serie di special moves di chiara ispirazione streetfighteriana la cui esecuzione, pur rimanendo legata ai classici movimenti basso-diagonale-avanti o di caricamento delle direzioni (oggi marchi di fabbrica Capcom), richiede una precisione sensibilmente minore rispetto al più celebre picchiaduro. Fattore essenziale, questo, per renderne godibile e proficuo l'utilizzo anche in un contesto come quello di D&D:SoM, dove gli avversari non viaggiano mai soli e soprattutto arrivano da ogni direzione.
    Proprio nei nostri antagonisti troviamo un'ulteriore prova del lavoro di ricerca effettuato da Capcom per la felicità dei fan di D&D, con creature trasportate di peso dal bestiario ufficiale del gioco di ruolo e fedeli al design originale degli autori, tanto in termini grafici quanto in termini di specifiche peculiarità; affrontare un Gargoyle senza attacchi magici non sarà quindi il modo migliore per averne la averne la meglio, così come l'utilizzo di determinate magie su un gruppo di scheletri sarà del tutto inutile per via della loro natura di non-morti e via dicendo.

    INSERT COIN(S)

    Al di là del riprodurre il più fedelmente possibile le regole e le meccaniche proprie del materiale originale della licenza, gli sforzi di Capcom sembrano essersi concentrati anche verso altri due aspetti critici di questa tipologia di titoli, ovvero ripetitività e longevità. Se la possibilità di scegliere quale stage andare ad affrontare garantita da alcuni bivi mitiga solamente in parte la sensazione di 'già visto' che inizia fisiologicamente a farsi sentire dopo la prima manciata di ore, il vero motivo che spingerà il giocatore a ritornare sui campi di battaglia di Mystara è dato dall'incredibile numero di oggetti e armi magiche collezionabili che guadagnerà grazie all'eliminazione dei propri nemici. Come sempre, varrà la regola per la quale all'uccisione degli avversari più forti corrisponderà un drop dei materiali più rari, che i propri personaggi potranno indossare in uno degli slot a loro disposizione (otto in totale, divisi tra elmo, armatura, scudo, guanti ed altri gingilli vari), e che andranno a conferirgli dei poteri extra. La propensione alla rottura e la possibilità di combinarne effetti e poteri non fanno altro che aumentare l'avidità del giocatore nei confronti di questi oggetti, la cui collezione completa sarà un premio che solamente i più tenaci e volenterosi riusciranno a portare nella loro bacheca. Se aggiungete a tutto questo una serie di finali alternativi (la cui qualità rimane comunque in linea con quella non eccelsa della maggior parte degli arcade di quel periodo), sbloccabili in base a parametri che possono andare dal punteggio raggiunto, al numero di pezzi d'argento raccolti, all'utilizzo di una determinata arma per sconfiggere un boss, capirete come da questa collection sia facile ricavare almeno una decina abbondante di ore di gioco, traguardo per nulla trascurabile se analizzato in ottica arcade.

    La cura profusa dal team di sviluppo nel rendere questa riedizione dei due classici Capcom all'insegna della rigiocabilità ben si fonde con un sistema di combattimento rimasto pressoché invariato negli anni e che gratificherà i giocatori impegnati ad assimilarne in modo armonico l'utilizzo di incantesimi, armi secondarie e mosse speciali. Tale affiatamento con le meccaniche di gioco sarà fondamentale per contrastare il caos generato su schermo dalla buona varietà di nemici, ognuno con precisi pattern d'attacco la cui memorizzazione sarà necessaria anche per affrontare il livello di difficoltà intermedio in modo degno, con ogni tentativo di affidarsi ad un ignorante button mashing destinato ad essere rispedito al mittente insieme ad una violenta schermata di Game Over.
    Immancabile, come per ogni riedizione che si rispetti, tutta una serie di aggiunte accessorie che vanno dai diversi filtri grafici, grazie ai quali sarà possibile ricreare in tutto e per tutto sul vostro schermo la postazione di gioco da sala originale, a gallerie di art, bozzetti e bonus in game da sbloccare e collezionare, il tutto a completare un pacchetto a prima vista completo anche da questo punto di vista.

    Dungeons & Dragons: Chronicles of Mystara Dungeons & Dragons: Chronicles of MystaraVersione Analizzata Xbox 360Bastano poche ore passate insieme alla riedizione dei due classici beat'em'up Capcom ispirati all'universo di Dungeons & Dragons per assistere alla prova lampante del fatto che, quantomeno in ambito videoludico, una volta trovate le meccaniche giuste, l'esame del tempo rimane solo una formalità. Arricchito di feature che ne ampliano rigiocabilità e longevità, Chronicles of Mystara si propone l'obiettivo di riportare alla luce uno dei punti più alti nella vasta produzione della casa di Osaka nel campo dei fighting game a scorrimento, senza però allontanarsi dal suo fulcro originale: un sistema di combattimento profondo, vario e ricco di possibilità. Che siate giocatori cresciuti a pane e monetine o nuove leve svezzate con poligoni tridimensionali, questa collection è una piccola gemma capace di raccontare un pezzo di storia dimenticata del nostro amato Videogame e di regalare, anche nella comodità del vostro salotto, l'esperienza originale del titolo Capcom.

    7.5

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