Recensione Lollipop Chainsaw

Lecca lecca al gusto Zombie

Lollipop Chainsaw
Recensione: Xbox 360
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • In un panorama videoludico sempre più standardizzato produrre qualcosa di "diverso" è sempre più difficile. E se le novità, in termini di gameplay, si contano oramai sulle dita di una mano, il focus di produttori e sviluppatori si concentra spesso altrove: sulla narrazione, sulla caratterizzazione di personaggi ed ambientazione e sulle atmosfere. Un processo che in un certo senso riguarda anche Lollipop Chainsaw - ultima fatica dell'eclettico Suda 51 (all'anagrafe Goichi Suda) ed il suo oramai famosissimo team Grassopher Manufacture.
    Con l'apporto del cineasta James Gunn -non certo famoso per le sue pellicole impegnate- il nipponico creatore di No More Heroes ha voluto dare l'ennesima prova della sua creatività, sfornando una produzione largamente attesa dall'intero popolo videoludico. L'unico titolo dove la tipica cheerleader americana (quella bionda, un pò oca e tutta curve) è una feroce cacciatrice di zombie che porta attaccata alla cinta del suo micro-gonnellino la testa decapitata del suo fidanzato. Al mix va aggiunto l'umorismo macabro e lascivo tipico delle produzioni Grassopher, mescolato ad una serie di stravaganti personaggi secondari, alle atmosfere da b-movie anni '70 (con tanto di grana e filtri video appositamente inseriti) e ad una colonna sonora punk-rock (con più d'una spruzzatina di metal) davvero di culto. Vi farete così un'idea del perché Lollipop Chainsaw sia tanto atteso (soprattutto da una particolare fetta di videogiocatori) e goda di un credito molto più ampio di quanto non traspaia dalle sue caratteristiche ludiche.
    Andiamo dunque a sviscerarle queste caratteristiche, e scoprire il vero valore di questo stravagante picchiaduro a scorrimento - disponibile per Xbox 360 e Playstation 3 a partire dal 15 Giugno.

    Citazionismo estremo

    Lollipop Chainsaw è prima di tutto un'opera fortemente ironica, che prende spunto (spesso con vere e proprie citazioni) dall'ultimo decennio abbondante di storia videoludica e cinematografica dissacrandone volutamente alcuni canoni. Lo fa a partire dall'esilarante trama, che vede la Terra in pericolo a causa di una frattura aperta, "grazie ad una combinazione di magia nera ed esplosioni" (citando letteralmente), nella barriera dimensionale che divide la nostra dalla Dimensione Putrefatta.

    "Il gameplay rivela diversi chiari-scuri, debilitato da un combat system dal quale era lecito aspettarsi di più ma sicuramente impreziosito da una serie di situazioni esilaranti, soprattutto per il gamer "di vecchia data""

    I gas tossici di quest'ultima hanno invaso il Pianeta, iniziando a trasformane in zombie la popolazione. La missione, dunque, è semplice: eliminare tutti gli zombie ed impedire che l'artefice di questo disastro (un compagno di classe "dark" ed emarginato della protagonista) unisca definitivamente i due mondi. A doverla portare a compimento, però, la più improbabile delle eroine: Juliet Starling - 18 anni (appena compiuti) - cheerleader. Il suo sogno nel cassetto è vincere le nazionali di cheerleading assieme alla squadra scolastica ma la sua vocazione naturale è un'altra: il massacro di non-morti. Bella, bionda, formosa, ingenua e piuttosto disinibita (praticamente -e non a caso- la vittima perfetta in un qualunque film horror), la giovane è in realtà la secondo-genita di una famiglia molto particolare, nella quale da generazioni si tramandano il "mestiere" di cacciatori di zombie. Dunque non mostra il minimo timore quando, nella mattina del suo diciottesimo compleanno, trova alcuni suoi compagni della San Romero High School (altra citazione) tramutati in zombie, limitandosi ad estrarre un'enorme motosega e decapitarli. Molto più sconvolgente l'incontro con Nick - il suo adorato boyfriend. Per "salvarla", infatti, quest'ultimo viene morso ed infettato a sua volta, rimanendo a terra in attesa che si compia il suo destino. Una scena d'amore struggente tra i due -che finalmente si dichiarano- pare dover mettere fine ad un breve ma intenso rapporto, quando, mentre lo schermo vira al nero e la scrtta "Fin" compare in un angolo, Juliet ferma tutto ricordandosi di un suo particolare potere. L'idea più geniale le sia mai venuta (parole sue) porta il suo ragazzo ad una condizione tutta nuova: divenire la prima testa a sopravvivere senza il corpo, grazie ad una formula magica per la quale l'eroina verrà lodata per l'intera avventura, soprattutto dalle sorelle che nell'assenza del corpo scorgeranno la soluzione ai problemi di peso.
    Inizia proprio così un'avventura nella quale la testa di Nick attaccata alla gonna sarà solo la prima di una delle tante stravaganze. Tra continui ammiccamenti, costumi succinti e lecca-lecca (alla Bayonetta), combattimenti a suon di pon-pon e motosega (le armi di Juliet), boss fight rappresentati ora da una hippie dagli attacchi allucinogeni ora da un metallaro-vichingo a bordo di un Drakkar, Lollipop Chainsaw si propone come una vera e propra icona trash, toccando ogni aspetto "di culto" dell'esperienza "nerd" dell'ultima decade (persino Ken il Guerriero - ma non intendiamo svelarvi come). Il risultato, per chi ne comprenda anche una minima parte, è assolutamente gratificante. Il divertimento assicurato. Tuttavia, per la sua altissima carica di nonsense (vi basti pensare che Juliet ha un ricevitore telefonico collegato alla motosega, possiede l'abilità speciale Pole Dance per sconfiggere i nemici e le sue combo verranno chiamate "Abilità Fighissime") il titolo richiede -diciamo- una certa predisposizione. Si tratta infatti di un'avventura focalizzata soprattutto su questi elementi: un "Grindhouse Game" dove elementi come longevità e gameplay -come vedremo- passano in secondo piano rispetto alla folle caratterizzazione di vicenda, ambientazione e personaggi. Un titolo non per tutti, che colpirà soprattutto i cosiddetti "hardcore gamer" nati tra gli anni '80 e i primi anni '90, ma non certo per il tasso di sfida offerto durante le 8 ore scarse d'avventura; bensì per l'incredibile carica auto-ironica, le continue citazioni e le esagerazioni che Goichi Suda e il suo team sono riusciti ad infondere nella produzione.

    Picchiaduro a scorrimento e nulla più

    Quante volte ci siamo lamentati della scomparsa dei beat'em up a scorrimento? Di quegli "action game" alla Final Fight, Double Dragon o Streets of Rage: completamente senza fronzoli, in cui l'unico pensiero era percorrere il livello, eliminare i nemici e giungere al boss fight con energia sufficiente a sconfiggerlo. Ebbene Lollipop Chainsaw, in un certo senso, recupera proprio questa struttura. Un andamento totalmente lineare che fa suo di livello in livello, lasciando pochissimo spazio per l'esplorazione ed eliminando completamente il backtracking. Orpelli come collectibles ed unlockables, naturalmente, ci sono, ma inseriti in maniera praticamente impossibile da mancare - quasi come ennesima presa in giro della produzione videoludica moderna. Ogni oggetto collezionabile, ogni brano o costume sbloccabile avrà infatti il solo ed unico scopo di divertire il giocatore, senza modificare in alcuna maniera l'esperienza ludica. Osservare la bella protagonista sempre più svestita ed ascoltare nell'ordine che più ci aggrada i brani dell'esaltante colonna sonora (o leggere le schede dettagtliate -e con chiari riferimenti alle tendenze sessuali- degli zombie "famosi") saranno dunque le uniche discriminanti (o quasi) capaci di portarci a ri-giocare l'avventura, magari per portarla a termine al massimo livello di difficoltà - l'unico che ci permetterà di ottenere tutti gli extra previsti.

    "Lollipop Chainsaw si propone come una vera e propra icona trash, toccando ogni aspetto "di culto" dell'esperienza "nerd" dell'ultima decade e rendendo l'esperienza, per chi ne colga anche solo qualche aspetto, assolutamente gratificante"

    Con un andamento di questo tipo e ben poche variabili a spezzare la struttura da picchiaduro a scorrimento tridimensionale, a sostenere il peso della struttura è inevitabilmente il sistema di combattimento, vero e proprio fulcro di Lollipop Chainsaw. Il battle system, molto classico, poggia su un sistema di controllo immediato e funzionale: due dei quattro front button vengono assegnati alla motosega, uno per veicolare gli attacchi bassi l'altro per quelli alti; ai restanti le funzioni principali: la fondamentale schivata e l'attacco coi pon pon. Per quanto possa suscitare ilarità, quest'ultimo sarà fondamentale nell'economia di gioco. L'eliminazione dei non-morti, infatti, richiederà una buona dose di strategia, combinando gli attacchi "normali" -per stordire gli zombie- con i fendenti da motosega per mozzargli la testa e sconfiggerli definitivamente. Tale pratica, inizialmente piuttosto monotona, si arricchirà col passare del tempo, durante lo svolgimento dell'avventura. Più zombie elimineremo più medaglie raccoglieremo: tali ninnoli serviranno, agli speciali chop2shop, per comprare nuove combo ed arricchire in tal maniera il combat system. Alla fine di un solo playtrough, considerando anche la possibilità d'acquisizione di numerosi oggetti (bibite, scarpe, manubri...) utili al miglioramento delle caratteristiche fisiche dell'eroina, non avremo probabilmente immagazzinato l'intero comparto mosse - ma almeno quanto basta per mediare all'eccessiva linearità della progressione. Sebbene l'avventura sia quasi interamente racchiusa in una sorta di loop corridoio-stanza, con possibilità d'interazione minima ed esplorazione, come si diceva, nulla, la progressione di Juliet ci permetterà di variare le modalità d'eliminazione degli infetti. Passeremo da combo in grado di decapitarli istanteneamente ad altre che li priveranno delle funzioni motorie, tranciandogli le gambe di netto; saremo infine in grado di concatenare gli attacchi pon pon e i più potenti affondi di motosega in funzione di un sistema di ricompense chiamato Sparkle Hunting. Si tratterà di riuscire a stordire ed in seguito decapitare il maggior numero di non-morti contemporaneamente, attivando una particolare cut-scene e ricevendo in cambio molte più medaglie.
    Per quanto l'insieme di possibilità, soprattutto incrementando il moveset, renda l'azione sempre più spassosa, non si può non sottolineare, soprattutto nelle più intense sessioni di gioco, una certa staticità del combat system. L'impossibilità di spezzare le combo in maniera dinamica, cambiare bersaglio velocemente ed effettuare variazioni libere sul tema rende a conti fatti ripetitiva l'azione di Lollipop Chainsaw, che aggiunge al computo una gestione della telacamera per nulla impeccabile. L'aggiunta di un pizzico di varietà rappresentata dalle diverse forme nemiche (gli zombie kamikaze si faranno esplodere in un certo intervallo temporale o esploderanno a contatto con gli zombie in fiamme, gli zombie-contadini ci attaccheranno con forconi e pale...) e da alcune capacità del tutto collaterali di Juliet (sparare anziché segare tramite un'arma secondaria, scatenarsi nella Pole Dance dove previsto ed utilizzare un paio di abilità combinate facendo roteare -o sparando- la testa di Nick) svanirà al cospetto di un'azione ammazza-zombie costantemente ripetuta. A togliere -almeno in parte- le castagne dal fuoco l'indispensabile schivata, unico sistema per troncare le combo avviate e variare gli attacchi. Grazie a questa possibilità la bionda protagonista sarà in grado di saltellare lontano dal pericolo, scavalcare gli infetti a cavallina (concatenando a piacimento una mossa speciale) e cambiare il bersaglio delle proprie ire senza passare dallo scomodo sistema di lock-on.

    Il gameplay, dunque, rivela diversi chiari-scuri, debilitato da un combat system dal quale era lecito aspettarsi di più ma sicuramente impreziosito da una serie di situazioni esilaranti, soprattutto per il gamer "di vecchia data". Quick Time Event dedicati a Kenshiro a parte (che, una volta in più, non vi vogliamo svelare), moltissimi saranno i momenti in cui le trovate del duo Suda-Gunn sapranno letteralmente esaltare il giocatore. E se le boss fight caratterizzate dal punkabbestia che sbraita lanciando (fisicamente) le lettere degli insulti più comuni da arrecare ad una "signorina" o dal metallaro che scatena tuoni e fulmini tramite assoli di batteria non dovessero bastare, ecco arrivare la sala giochi. Si tratta probabilmente del livello più interessante dell'intera avventura, nel quale i combattimenti (spesso estenuanti) lascieranno spazio ad una serie di mini-game collaterali. Ad ogni piano della struttura ci troveremo immersi in un vecchio arcade da sala, rivisitato in salsa Lollipop. Juliet si troverà ad esempio a vestire i panni di uno tra i fantasmini blu di Pac-Man, intenta a scappare in un labirinto all'interno del quale recuperare le chiavi d'accesso al quadro successivo. Una serie di trovate convincenti, chiuse da una delle migliori boss-fight del pacchetto: un avversario dalla voce modificata elettronicamente al quale l'eroina si rivolgerà subito con un "smettila di parlare come Stephen Hawking" che rappresenta alla perfezione la "misura" del titolo.

    Grindhouse game

    Anche dal punto di vista visivo Lollipop Chainsaw è un vero e proprio concentrato di stile, capace di nascondere in buona parte i limiti di un comparto tecnico non proprio eccezionale. Iniziando dalla fine è bene specificare che quella di Grassopher Manufacture non è certo una killer application in termini numerici: la modellazione poligonale, affidata all'oramai stra-abusato Unreal Engine 3, convince per i protagonisti principali (ottimamente particolareggiati) e poco più, presentando invece un'eccessiva superficialità in tutto il resto. Gli ambienti, per le esigue dimensioni che li contraddistinguono, appaiono sin troppo spogli e la texturizzazione non riesce mai a valorizzarne le caratteristiche. Se aggiungiamo un frequente fenomeno di pop-up, qualche animazione non proprio riuscitissima e l'interattività praticamente assente abbiamo un quadro completo di un reparto poco più che mediocre. Eppure la produzione nippo-americana rapisce, dal primo all'ultimo istante di gioco. Il merito va attribuito soprattutto alla ricercatezza ed alle esagerazioni dello stile visivo, che condisce i massacri tanto con schizzi di sangue quanto con stelle, cuoricini ed effetti luminosi da Pachinko, sfrutta un'accattivante sfrutta un’accattivante visualizzazione di HUD e menù in stile comic-book anni ’60 per catturare il giocatore e rende molti momenti visivamente incisivi, grazie ad una serie di filtri che donano un gradevole aspetto vintage al quadro complessivo.
    Ad impreziosire ulteriormente il tutto una colonna sonora tra le migliori di questa generazione. Il solo menù iniziale (anch'esso sotto forma di comic-book) accompagnato da "Cherry Bomb" delle Runaways è spettacolo puro. Ma la soundtrack non finirà mai di stupirvi, presentando composizioni del duo Akira Yamaoka e Jimmy Urine da puro adrenalina-party ed alcuni azzeccatissimi brani su licenza, tra i quali citiamo i pur distantissimi "Needled 24/7" dei Children of Bodom e "Lollipop" delle Chordettes (presente nello shop di potenziamento). Ogni accompagnamento sonoro sembra andare perfettamente a braccietto con la situazione mostrata, esaltando e coinvolgendo al massimo il giocatore. Di grande impatto anche il doppiaggio (mantenuto -fortunatamente- in inglese), perfetto nel caratterizzare la follia dei personaggi ed intriso di doppi sensi come solo Suda 51 sa fare. Peccato le traduzioni italiane tendano alcune volte, e piuttosto palesemente, ad "indorare la pillola", tentando in maniera veramente mal riuscita di edulcorare i contenuti.

    Lollipop Chainsaw Lollipop ChainsawVersione Analizzata Xbox 360Lollipop Chainsaw, come ogni opera di Suda 51, o si ama o si odia. A differenza di No More Heroes, però, qui c’è un pizzico in meno d’inventiva e solidità per quel che concerne il gameplay, reso forse un pò troppo sottotono dalla spiccata linearità dell’avventura. Molti dei difetti verranno tuttavia messi in secondo piano di fronte alla dissacrante ironia, alle esagerazioni, alle stramberie ed alla carica trash che questo Grindhouse Game (come l’abbiamo più volte definito) saprà riversare sullo schermo. Un’opera da gustare soprattutto per coglierne le citazioni, i doppi sensi e le prese in giro che spaziano nell’ultimo decennio videoludico e cinematografico. Un titolo da comprare ad occhi chiusi se siete stati adolescenti tra gli anni ’80 e ’90, se amate i B-Movie alla Robert Rodriguez e se i continui ammiccamenti di quel mix tra Wonder Woman ed il prototipo della cover-girl da Playboy anni ’90 che è la protagonista non vi infastidiscono. In caso contrario dovreste probabilmente investire i vostri sudati euro da qualche altra parte.

    7.8

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