Aftermath: un ambizioso survival open world italiano

Aftermath è un ambizioso gioco survival dagli autori di The Suicide of Rachel Foster: abbiamo avuto modo di scoprirlo alla Gamescom.

Aftermath
Anteprima: Multi
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • PS5
  • Xbox Series X
  • L'ambizione del team italiano One-O-One Games, già autore di The Suicide of Rachel Foster (a proposito, qui trovate la nostra recensione di The Suicide of Rachel Foster), si avverte in ogni parola di David Gallo (Director di Centounopercento e One-O-One Games) e Daniele Azara (Chief Creative Officer di Aftermath) con cui ho avuto modo di chiacchierare a lungo nel corso della Gamescom 2022. Nel presentarmi Aftermath, gli sviluppatori hanno lasciato trasparire sia tante potenzialità, sia sincera speranza che la loro creatura possa assumere una forma che valorizzi pienamente lo stratificato concept alla base dell'esperienza.

    Non ho purtroppo potuto vedere il gioco in azione, tuttavia un ricchissimo artbook esplicativo e il trainante entusiasmo del team hanno delineato il profilo di un'avventura che ha sì ancora molto da dimostrare sul piano pratico, ma che possiede anche tante idee assai stimolanti.

    La storia di Aftermath

    Volendo etichettare la produzione, si potrebbe dire che Aftermath sia un survival game a mondo aperto, con una forte componente narrativa che, in base a quanto raccontatoci dal team, tocca tematiche delicatissime, nonché contraddistinte da un certo spessore psicologico.

    Il canovaccio è un pot pourri di suggestioni molto coraggiose, con un approccio al racconto che cerca nella stratificazione concettuale la sua ragion d'essere. La protagonista Charlie Grey è un'ex ingegnere spaziale, che a seguito di un incidente si ritrova priva del braccio: convivere con questa disabilità è solo l'inizio di un percorso irto di complessità, che dal dramma familiare sfocia in sfumature apocalittiche. Sulla città (ancora senza nome) d'improvviso aleggia un misterioso artefatto i cui poteri vanno oltre la comprensione umana: lo scenario che si apre dinanzi agli occhi di Charlie è un mondo sospettosamente desertico, dove gli abitanti sembrano scomparsi nel nulla, mentre altre creature, definite Zeloti, paiono adorare l'artefatto alla stregua di una divinità. In questo contesto, la protagonista s'incammina alla ricerca della figlia Sammy, e nel frattempo si trova coinvolta suo malgrado in una missione su vasta scala, che coinvolge il destino di tutti. La storia di una sola donna si trasforma insomma progressivamente in quella di un popolo, assumendo connotati fortemente religiosi, con una simbologia che gli autori stessi dicono ispirarsi per sommi capi all'approccio usato da Hideaki Anno in Neon Genesis Evangelion.

    In Aftermath non ci sono macchine da combattimento umanoidi multifunzione, ma esseri che di umano hanno ormai ben poco, alcuni dei quali sembrano semplici adepti di Hunter - il Predatore - una inarrestabile creatura aliena che darà la caccia a Charlie nel corso del suo viaggio e che è legata in qualche modo al potere dell'artefatto triangolare, troneggiante nel cielo.

    La promessa di One - O - One è quella di una sceneggiatura molto densa - capace di suscitare anche l'interesse di Hollywood per una trasposizione cinematografica - che viaggia costantemente tra le sfaccettature emotive della protagonista e degli altri personaggi con cui incroceremo il destino.

    La vicenda personale di Charlie ha un impatto non solo sul racconto, ma anche sul versante prettamente ludico: l'ex ingegnere spaziale ha perso un braccio e soffre di sindrome da stress post traumatico. È un connubio di fattori che rende Charlie tanto forte quanto vulnerabile, con conseguenze anche sul piano ludico, connesso alla gestione delle fobie della protagonista.

    Le fobie

    Algofobia, Rupofobia e Tafofobia: sono rispettivamente la paura del dolore, quella dello sporco e il terrore di rimanere sepolto vivo. A causa di queste tre fobie, nel corso del gioco dovremo stare ben attenti a non sovraccaricare l'ansia di Charlie, lavando spesso il lerciume che ne insozza i vestiti, evitando quanto più possibile spargimenti di sangue, oppure cercando di non restare troppo tempo nel sottosuolo.

    La città di Aftermath possiede d'altronde una struttura verticale: la metropoli attuale è stata edificata su quella precedente, e per questo, incontrando delle faglie durante l'esplorazione, Charlie rischia di precipitare in una versione architettonicamente più antica del nucleo urbano. La duplicità ha sia funzione ludica che narrativa, e serve anche a costituire una sorta di lore interna che lascia al level design il compito di raccontarsi. Al fine di incrementare le possibilità di sopravvivenza della protagonista, ed evitare che gli attacchi di panico prendano il sopravvento, potremo avvalerci di un sistema di crafting tripartito, che sfrutta tecnologia umana, aliena e ibrida. Ad aiutarci in questo processo di costruzione ci sarà Travis, un robot che funge anche da stazione di servizio ambulante; i suoi servigi saranno essenziali, dato che con sempre maggiori strumenti a disposizione potremo difenderci dagli innumerevoli pericoli circostanti, tra cui l'invio casuale, da parte dell'Artefatto, di differenti piaghe, ispirate a quelle che afflissero l'Egitto (ed ecco di nuovo il ritorno del tema religioso).

    Il team ci ha posto un esempio specifico per comprendere il funzionamento di questi flagelli e la loro potenziale utilità. Può capitare che l'Artefatto scagli sulla città una pioggia di sangue che, a causa della rupofobia di Charlie, può ledere la sua salute mentale. Dopo aver costruito un apposito strumento, tuttavia, avremo anche la facoltà di raccogliere il sangue e sfruttarlo come risorsa: così facendo una piaga, con la giusta accortezza, può tramutarsi da svantaggio a beneficio.

    Il gameplay

    Aftermath è stato definito dai suoi stessi autori come un "arcade survival", ossia un'esperienza non particolarmente hardcore nelle dinamiche legate alla sopravvivenza: niente legna da tagliare, per intenderci, dal momento che la città, i suoi negozi e le sue strade offrono gran parte delle risorse necessarie.

    Questo non significa però che l'avanzamento sarà guidato, anzi: dopo un prologo dallo stile più lineare, al giocatore sarà lasciata totale libertà su come proseguire, permettendogli di decidere in quale zona della metropoli addentrarsi, con uno stile ludico che segue un po' la lezione dei metroidvania. In questo modo, l'utente dovrà anche intuire prevalentemente da solo qual è la strategia migliore per liberarsi delle minacce, se sgusciare via in stealth o attaccando con un colpo melee alle spalle, oppure se bersagliare i nemici dalla distanza, con armi la cui natura ci è ancora ignota.

    La scelta dell'approccio da seguire influenza anche la longevità: si parte da un minimo di 7 ore se si vuole seguire unicamente la storia, e si arriva all'incirca intorno alle 15 ore se si decide di esplorare a fondo ogni area e ottenere il massimo dall'esperienza ludica in termini di strumenti utili alla sopravvivenza, in un contesto che però esclude la presenza di missioni secondarie per lasciare che la vicenda di Charlie, di sua figlia e del suo dramma emotivo si intrecci in maniera coerente e coesa con quella di un mondo sull'orlo della fine.

    Aftermath Realizzato in Unreal Engine 4, e in uscita - si spera entro un anno - su PC e console dell'attuale e della passata generazione, Aftermath è un gioco piuttosto coraggioso. Non tanto per il genere d'appartenenza o le meccaniche ludiche sopra descritte, quanto per la stratificazione concettuale che ne regola il gameplay e la narrazione. Multidimensionalità, allucinazioni, sindromi da stress post traumatico, alieni, simbologia religiosa e plurime raffigurazioni della realtà, con una connotazione di stampo altamente psicologica: per tutto questo, e molto altro ancora, Aftermath punta a vette parecchio elevate. Nonostante le ambizioni, non ho mai letto negli occhi degli autori quell'ingenua incoscienza di chi non percepisce la misura dei propri limiti, e anzi dalle loro parole sono emerse la consapevolezza dei mezzi a disposizione e la voglia spasmodica di andare oltre i pur ovvi vincoli di budget, con coscienza e creatività. Per ora credo dunque sia giusto osservare Aftermath con la dovuta cautela, ma ammetto che la curiosità ha preso il sopravvento sullo scetticismo.

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