Cult of the Lamb è fatto di contrasti, di ossimori, di capovolgimenti sorprendenti. L'agnello, vittima sacrificale della tradizione cristiana, diventa capo di un culto blasfemo che venera un essere misterioso, imprigionato da pesanti catene; lo stile grafico deliziosamente cartoon si contrappone alla violenza necessaria per diffondere il Verbo e liberare i suoi potenziali seguaci dai loro aguzzini.
Devolver Digital ci ha inviato in anteprima una demo di questo roguelite fuori di testa, dotato di elementi gestionali che ricordano la riuscitissima combinazione fatta, molti anni fa, dal celebre ActRaiser (ecco la recensione di Actraiser Renaissance). Permettendoci di spingerci più avanti rispetto alla versione di prova disponibile su Steam, questo spaccato di gioco ci ha immersi nel buio di un bosco popolato da creature minacciose e da religioni in lotta fra loro, in cui l'unica luce possibile è quella della corona rosso sangue che fluttua sulla testa dell'agnellino protagonista.
La divinità che aspetta
Destinato, come tutto il resto della sua stirpe, a un cruento sacrificio, l'agnello si dirige all'altare, dove lo aspettano quattro disgustosi figuri imponenti e variamente mutilati. Cult of the Lamb non fa tanti giri di parole: gli occhioni degli animaletti che popolano i boschi non devono ingannare, perché orrori innominabili sono perennemente dietro l'angolo.
Dopo le parole enigmatiche dei quattro vescovi ("bishops" nella versione inglese, quella da noi provata, non essendo presente una traduzione italiana), un boia taglia la testa del protagonista... Ma non è finita qui.
The One Who Waits, un essere temuto e incatenato dai vescovi - nel profondo dei boschi un uccello chiacchierone vi spiegherà il perché, ma lasciamo a voi il piacere di scoprirlo - si rivolge all'agnello, proponendogli una nuova vita in cambio della sua fede. Non è che ci siano proprio alternative: si può rispondere con un tiepido "yes" o con un più convinto "absolutely", ma il no non è contemplato tra le scelte possibili. Va da sé che abbiamo scelto la seconda opzione, mostrando un ardore mistico che ci sembrava più che appropriato in un'opera intitolata Cult of the Lamb: se dobbiamo mettere in piedi un culto blasfemo, tanto vale farlo con convinzione! Il ritorno dell'agnellino nel mondo dei mortali è dei più clamorosi. Ora il protagonista ostenta una corona che fluttua costantemente sopra la sua testa, e che può trasformarsi in una delle armi reperibili nel mondo di gioco. Inizia così il nostro viaggio alla ricerca di nuovi fedeli per poter costruire un villaggio ospitale e rafforzare il culto, così da riuscire a liberare il dio che aspetta, incatenato sì, ma ancora straordinariamente potente.
Casa, chiesa e... battaglia
Saltuariamente, The One Who Waits ci convocherà al suo cospetto per fare un punto della situazione e riconoscere i progressi del culto. In una di queste occasioni, il dio pronuncia delle parole molto significative riguardo ai nostri adepti: "Their faith is a resource, spend it as you would gold". Ecco, questo è il concetto chiave di Cult of the Lamb: sebbene siano presente altre risorse nel mondo di gioco - oro, rocce, legna - la principale è la fede dei nostri discepoli.
Come accennato in apertura, il titolo in sviluppo presso gli studi di Massive Monster ha due anime: una di roguelite, con generazione procedurale dei vari quadri in cui si incontrano i mostri da sconfiggere; l'altra di gestionale, in una sorta di Animal Crossing perverso in cui si costruiscono statue blasfeme, tombe per i cultisti defunti e altari da cui lanciarsi in sermoni sfrenati per accendere gli animi degli adepti.
Questi ultimi possono essere reperiti nel corso delle battaglie, salvandoli dai loro carcerieri, ma non mancano occasioni in cui saranno i boss, una volta battuti, a convertirsi alla nostra religione. Bisognerà gestire con attenzione le loro necessità, curando che siano adeguatamente nutriti e che riposino quando serve. Potranno coltivare i campi, racimolare risorse oppure pregare: tramite quest'ultima meccanica, il giocatore raccoglierà gli indispensabili punti devozione, che serviranno a sbloccare nuove strutture con cui migliorare la vita del villaggio e rendere il culto sempre più prospero. Gli edifici disponibili nella demo erano ovviamente limitati, ma una sbirciatina all'albero che ospita tutte le possibili opzioni ci ha permesso di constatare un'ottima varietà e numerose strutture per decorare quello che, almeno inizialmente, è soltanto un terreno pieno di rocce ed erbacce.
Costruire il tempio, ad esempio, permette di sbloccare nuove abilità, armi e maledizioni; sacrificando all'altare il cuore dei vescovi eretici - nella demo è stato possibile affrontarne solo uno - l'agnellino potrà diventare sempre più forte e temibile, potenziando la sua corona. Non sembra essere presente un tabellone di potenziamenti vero e proprio come avvenuto in Hades (la nostra recensione di Hades è a portata di click): attendiamo la versione definitiva per scoprire di più sulla crescita del personaggio, nella speranza che Massive Monster sappia tirare fuori dal cappello un meccanismo intrigante.
Botte da orbi
Le fasi gestionali sono interessanti e coinvolgenti, ma è certamente nei combattimenti che l'azione di Cult of the Lamb si fa frenetica e coinvolgente. Con un protagonista apparentemente minuto e indifeso, è una delizia fare a fette i nemici della setta con un'azione precisa e al fulmicotone, e con dei controlli semplicissimi: l'attacco possibile è soltanto uno, ma la varietà di armi rende il tutto veloce, cruento e mai banale.
Certo, al momento non siamo rimasti a bocca aperta come recentemente avvenuto con Hades. Negli Inferi di Supergiant Games, infatti, le armi a disposizione di Zagreus erano non soltanto variegate, ma spesso anche sorprendenti nel loro utilizzo; Cult of the Lamb offre un'esperienza di combattimento meno rigida rispetto a quella di The Binding of Isaac - giusto per proseguire sulla scia dei confronti - ma dobbiamo attendere la versione definitiva per capire se e come le abilità dell'agnellino e le caratteristiche del suo arsenale si combineranno per offrire una maggiore varietà di approccio agli scontri.
Le potenzialità del rapido pugnale, della robusta spada e della lenta, ma potentissima ascia possono essere migliorate grazie a un aiuto soprannaturale: i tarocchi. Se in Where The Water Tastes Like Wine (potete recuperare qui la nostra recensione di Where The Water Tastes Like Wine) queste carte misticheggianti erano impiegate per simboleggiare le varie scelte disponibili nella narrazione delle storie ai vari personaggi incontrati dal Matto nel corso del suo cammino, in Cult of the Lamb i tarocchi offrono potenziamenti randomici, ma sempre utili: si va da cuori extra alla capacità di infliggere lo status veleno ai nemici, passando per la possibilità di infliggere colpi critici con maggiore frequenza. Nei nostri pellegrinaggi per liberare le lande dagli adepti dell'Antico Culto potremo anche incontrare le statue degli eretici nostri avversari, e rubare la devozione che è racchiusa al loro interno.
Insomma, oltre al danno, la beffa: non bastava avere un agnellino che porta scompiglio nei boschi, sterminando tutto ciò che trova lungo il suo cammino... Prendere a sberle i coloratissimi mostriciattoli - dotati di abilità e movimenti che li distinguono nettamente fra di loro, nel contesto di un'ottima varietà complessiva - è un'attività che regala tante soddisfazioni, anche grazie alla splendida fisicità dei colpi e alla funzione di vibrazione del pad, implementata in maniera davvero azzeccata.
I combattimenti ci sono parsi ben bilanciati, e la presenza di quattro livelli di difficoltà permette a Cult of the Lamb di adottarsi a tutti i tipi di palati. Attenzione alla gestione delle esigenze dei cultisti: rimanere nei boschi troppo a lungo rischia di farli morire di fame, o - peggio! - di far vacillare la loro fede. Questa meccanica risultava mitigata nella demo, che aveva una durata piuttosto limitata, ma va tenuta presente nella gestione delle tempistiche dell'avventura, prestando attenzione a bilanciare le fasi di esplorazione e combattimento con quelle prettamente gestionali.
Concludiamo con due menzioni d'onore per il sonoro e il comparto artistico: portare in vita un prodotto così particolare non è una sfida semplice, ma la direzione artistica di Cult of the Lamb ha saputo convincerci in pieno. La grafica cartoon fa da perfetto contrappunto alla crudezza della storia e dei nemici dell'agnellino, con boss fight caratterizzate in maniera memorabile e avversari riconoscibili e "leggibili" nei loro pattern comportamentali. Passando al comparto sonoro, abbiamo constatato una cura certosina nella gestione degli effetti ambientali, nonché un gusto notevole nella composizione delle musiche, che restituiscono un senso di giocosità in netta contrapposizione rispetto alla crudele mattanza che spesso si verifica a schermo.
Si sa che Devolver Digital ha sempre delle buone frecce nel suo arco, e Cult of the Lamb non sembra essere un’eccezione rispetto alla cura con cui il publisher californiano seleziona i protagonisti del suo roster. L’avventura dell’agnellino blasfemo è un Giano bifronte che da un lato guarda al genere roguelite, dall’altro al mondo dei gestionali, e sembra farlo con classe. Non manca molto all’uscita di questo peculiare titolo: l’11 agosto potremo addentrarci nei boschi di Massive Monster su PC, Nintendo Switch e console Xbox e PlayStation, e non mancheremo di dirvi la nostra sull’esperienza finale. Una cosa è certa: d’ora in poi guarderemo agli agnellini con occhi diversi, nel timore che possano sfoderare un’ascia bipenne da un momento all’altro e tentare di convertirci a uno strano culto...