Quando Miyazaki-san avvia la demo di Dark Souls 3, nella saletta privata all'interno dell'area stampa di Namco-Bandai, capiamo subito che From Software ha fatto tesoro dell'esperienza maturata con Bloodborne. A livello tecnico il nuovo capitolo della serie si presenta già in discreta forma, compiendo notevoli passi avanti in termini di shader e texturizzazione. Probabilmente la pienezza sanguigna e oleosa dell'esclusiva Ps4 resterà irraggiungibile per un titolo che è multipiattaforma per diritto di nascita, ma il fantasy oscuro di questo nuovo Souls è per certo molto affascinante. Peccato per i soliti cali di framerate che come sempre accompagnano le prime presentazioni di qualsiasi prodotto firmato Form Software: anche in questo caso non ci resta che riporre un po' di fiducia nel team e nel processo di ottimizzazione che verrà fatto da qui all'uscita, fissata per la prima metà del 2016.
Al di là delle questioni tecniche, le vedute ocra di Lodeleth hanno però una bella sfortuna: quella di arrivare dopo il già citato Bloodborne, con cui francamente non possono rivaleggiare in termini di ispirazione e originalità. Sarà che siamo ormai arrivati al terzo capitolo di Dark Souls, sarà che le surreali atmosfere lovecraftiane viste appena qualche mese fa hanno definito nuovi standard in fatto di disperazione e malattia, ma l'iconografia che ci è capitata sotto gli occhi è parsa lievemente più spenta del solito.
Allineato coi suoi due predecessori, Dark Souls 3 ci trascina in un mondo fantasy rimasto ormai senza gloria, come immerso in un tramonto eterno. Le guglie titaniche dei castelli e i torrioni che svettano all'orizzonte appaiono come monumenti ormai svuotati di ogni significato, giganti inermi su cui lentamente si deposita una fitta coltre di cenere. Questo pulviscolo grigio e appiccicoso è il simbolo di una decadenza ormai irreversibile: dai cadaveri dei draghi, distesi senza cura sui camminamenti di roccia, ritorti e squartati, si solleva una polvere densa che ricopre ogni cosa. E' come un vortice di scaglie marcite, ultimo residuo di un fuoco spento per sempre.
Ecco: se c'è una cosa che Dark Souls 3 sembra far bene è veicolare la sensazione di uno smacco totale. E del resto non ci saremmo aspettati niente di meno dal tocco di Miyazaki. A Lodeleth ci sono cadaveri, impalati sui rami di alberi prosciugati, incarniti in questo nero intreccio di fronte, ed esseri vuoti che pregano di fronte a questi strani e inquietanti spauracchi. Ci sono cavalieri non-morti e parassiti informi fatti di bile nera, che emergono dai corpi di altri nemici spaccandoli per uscire. Al netto di un impatto che i conoscitori della saga potrebbero considerare ormai canonico, insomma, gli appassionati dello stile "mortifero" della saga Souls resteranno sicuramente soddisfatti.
Sul fronte del gameplay, chiusa la parentesi di Yharnam si torna alle meccaniche ampiamente rodate dai predecessori. Rispuntano gli scudi, i backstab, la capriola ed il fat roll, e rispuntano pure i falò. Siamo di fronte insomma ad un'evoluzione del secondo capitolo, molto familiare nei ritmi ma con qualche aggiunta di spessore. Adesso le armi hanno infatti mosse uniche che le rendono efficaci in diverse situazioni: impugnata a due mani, una spada bastarda ci permette di entrare in una posizione da cui far partire colpi che rompono la guardia dei nemici. Una coppia di scimitarre, invece, grazie ad un attacco in rotazione è in grado di falciare interi gruppi di nemici e perfetta per il "crowd control". L'obiettivo del team sembra essere quello di rendere più vario il combat system, caratterizzando ogni arma con moveset dalle funzioni specifiche. Revisioni importanti anche per l'uso dell'arco corto, che adesso ha una funzione di fuoco rapido per colpire i nemici senza dover tendere il colpo, e permette di eseguire anche i backstab. "Un po' come Legolas", ci dice Miyazaki, ma noi lo perdoniamo e facciamo finta di non sentire. Soprattutto perché subito dopo ci promette mutamenti anche nel sistema di utilizzo delle magie, anche se poi non entra nel dettaglio. Avvolte nel mistero anche le statistiche del personaggio, il sistema di sviluppo delle armi (tornerà la titanite?) , l'interfaccia di gioco e conseguentemente il metodo di recupero della vita (anche se il ritorno della fiaschetta Estus sembra quasi certo).
Miyazaki ha rivelato inoltre che non recupererà il respawn limitato dei nemici visto nel secondo capitolo: l'ha detto quasi con una punta di disprezzo, come se l'idea del suo collega Tanimura fosse un imbarbarimento del concept originale. Interrogato a proposito del new game + (non si sa mai voglia farci lo stesso brutto scherzo di Bloodborne), il game designer ha anticipato di avere qualche idea stravagante e innovativa in merito, anche se probabilmente per scoprire che cosa ha in mente dovremo aspettare l'uscita del gioco.
La demo presentata qui a Los Angeles ha provato anche a darci un'idea dell'estensione degli ambienti: a giudicare da qualche veduta panoramica le aree esplorabili sembrano veramente enormi, anche se non possiamo pronunciarci sul level design. Conoscendo le propensioni di Miyazaki possiamo aspettarci comunque una struttura tentacolare e arroccata, piena di scorciatoie e piuttosto intricata: la speranza è quella di tornare ai fasti del primo Dark Souls, ancora imbattuto in quanto a complessità del mondo di gioco.