Deathloop: un gameplay tra sparatorie e indagini per sfuggire al loop

L'immersive sim di Arkane Studios torna a mostrarsi nel dettaglio, mettendo in mostra un'anima investigativa nient'affatto scontata.

Deathloop
Anteprima: PlayStation 5
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS5
  • Xbox Series X
  • Come spiega in maniera molto sincera Dinga Bakaba, Game Director di Arkane Studios - software house di Lione fondata nel 1999, che ricordiamo per titoli come Arx Fatalis, Dark Messiah of Might and Magic e l'ultimo Prey - dopo otto anni di lavoro sulla serie Dishonored è sopraggiunta per il team la naturale voglia di dedicarsi a qualcosa di nuovo, confrontandosi con una sfida creativa diversa Deathloop è dunque paradossalmente nato così, come reazione spontanea alla decadenza di Dunwall e al rigore di Karnaca.

    E proprio in virtù di questo slancio non deve affatto sorprendere il suo universo colorato e sopra le righe, per uno sbalorditivo retro-futuro anni '60 popolato di personaggi bizzarri e scorci che lasciano davvero il segno. Non che i talentuosi sviluppatori francesi vogliano tuttavia mettersi alle spalle il glorioso passato o peggio rinnegare improvvisamente loro stessi: al contrario, per i maestri dell'immersive sim si tratta di declinare una formula che conoscono e padroneggiano a meraviglia in un modo differente e nuovo, così come già accaduto con l'anima adventure/survival di Prey o con l'impronta stealth di Dishonored.

    Vivere e morire a Blackreef

    È lo stesso Dinga Bakaba a dare una definizione precisa e per quanto possibile lineare di un titolo ambizioso e tutt'altro che semplice da inquadrare come Deathloop. Il Game Director, durante un evento digitale organizzato per presentare una buona mezz'ora di gameplay inedito alla stampa, ha parlato di "un raffinato sparatutto in prima persona in cui ci si ritrova intrappolati in un loop temporale insieme alla nostra peggiore nemica, ovvero un personaggio che può essere controllato da un altro giocatore in carne e ossa". E, diciamocelo, almeno fino a qui potrebbe filare più o meno tutto liscio.

    In Deathloop si andranno a vestire i panni di Colt Vahn, un sicario che si risveglia confuso e in preda a una devastante amnesia sulla spiaggia di Blackreef, vale a dire un'assurda isola che oltre a sembrare un degenerato Luna Park per assassini denota anche un problema non da poco con lo scorrere del tempo. Che da quelle parti non è affatto lineare e irreversibile come d'abitudine, bensì ossessivamente ripetitivo: immaginate una specie di folle Giorno della Marmotta (per citare la leggendaria pellicola di Harold Ramis con protagonista un indimenticabile Bill Murray) in cui nemmeno la morte può salvare da un ciclo eternamente in sospeso, fatto di pazzi assatanati che non vedono l'ora di uccidere ancora e ancora il nostro malcapitato alter ego.

    A dire il vero un escamotage per spezzare la tremenda routine sembrerebbe esserci eccome: l'obiettivo di Vahn sono infatti gli otto Visionari, misteriosi killer dotati di poteri speciali da eliminare tassativamente nell'arco di ventiquattro ore. L'unica possibile soluzione all'enigma, la sola via di fuga da un inferno in cui la preda può mano a mano trasformarsi in predatore. Non senza tuttavia vedersela a più riprese con Julianna, la già citata nemesi di Colt: un'altra assassina apparentemente inarrestabile, che nel cercare a tutti i costi di preservare il ciclo di morte e rinascita sembra divertirsi col protagonista come farebbe un gatto col topo (per capirci, preparatevi addirittura a messaggi radio irridenti attraverso lo speaker del DualSense quando meno ve l'aspettate).

    Sparare è importante ma non è comunque l'unico elemento costitutivo di Deathloop. Anzi, è proprio l'aspetto investigativo legato a come concatenare fra loro gli omicidi degli otto bersagli a rappresentare uno degli aspetti più sorprendenti della produzione transalpina, con una componente mai davvero emersa in tutta la sua forza sino a oggi. Bakaba si è a tal proposito esplicitamente riferito a una campagna con enigmi legati alle uccisioni, perché per rompere l'estenuante ciclo servirà incastrare il perfetto loop di omicidi in serie in una sola run (nonostante per lui Deathloop non rientri effettivamente a pieno titolo nel genere dei roguelike per il modo in cui è costruito, anche se il creativo ha ammesso di essere poco interessato ad assegnare delle etichette in prima persona).

    Un puzzle all'insegna della morte

    Blackreef sarà suddivisa in quattro distretti liberamente accessibili in quattro momenti della giornata - mattina, mezzogiorno, pomeriggio e sera. Per raccogliere informazioni sugli otto Visionari e sui loro spostamenti si potrà rimanere per tutto il tempo desiderato in una specifica zona e in uno specifico orario (ad esempio Fristad Rock, di pomeriggio) senza che si passi in automatico alla fase del giorno successiva. In accordo con la natura ciclica degli eventi, sarà poi necessario tornare nella stessa ambientazione più e più volte per ottenere tutti gli indizi, visto che le aree daranno accesso a zone diverse a seconda del momento e che i nostri obiettivi si muoveranno all'interno dei quartieri.

    Ed è qui che interviene la peculiare componente puzzle menzionata dal Game Director, perché non dovremo solamente preoccuparci di eliminare i nostri avversari, bensì dovremo farlo tassativamente entro un arco di tempo preciso, scandito dalle ventiquattro ore. Quest'anima investigativa diventa dunque imprescindibile per l'originale gioco a incastri su cui si fonda Deathloop. Cercare indizi si rivelerà infatti fondamentale per sapere tutto degli otto Visionari: non importa che i suggerimenti arrivino da documenti custoditi in una cassaforte ottenuti attraverso l'esplorazione diretta o magari dall'ascolto di dialoghi casuali tra gli NPC (per fare un esempio, nella demo che mi è stata mostrata le chiacchiere fra due personaggi random svelavano l'ingresso alternativo a una villa in cui compiere una strage durante una festa in maschera). Tutto fa brodo, e dovrete cercare di rimanere costantemente sul chi va là per diradare la foschia che annebbia la mente del povero Colt.

    A maggior ragione considerando che, a detta del team, non esisterà solo e soltanto un modo per avere la meglio su un bersaglio, incentivando anzi strategie creative e approcci anche molto diversi tra loro. A tutto vantaggio della rigiocabilità, per un'esperienza pensata per durare dalle quindici alle venti ore circa - con gli ultimi playtest che stanno orientandosi più attorno a una media di venti. La natura da meccanismo a orologeria di Deathloop si intravede anche nelle interazioni con gli avversari, a prima vista uno degli aspetti meno convincenti di un insieme comunque incredibilmente accattivante.

    Gli scontri a fuoco ricordano in effetti a volte quasi più dei puzzle che gli impegnativi combattimenti di un FPS, con nemici non sempre particolarmente agguerriti. Nella migliore delle ipotesi i rivali danno in effetti l'idea di ostacoli inseriti strategicamente sul cammino, da aggirare con la trovata giusta in termini di level design o con qualche potere, mentre alle volte sembrano marionette con comportamenti non sempre così verosimili.

    Carne da macello pronta a farsi massacrare in maniera truculenta e spettacolare, servendosi appunto delle sovraumane abilità innate del protagonista. Facoltà che includono invisibilità, teletrasporto, telecinesi per sbattere i nemici con forza in una direzione, un collegamento neurale per far condividere a tutti lo stesso destino (se viene ucciso un anello della catena muoiono tutti gli altri) e ultima ma non ultima la possibilità di sopravvivere per ben due volte alla morte, riavvolgendo come per miracolo il tempo senza riavviare la run.

    Un letale déjà vu

    Non che, intendiamoci, Deathloop rinunci in tutto e per tutto all'azione e al combattimento a testa bassa. Ad aspettarvi troverete infatti un arsenale di dieci classi di armi che include dai machete ai mitra, passando per fucili automatici, shotgun, torrette e pistole (con la possibilità di impugnare in alcuni casi pure due contemporaneamente). Strumenti da abbinare a potenziamenti speciali tipo le pallottole perforanti o il doppio salto, che si potranno sia assegnare alle stesse armi che al personaggio, in modo da assicurare capacità di lotta degne di una prodigiosa macchina da guerra.

    Da notare come la progressione rappresenti uno dei cardini dell'esperienza di Deathloop: a detta dei suoi creatori sarà garantita una grande libertà nell'approccio, lasciando all'utente la scelta fra azione pura, stealth, poteri o una combinazione dei tre fattori appena elencati. All'inizio secondo Bakaba la soluzione all'insegna della furtività si rivelerà pressoché obbligatoria, perché non si partirà equipaggiati a dovere e Colt sarà di per sé piuttosto debole.

    In corso d'opera però, apprendendo nozioni sull'isola, sulla sua missione e su tutto ciò che lo circonda - ad esempio, in uno dei passaggi che ho avuto modo di visionare il protagonista morendo capiva di dover leggere su una cartolina la combinazione per aprire una certa porta, inaccessibile fino al ciclo precedente ma da lì in avanti sbloccata per sempre, perché rimarranno elementi di persistenza tra un game over e l'altro - finirete col ritrovarvi per le mani un personaggio via via più agguerrito, e lo stealth diventerà un'opzione disponibile in ogni momento ma tutt'altro che obbligatoria.

    Fra torrette e telecamere da manomettere per infiltrarsi a dovere, scritte che compaiono a mezz'aria a mo' di allucinazioni per dare dei suggerimenti sul da farsi e un level design verticale e arzigogolato, che si presta tanto a massacri a viso aperto quanto a un incedere ben più cauto, la prossima fatica di Arkane Studios sembra essere un'opera tanto ricca quanto ambiziosa, eppure non sempre di facile lettura. Anche se, a tal proposito, Dinga Bakaba ha spiegato che Deathloop secondo lui è un gioco "più atipico che complesso": non difficile in senso lato in termini di sfida o di combattimento, poiché la vera difficoltà sta nell'incastrare in maniera corretta un insieme di possibilità.

    Cartoline dall'inferno

    Quel che è invece fuori discussione è l'indubbio fascino di un mondo sensazionale, capace di mescolare grazie alla perizia fuori dal comune dell'Art Director Sébastien Mitton una squillante allegria di fondo, un positivismo sperimentale ed estroso, con i toni di una surreale ed esasperata caccia all'uomo. Fra singolari architetture ed interni arredati con un gusto incredibile, che seppur con qualche differenza mi hanno ricordato a più riprese gli scampoli visionari di certi elementi di Arancia Meccanica, Blackreef sembra davvero un luogo unico e speciale. Un carnevale fuori di senno che non ha paura di osare, facendo anzi dell'esagerazione un vezzo distintivo a suon di forme e sensazioni particolari.

    Badate bene: nonostante i 60fps e la risoluzione 4K adattiva non siamo di fronte a una produzione tecnicamente eccelsa, o comunque a uno dei quei giochi che urlano a pieni polmoni la loro indole orgogliosamente next-gen (a tal proposito, recuperate la nostra anteprima di Ratchet & Clank: Rift Apart). Eppure Deathloop risulta comunque piacevolissimo da vedere, riuscendo a stregare con un'innata originalità e tanto, tanto carattere. Laddove il titolo Bethesda promette di far faville è poi nell'impiego delle caratteristiche specifiche di PlayStation 5, dall'SSD che azzera i caricamenti alla spazialità dell'audio 3D, destinato potenzialmente ad aggiungere qualcosa di alquanto importante in un'esperienza simile.

    È però attorno al DualSense che si è sono concentrate le attenzioni - nonché il palpabile entusiasmo - dello studio francese: il controller di PS5 promette infatti di aggiungere una dimensione squisitamente tattile agli immersive sim, a tutto vantaggio dell'immedesimazione. Il feedback aptico servirà a dare l'idea del passaggio su superfici diverse, oltre che a connotare in modo approfondito le varie bocche da fuoco. I grilletti adattivi veicoleranno le sensazioni delle diverse armi, con tanto di possibilità di inceppare quelle più scadenti. Il tutto senza dimenticare lo speaker sul controller, citato espressamente da Arkane Studios come parte integrante dell'incantesimo.

    Deathloop Deathloop sembra in tutto e per tutto un gioco Arkane Studios: una produzione temeraria e mai scontata, pensata per offrire soluzioni di gameplay stimolanti e gustosamente aperte. Un'avventura narrativa che prende spunto dal sottogenere roguelike senza essere un vero e proprio roguelike (la storia prevede fallimenti e più tentativi, perché sarà necessario passare attraverso snodi predefiniti e in nessuna maniera si potrà portare a termine il tutto in una sola run), distinguendosi con una personalità rara e un'atmosfera sbalorditiva. Anche in virtù di una direzione artistica ammaliante e di una soundtrack deliziosamente alla James Bond sotto acidi, l'impressione è che il 14 settembre ne vedremo davvero delle belle.

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