Anteprima Grim Fandango

Dopo 16 anni, torniamo nelle sale del Dipartimento della Morte

Anteprima Grim Fandango
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  • PSVita
  • Pc
  • PS4
  • Le misteriose avventure di Manny Calavera sono probabilmente poco note ai lettori più giovani delle nostre pagine. Eppure Tim Schafer, nella breve intervista rilasciata al Playstation Experience, sembra volersi rivolgere non solo ai nostalgici, ma anche verso coloro che possono essersi persi una vera e propria pietra miliare del mondo videoludico: Grim Fandango. In arrivo sulle nostre Playstation 4 e Vita, nonché su PC e Mac OS, il 27 gennaio 2015 dovremo allora essere tutti pronti a tirare le fila di un complotto ben al di là delle competenze di un semplice dipendente del Dipartimento della Morte, in un’avventura che fonde magistralmente il genere noir e la tradizione funebre messicana. Durante la diretta sono emersi alcuni dettagli della produzione che hanno dissipato, almeno parzialmente, lo scetticismo di chi temeva l’ombra di un prodotto realizzato senza la cura che un tale titolo avrebbe meritato.

    Correva l’anno 1998...

    ...e Lucas Arts decise di abbandonare la struttura bidimensionale per le avventure in grafiche in favore di un modello ibrido di 2D e 3D, che avrebbe previsto l’utilizzo di un pad invece dei consueti mouse e tastiera. Per molti ciò sarebbe sembrato follia, ma è lo stesso Tim Schafer a ricordare come quelli erano i tempi della prima PlayStation, di Tomb Raider e di Resident Evil, e di come rimase in qualche modo affascinato dalle innovazioni che quella console e quei prodotti portarono con sé. Il gioco che abbiamo oggi di fronte a un primo (poco attento) sguardo può sembrare identico alla sua controparte originale, ma in realtà i ragazzi di Double Fine hanno operato alcune essenziali modifiche senza però snaturare eccessivamente l’atmosfera di questo classico intramontabile.
    I modelli poligonali sono stati aggiornati e ri-texturizzati, è stato applicato un moderno filtro antialiasing e, soprattutto, gli scenari non sono più semplici sfondi pre-renderizzati: sono stati infatti arricchiti da un sistema di illuminazione in tempo reale con giochi di luci e ombre. Le differenze col passato emergono ancora di più premendo un apposito pulsante che disabilita tali migliorie (come nei remake dei primi due Monkey Island), ricordandoci quanto ormai certe caratteristiche tecniche siano imprescindibili anche in un prodotto visivamente semplice come questo. Purtroppo, l’enorme difetto di questa riedizione è il mantenimento del rapporto 4:3: il passaggio al 16:9 avrebbe richiesto al team di ridisegnare da zero tutti i fondali o, quantomeno, la porzione sulle bande nere laterali. È da segnalare che, comunque, gli sfondi in generale non sembrano aver subito dei “lifting” di qualche tipo, rimanendo essenzialmente identici a quanto già visto.

    Una piacevolissima aggiunta, invece, è stata l’inserimento dei commenti degli sviluppatori originali, che sarà possibile ascoltare premendo L1 in determinati momenti del gioco (sembra che gli interventi registrati che spiegheranno passo passo le fasi dello sviluppo siano più che abbondanti), così da offrire un motivo in più per rigiocarlo anche a chi lo abbia già terminato in passato. Infine, anche il sistema di controllo è stato aggiornato per venire incontro alle esigenze di un pubblico oramai poco abituato a fare ruotare il personaggio su sé stesso e poi mandarlo avanti o indietro (il terribile “Character Relative”): sarà infatti possibile muovere Manny semplicemente dandogli la direzione con lo stick analogico.
    Per quanto riguarda il versante enigmi e sfide, Tim Schafer ha lasciato intendere che niente è stato cambiato rispetto al passato, senza voler inserire elementi di difficoltà aggiuntivi come, ad esempio, la possibilità di morire. Tale concetto non rientrava nei progetti di Lucas Arts e tantomeno farà parte di questa edizione remastered, in quanto il piacere della sfida non deve risiedere tanto nel timore di dover ricaricare un salvataggio, quanto in cià che lo sviluppatore stesso ha definito una “piacevole confusione”. Questo concetto fa riferimento al senso di smarrimento che si prova nel corso dell’avventura di fronte a situazioni apparentemente senza via di uscita, ma che, con la giusta dose di inventiva e astuzia, è sempre possibile aggirare grazie agli strumenti che ci vengono messi a disposizione. Ironia della sorte, lo stesso Tim ha ammesso nell’intervista di essere rimasto spiazzato, essendosi dimenticato la maggior parte degli enigmi e avendo dovuto chiedere aiuto per poter proseguire in certe sezioni del gioco.

    Sembra, dunque, che gli interventi operati dal team di sviluppo si siano limitati al lato estetico del titolo, senza andare a intaccare gli enigmi e, tantomeno, la trama, che rimarrà quella storica a cui siamo abituati. Manny Calavera è un impiegato del Dipartimento della Morte, incaricato di vendere a coloro che devono attraversare le terre dei morti il miglior pacchetto di viaggio per raggiungere il nono Aldilà, ove li aspetta la pace eterna. Il viaggio, della normale durata di quattro anni, può infatti essere abbreviato per chi ha vissuto in maniera encomiabile, fino alla possibilità di usufruire di un treno talmente veloce da impiegare solo 4 minuti per arrivare a destinazione. Un giorno, però, le cose non andranno come devono al buon protagonista, che si ritroverà impossibilitato ad offrire il biglietto a una cliente speciale, finendo con l’essere licenziato e costretto poi ad indagare sui loschi sotterfugi in atto nella terra dei morti.
    L’avventura, apparentemente dai toni piuttosto maturi, è perennemente smorzata da una, spesso sottile, ironia di fondo; senza considerare l’iconografia tipica della santeria messicana, che rende l’atmosfera ancora più grottesca e surreale. A farcire il tutto vi sono gli immancabili enigmi, che il più delle volte prevedono soluzioni assurde o tragicomiche. Chi scrive ricorda bene come per far uscire allo scoperto un tecnico riparatore si dovesse bloccare la posta pneumatica intasando tutto con due vermi riempiti con diversi liquidi da imballaggio. E parliamo della prima mezz’ora di gioco.

    Grim Fandango Grim Fandango Remastered non è il solito remake: è un’occasione. L’occasione di (ri)mettere le mani su uno dei titoli più geniali e originali degli ultimi 20 anni, perennemente ai “piani alti” delle classifiche dei migliori giochi di sempre e ancora attualissimo nei suoi temi e nelle sue dinamiche. In un panorama che oggi vede il mondo delle avventure grafiche avvicinarsi sempre di più al concetto di “film interattivo”, Tim Schafer vuole credere in un ritorno alle origini, supportato da un aggiornamento grafico che basta a smussare le “rughe” più evidenti di un gioco che ha oramai 16 anni sulle spalle. Chi lo ha già giocato difficilmente si lascerà sfuggire l’occasione di testare nuovamente il proprio ingegno (o la propria memoria), mentre per tutti gli altri sarà un atto di fede nei confronti di un modo di fare videogiochi che non esiste più, ma che, con ogni probabilità, potrà dimostrare di avere ancora qualche freccia al proprio arco. Coraggio ragazzi, che gennaio non è lontano.

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