Just Cause 2, il ritorno dell'agente Rico: prime informazioni

Il ritorno dell'agente Rico: prime informazioni sul prodotto

Just Cause 2, il ritorno dell'agente Rico: prime informazioni
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  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Piccole Software House crescono

    Mescolate, in un immenso scenario tropicale scevro di caricamenti, un'abbondante dose di free roaming alla Grand Theft Auto ed altrettanta azione in terza persona alla Syphon Filter; aggiungeteci un'agente segreto della CIA il cui ego supera le vette del monte Everest, un pizzico di paracadutismo e di stunt-moves e una spolverata di umorismo da film d'azione all'americana, ed otterrete Just Cause.
    Il primogenito Avalanche Studios, software house svedese fondata da Christofer Sundberg e Linus Blomberg nel 2003, venne distribuito nel 2006, per PC, Sony Playstation 2, Microsoft Xbox ed Xbox360, da Eidos Interactive.
    Just Cause, passato anche troppo in sordina rispetto ai suoi meriti, si proponeva di portare una ventata di freschezza nel genere action, unendo ad una storia non troppo interessante un gameplay con molti buoni spunti ed una realizzazione tecnica che prometteva d'essere veramente solida, soprattutto grazie all'assenza di tempi morti in un ambiente così grande.
    Il risultato finale, purtroppo, tradì le aspettative collocandosi solo leggermente al di sopra della mediocrità: il gameplay era solo potenzialmente vario in quanto le numerose sub-quest si rivelavano da subito estremamente ripetitive, l'IA dei nemici molto semplice e deficitaria ed il comparto tecnico, sul quale molti avevano fantasticato, alternava scorci paesaggistici di grande impatto ad un comparto animazioni -ad esempio- sottotono rispetto alle produzioni concorrenti dell'epoca.
    Ad appena due anni di distanza i ragazzi Avalanche Studios ci vogliono riprovare, convinti, dopo aver assimilato le critiche dei giocatori e degli addetti ai lavori, che Just Cause 2, in uscita a fine Marzo per Sony Playstation 3, PC e Microsoft Xbox360, piacerà sia ai detrattori che agli amanti del prequel.

    Paese che vai usanze che trovi

    Alcuni anni dopo le vicende di San Esperito il nostro poliedrico agente Rico Rodriguez, ormai ritiratosi dal servizio, si sta godendo un periodo di meritato riposo in Sud America.
    Nemmeno il tempo di rinnovare l'abbronzatura che Maria Kane, ex partner nella CIA, lo contatta e lo persuade ad accettare “l'ultimo lavoro per l'agenzia”: trattasi -nientemeno- dell'eliminazione del suo vecchio amico, nonché mentore, Tom Sheldon, nascostosi assieme a due milioni di dollari di proprietà dei federali sull'isola di Panau (nell'arcipelago Malese), dove ha ben pensato di stringere una solida alleanza con il regime dittatoriale locale.
    Fin qui, nonostante l'elevato carico di humor non esattamente politically correct a cui Just Cause ci ha abituato, l'unica reazione possibile sono dei lunghi sbadigli causati da quella che sembra quasi un complimento definire “minestra riscaldata”; Peter Johansson, lead designer del progetto, ha tuttavia assicurato, in una recente intervista, che la trama toccherà alcuni punti “moralmente ambigui” e che vi saranno particolari riflessioni sulle modalità d'azione dei servizi segreti.
    Per ora, quindi, non possiamo che sperare che dietro alle parole di Peter si celi qualcosa di veramente concreto, e non le solite banalità da film di serie B.

    Un cuore pulsante...

    Non è difficile comprendere come l'intreccio narrativo non sia il punto focale del prodotto in questione; i game designer svedesi, infatti, hanno voluto concentrarsi sul gameplay per renderlo fresco ed al passo con i tempi.
    Tale processo si è focalizzato, in particolar modo, su tre aspetti che nel primo capitolo avevano costituito le maggiori debolezze in una struttura di gioco all'apparenza solida: IA, equipaggiamento ed interazione con lo stesso ed il parallelismo tra libertà d'azione e missioni secondarie. Con ordine.
    L'intelligenza artificiale dei nemici (in Just Cause, lo vogliamo ricordare, davvero deprecabile) è stata completamente riscritta secondo canoni attuali, aggiungendo perciò tutta una serie di elementi tattico-strategici che faranno agire gli avversari in maniera decisamente più credibile.
    I ribelli utilizzeranno l'ambiente in maniera oculata e, allo stesso tempo, interagiranno tra loro come si converrebbe ad un qualunque corpo militare organizzato: sfrutteranno, ad esempio, gli ostacoli naturali o artificiali come riparo, le alture come sicuri punti di fuoco, comunicheranno via radio per chiedere rinforzi (richiamando paracadutisti, elicotteri o semplici fanti), organizzeranno strategie a seconda del territorio e, ove la situazione lo richiedesse, proteggeranno le strutture “sensibili” (acquedotti, linee elettriche, depositi di munizioni).
    Al tempo stesso è stato ridefinito il livello di difficoltà, non più lineare ma in un certo senso dinamico, variabile cioè a seconda dei “disordini”, come lo stesso Johansson li definisce, che avremo procurato fino a quel momento.
    A questo punto non è possibile non aprire una piccola parentesi, che ci porta un passo più avanti, ovvero alla strutturazione delle missioni secondarie.
    Uno degli obiettivi degli sviluppatori è stato quello di riempire tutto lo spazio a disposizione del giocatore senza andare incontro al problema “monotonia” riscontrato nel primo episodio; proprio per questo ad ogni angolo dell'isola di Panau, esplorabile completamente senza alcuna barriera, ci sarà qualcosa di diverso da fare.
    Provate ad immaginare di dover spodestare, partendo dalle fondamenta, il governo dittatoriale-militare di un paesino relativamente piccolo: cosa fareste?
    Si potrebbe cominciare, ad esempio, individuando e distruggendo gli acquedotti, le centrali elettriche e gli oleodotti in modo da tagliare le risorse energetiche e causare il malcontento nella popolazione, oppure rubare un convoglio militare, o un autoveicolo governativo, e compiere una strage nel bel mezzo di un mercato, o ancora decidere di eliminare, ad uno ad uno, gli alti ufficiali del regime per disperderne le truppe; è molto importante sottolineare -lo stesso Johansson lo ribadisce più volte nelle interviste concesse- che ogni azione compiuta avrà una ripercussione “visibile”, per quanto piccola, sull'obiettivo finale.
    Proprio tra il popolo, elemento da non sottovalutare in Just Cause 2, si nasconderanno dei possibili alleati, affiliati a tre fazioni ribelli con cui verremo a contatto; costoro, una volta notato il nostro interesse nell'abbattere il potere costituito, ci forniranno l'aiuto necessario a dare il via alle rivolte popolari.
    Agire in tal modo -ecco riallacciarsi il discorso della difficoltà dinamica- causerà l'aumento del cosiddetto “livello di allerta” del governo (il rovescio della medaglia), inasprendo i controlli attorno ai “punti sensibili” e portando, inevitabilmente, ad un maggior impiego di forze militari (magari anche più qualificate) che ci renderanno la vita sempre più difficile.
    Oltre a permettere una notevole autonomia, la condizione di "libero professionista" del nostro eroe virtuale, avrà il grosso difetto di non offrire tutta quella gadgettistica tipica degli 007 inseriti nei meccanismi delle agenzie governative. Tutta la dotazione bellica di cui potremo/vorremo disporre in Just Case 2, tranne il fedele rampino di cui parleremo tra poco, sarà recuperabile in loco ed upgradabile con un totale di circa 2000 accessori; ovviamente le armi da fuoco non crescono sugli alberi e, per recuperarle, dovremo per l'ennesima volta fare ricorso al nostro ingegno (rubandole, ad esempio, ai miliziani) e, perchè no, alla nostra fortuna dato che, durante i primi sviluppi della nostra avventura, verremo a contatto con un trafficante d'armi, felicissimo di fare affari con noi.
    Il mercato nero (in crescita man mano che provocheremo malcontento) sarà quindi il nostro principale fornitore e la moneta, anche se ancora non è chiaro come, sarà molto probabilmente ottenibile svolgendo alcuni piccoli compiti al fianco dei ribelli o esplorando a fondo l'isola; a questo proposito Peter Johansson si è limitato a dichiarare: “Qualunque parte di Panau che ospiti un edificio, un agglomerato urbano, un porticciolo, riserverà qualcosa per voi”.
    Prima di proseguire è doveroso precisare che l'utilizzo della armi da fuoco è stato notevolmente raffinato inserendo un sistema, chiamato Hybrid Locking System, che consentirà al giocatore di mirare in nemici in varie parti del corpo per gambizzarli, privarli dell'arma o "semplicemente" ucciderli.
    Parallelamente sono state ampliati gli utilizzi del familiare (già presente in Just Cause) rampino: tale marchingegno (disponibile in qualsiasi momento alla pressione di un tasto) donerà a Rico la capacità di attrarre a se gli avversari, gli oggetti e di spostarsi molto velocemente da un punto ad un altro (proprio come Batman, tanto per fare un esempio di un certo spessore culturale).
    Per completare il “corredo del perfetto stuntman” farà il suo ritorno il paracadute, anch'esso fruibile in qualsiasi momento. E' facile immaginare, quindi, come il realismo delle situazioni venga meno a favore della spettacolarità.

    Non possedendo alcun filmato in-game del titolo non possiamo dire se queste novità rendano il gioco eccessivamente frenetico o eccessivamente irreale, possiamo solo sperare che le meccaniche ludiche siano accuratamente soppesate evitando di costringere il videogiocatore ad immedesimarsi in un improbabile pipistrello mascherato per sfuggire alle situazioni più concitate.
    Riprendendo un discorso interrotto alcune righe più sopra dobbiamo aggiungere che il tanto caro mercato nero non fornirà solo armi ed oggettistica bellica ma anche una corposa serie di veicoli (tra i quali figura, che lo crediate o meno, anche un Jumbo Jet); anche in questo frangente i programmatori sembrano essersi dati parecchio da fare: sembra infatti che, contrariamente al prequel (dove guidare sulle montagne rocciose non differiva affatto dal guidare all'autodromo di Monza), ogni veicolo avrà delle caratteristiche diverse ed ogni terreno modificherà sensibilmente il sistema di guida, finalmente parte integrante del gameplay di Just Cause 2, che si fonda in buona parte sulle sessioni al volante.
    Qualora ci trovassimo nella delicata situazione di dover “prendere in prestito” un veicolo non annoverato nei fornitissimi cataloghi clandestini, dovremo ancora una volta affidarci alle capacità funamboliche di Rico.
    Facendo mente locale ricordiamo che già nel progenitore era possibile “stare in piedi” sulle auto in corsa; ebbene, in questo secondo capitolo, tali frangenti non saranno solo passivi ma, grazie ad alcune nuove feature, diventeranno una delle tante variabili atte a rinfrescare il gameplay. Una volta sul veicolo in corsa, infatti, potremo tentare di sparare ai suoi occupanti (che a loro volta si sporgeranno per farci la festa) e muoverci sulla superficie dello stesso per tentare uno spettacolare ingresso con conseguente furto “al volo” del mezzo a danno del malcapitato conducente che, nel migliore dei casi, si ritroverà sul ciglio della strada contuso. Sarà inoltre possibile saltare da un veicolo all'altro in corsa.

    Per concludere non troviamo migliori parole di quelle pronunciate da Peter Johansson a proposito di una possibile modalità multiplayer: “L'ego di Rico è piuttosto grande. Anche se Panau è molto grande abbiamo constatato che non era abbastanza grande per due Rico”.

    ...in un involucro scintillante

    Le considerazioni sul comparto tecnico di Just Cause 2, alla luce delle poche immagini a nostra disposizione, sono quantomeno premature e per questo accompagnate dall'obbligo del condizionale.
    Da quel che abbiamo potuto vedere sembrerebbe che, per l'ennesima volta, il motore grafico Avalache Engine 2.0 stia mostrando quali sono i suoi limiti: se da una parte il paesaggio, enorme e attraversabile senza l'ombra di un caricamento, è indubbiamente il punto di forza del titolo e si presenta con un trittico texture-shader-illuminazione da far invidia anche al tanto blasonato Far Cry, dall'altra i modelli poligonali dei mezzi, degli esseri umani e, soprattutto, delle armi non sembrano ancora solidi e credibili. La speranza di un miglioramento, da qui alla data d'uscita, è assai flebile, e con tutta probabilità Just Cause 2 vivrà di pregi e difetti ormai noti già al suo predecessore.
    Per quel che riguarda la colonna sonora, invece, è stata confermata la presenza di parte delle tracce più belle del primo episodio con le dovute aggiunte e la possibilità di selezionare i brani della track-list per creare la propria soundtrack personalizzata.

    Just Cause 2 Gli sforzi degli sviluppatori sono innegabili, specialmente per quanto riguarda il rinnovamento di una struttura di gioco che in precedenza si era rivelata inadatta ad al mercato videoludico moderno. Le preoccupazioni, tuttavia, risiedono proprio nella profusione di tanta libertà d'azione: se le azioni del protagonista dovessero risultare male integrate con la progressione dell'avventura, il free roaming proposto da Just Cause 2 tornerebbe ad offrire quella pratica sbiadita di una libertà fine a se stessa, vuota e senza spessore (quella tipica di San Andreas, per intenderci). C'è poi il dubbio che l'enorme mole di possibilità possa rivelarsi un semplice palliativo per nascondere altre mancanze, da ricercare nella natura "esagerata" di ogni azione, nella stereotipia di personaggi ed eventi, ed in generale in un titolo dal design non molto ispirato, che ha bisogno di stupire con l'eccesso per destare qualche interesse. Dal punto di vista tecnico, inoltre, non possiamo aspettarci nulla di trascendentale: la forza del motore grafico risiede ancora una volta nell'abilità di gestire una gran mole di oggetti in tempo reale (senza caricamenti) e di ricreare panorami davvero suggestivi, ma analizzando i modelli poligonali (per quel poco materiale ad ora disponibile) si riscontra una scarsa mole di dettagli, inadatta per competere con le produzioni attuali. Per un'analisi definitiva e più completa rimandiamo a futuri aggiornamenti e ad una prova materiale del titolo.

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