Dopo il lancio problematico di Fallout 76 - qui la nostra recensione di Fallout 76 - Bethesda Softworks si è concentrata quasi esclusivamente sulla realizzazione di un vero e proprio sogno: lanciare una nuova e ambiziosa IP dopo decenni di lavori su franchise già noti al grande pubblico. In seguito alla poderosa acquisizione da parte di Microsoft, Starfield è un po' diventato il portabandiera della divisione di Bethesda, nonché un'esclusiva del mondo Microsoft d'importanza cruciale per il colosso di Redmond. A cinque anni dall'annuncio, un emozionato Todd Howard è salito sul palco dell'Xbox & Bethesda Games Showcase per lasciar spazio a un corposo gameplay dell'avventura nello spazio, che si è confermata a dir poco ambiziosa ma anche caratterizzata, almeno per il momento, da diversi spigoli di natura tecnica.
Ambientazione da primo della classe
Howard non ha mai fatto mistero di voler creare un gioco di ruolo con pochi precedenti, un'avventura nella quale il giocatore può decidere qualsiasi aspetto del proprio alter-ego, lasciandolo libero di esplorare un vasto universo come meglio crede.
Le parole di Howard sfumano mentre sullo schermo compaiono le prime immagini di Kreet, la luna del pianeta Anselon, e lo scorcio freddo e brumoso mostrato dall'inquadratura è da spezzare il fiato. Le sparute catene montuose si perdono nella nebbia che ammanta il pianeta desolato, mentre una luce gelida illumina un panorama da cartolina fantascientifica e la navicella spaziale si avvicina al punto di atterraggio. Il movimento del mezzo è morbido, si insinua con naturalezza tra i venti di un pianeta sconosciuto ma l'avvicinamento della telecamera mette in luce un modello poligonale del velivolo non propriamente convincente. Abbandonata l'astronave, il protagonista muove i primi passi sul pianeta offrendo al giocatore due possibilità di visione: quella in prima persona riduce il campo visivo ma aumenta esponenzialmente l'immersione, mentre quella in terza ci distacca dal personaggio controllato per dare più respiro ad un mondo dettagliato.
Sul pianeta ci sono forme di vita apparentemente ostili che però scelgono di ignorare l'umano e si allontanano muovendosi in branco, e la qualità generale della fauna osservabile per l'intera durata del trailer ci è sembrata molto elevata, sia in termini di dettaglio visivo che di realismo delle creature. Durante l'esplorazione il nostro alter-ego ottiene informazioni sul sistema sconosciuto e scannerizza gli elementi intorno a lui, così da far apparire a schermo una sorta di percentuale di completamento del pianeta che tiene conto di tre parametri: risorse, flora e fauna.
Ma "con la cultura non si mangia", come recitava l'infelice uscita di un economista italiano, ed ecco che l'uomo sfodera una pistola laser che riduce in pezzi gli elementi davanti a lui, permettendogli così di assimilare le risorse necessarie allo sviluppo di nuove tecnologie che rientrano nel sistema di crafting delle armi. L'approvvigionamento a partire dalle sostanze trovate sui pianeti ricorda da vicino quello di No Man's Sky, e bisogna dire che nell'opera di Hello Games l'azione diventava tediosa nel corso di una manciata di minuti, per questo Bethesda dovrà gestire con saggezza questo aspetto andando a regolare le valute del suo mercato fittizio e la sensazione di progressione costante.
A proposito di sparatorie
L'infrastruttura occupata dai pirati spaziali ci offre un primo assaggio degli interni costruiti da Bethesda, e ancora una volta, come era successo in apertura con il panorama lunare di Krell, la sensazione è che la cura maniacale rivolta al progetto si dimostri col suo massimo potenziale nelle ambientazioni. Dallo stile visivo dell'avamposto fino ai giochi di luce che gettano ombre dense e credibili, passando per una musica orchestrale profonda e magnifica, il lavoro svolto in questi ambiti sembra essere convincente ma al momento è una meccanica centrale del gameplay ad averi lasciato un po' più tiepidi.
La sparatoria che si accende nell'edificio è completamente priva di pesantezza, con i nemici che nemmeno reagiscono al fuoco della mitragliatrice mentre la loro barra della vita viene svuotata dai proiettili. Se il passo cadenzato sulla superficie lunare restituiva un senso di immersione adeguato, la corsa è invece uno scivolamento privo di fisicità, e anche il pigro effetto degli spari - con anonime linee grige che seguono la traiettoria dei proiettili - contribuisce alla sensazione che i combattimenti debbano andare incontro ad alcune rifiniture, nonostante le bocche da fuoco appaiano ben sonorizzate e dal design convincente. La brevissima sequenza di scassinamento, che ricorda molto da vicino la controparte di Skyrim, anticipa la lotta aerea che chiude la prima fase del trailer: i propulsori montati sulla schiena del protagonista gli permettono infatti di spiccare il volo per alcuni istanti e di decidere anche la direzione dei movimenti in aria. A qualche metro dal pavimento lo stato degli scontri a fuoco non sembra migliorare più di tanto, con i proiettili che vagano un po' dappertutto mentre l'assenza di un reticolo di mira non ci fa rendere conto dell'effettiva modalità di dispersione.
Accenni di storia
La seconda parte della presentazione si concentra sul contesto narrativo di Starfield, perché, dopo qualche scontro su pianeti alieni, il protagonista è invitato a entrare in Constellation, l'ultimo gruppo di esploratori spaziali. Facciamo quindi rotta per la capitale del pianeta Jemison, New Atlantis. Arrivati in città, l'impatto visivo ci ha lasciato con delle sensazioni altalenanti, divise tra la bellezza di alcune architetture futuristiche e diversi elementi meno esaltanti, pensiamo ai robot militarizzati, agli alberi un po' squadrati e a un'estetica generale convincente solo a tratti. Speriamo in ogni caso che l'enorme quantità di ambientazioni offerte dall'avventura abbia permesso agli addetti ai lavori di dedicare il giusto tempo alla caratterizzazione di ciascuna di esse, sia sul fronte grafico che su quello artistico.
La leader del gruppo presenta al nostro esploratore spaziale quella che è la sua missione principale, cioè il ritrovamento di artefatti sparsi per l'intero universo, che potrebbero costituire - neanche a dirlo - la chiave per risolvere gli enigmi dell'esistenza. Pur non essendo particolarmente originali, le premesse di trama potrebbero fornire solide basi per la costruzione di un viaggio memorabile ma al momento resta davvero difficile esprimersi con cognizione di causa in tal senso. Le espressioni facciali dei personaggi sono al momento solo accettabili e francamente distanti da ciò che abbiamo potuto ammirare in altre produzioni di generi vicini.
È proprio il game director a riprendere la parola, descrivendoci Starfield come un'avventura fortemente influenzata dalle decisioni del giocatore, che potrà modificare qualsiasi aspetto del suo alter-ego virtuale, dalla sua conformazione fisica - con un sistema di creazione che tiene conto di tre diverse corporature, da sfumare tra di loro per creare qualcosa di unico - al suo background culturale, fino ai piccoli dettagli legati al suo modo di camminare. La storia passata dell'esploratore si riflette nella scelta di un tema principale che porta in dote tre abilità chiave: ad esempio il medico militare ha un bonus per i danni delle pistole, aumento del peso trasportabile e la capacità di rigenerare più vita con gli oggetti di recupero; il diplomatico vede invece aumentare le sue capacità oratorie, di conseguenza possiamo aspettarci un sistema di dialoghi basato su punteggi e abilità particolari.
Oltre alla caratteristica principale, il giocatore può scegliere un tratto secondario - come l'introversione, l'empatia o il DNA alieno - che porta con sé un bonus e anche un malus. Lo skill tree invece è diviso in macro-aree (ad esempio il combattimento, o la dialettica), ciascuna delle quali è composta da abilità migliorabili investendo l'esperienza accumulata, mentre un ulteriore sistema di ranking permette di perfezionarle con l'utilizzo estensivo nel corso dell'avventura.
Gestionale tra le stelle
C'è anche un'anima da gestionale sotto la scorza pionieristica di Starfield, perché potremo costruire i nostri accampamenti sui pianeti alieni come più ci aggrada, decidendo le strutture e assumendo del personale perché lavori nei nostri edifici.
Gli avamposti non servono solo a riposarsi tra una sparatoria ed una sgambata sulle lune, ma generano anche risorse e fungono da snodo centrale per l'esplorazione spaziale. Il sistema è in larga parte ispirato alla fase di costruzione di Fallout 4, e speriamo che Bethesda abbia migliorato l'aspetto gestionale del suo prodotto perché l'avventura nel Commonwealth era perfettamente godibile anche ignorando in toto la possibilità di creare avamposti, anzi, forse questa era la scelta migliore da fare visto lo scarso risultato finale della sezione. Allo stesso modo è possibile personalizzare le navicelle spaziali, con un uso del plurale che sottende la possibilità di possederne più di una contemporaneamente, utilizzando elementi come motori, scocca e scudi, ognuno assemblabile a seconda dei gusti personali, potendo tra l'altro contare sulla presenza di diverse marche e stili differenti. Il tuning delle navicelle non è però fine a sé stesso, perché il giocatore ha la possibilità di pilotarle lanciandosi tra le stelle in un frastuono di forza motrice.
La fase di pilotaggio è delicatissima per un titolo come Starfield, perché il movimento del mezzo secondo tre assi può essere tanto spassoso quanto frustrante, ma dobbiamo ammettere che la sezione dedicata al combattimento spaziale è di gran lunga la migliore dell'intero trailer: dal movimento del nostro veicolo agli spari contro quelli dei nemici, il feeling restituito da Bethesda è - almeno visivamente, fin quando non potremo provarlo in prima persona - più che lodevole. I colpi restituiscono un'ottima sensazione di pesantezza, e gli effetti fiammanti delle navicelle colpite sono nettamente migliori rispetto agli spari impalpabili del combattimento a terra, mentre un sistema di danni molto particolareggiato fa schizzare via i pezzi dei mezzi colpiti, i cui detriti si perdono nelle profondità dello spazio siderale.
Le gigantesche ambizioni di Todd Howard
La presentazione del nuovo progetto Bethesda si chiude con una promessa rumorosa da parte del padre di Starfield: Todd Howard non solo promette la presenza di più di mille pianeti nell'intero universo, ma si sbilancia verso una libertà di esplorazione totale che porterebbe il titolo verso vette di ambizione ancora non raggiunte.
Sullo sfondo delle sue parole si muovono infatti una decina di ecosistemi diversi, ognuno proveniente da un pianeta unico e percorribile nella sua interezza, lasciando intuire la presenza di sconfinati segreti e innumerevoli missioni secondarie. Se Skyrim ci ha insegnato qualcosa è che in un'anonima caverna possono nascondersi i resti di una civiltà scomparsa, e tenendo a mente questa lezione possiamo solo rabbrividire davanti alle potenzialità intrinseche di un universo così vasto.Starfield non sembra ancora un prodotto rifinito, e molti spigoli devono essere per forza di cosa smussati, ma bisogna ammettere che le ambizioni del team sono lanciate verso le stelle ed anche oltre, ed è impossibile rimanere impassibili davanti a questa voglia di sognare in grande.
Starfield tra le stelle: il gameplay del nuovo gioco Bethesda
L'attesa epopea di Bethesda promette un universo completamente esplorabile, un mondo tutto da scoprire su Xbox Series X/S e PC.
Dopo il lancio problematico di Fallout 76 - qui la nostra recensione di Fallout 76 - Bethesda Softworks si è concentrata quasi esclusivamente sulla realizzazione di un vero e proprio sogno: lanciare una nuova e ambiziosa IP dopo decenni di lavori su franchise già noti al grande pubblico. In seguito alla poderosa acquisizione da parte di Microsoft, Starfield è un po' diventato il portabandiera della divisione di Bethesda, nonché un'esclusiva del mondo Microsoft d'importanza cruciale per il colosso di Redmond. A cinque anni dall'annuncio, un emozionato Todd Howard è salito sul palco dell'Xbox & Bethesda Games Showcase per lasciar spazio a un corposo gameplay dell'avventura nello spazio, che si è confermata a dir poco ambiziosa ma anche caratterizzata, almeno per il momento, da diversi spigoli di natura tecnica.
Ambientazione da primo della classe
Howard non ha mai fatto mistero di voler creare un gioco di ruolo con pochi precedenti, un'avventura nella quale il giocatore può decidere qualsiasi aspetto del proprio alter-ego, lasciandolo libero di esplorare un vasto universo come meglio crede.
Le parole di Howard sfumano mentre sullo schermo compaiono le prime immagini di Kreet, la luna del pianeta Anselon, e lo scorcio freddo e brumoso mostrato dall'inquadratura è da spezzare il fiato. Le sparute catene montuose si perdono nella nebbia che ammanta il pianeta desolato, mentre una luce gelida illumina un panorama da cartolina fantascientifica e la navicella spaziale si avvicina al punto di atterraggio. Il movimento del mezzo è morbido, si insinua con naturalezza tra i venti di un pianeta sconosciuto ma l'avvicinamento della telecamera mette in luce un modello poligonale del velivolo non propriamente convincente. Abbandonata l'astronave, il protagonista muove i primi passi sul pianeta offrendo al giocatore due possibilità di visione: quella in prima persona riduce il campo visivo ma aumenta esponenzialmente l'immersione, mentre quella in terza ci distacca dal personaggio controllato per dare più respiro ad un mondo dettagliato.
Sul pianeta ci sono forme di vita apparentemente ostili che però scelgono di ignorare l'umano e si allontanano muovendosi in branco, e la qualità generale della fauna osservabile per l'intera durata del trailer ci è sembrata molto elevata, sia in termini di dettaglio visivo che di realismo delle creature. Durante l'esplorazione il nostro alter-ego ottiene informazioni sul sistema sconosciuto e scannerizza gli elementi intorno a lui, così da far apparire a schermo una sorta di percentuale di completamento del pianeta che tiene conto di tre parametri: risorse, flora e fauna.
Ma "con la cultura non si mangia", come recitava l'infelice uscita di un economista italiano, ed ecco che l'uomo sfodera una pistola laser che riduce in pezzi gli elementi davanti a lui, permettendogli così di assimilare le risorse necessarie allo sviluppo di nuove tecnologie che rientrano nel sistema di crafting delle armi. L'approvvigionamento a partire dalle sostanze trovate sui pianeti ricorda da vicino quello di No Man's Sky, e bisogna dire che nell'opera di Hello Games l'azione diventava tediosa nel corso di una manciata di minuti, per questo Bethesda dovrà gestire con saggezza questo aspetto andando a regolare le valute del suo mercato fittizio e la sensazione di progressione costante.
A proposito di sparatorie
L'infrastruttura occupata dai pirati spaziali ci offre un primo assaggio degli interni costruiti da Bethesda, e ancora una volta, come era successo in apertura con il panorama lunare di Krell, la sensazione è che la cura maniacale rivolta al progetto si dimostri col suo massimo potenziale nelle ambientazioni. Dallo stile visivo dell'avamposto fino ai giochi di luce che gettano ombre dense e credibili, passando per una musica orchestrale profonda e magnifica, il lavoro svolto in questi ambiti sembra essere convincente ma al momento è una meccanica centrale del gameplay ad averi lasciato un po' più tiepidi.
La sparatoria che si accende nell'edificio è completamente priva di pesantezza, con i nemici che nemmeno reagiscono al fuoco della mitragliatrice mentre la loro barra della vita viene svuotata dai proiettili. Se il passo cadenzato sulla superficie lunare restituiva un senso di immersione adeguato, la corsa è invece uno scivolamento privo di fisicità, e anche il pigro effetto degli spari - con anonime linee grige che seguono la traiettoria dei proiettili - contribuisce alla sensazione che i combattimenti debbano andare incontro ad alcune rifiniture, nonostante le bocche da fuoco appaiano ben sonorizzate e dal design convincente. La brevissima sequenza di scassinamento, che ricorda molto da vicino la controparte di Skyrim, anticipa la lotta aerea che chiude la prima fase del trailer: i propulsori montati sulla schiena del protagonista gli permettono infatti di spiccare il volo per alcuni istanti e di decidere anche la direzione dei movimenti in aria. A qualche metro dal pavimento lo stato degli scontri a fuoco non sembra migliorare più di tanto, con i proiettili che vagano un po' dappertutto mentre l'assenza di un reticolo di mira non ci fa rendere conto dell'effettiva modalità di dispersione.
Accenni di storia
La seconda parte della presentazione si concentra sul contesto narrativo di Starfield, perché, dopo qualche scontro su pianeti alieni, il protagonista è invitato a entrare in Constellation, l'ultimo gruppo di esploratori spaziali. Facciamo quindi rotta per la capitale del pianeta Jemison, New Atlantis. Arrivati in città, l'impatto visivo ci ha lasciato con delle sensazioni altalenanti, divise tra la bellezza di alcune architetture futuristiche e diversi elementi meno esaltanti, pensiamo ai robot militarizzati, agli alberi un po' squadrati e a un'estetica generale convincente solo a tratti. Speriamo in ogni caso che l'enorme quantità di ambientazioni offerte dall'avventura abbia permesso agli addetti ai lavori di dedicare il giusto tempo alla caratterizzazione di ciascuna di esse, sia sul fronte grafico che su quello artistico.
La leader del gruppo presenta al nostro esploratore spaziale quella che è la sua missione principale, cioè il ritrovamento di artefatti sparsi per l'intero universo, che potrebbero costituire - neanche a dirlo - la chiave per risolvere gli enigmi dell'esistenza. Pur non essendo particolarmente originali, le premesse di trama potrebbero fornire solide basi per la costruzione di un viaggio memorabile ma al momento resta davvero difficile esprimersi con cognizione di causa in tal senso. Le espressioni facciali dei personaggi sono al momento solo accettabili e francamente distanti da ciò che abbiamo potuto ammirare in altre produzioni di generi vicini.
È proprio il game director a riprendere la parola, descrivendoci Starfield come un'avventura fortemente influenzata dalle decisioni del giocatore, che potrà modificare qualsiasi aspetto del suo alter-ego virtuale, dalla sua conformazione fisica - con un sistema di creazione che tiene conto di tre diverse corporature, da sfumare tra di loro per creare qualcosa di unico - al suo background culturale, fino ai piccoli dettagli legati al suo modo di camminare. La storia passata dell'esploratore si riflette nella scelta di un tema principale che porta in dote tre abilità chiave: ad esempio il medico militare ha un bonus per i danni delle pistole, aumento del peso trasportabile e la capacità di rigenerare più vita con gli oggetti di recupero; il diplomatico vede invece aumentare le sue capacità oratorie, di conseguenza possiamo aspettarci un sistema di dialoghi basato su punteggi e abilità particolari.
Oltre alla caratteristica principale, il giocatore può scegliere un tratto secondario - come l'introversione, l'empatia o il DNA alieno - che porta con sé un bonus e anche un malus. Lo skill tree invece è diviso in macro-aree (ad esempio il combattimento, o la dialettica), ciascuna delle quali è composta da abilità migliorabili investendo l'esperienza accumulata, mentre un ulteriore sistema di ranking permette di perfezionarle con l'utilizzo estensivo nel corso dell'avventura.
Gestionale tra le stelle
C'è anche un'anima da gestionale sotto la scorza pionieristica di Starfield, perché potremo costruire i nostri accampamenti sui pianeti alieni come più ci aggrada, decidendo le strutture e assumendo del personale perché lavori nei nostri edifici.
Gli avamposti non servono solo a riposarsi tra una sparatoria ed una sgambata sulle lune, ma generano anche risorse e fungono da snodo centrale per l'esplorazione spaziale. Il sistema è in larga parte ispirato alla fase di costruzione di Fallout 4, e speriamo che Bethesda abbia migliorato l'aspetto gestionale del suo prodotto perché l'avventura nel Commonwealth era perfettamente godibile anche ignorando in toto la possibilità di creare avamposti, anzi, forse questa era la scelta migliore da fare visto lo scarso risultato finale della sezione. Allo stesso modo è possibile personalizzare le navicelle spaziali, con un uso del plurale che sottende la possibilità di possederne più di una contemporaneamente, utilizzando elementi come motori, scocca e scudi, ognuno assemblabile a seconda dei gusti personali, potendo tra l'altro contare sulla presenza di diverse marche e stili differenti. Il tuning delle navicelle non è però fine a sé stesso, perché il giocatore ha la possibilità di pilotarle lanciandosi tra le stelle in un frastuono di forza motrice.
La fase di pilotaggio è delicatissima per un titolo come Starfield, perché il movimento del mezzo secondo tre assi può essere tanto spassoso quanto frustrante, ma dobbiamo ammettere che la sezione dedicata al combattimento spaziale è di gran lunga la migliore dell'intero trailer: dal movimento del nostro veicolo agli spari contro quelli dei nemici, il feeling restituito da Bethesda è - almeno visivamente, fin quando non potremo provarlo in prima persona - più che lodevole. I colpi restituiscono un'ottima sensazione di pesantezza, e gli effetti fiammanti delle navicelle colpite sono nettamente migliori rispetto agli spari impalpabili del combattimento a terra, mentre un sistema di danni molto particolareggiato fa schizzare via i pezzi dei mezzi colpiti, i cui detriti si perdono nelle profondità dello spazio siderale.
Le gigantesche ambizioni di Todd Howard
La presentazione del nuovo progetto Bethesda si chiude con una promessa rumorosa da parte del padre di Starfield: Todd Howard non solo promette la presenza di più di mille pianeti nell'intero universo, ma si sbilancia verso una libertà di esplorazione totale che porterebbe il titolo verso vette di ambizione ancora non raggiunte.
Sullo sfondo delle sue parole si muovono infatti una decina di ecosistemi diversi, ognuno proveniente da un pianeta unico e percorribile nella sua interezza, lasciando intuire la presenza di sconfinati segreti e innumerevoli missioni secondarie. Se Skyrim ci ha insegnato qualcosa è che in un'anonima caverna possono nascondersi i resti di una civiltà scomparsa, e tenendo a mente questa lezione possiamo solo rabbrividire davanti alle potenzialità intrinseche di un universo così vasto.Starfield non sembra ancora un prodotto rifinito, e molti spigoli devono essere per forza di cosa smussati, ma bisogna ammettere che le ambizioni del team sono lanciate verso le stelle ed anche oltre, ed è impossibile rimanere impassibili davanti a questa voglia di sognare in grande.
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