The Last of Us: lo abbiamo visto a porte chiuse, ecco cosa ne pensiamo

Il capolavoro di Naughty Dog si mostra a porte chiuse

The Last of Us: lo abbiamo visto a porte chiuse, ecco cosa ne pensiamo
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  • PS3
  • PS4
  • The Last of Us è il videogame che ha stregato l'E3 2012. Candidato al titolo di Best of The Show e seriamente lanciato verso la vittoria, il nuovo prodotto firmato Naughty Dog rappresenta, assieme a Watch Dogs, il paradigma di un nuovo modo di fare videogiochi. Sembrerà forse un'affermazione un po' ardita, eppure difficile da smontare. Basta provare a collocare il titolo all'interno di un preciso genere d'appartenenza, cercare similitudini e pensare alle fonti d'ispirazione, per capire che non c'è nulla di analogo a The Last of Us nella recente produzione videoludica.
    Si spara, in the Last of Us, ma ogni colpo ha un peso determinante, e rimbomba intaccando le scorte e affievolendo le possibilità di sopravvivenza. Si uccide, in The Last of Us, ma non senza un sapore amaro che risale la trachea, mentre gli occhi della nostra vittima ci implorano, e la lotta si fa sudata e viscerale e terribile. E si esplora con circospezione l'ambiente di gioco, in questo capolavoro annunciato, ma lo si fa con sospetto, e in silenzio, ammirando le scempiaggini dell'abbandono etico e umano, posando lo sguardo sulla caducità delle cose, e di un mondo senza più orizzonti e futuro.
    The Last of Us è intriso di una bellezza che va ben oltre quella visiva, e penetra le strutture classiche del videogame per lasciarle in qualche modo arricchite. Racconto interattivo nel senso più pieno del termine, avventura mutevole e apparentemente libera dalle costrizioni dello scripting più spinto, The Last of Us assale l'utente con una crudezza impietosa ed un fascino contorto.
    Dopo il trailer-rivelazione proiettato nel corso della Conferenza Sony, noi di Everyeye.it abbiamo avuto modo di assistere ad una presentazione più intima, in cui assaporare più attentamente la portata principale della kermesse losangelina.

    Beati gli ultimi

    Il videogiocatore è un essere sospettoso. La demo di The Last of Us mostrata alla conferenza è entusiasmante e vivace come poche, eppure in molti si sono chiesti quanti momenti di quell'esperienza fossero in verità scriptati. Dopo aver assistito alla presentazione Behind Closed Doors possiamo rispondere senza incertezze: nessuno.
    La demo comincia alla stessa maniera, con Ellie e Joel che scappano da chissà cosa, finendo rinchiusi nel pantano melmoso che si estende di fronte ai palazzoni di una città sconfitta. I due esplorano con calma la zona circostante, addentrandosi nell'immenso condominio cadente.
    Per ragioni di economia nel corso della press conference le prime fasi di gioco erano state affrontate di fretta, mentre adesso la telecamera è libera di indugiare sui dettagli del disfacimento, esaminando le incurie del tempo e l'invadente prepotenza della natura. La scena è semplicemente perfetta: il silenzio quasi innaturale è rotto dai movimenti dei protagonisti che camminano nell'acquitrino, e d'intorno ogni elemento grafico racconta la storia di giorni migliori, e di anni passati a contenere una piaga terribile.
    Apparentemente non c'è uscita dal grosso stanzone: le scale crollate, il mezzanino troppo alto da raggiungere. Joel deve guardarsi attorno, cercare qualcosa per arrampicarsi. L'esplorazione avrà un ruolo fondamentale in The Last of Us, ci dice il team di sviluppo. E non si tratterà soltanto di momenti “alla Uncharted”, di scalate dinamiche altamente spettacolari. Il titolo vuole veicolare il senso di una sopravvivenza costruita sul campo, e spesso i ritmi dell'avanzamento dipenderanno dai materiali e dagli oggetti che saremo capaci di recuperare nelle location. Stavolta ad esempio Joel ed Ellie devono collaborare per recuperare una grossa scala, appoggiata su un palchetto soprelevato che sarebbe servito probabilmente per dei lavori di ristrutturazione. Il protagonista sposta un piccolo carrello, poi aiuta la ragazza ad arrampicarsi, ed ecco raggiunta la scala, che permetterà di salire al piano superiore. Dovremo aspettarci un'avventura fatta anche di momenti più pacati, tranquilli, in cui guardarsi intorno per capire come avanzare.

    Saliti al piano di sopra si incontrano nuovamente gli “scavenger”, sopravvissuti pronti a tutto pur di ottenere qualche risorsa. Sono reietti violenti, con la pietà consumata dal tempo, pronti ad uccidere per un paio di proiettili e qualche provvista. Joel decide stavolta di utilizzare una strategia più cauta. Meglio aggirare il gruppo e salire al piano di sopra. Il protagonista avanza acquattato, e la mimica è impressionante. Si avvicina alle coperture, appoggiando le mani alle pareti, nervoso, teso. L'edificio residenziale è un dedalo di appartamenti, e gli avversari esplorano ogni angolo, alla ricerca di qualcosa di utile. Ellie ci segue cercando di rimanere bassa, e fortunatamente riusciamo ad attraversare incolumi il piano, senza destare sospetti. Le scale antincendio ci portano al piano superiore, abbandonato. Entriamo negli appartamenti vuoti, recuperando qualche benda che potrebbe tornare utile.
    D'improvviso sentiamo dei rumori. La banda si sta spostando verso il piano di sopra, dopo una ricerca abbastanza infruttuosa. Stavolta è davvero il momento di agire. Ma l'approccio che il team di sviluppo decide di adottare non ha nulla a che fare con quello mostrato alla conferenza. Joel si nasconde dietro ad un angolo, e mette fuori combattimento un avversario. Di nuovo una presa al collo, di nuovo una lotta disperata, che veicola tutta la brutalità dello scontro. La vittima si accascia esanime. Joel estrae la pistola: un colpo sparato a vuoto, giusto per avvertire della nostra presenza. Il gruppo si allarma, comincia a cercare Joel da ogni parte. Il protagonista striscia sul balcone, resta in disparte, come fosse un fantasma. Ellie sa leggere ed interpretare al meglio la strategia del compagno: niente mattonate in faccia, per intenderci. L'Intelligenza Artificiale che regola i comportamenti della protagonista femminile si adatta perfettamente all'azione. Ellie non solo dialoga sommessamente con Joel, svelando i pregi di una sceneggiatura dinamica davvero perfetta, in grado di caratterizzare al meglio l'azione di gioco, ma sa quando farsi da parte e quando invece supportare il compagno d'avventura.
    La tattica di Joel, in ogni caso, funziona. E' un assalto logorante, e mentre gli avversari si separano per controllare la zona, sentendosi fin troppo protetti dai propri fucili a pompa, il protagonista li coglie di sorpresa.
    Ma qualcosa va storto, e Joel si trova ad un certo punto accerchiato dagli ultimi due avversari. Si stanno avvicinando, ed il profilo minaccioso di un tubo metallico è una prospettiva non troppo intrigante. Dall'altra parte le canne mozze di un fucile impongono altrettanta attenzione. Joel agisce in fretta. Raccoglie una bottiglia di vetro dal terreno ed esce dalla sua copertura, scagliandola direttamente sul volto dell'uomo armato. Quanto basta per distrarlo ed assaltarlo al volo. Parte un colpo, ferisce di striscio il protagonista, che tuttavia guadagna il vantaggio. Ed infatti l'ultimo nemico decide di voltarsi e scappare. Anche l'IA dei nemici si mostra ben concepita e capace di adattarsi alla situazione: gli avversari leggono al meglio la situazione, capendo in un lampo se si trovano in vantaggio (basta un click del caricatore vuoto) o in svantaggio. Ed ora è quindi Joel a dover inseguire qualcuno, nascosto in chissà quale appartamento, dietro qualche angolo.

    Prima di tutto è meglio rimettersi in sesto: la benda che abbiamo recuperato poco fa ci permette di ripristinare un po' di salute. Vediamo Joel che si avvolge la mano ferita, mentre il sangue impregna subito il cotone. Se sono i dettagli che fanno la qualità, The Last of Us supera di gran lunga ogni altro prodotto attualmente disponibile sul mercato.
    Raccogliamo il tubo che il nemico ha lasciato cadere: l'arma resta sempre ben visibile sul modello del protagonista, ad evidenziare una gestione dell'inventario molto realistica. Il team insiste: “dovrete decidere non solo che cosa portare con voi, ma anche come utilizzarlo. La benda di cotone avrebbe potuto essere sfruttata per costruire una molotov, questo vi avrebbe lasciato feriti ma vi avrebbe dato un'arma potenzialmente in grado di mettere fuori combattimento più avversari. Si tratta di saper leggere ed interpretare l'azione, gestendo al meglio le risorse a disposizione”.
    L'ultima parte dello scontro è semplicemente perfetta. Avanziamo sospettosi, mentre il nemico di nasconde da qualche parte. Non sappiamo dove, non sappiamo cosa abbia in serbo per noi. E' una situazione tesa come poche: sappiamo che c'è qualcuno in agguato, e potrebbe essere ovunque, e sbucare in ogni istante. Joel esita, cammina con le spalle al muro, si affaccia lentamente ad ogni porta. D'improvviso il nemico prende l'iniziativa: esce da una stanza e ci scaglia contro una bottiglia molotov. Un riflesso fulmineo ci permette di evitarla, e poi un'altra fucilata per chiudere la questione.
    Siamo ancora agitati, il cuore palpita, la tensione è alle stelle. Il logo di The Last of Us compare, fermo, davanti a noi. Ed indica un prodotto la cui statura è semplicemente fuori scala.

    The Last of Us The Last of Us non è semplicemente un bel gioco, o uno di quelli che si liquidano bollandoli come “capolavori annunciati”. Sarebbe fargli un torto, voler sottolineare che fra il talento del team di sviluppo, le aspettative smisurate e la campagna marketing ad esse proporzionata il successo del prodotto è assicurato. Si tratta di considerazioni legittime, ma che non tengono conto di un dettaglio fondamentale. The Last of Us è un gioco Nuovo. E' un gioco di una violenza brutale e sincera, e quindi sempre attraversata da una vena di tristezza funerea. E' un gioco davvero “aperto”, nel senso che gli approcci si moltiplicano e la loro diversità viene sottolineata dall'agire dei personaggi, protagonisti o nemici che siano. E' un gioco che mette al centro della scena soprattutto una sceneggiatura viva, dinamica, vibrante, cruda. Ed è insomma uno dei pochi prodotti che riesce ad incuriosire anche gli stanchi frequentatori di una generazione non sempre coraggiosa e progressivamente meno creativa.

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