First look Rainbow Six 4: LockDown

Uniti nella lotta contro il terrorismo

First look Rainbow Six 4: LockDown
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  • PS2
  • Xbox
  • NGC
  • Pc
  • Briefing

    Nel lontano 1996 Red Storm Entertainment pubblicò quello che si sarebbe rivelato essere l’inizio di una delle serie più famose della storia dei videogames: Rainbow Six. Da allora il campo degli FPS tattici, che fino a quel periodo scarseggiavano, ebbe la possibilità di prendere nuovi spunti proprio grazie al titolo sponsorizzato da Tom Clancy.
    Dieci anni dopo ci troviamo di fronte all’ uscita del nuovo capitolo della saga, denominato Lockdown, che ha l’ingrato compito di prenderne il posto. Perché ingrato? Anzitutto perché Raven Shield ricevette molti premi per le sue ottime qualità e rimane ancora oggi uno dei titoli con la componente multiplayer più giocata di sempre, con community affiatate ed uno stile tattico tutto suo; di seguito perchè l’hype ha contribuito a rendere il compito della Red Storm ancora più arduo.

    Nulla di nuovo sotto l’arcobaleno?

    Il più delle volte le apparenze ingannano e ci dispiace affermare che Lockdown non fa eccezione. Immediatamente, infatti, ci ritroveremo davanti ad un titolo ben diverso da come ce lo aspettavamo, a partire dai menù stessi che hanno subito un restiling totale: blu come colore primario e sfondo sonoro classico della serie, arrangiato in rock per un aumento (ben riuscito) dell’ aggressività del prodotto e dell’efficacia dell'impatto iniziale.

    Catapultati in game ci si renderà conto tuttavia che, per quanto riguarda l'impostazione del single player, Red Storm sembra aver sbagliato mira.
    All’interno della versione di prova, le missioni della trama principale, decisamente troppo frammentata, presentano sempre la stessa minestra riscaldata: salvataggio di ostaggi, fuga da un luogo “scottante”, pulizia di un Hot Spot pullulante di terroristi, e via dicendo.
    Se, per i neofiti della serie Rainbow Six, la varietà di obbiettivi primari può costituire uno degli aspetti positivi del gioco, per i puristi apparirà come un aspetto molto negativo, in quanto sembra non esserci un minimo spiraglio di innovazione.
    Un’altra delle decisioni radicali prese dagli sviluppatori che potrebbe non piacere al pubblico è la totale assenza di una mappa di preparazione tattica (che caratterizzava i precedenti episodi), sostituita da un menù di comando a tendina per l’ esecuzione di ordini in game, come quello visto in Swat 4 (ma rispetto a quest'ultimo decisamente meno efficace). Questo favorisce di molto l’ immediatezza ma va a minare l’ aspetto tattico che ha reso famosa la serie fin d’ora, specialmente perché gli ordini da impartire ai propri compagni sono pochissimi e non vanno oltre il solito “raggiungi la posizione” o “ripulisci l'area”.
    Inoltre l’ IA dei membri del team risulta ancora molto acerba: i compagni di squadra, infatti, non sfruttano le coperture, aspettano molto tempo prima di ingaggiare uno scontro, sono lenti a seguire il caposquadra e caotici nell’ eseguire un ordine. Lo stesso vale per gli avversari: non sfruttano gli oggetti per coprirsi, ritardano di 5 o 6 secondi a sparare rendendendo semplicissimo il loro abbattimento, ed inoltre presentano molti bug che li portano a fare cose bizzarre come bloccarsi tra di loro o correre a vuoto, oltre ad avere la pessima abitudine a ricomparire in continuazione.
    Il gameplay, quindi, non presenta nulla di veramente innovativo: anche i comandi sono rimasti quasi del tutto invariati. Se di per se una via conservatrice avrebbe potuto portare ad un risultato eccellente, come quello dei precedenti capitoli, i pochi ritocchi che sono stati eseguiti sulla struttura primaria sono del tutto insensati e dannosi per l'economia di gioco. A minare severamente la credibilità di Lockdown troviamo ad esempio l’introduzione di un sistema di energia che mette a disposizione tre tacche per ogni soldato: queste ultime si cancelleranno automaticamente ad ogni proiettile ricevuto. Tale sistema azzera il realismo, tramutando il gioco in una sorta di arcade alla Serious Sam.
    Un punto di forza del prodotto invece, sarà l’ arsenale a disposizione del giocatore: potremo usare infatti ben 46 tipi di armi diverse riprodotte fedelmente nei minimi dettagli e nuovi gadget come le mine laser da piazzare sui muri. Oltre a questo, ogni arma potrà essere ampiamente modificata, andando ad aggiungere moduli specifici, come un soppressore di suono e fiamma, o un mirino telescopico 3.5x che vi permetterà di eliminare con ancora più facilità gli avversari a distanza.

    High-tech fighting


    Per quanto riguarda il reparto grafico del gioco sono stati fatti enormi passi avanti (fortunatamente) rispetto al terzo capitolo della serie. Lockdown possiede un motore grafico di ultima generazione studiato per offrire i migliori effetti visivi possibili, combinato ad un motore fisico abbastanza preciso, con ragdoll (dinamica di caduta dei corpi) migliorato rispetto al terzo capitolo, dove in molti casi i cadaveri assumevano posizioni decisamente al limite del grottesco.
    Parlando in termini tecnici, Lockdown possiede supporto per shaders 2.0, sistema di illuminazione dinamica, gestione ombre avanzata.
    Sono stati di molto migliorati e resi più realistici gli effetti del visore notturno che, una volta abilitato, farà apparire un reticolato sullo schermo in modo da far sembrare al giocatore di indossare egli stesso un apparecchio per la visione infrarossa; il tutto opportunamente combinato con effetti di abbagliamento credibili (grazie all’ HDR).
    Un po’ deludente invece è l’ effetto utilizzato per la visione termica, che rivela molti errori: una volta attivata, essa riempie lo schermo di reticoli blu evidenziando in grigio le ossa del corpo ed in rosso le armi. Parlare di realismo in questi casi sarebbe proprio fuori luogo: un visore termico che mostra la struttura ossea delle persone non è ancora in dotazione a nessuna forza speciale (oltre ad essere particolarmente inutile) e questo contribuisce a diffondere l’idea che gli sviluppatori di Red Storm abbiano deciso di puntare più su un titolo arcade, piuttosto che ad un fps a sfondo tattico.
    Il reparto sonoro del gioco è realizzato con cura, e supporta inoltre l’ EAX 4 e il mixing hardware 3D, per una massima immedesimazione del giocatore. La colonna sonora tipica della serie ritorna arrangiata in chiave rock/metal con un tono più aggressivo ed accattivante di prima.

    Il soldato nel tempo libero...

    Passiamo adesso a parlare della componente multiplayer del prodotto.
    Come al solito Ubisoft ha messo a disposizione ubi.com per la gestione dei server di gioco online e il completo supporto al giocatore.
    Come nel capitolo precedente è stato inserito Punkbuster come misura anti-cheating, che vi salverà da fastidiosi individui decisamente poco sportivi.


    Entrati in game la prima cosa che balza agli occhi è la possibilità di personalizzare il proprio giocatore, scegliendo la classe di appartenenza, tra quattro a disposizione: assaltatore, demolitore, cecchino, ricognitore.
    Ognuna delle classi sarà specializzata nell’uso di certi tipi di armi ed equipaggiamenti speciali che le altre non potranno usare, il tutto per una migliore gestione del gioco di squadra e del realismo.
    Le modalità di gioco non hanno subito cambiamenti significativi se non l’introduzione del “free for all” stile painkiller e la possibilità di completare la campagna del singleplayer in cooperativa con altri giocatori.
    Un'altra chicca inserita dai programmatori è il sistema di ranking, cioè l’ avanzamento di grado tramite punti esperienza e la possibilità di entrare nella classifica online accumulando punti gioco: tutte le statistiche sono controllabili comodamente dalla lobby di ubi.com.
    Che dire quindi? La componente multiplayer è sicuramente quella più accattivante e ben riuscita del gioco e dona molto più divertimento del singleplayer, che nella versione in prova risulta davvero scadente.

    Rainbow Six 4: LockDown Possiamo quindi notare con dispiacere che, nonostante i precedenti e l’avanzamento tecnologico, gli sviluppatori di Red Storm questa volta hanno toppato e non di poco. La versione dimostrativa testata di Rainbow Six: Lockdown presenta un singleplayer inconsistente e con dei veri e propri stravolgimenti che hanno pesantemente modificato quella che era una tradizione ormai storica. Sicuramente questo aspetto andrà a deludere tutta la vasta schiera di affiatati appassionati. Non ci resta che sperare che le cose tornino al loro posto nel prossimo capitolo della serie Rainbow Six, o che Ubisoft, accogliendo le migliaia di critiche che hanno riempito i suoi forum, decida di posticipare la data di uscita per modificare pesantemente l’intero gameplay di Lockdown.

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