The Saboteur: primo sguardo al titolo di Pandemic

Mostrato per la prima volta

The Saboteur: primo sguardo al titolo di Pandemic
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • iPhone
  • Pc
  • Londra. EA Showcase. Ovvero il grosso della line up 2009 del publisher dato in pasto ad un gruppo di giornalisti famelici. Everyeye.it c’è.
    Il primo titolo presentato è ironicamente figlio di una recente -e piuttosto azzeccata- acquisizione: Pandemic Studios. Con The Saboteur, ultimogenito di una limpida propensione al sandbox (sono pur sempre i papà della serie Mercenaries), il team tenta di scolpire definitivamente una visione peculiare, unica e riconoscibile. La sterzata artistica è evidente, e non solo per lo sfruttamento del bianco e nero. Laddove Mercenaries 2 sapeva di gustoso giocattolo, di capriccio da free roaming, The Saboteur trasuda ispirazione. In effetti, parlare di ispirazione, di tensione morale, non è assolutamente fuori luogo. Il setting del gioco, una Parigi piegata dall’occupazione nazista, è imbevuto in un grigio monocorde e triste, che piange rassegnazione. Il colore, la speranza, sono lontani dagli occhi e dalla mente, scacciati dal giogo dell’occupazione militare. Il morale della popolazione è dunque ben sotto le scarpe. Eppure, qualche zona illuminata da spruzzi di colore persiste, segno che lì qualcuno ancora crede nella libertà e in un futuro meno drammatico. E’ la resistenza, le cui azioni, mentre indeboliscono lo strapotere tedesco, ridonano fiducia alle genti.
    Sean Devlin, al momento, non se ne cura minimamente. Sarà pure il protagonista, sarà pure una guerra mondiale, ma con lui c’entra davvero ben poco. Lavorare per il racing team Morini, qualche bella figliola a cui controllare la carrozzeria, una sigaretta ad un qualsivoglia angolo della bocca, e la vita gli sorride. Come sempre.
    Fino a quel giorno. Fino al dramma che lo tocca da vicino.
    Ora, conta solo la vendetta. Roboante. Caciarona e in puro stile Pandemic. Ma senza uscire troppo dalle righe di un’impostazione stilistica stilizzata e perfetta. E senza dimenticare lo sfruttamento della care dinamiche stealth.
    The Saboteur, action free roaming in terza persona, puntando forte su due elementi chiave -forte impatto narrativo; impostazione scenica e visiva inconfondibile- punta a divenire il manifesto della maturazione del team che ne sta curando la progettazione.
    Nel corso dello Showcase sono stati mostrati due livelli.
    Coloriamoli insieme.

    La città, innanzitutto. La Parigi di quegli anni è eccezionalmente suggestiva e totalmente esplorabile. Ovviamente un certo grado di semplificazione c’è stato, ma la conformazione di strade e strutture, lo studio planimetrico, lo sviluppo verticale ed il posizionamento delle strutture architettonice principali segue pedissequamente la ramificazione originale. Il colpo d’occhio, figlio di una draw distance orgogliosa di essere ammirata, lascia senza fiato. Da una posizione sopraelevata, l’impatto scenico ricorda da vicino il blasonato Assassin’s Creed. E non a caso. Il protagonista, infatti, può scalare a piacimento ogni superficie, ogni edificio che lasci trasparire un appiglio poligonale. La differenza sostanziale è che in The Saboteur questa feature si inserisce in un corpus di dinamiche assai più variegato.
    L’approccio alle missioni è bipolare, e a totale discrezione del giocatore. Optare per movimenti e uccisioni furtive, magari eludendo la sorveglianza arrampicandosi chissà dove per poi attaccare di soppiatto, o sparare come dannati a qualsiasi cosa si muova, risultano scelte svincolate da scripting predeterminati. Giocare come si vuole: un concetto alto che Pandemic cerca di portare avanti da tempo e che solo ora pare aver trovato una collocazione precisa.
    Gli scontri a fuoco seguono gli stilemi attuali: il cover system persiste sebbene sia dinamico e non invasivo. Basta infatti avvicinarsi ad un muro, per esempio, perché Sean vi appoggi le spalle contro con una naturalezza che farebbe comodo a Marcus Fenix e compagni. Durante la fase di mira, inoltre, la visuale scivola in seconda persona, per favorire il puntamento. Infine, il sistema curativo è automatico e non necessita di med kit.
    E ancora. Forte integrazione nel gameplay dei combattimenti ravvicinati. Le mosse CQC eseguite dal protagonista lasciano intuire una profondità notevole: peccato che al momento l’IA nemica sia priva della corretta reattività.
    La prima missione mostrata dagli sviluppatori è sostanzialmente il tutorial del gioco. Fuggire dal grigiore di Doppelsieg -ditta ora dedita all’ampliamento dell’arsenale bellico tedesco-, è piuttosto semplice. La struttura è basica, per quanto enorme, e sebbene sia possibile scegliere tra diversi approcci, il giocatore pare davvero teleguidato all’uscita. Giusto il tempo di una rocambolesca fuga in macchina, tra i posti di blocco elusi o distrutti, attraverso borghi della campagna francese intristiti dal grigio e poi dritti verso la seconda parte della presentazione.
    Come nel seminale e visivamente asettico Mirror’s Edge, l’immagine della Parigi occupata non è sempre mangiata dal bianco e nero. Elementi chiave per la narrazione, o punti di appiglio per cominciare una scalata, o edifici che è possibile esplorare spiccano per saturazione differenti e perché proprio ostentano qualche elemento colorato. Magari giallo oro. O rosso sangue.
    Ovviamente, completare gli obiettivi delle missioni comporta la ricolorazione in tempo reale dell’ambiente di gioco -sulla falsariga del recente Prince of Persia-, segno che, benché gli orrori della guerra permangano, la popolazione comincia a respirare un’aria diversa e meno sfiduciata.
    La seconda missione prevedeva il sabotaggio di un cannone nazista posto sopra il tetto di un edificio, e protetto da decine e decine di soldati diversi. L’approccio è anche qui libero.
    Gli sviluppatori decidono per un’incursione alla Rambo e la sparatoria che ne è conseguita, saltando da un palazzo all’altro, passando da mitragliatrici a fucili da cecchino, è parsa invero gustosa.
    Da segnalare il livello di Escalation, posto sulla sinistra dello schermo: in pratica, la rilettura del grado di sospetto di AC o di GTA. Salendo oltre il quarto livello, abbiamo visto comparire squadre speciali (veri squadriglie della morte specializzate), ma anche elicotteri e palloni aerostatici capaci di far piovere tempeste di proiettili.
    Oltre alla quest principale (che si snoderà in venti ore di gioco complessive), ci sarà una massiccia presenza di avventure secondarie, spesso legate agli NPC che popolano Parigi, o ai quartieri generali della resistenza (che fungono ovviamente da safehouse), sia indigena che inglese.
    Tornando ai personaggi non giocanti, spicca fin da subito la loro caratterizzazione, sia nel vestiario che nelle movenze. In una città già divisa in quartieri facilmente riconoscibili, la loro presenza dona un tocco di realismo in più che facilita l’immersione.
    E’ facile imbattersi, per esempio, in esecuzioni pubbliche di civili innocenti da parte di gruppi di SS privi di umanità. Spetta al giocatore decidere se intervenire o meno. Non esiste un sistema di scelte morali: solo nuovi tasselli da aggiungere al mosaico della trama.
    Oltre alle automobili, saranno diversi i mezzi utilizzabili, come da prassi per Pandemic. Che ne dite di un godurioso tank?
    Numerosi oltretutto gli edifici esplorabili. Dai palazzi, agli alberghi, fino ai bordelli o allo stesso Moulin Ruoge, la Parigi di Pandemic non preclude opportunità allo svago del giocatore. L’elemento chiave, comunque, rimane la totale esplorazione: salire sulla torre Eiffel per capire come e dove spostarsi, o dove i fuochi della violenza tedesca sono più brucianti, pare davvero suggestivo.
    Infine, ancora da definire il sistema monetario su cui si appoggerà l’economia di gioco, così come il versante multiplayer.
    The Saboteur, ancora orfano di una data di uscita definitiva, è atteso su Xbox 360, PS3 e PC.

    Noir

    La cifra stilistica, rileggendo le sensazioni dei noir anni ’40, lasciava davvero senza fiato.
    A parte l’uso simbolico e artistico e funzionale del bianco e nero, e del colore, è l’attenzione al dettaglio a stupire. L’uso delle sorgenti luminose e degli effetti particellari, le inquadrature studiate a tavolino, le texture ottimamente definite, dipingono un quadro tecnico d’eccezione.
    La città è viva: non solo gli edifici vomitano particolari e appigli poligonali, ma anche il numero di NPC e la loro differenziazione riflette una cura già certosina.
    Stesso discorso sulla pregnanza della trama: i dettagli sono appositamente scarni, ma la presenza scenica di Sean -che trae ispirazione tanto da Indy quanto da John McLane- è già una sicurezza.

    The Saboteur Annunciato qualche tempo fa e poi scomparso dalle scene, The Saboteur ritorna prepotente a reclamare un ruolo da protagonista nella line up del 2009. Se il precedente lavoro di Pandemic era riuscito a divertire con leggerezza, senza però scalfire la superficie opaca del genere Free Roaming, con l'ultima fatica del team il tentativo è quello di far acquistare all'impostazione Sandbox un rilievo maggiore, sfruttando con sapienza una componente artistica particolare e ricercata, ed assicurando la presenza di un peso narrativo ingente. I primi scampoli di gameplay ci lasciano soddisfatti, nei prossimi mesi continueremo a seguire il progetto con nutrito interesse.

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