Alan Wake, lo abbiamo provato

La nostra prova a milano della versione semi definitiva di Alan Wake

Alan Wake, lo abbiamo provato
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • Pc
  • Come chiarito più volte su queste pagine, e ribadito in ultima istanza dalla nostra preview relativa all’X10, le fonti di ispirazione per l’atteso titolo di casa Remedy non sono di certo mancate.
    La prova su strada della primissima fase di gioco, nel quartier generale di Microsoft Italia, insieme alle parole del portavoce del team di sviluppo, Oskari Hakkinen, hanno però evidenziato alcuni punti chiave che in parte divergono dall’idea di un titolo sì di qualità, ma totalmente derivativo.
    Le convergenze, tanto sul piano stilistico, quanto su quelle delle meccaniche, con titoli quali Alone in the Dark (anche il controverso reboot del 2008), Resident Evil e Silent Hill, sono a prima vista lapalissiane, ma non per questo soffocanti. Inoltre, le chiavi di lettura sono diametralmente opposte, e rendono Alan Wake, se non proprio originale, quantomeno moderno ed in linea con le tendenze culturali attuali, che premiano il serial TV come format prediletto della pop culture.
    Alan Wake è il trionfo della narrazione, della storia, del pathos. La prima mezz’ora in compagnia dello scrittore dalla penna arida come le idee che non sa più comporre in parole, e che vive incubi che prendono vita dalle pagine di un libro ancora da scrivere, tiene letteralmente incollati alla sedia, al di là dei meriti eminentemente ludici.
    I déjà vu sono di casa, ma è davvero difficile fargliene una colpa. Ciò che è certo, è che cinque anni di sviluppo non sono serviti per reinventare un genere, bensì per sintonizzarlo al meglio sulle frequenze di chi vive a pane e Lost.

    Twin Peaks Style

    Com’è noto, la suddivisione del gioco in capitoli veicola l’idea di un prodotto da intendersi come la prima stagione di un franchise dalla durata variabile. Nulla di nuovo, ovviamente, già l’ultimo Alone in the Dark adottava una soluzione similare, salvo poi fallire quasi totalmente sul piano diegetico/narrativo tramite uno script insipido. In Alan Wake il climax è davvero tutto. La tensione già supera i livelli di guardia nel prologo/tutorial (Nightmare), per poi proseguire nel lungo flashback che conduce all’arrivo del protagonista e della moglie quassù al nord, nella pace di Bright Falls, fino all’adesso, quando Alan si sveglia sul ciglio di un burrone a bordo della sua vettura. Ferito. E maledettamente solo.
    I colpi di scena si susseguono copiosi, così come i classici cliffhanger conclusivi, mentre la regia indugia con forza su movimenti appariscenti (uso della gru per panoramiche mozzafiato, inquadrature repentine da tergo quando un nemico cerca di coglierci alle spalle) ed un montaggio serrato e perfetto. Fantastica l’atmosfera generata dalle trasmissioni radio, o dalle tv sparse per gli edifici, che non di rado trasmettono un Alan in versione pazzo scatenato; così come ben costruite sono le situazioni che nascono dopo aver trovato alcune pagine del manoscritto citato in apertura: leggere che quella poliziotta, in quel particolare punto, sarà restia a crederti prima ancora che ad aiutarti per una serie di considerazioni personali, e poi vivere in prima persona quella stessa concilia brividi e soddisfazione.
    Immersi nel buio della foresta, storditi dallo scrosciare della cascatelle del fiume, la Gas Station è l’unico elemento illuminato. Non costituirà la salvezza definitiva, soprattutto nel mezzo di un incubo che pare non avere fine, ma raggiungerla pare davvero l’unica cosa da fare. Insieme al vendere cara la pelle, s’intende.
    I primi scontri sono piuttosto elementari. Alan è l’archetipo dell’uomo medio, piuttosto in forma, ma inadatto a situazioni combattive estreme. Ergo è lento, impacciato: salta, sprinta (stancandosi presto), e può schivare alcuni colpi ravvicinati, ma per il resto occorre affidarsi all’accoppiata torcia e pistola. Fucile e dardi luminosi concludono l’arsenale a disposizione. Il primo è piuttosto devastante, peccato che i proiettili scarseggino in maniera preoccupante, mentre i secondi sono pensati per risolvere le situazioni più congestionate.
    I nemici, come ormai saprete, soffrono terribilmente il binomio luce/fuoco. Per abbatterli è quindi necessario indebolirli: LT controlla la torcia, il trigger destro invece è deputato allo sparo.
    L’IA dei nemici, perlomeno nel primo spezzone di gioco, ci è parsa attendista e non particolarmente coordinata (gli assalti alla RE4 sono lontani): il senso di urgenza scaturisce dal loro numero e dalle armi di cui sono in possesso, oltreché dalla cronica necessità di ricaricare sia l’arma che le batterie della torcia. Il livello di difficoltà è comunque dinamico, e si conforma alla bravura dimostrata dal giocatore. Un algoritmo genera dunque in tempo reale il numero adatto di avversari (e munizioni) in base a come ci si muove. Non male, sebbene resti da valutarne la portata sull’intera esperienza ludica.
    L’approvvigionamento di armi e caricatori è un altro punto chiave: Alan Wake non è uno sparatutto in terza persona. Razionare il più possibile le proprie risorse è dunque indispensabile.
    Mancando il sistema di commistione degli oggetti apprezzato nell’ultimo Alone in the Dark, così come il classico inventario alla Silent Hill, abbiamo cercato di capire come il puzzle solving si dipani nel gioco. Il livello affrontato, così come quello seguente (non giocabile) ambientato in una diga, non ha mostrato enigmi degni di tal nome, se non piuttosto banali e derivativi. Hakkinen ci ha però rassicurato che nel corso dell’avventura saremo spesso chiamati a districarci fra puzzle ambientali stimolanti, ben inseriti in quello che è il vero scheletro del gioco: la trama.
    Vista la natura eminentemente episodica, i DLC sono ovviamente confermati. Alla domanda “Saranno basati su personaggi secondari?”, Hakkinen ha spolverato un sorriso sornione che vale più di mille parole.
    Considerata la tipologia di gioco, Alan Wake non presenterà modalità multiplayer.
    Il gioco sarà disponibile il prossimo 21 Maggio.

    Tecnica... da sogno?

    Il codice, a livello grafico, è ancora lontano dall’essere definitivo. Alcune texture in bassa risoluzione ed un aliasing marcato sono pronti a testimoniarlo.
    Di converso, effetti di luce e particellari meravigliosi, per scelte cromatiche e ampiezze volumetriche, rendono giustizia ad un prodotto estremamente dotato, impreziosito inoltre da architetture e particolari poligonali degni di menzione.
    Da applausi i movimenti di macchina, dinamici e sincopati, e le espressioni facciali, perlomeno quelle del protagonista. Alan recita in maniera verosimile: da limare, invece, quelle dei comprimari. La moglie, per esempio, è pronta per un B-Movie. Tempo per correggere le imperfezioni c’è. Siamo sicuri che Remedy farà di tutto per estirparle da qui all’uscita.

    Alan Wake Alan Wake scommette tutto su di uno stile narrativo impattante. L’atmosfera che si va creando fin dai primi scampoli di gioco è surreale e angosciante, catalizzando su di sé l’attenzione del giocatore. L’impianto ludico è piuttosto convenzionale: un escamotage voluto fortemente da Remedy per poter ridefinire i canoni dei giochi story driven, anziché quelli dei survival horror come anni fa si era ipotizzato. Innovativo? Assolutamente no. Ipnotico? Senz’ombra di dubbio.

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