Provato Call of Juarez: Bound in Blood si svela nel nostro provato

Fratelli di sangue

Provato Call of Juarez: Bound in Blood si svela nel nostro provato
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Rocce bruciate dal sole. Gomitoli di paglia che scappano agitati dagli sbuffi del vento. In lontananza, il suono triste di un'armonica. O era il cigolio stanco della porta di un saloon? Due anni or sono, Call of Juarez diede una lucidata HD ad un'ambientazione fascinosa, presente nell'immaginario filmico di tutti, ma incapace di imporsi con altrettanta convinzione tra i gusti di chi videogioca: il vecchio West.
    A fronte di una vena didascalica evidente, e d'una struttura piuttosto convenzionale, Call of Juarez agguantò comunque i favori di una buona parte di pubblico. CoJ: Bound in Blood, in uscita la prossima estate, proseguirà sul percorso tracciato dal prequel, puntando tutto tanto su una rinnovata consapevolezza tecnica, quanto su una più marcata differenzazione del gameplay. E come collante, una storia matura e crepuscolare, degna del miglior Peckinpah.
    Allacciatevi il cinturone.

    Inscenato una ventina di anni prima degli eventi raccontati in CoJ, Bound in Blood vedrà il ritorno di Ray McCall, questa volta accompagnato dal giovane fratello.
    Durante la presentazione, il producer ha ribadito a più riprese la volontà di intrecciare il ritmo già infuocato del prequel ad una buona dose di drammaticità, per ricreare il climax tipico dei film di genere. La chiave di lettura sarà la motivazione che porterà Ray a divenire il reverendo ammirato nel primo capitolo, un percorso lastricato dalla morte, dagli incubi sanguinosi alimentati dalla Guerra di Secessione, che sfoceranno poi in azioni fuorilegge iconiche e tipiche del filone western.
    La varietà delle ambientazioni mostrate pare già ottima: cittadine polverose edificate nel nulla dei deserti americani -con tanto di banche dove richiedere finanziamenti a suon di dinamite-, accampamenti indiani insediati tra alture impervie, e ville padronali tutte da scardinare. Solo annunciate invece missioni come corse a perdifiato coi cavalli, assalti alle diligenze o ai treni.
    Il gameplay non si discosta dal prequel in maniera tangibile: le sparatorie si susseguono in maniera canonica, puntando pesante più sul fattore adrenalina che sulla strategia o sulla ricerca di coperture.
    Seguendo l'impostazione classica da fps, sono i riflessi a venir solleticati, anche perché l'intelligenza artificiale dei nemici, pur denotando un buon dinamismo, fa leva soprattutto sul numero e sulla capacità di vomitare fuoco senza sosta. Il ritmo è dunque incalzante (fantastica la sparatoria contro un nugolo di pellerossa nel verde di una foresta), e palesemente sollecitato dalla presenza di sequenze scriptate e da frequenti QTE.
    In una tale carneficina, non può mancare il bullet time, qui denominato Concentration Mode, ed attivabile dopo l'uccisione di un certo numero di nemici in sequenza.
    Le dinamiche che l'attraversano sono diverse a seconda che si usi Ray o Thomas: per il primo, le sequenze in slow motion permettono l'impallinatura contemporanea di più avversari (multi target); per il secondo, invece, è previsto l'aggancio automatico dei contendenti ed il suggestivo utilizzo del pad a mo' di revolver (ovvero pressione del trigger destro, e oscillazione dello stick sinistro volta a simulare il riarmo del "cane a cresta", tipico delle pistole ad azione singola di quei tempi).
    Interessante la possibilità di poter scegliere, all'inizio di ogni livello, quale dei due protagonisti impersonare. Ray è sicuramente più adatto agli scontri diretti, mentre Thomas è utile per chi ha la vocazione del cecchino. Da non sottovalutare l'importanza del lazo in dotazione a quest'ultimo per raggiungere punti a prima vista inaccessibili. A onor del vero, avremmo preferito un uso più diversificato di tale strumento (per sorprendere nemici, o anche animali), tuttavia non è detto che il gioco, più avanti, non possa accontentarci in questo senso.
    La compresenza di due avatar complementari risveglia la voglia di sperimentare, con Ray pronto a fare la voce grossa mentre Thomas lo copre da un altura defilata. E' chiaro, comunque, che l'IA amica svolgerà un ruolo secondario, lasciando a noi la ribalta (e i maggior grattacapi). Comunque sia, un punto a favore della varietà situazionale. Non sono previsti dei veri e propri bivi, tuttavia le differenti soluzioni rinfocolano -perlomeno per quanto abbiamo potuto vedere- il replay value, che si aggiunge alle 12-15 ore necessarie al completamento del gioco.

    Sostanzioso il comparto multiplayer, previsto per un massimo di dodici giocatori. Oltre alle modalità classiche, il team ha pensato bene di inserire mode peculiari come protezione/detonazione di ponti, evasioni, assalti alle carovane e rapine in banca.
    Stuzzicante, nell'ottica dell'usuale tutti contro tutti, l'implementazione delle taglie, correlate al numero di nemici uccisi e alla loro posizione in "classifica".
    Non è invece previsto il co-op online per la campagna principale.



    L'evoluzione del Chrome Engine di casa Techland regala scorci evocativi, caratterizzati da una profondità dell'orizzonte visivo apprezzabile, da una modellazione poligonale ricca di spunti di interesse (si pensi alla ricostruzione delle piccole cittadine, o ai monti che torreggiano sulle foreste) e tagliati da sorgenti luminose calde e pertinenti.
    Estremamente particolareggiati i due personaggi, che fanno comunque da contraltare a NPC nella norma. Eccezionali invece gli effetti particellari, spalleggiati da una nebbia volumetrica praticamente reale sul piano della consistenza (da notare il pulviscolo che la anima).
    Da rifinire invece la mappe superficiali, altalenanti, così come alcuni errori di gioventù del codice: pop up e errori nel calcolo del LoD. Nulla di preoccupante, comunque, se si vuoel dare fiducia alle ultime fasi dello sviluppo.

    Call of Juarez: Bound in Blood Call of Juarez: Bound in Blood fa del classicismo, visivo e strutturale, il proprio cavallo di battaglia. Le novità dunque risiedono dunque nella cosmesi e nello sfruttamento più oculato dell’ambientazione western. Il ritmo sembra davvero forsennato, mentre la pregnanza della trama e dello scripting fa tornare alla memoria il single di CoD4. Davvero niente male, quindi. Non sarà dunque un inno all’innovazione, ma le premesse per un prodotto di qualità ci sono tutte.

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