Provato DmC: Devil May Cry

Ninja Theory ci stupisce con un action tecnico come pochi

Provato DmC: Devil May Cry
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Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Dopo lo stop di Dicembre, a Gennaio si riparte con un paio di uscite veramente eccezionali. Da una parte il Ni No Kuni di Level-5, finalmente pronto all'esordio in occidente, dall'altra il controverso DmC di Ninja Theory, sicuramente uno dei titoli più chiacchierati degli ultimi tempi. Criticato fin dal momento dell'annuncio per la “violenta” reinterpretazione dell'iconografia classica della saga, il titolo Capcom ha saputo, poco a poco, convincere persino i detrattori più arcigni: l'ha fatto dimostrando che a sorreggere lo stile di rottura c'è un Gameplay profondo quanto e più dei predecessori.
    Mentre la recensione si avvicina ormai inesorabilmente, noi di Everyeye.it abbiamo dato un'occhiata approfondita alla versione oramai completa, scoprendo quello che si preannuncia un action tecnico ed esaltante come pochi.

    Non solo i diavoli piangeranno

    Dimenticate God of War e gli action che seguono la sua impostazione, accettando di buon grado un lieve ma costante button mashing, apprezzato in nome di una certa accessibilità. In DmC spigiacchiare come forsennati i tasti frontali del Pad significa essere, se non sconfitti, quantomeno umiliati dal sistema di punteggio, derisi da combinazioni incerte, scherniti dai colpi dei nemici, che finiscono per interrompere in continuazione la flessuosa danza della Rebellion.
    Per uscire illesi e vittoriosi dagli scontri, per incrementare il ranking oltre la “S” del brutale Savage (che in DmC è appena Sufficiente), bisogna padroneggiare i tempi d'attacco, restare coi nervi tesi e dimostrare riflessi fulminei.
    Come sempre c'è un solo tasto per l'attacco principale, grazie al quale si possono eseguire le combo di base. Le variazioni più potenti si ottengono inserendo delle pause al momento giusto, controllando in maniera meticolosa il flusso dei colpi. Ma rispetto ai vecchi capitoli, il focus sulle tempistiche di pressione è un aspetto decisamente meno importante. Nel nuovo DmC tutta l'abilità digitale del videoplayer si esprime attraverso l'uso delle armi angeliche e demoniache. Alla pressione dei due trigger dorsali, infatti, la fida spada si trasforma, cambia tempi e reazioni d'attacco, concentrandosi ora sulla potenza bruta (ovviamente correlata al lato demoniaco), ora sulla rapidità dei colpi (propria delle leggere armi angeliche).

    Se fosse solo questione di cambiare “on the fly” strumento d'offesa, magari seguendo le indicazioni cromatiche delle corazze dei nemici, alcuni dei quali subiscono danni solo da certe tipologie di armi, DmC sarebbe ancora un action piuttosto semplice. E invece la chiave di tutto è il fatto che i due “modificatori” influenzano non solo il comportamento degli attacchi corpo a corpo, ma anche di quelli a distanza. Il pulsante che gestisce solitamente le armi da fuoco, trattenendo in aria i nemici ora coi proiettili di Ebony & Ivory, ora con le schioppettate dello shotgun, diventa invece un sistema per arpionare i nemici, gestendo quindi il posizionamento di Dante e dei nemici. Il gancio demoniaco, infatti, tira gli avversari verso il protagonista, mentre viceversa l'arpione angelico trasporta il nostro emo-eroe verso il demone di turno. Ben presto si scopre che questo sistema è fondamentale per allontanarsi in un lampo dalle situazione pericolose, ma è ancora più interessante quando si utilizza per prolungare oltremisura il gioco aereo.
    Dante può trascinarsi nei paraggi di un nemico volante, cominciare a massacrarlo e poi tirare a se una delle marionette infernali che, a terra, scalpitano per incontrare le sue affilatissime lame. Oltre all'attacco principale, c'è poi il colpo che gestisce l'elevazione, solitamente proiettando in aria un avversario: anche questo attacco cambia parecchio nel caso in cui si usino le armi speciali. Ad esempio l'agile Osiris, la falce angelica che si trova poco dopo l'inizio del gioco, permette di agganciare i nemici sottostanti e tirarli verso l'alto, mentre Aquila, una sorta di enorme lama rotante che ricorda molto l'arma principale del quasi dimenticato Dark Sector, permette di eseguire uno scatto a mezz'aria, utile per schizzare da un avversario all'altro.
    La pluralità del Gameplay, insomma, è tale che per massimizzare i risultati bisogna studiare attentamente tutte le specificità delle varie armi, e avere la mente libera ed il polpastrello ben allenato. Il nuovo DmC riesce a trasmettere, proprio grazie all'enorme disponibilità di soluzioni ed attacchi, un estremo senso di libertà creativa, che si manifesta in combo davvero machiavelliche. Ed in questo aspetto supera addirittura certi vecchi capitoli della saga. Il titolo lascia anche la possibilità di personalizzare il proprio parco mosse, sbloccandone di nuove grazie ai “livelli” che Dante accumula uccidendo nemici. Nei primi momenti dell'avventura è meglio spendere gli Skill Point per potenziare gli attacchi della Rebellion, sbloccando il classico affondo “Stinger” e la “Roulette” aerea, ma più avanti i punti possono essere distribuiti (e ri-distribuiti) come meglio si crede, preferendo l'irruenza dei guanti demoniaci o la leggerezza della falce angelica.

    Un altro aspetto che i passionisti degli action game noteranno con piacere è l'estrema leggibilità dell'azione. La telecamera, che può essere spostata liberamente con la leva analogica destra, riesce ad inquadrare l'azione in maniera quasi sempre ottimale, ma anche quando i nemici non sono nell'inquadratura, è davvero difficile trovarsi disorientati o confusi. Quando gli avversari preparano un attacco, c'è sempre un elemento visivo o sonoro che prepara il giocatore, e gli lascia qualche istante per reagire. I demoni volanti armati di balestra segnalano i loro assalti con un raggio di luce intermittente, i devastatori armati di motosega giocano con il gas appena prima di partire alla carica. Insomma si ha sempre la sensazione di avere, potenzialmente, un ottimo controllo della situazione.
    Anche dal punto di vista quantitativo i primi livelli di DmC mostrano ottimi risultati. In ogni stage, oltre alle “anime perdute” da liberare, ci sono chiavi da recuperare che serviranno poi per aprire le porte segrete, che come sempre ci fanno accedere a prove di abilità davvero difficili. Le porte di bronzo e di argento non impegneranno molto i giocatori più esperti, ma quelle d'oro e di platino richiedono il loro sacrificio votivo di pazienza e tante imprecazioni.
    Completare al 100% tutti gli stage richiede quindi una discreta dose di attenzione, ma anche un po' di “backtracking”: tornare nei livelli precedenti dopo aver sbloccato tutte le armi (alcune delle quali riescono a distruggere porte e blocchi specifici), è indispensabile per i completisti.

    DmC: Devil May Cry DmC non è un action per deboli di stomaco. Sebbene il livello di difficoltà “umano” sia facilmente metabolizzabile anche per i meno tecnici, il titolo Ninja-Theory da il meglio di sé soprattutto se si studiano attentamente le strategie d'attacco, e si riesce ad ottenere una buona versatilità, conquistata con fatica e tanta pratica. Il dinamismo del gameplay, il ritmo trottante e indiavolato, e questa sua capacità di estendere oltremisura i confini delle combo, rendono DmC un titolo profondo e tecnico come pochi. Roba da veri hardcore, insomma. Ed è proprio per questo motivo che il gioco risplende: negli ultimi anni molti congeneri avevano smussato le asperità di un gameplay stratificato, in nome di un'accessibilità troppo spesso considerata valore imprescindibile per il videogioco moderno. DmC invece rivendica l'ereditò di una serie stoicamente eretta a difesa dei tecnicismi quasi maniacali. C'è anche da dire che, in ultima analisi, persino la rivisitazione stilistica riesce a compiacere, proponendo un colpo d'occhio vibrante e originale. Ma di questo parleremo più diffusamente nell'ormai imminente recensione.

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