Fracture: la prova dell'FPS tellurico di Day 1

Testato con mano l'FPS tellurico di Day 1

Fracture: la prova dell'FPS tellurico di Day 1
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Un paio di giorni fa, la sorpresa: i due video in esclusiva italiana di Fracture. Oggi, invece, i riflettori sono puntati sul resoconto della relativa presentazione londinese, avvenuta sotto gli occhi via via più dubbiosi della stampa specializzata. Uno scetticismo foraggiato dalla decisione di Lucasarts e Day 1 di mostrare e concedere in prova solo il tutorial del gioco, oltre alla primissima missione inscenata nelle prigioni di una Alcatraz inospitale come da tradizione. Una scelta dunque poco felice. Perché se è vero che Fracture mira a frantumare gli schemi della convenzionalità, dissodando nuovi terreni di design a colpi di granate, il materiale a cui abbiamo avuto accesso ha però esposto più i limiti della tecnologia di base e le costrizioni gravanti sul gameplay che le tanto auspicate innovazioni strillate nella cornice di Lipsia ’07.
    IA, varietà degli scenari, ritmo di gioco, longevità. Tutto passa in secondo piano quando la vera partita si gioca sul campo dell’interazione ambientale. Due filosofie contrapposte, una frattura insanabile nel mezzo. Libertà decisionale, da una parte. Dall’altra, l’armata degli script. Everyeye ha ficcato per voi la testa nella voragine suddetta, verificandone la profondità. Il responso ad Ottobre, quando il titolo verrà ospitato dagli scaffali dei negozi. Per ora, invece, giusto qualche appiglio per non scivolarvi dentro, traditi come sempre dalle aspettative.

    Un terreno che spacca...

    La deformazione del terreno è la leva usata da Day 1 per sollevare Fracture dalla palude degli shooter in terza persona. Un orpello che trascende l’estetica, interessando pesantemente la struttura portante della meccanica di gioco. Combattimenti, strategie e puzzle ambientali soggiacciono alla manipolazione terrena innescata dalla presenza del giocatore, che deve plasmare l’ambiente tenendo a mente non un’effimera sensibilità artistica, bensì le proprie istanze belligeranti. Gli strumenti preposti allo scopo sono ovviamente le armi, presenti in massa nel tutorial e già estremamente diversificate. La soddisfazione degli sviluppatori trova conforto negli effetti di cui si fanno promotrici, davvero spettacolari ed efficaci, e nella generosità con cui vengono disseminate sul terreno di gioco.
    La cura per il bilanciamento è già ottima e laddove una bocca di fuoco pare troppo incisiva, la latitanza delle munizioni concorre a mitigarne la superiorità. Due le armi trasportabili (consentito anche l’utilizzo di quelle in dotazione alla fazione nemica, eventualmente recuperate sul campo di battaglia), a cui si aggiungono sia le celeberrime granate (tettoniche, subsoniche, spyke e vortex) sia le funzioni secondarie dell’entrencher. Partiamo da quest’ultimo. Comandato dai tasti dorsali, la sua futuribile incidenza è tutto fuorché accessoria, tant’è che le nozioni che lo riguardano -nel corso dell’apprendistato- sono le prime ad essere acquisite dopo il movimento dell’avatar. In pratica all’aggeggio sono deputati gli effetti tellurici di base, attraverso i quali è possibile alzare od abbassare il livello del terreno. La velocità d’esecuzione è impressionante. Produrre avvallamenti profondi (LB) o ammassare cumuli di terriccio a mo’ di collinetta (RB) non richiedono infatti che pochi, coreografici, istanti. Le sue peculiarità sortiscono conseguenze tanto sul piano del puzzle solving quanto sotto il profilo del combattimento puro. Si pensi ad una recinzione da superare, solo solleticata dalle armi convenzionali. Nel corso dell’hands on era possibile oltrepassarla sia elevando il livello del suolo ad una altezza tale da saltarla con un balzo, che giocando con gli smottamenti del terreno fino a scovarne tra le sue viscere un utile condotto che l’attraversava. Per ciò che concerne il lato bellico, la possibilità di creare dislivelli è una carta in più a favore della strategia e varietà d’attacco. Perché sopperisce all’inesistenza di un sistema di copertura classico, innanzitutto, costituendo altresì un valido strumento di morte.
    L’epilogo della prima missione prevedeva l’imbarco sul velivolo della fazione Atlantica. Ad attenderci nella radura vicina c’era però uno sparuto gruppo di soldati geneticamente modificati che fremevano dalla voglia di salutarci. Il loro numero abbondante, unito alla latitanza di oggetti dietro cui abbassarsi (premendo LS), avrebbero avuto come chiaro corollario la nostra dipartita, se non fossimo stati lesti nell’intervenire opportunamente sulla morfologia del suolo, ricavandone delle coperture di fortuna naturali. Analogo discorso all’interno del complesso carcerario. Una torretta, posta sul lato sinistro e protetta da mura inscalfibili, bloccava il passaggio. Due le soluzioni. Soffocare il fuoco nemico piazzandogli davanti una collinetta ricavata da una falla della pavimentazione, o elevare il terriccio all’altezza del ballatoio, così da sfruttarne la posizione sopraelevata. E ancora. Sfilare la terra da sotto i piedi ad un nemico è un buon metodo per comprometterne l’equilibrio, non certo per ucciderlo; pratiche subdole, come schiacciarlo contro una struttura sovrastante alzandone fulmineamente il livello, si rivelano invece ben più letali e soddisfacenti.


    Le armi da fuoco, come già detto, si evidenziano tanto per numero quanto per diversificazione. Dal classico Shotgun si passa allo Scorpion rifle, per i cecchini che non devono chiedere mai, nemmeno nel 2161; dai razzi ad alto potenziale del Bangalore agli sfiziosissimi effetti dell’ST-4, capace di lanciare missili nel sottosuolo, detonabili a piacimento con la pressione del tasto X; dal Black Widow, i cui dardi conficcanti si rivelano utili soprattutto nella demolizione delle strutture architettoniche, all’ALM-37 (solamente visionato) in grado di congelare nemici e porzioni di crosta terrestre, refrattarie così -per un breve periodo- alle modificazioni geodinamiche veicolate dalle armi. Le granate sono il fiore all’occhiello del proprio arsenale. Se le applicazioni di quelle tettoniche e subsoniche sono facilmente desumibili, differenziandosi per potenza, spostamento d’aria e rilevanza sul piano morfologico (le prime, agendo dall’interno, deformano in maniera vistosa la conformazione del terreno, formando diverse collinette intorno al piccolo cratere post-esplosione; le seconde, invece, si limitano alla creazione di un discreto avvallamento nel punto di impatto), le ultime due meritano invece un trattamento specifico. Le spyke provocano immani colonne di pietra, utili per raggiungere altezze inaccessibili (anche per l’entrancher) o per sorreggere parti specifiche di strutture (come ponti, balconi, ballatoi). Possono altresì essere usate come armi improprie. Alla voragine risucchiante innescata dalle granate vortex va invece il premio per l’effetto esteticamente più riuscito. I nemici nei dintorni, al pari della rocce e degli oggetti presenti sulla scena, vengono inglobati dal nucleo energetico senza possibilità di scampo, per poi sfracellarsi nell’implosione che ne consegue.
    Sebbene affascinante, la propensione degli sviluppatori verso un mondo totalmente deformabile stride -e non poco- con la sua effettiva realizzazione. In primis, solamente il terreno è modificabile. Gli edifici, se pavimentati, non subiscono gli effetti deformanti dell’entrancher né delle varie granate. E’ dunque necessario, al chiuso, utilizzare tattiche differenti, o in alcuni casi affidarsi ad eventuali spiragli di terra fuoriuscenti da una pavimentazione irregolare (ovvero ciò che abbiamo fatto ad Alcatraz, come menzionato poco sopra). L’interazione con gli edifici e le strutture di metallo è inoltre vittima di uno scripting oltremodo esagerato, più adatto alla precedente generazione di console che a Xbox 360 o Ps3. Nella fattispecie, non è consentito distruggere, anche solo parzialmente, ciò che non è destinato ad esserlo. Scalfire porte, finestre o muri è solo un fatto cosmetico -quando presente- e nulla più. Mitragliare la cinta perimetrale di una casa procura la medesima reazione (nessuna) del lancio di una granata tettonica, non si scappa. Inoltre, laddove è prevista l’interagibilità, gli effetti sono gli stessi a prescindere dall’arma utilizzata, segno di un motore fisico che non si cura né della potenza distruttiva della stessa né dei materiali che compongono l’oggetto della demolizione. Nel corso del tutorial, ciò che era distruttibile (il muro di un palazzo fatiscente, una casetta di legno) era inoltre evidenziato da un alone luminoso quantomai anacronistico, mentre barili di combustibile posti in luoghi chiave fungevano da preziosi riferimenti contestuali.
    Per quanto il ritmo, già nel livello carcerario, è parso serrato e convincente, l’IA tanto dei nemici quanto degli alleati ha fatto di tutto per far scemare l’entusiasmo in modo considerevole. Gli avversari non solo hanno confessato un’imbarazzante rozzezza strategica (si coprono -letteralmente- a caso), ma non di rado è capitato che non si accorgessero nemmeno della nostra presenza o che scappassero sebbene avessimo da tempo finito le munizioni. Chiaramente compensano con una mira infallibile, amplificata nell’efficacia dalla contenuta autonomia della nostra armatura e soprattutto dalla sua lentezza nel ricaricarsi (niente med kit, dunque).
    Nel livello brevemente mostrato dagli sviluppatori, ambientato in una zona desertica tetra ed altamente evocativa, le cose hanno assunto tutta un’altra piega. Immersi in un campo aperto, ma costellato da un numero cospicuo di strutture mastodontiche totalmente percorribili, l’anima offensiva di Frature è spuntata in tutta la sua veemenza. Decine di aberrazioni genetiche si buttavano a capofitto contro il protagonista, sfruttando l’intero armamentario per deformare il terreno e metterlo così alle strette. Da segnalare inoltre la presenza non solo di mutanti antropomorfi, coriacei e capaci di balzi sovrumani, ma anche di mostri veri e propri, terrificanti nell’aspetto e oltremodo difficili da individuare, vista la tendenza ad attaccare da sottoterra. Piuttosto spettacolare.

    Io derivo, tu derivi...

    A fronte dell’ottimo processo di deformazione del terreno, il resto della cosmesi di Fracture pare irrimediabilmente fragile: pescando a piene mani tanto dalla tradizione Epic (per le armature) quanto da quella Bungie (per l’architettura), non riesce di fatto ad apportare quel quid necessario per rifulgere di luce propria. I protagonisti sono ben particolareggiati (luci, granate e armi secondarie danno un tocco di credibilità all’armatura), ma i nemici base sono davvero anonimi e privi di spunti di interesse. Le texture trascolorano dal buono all’insufficiente senza soluzione di continuità: se le mappe che ricoprono i terreni sono invero pregevoli, la profondità di colore manifestata dalle strutture di contorno abbisogna di un alacre lavoro di manutenzione da qui all’uscita del gioco.
    Dignitosi gli effetti particellari dovuti alle esplosioni, così come il bump mapping applicato sui rigonfiamenti del terreno. Disastrosa la riproduzione del fuoco, al pari della nebbia volumetrica.
    Le animazioni, funzionali, paiono comunque legnose (la corsa, in special modo), sebbene sia un difetto che attanaglia soprattutto i comprimari.
    Semaforo verde per la colonna sonora, scritta dai curatori di vari temi per produzioni televisive di classe A: roboante e incalzante, sostiene perfettamente il ritmo dell’immagine, contribuendo a creare la giusta simbiosi col mondo di Fracture.

    Sul fronte multiplayer, a parte il limite fissato a dodici utenti (6vs6) e l’assenza di una modalità co-op, ciò che c’era di nuovo è stato tenuto ben lontano dai nostri occhi. Confermate comunque modalità specifiche imperniate sullo sfruttamento intensivo della deformazione morfologica.
    La versione testata è stata quella per Xbox 360, tuttavia non si dovrebbero ravvisare differenze di sorta fra i due formati.
    L’uscita della demo è prevista per Settembre. Ad Ottobre, la versione definitiva.

    Fracture Mancano quattro mesi. Un tempo sufficiente affinché Day 1 corregga le deficienze emerse, soprattutto nell’intelligenza artificiale e nel comparto tecnico. Il gioco, di fatto, è ormai questo. Ma se il livello medio si manterrà sugli standard del livello desertico, difficilmente gli amanti degli sparatutto in terza persona potranno lamentarsi. Non va inoltre scordata la pregnanza di un plot narrativo ben più immersivo rispetto alla media odierna. Catastrofi naturali, cibernetica contro genetica, gli Stati Uniti spaccati in due blocchi, Atlantico e Pacifico. Un anno tranquillo, dunque, il 2161.

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