Provato Fracture

Pronta la demo del nuovo Shooter Activision

Provato Fracture
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • IA, varietà degli scenari, ritmo di gioco, longevità. Tutto passa in secondo piano quando la vera partita si gioca sul campo dell’interazione ambientale. Due filosofie contrapposte, una “fractura” insanabile nel mezzo. Libertà decisionale, da una parte. Dall’altra, l’armata degli script. Everyeye ha ficcato per voi la testa nella voragine suddetta, verificandone la profondità. Il responso ad Ottobre, quando il titolo verrà ospitato dagli scaffali dei negozi. Per ora, invece, giusto qualche appiglio per non scivolarvi dentro, traditi come sempre dalle aspettative”.
    L’incipit della scorsa anteprima -partorita dopo il frettoloso hands on londinese- si premurava di evidenziare il paradosso che emergeva dal gameplay di Fracture. Avendone potuto provare solamente tutorial ed un paio di missioni piuttosto raffazzonate, la disanima si era focalizzata per forza di cose sull’artificiosità e sui limiti della visione originaria, tarpata da eventi predeterminati e da un level design -allora- privo di spunti di reale interesse.
    Nel corso della recente Game Convention di Lipsia, ci siamo finalmente imbattuti nel vero nucleo del prodotto Lucasarts, alimentato dalla giusta ripartizione tra ritmo e strategia. Serrato e dannatamente cattivo, Fracture morde le caviglie delle convenzioni, imponendo al giocatore un rapporto diverso con l’ambiente di gioco, il quale per la prima volta veste i panni di assoluto protagonista.
    Come potrete constatare domani (demo su Live e Psn), gli approcci di tipo tradizionale sono banditi. Immergersi nelle viscere calde di Fracture prevede una preparazione diversa da quella richiesta tra i ghiacci di Lost Planet.
    Qualcosa di più creativo... Pronti a riplasmare a vostro piacimento il terreno di gioco?

    Un terreno che spacca

    La deformazione del terreno è la leva usata da Day 1 per sollevare Fracture dalla palude degli shooter in terza persona. Un orpello che trascende l’estetica, interessando pesantemente la struttura portante della meccanica di gioco. Combattimenti, strategie e puzzle ambientali soggiacciono alla manipolazione terrena innescata dalla presenza del giocatore, che deve plasmare l’ambiente tenendo a mente non un’effimera sensibilità artistica, bensì le proprie istanze belligeranti. Gli strumenti preposti allo scopo sono ovviamente le armi, presenti in massa nel tutorial e già estremamente diversificate. La soddisfazione degli sviluppatori trova conforto negli effetti di cui si fanno promotrici, davvero spettacolari ed efficaci, e nella generosità con cui vengono disseminate sul terreno di gioco.
    La cura per il bilanciamento è già ottima e laddove una bocca di fuoco pare troppo incisiva, la latitanza delle munizioni concorre a mitigarne la superiorità. Due le armi trasportabili (consentito anche l’utilizzo di quelle in dotazione alla fazione nemica, eventualmente recuperate sul campo di battaglia), a cui si aggiungono sia le celeberrime granate (tettoniche, subsoniche, spyke e vortex) sia le funzioni secondarie dell’entrencher. Partiamo da quest’ultimo. Comandato dai tasti dorsali, la sua futuribile incidenza è tutto fuorché accessoria, tant’è che le nozioni che lo riguardano -nel corso dell’apprendistato- sono le prime ad essere acquisite dopo il movimento dell’avatar. In pratica all’aggeggio sono deputati gli effetti tellurici di base, attraverso i quali è possibile alzare od abbassare il livello del terreno. La velocità d’esecuzione è impressionante. Produrre avvallamenti profondi (LB) o ammassare cumuli di terriccio a mo’ di collinetta (RB) non richiedono infatti che pochi, coreografici, istanti. Le sue peculiarità sortiscono conseguenze tanto sul piano del puzzle solving quanto sotto il profilo del combattimento puro. Si pensi ad una recinzione da superare, solo solleticata dalle armi convenzionali. Nel corso dell’hands on era possibile oltrepassarla sia elevando il livello del suolo ad una altezza tale da saltarla con un balzo, che giocando con gli smottamenti del terreno fino a scovarne tra le sue viscere un utile condotto che l’attraversava. Un esempio analogo da Lipsia ’08. Ci intrufoliamo in una struttura fortificata sfruttando un condotto sotterraneo. Un’antenna di comunicazione attende il nostro arrivo solo per essere smantellata. Purtroppo, le armi convenzionali, o le granate, risultano del tutto inefficaci. Un’occhiata veloce all’ambiente, e capiamo. La risposta risiede nella barriera energetica che la sovrasta, proteggendola dagli attacchi aerei. Mano all’entrencher. Il terreno si smuove, elevando la parabola all’altezza del campo energetico, che l’abbraccia con un caloroso corto circuito.
    Per ciò che concerne il lato bellico, la possibilità di creare dislivelli è una carta in più a favore della strategia e varietà d’attacco. Perché sopperisce all’inesistenza di un sistema di copertura classico, innanzitutto, costituendo altresì un valido strumento di morte.
    L’epilogo della prima missione prevede l’imbarco sul velivolo della fazione Atlantica. Ad attenderci nella radura vicina c’è però uno sparuto gruppo di soldati geneticamente modificati che fremono dalla voglia di salutarci. Il loro numero abbondante, unito alla latitanza di oggetti dietro cui abbassarsi (premendo LS), sono i chiari sintomi di un game over quantomai prossimo. Panico. Poi però interveniamo opportunamente sulla morfologia del suolo, ricavandone delle coperture di fortuna naturali, e la vita ci sorride ancora. Analogo discorso all’interno del complesso carcerario. Una torretta, posta sul lato sinistro e protetta da mura inscalfibili, blocca il passaggio. Due le soluzioni: soffocare il fuoco nemico piazzandogli davanti una collinetta ricavata da una falla della pavimentazione, o elevare il terriccio all’altezza del ballatoio, così da sfruttarne la posizione sopraelevata. E ancora. Sfilare la terra da sotto i piedi ad un nemico è un buon metodo per comprometterne l’equilibrio, non certo per ucciderlo; che sia forse il caso di spalmarlo contro il soffitto, giocherellando col livello del suolo?
    Le armi da fuoco, come già detto, si evidenziano tanto per numero quanto per diversificazione. Dal classico Shotgun si passa allo Scorpion rifle, per i cecchini che non devono chiedere mai, nemmeno nel 2161; dai razzi ad alto potenziale del Bangalore agli sfiziosissimi effetti dell’ST-4, capace di lanciare missili nel sottosuolo, detonabili a piacimento con la pressione del tasto X; dal Black Widow, i cui dardi conficcanti si rivelano utili soprattutto nella demolizione delle strutture architettoniche, all’ALM-37 (solamente visionato) in grado di congelare nemici e porzioni di crosta terrestre, refrattarie così -per un breve periodo- alle modificazioni geodinamiche veicolate dalle armi. Le granate sono il fiore all’occhiello del proprio arsenale. Se le applicazioni di quelle tettoniche e subsoniche sono facilmente desumibili, differenziandosi per potenza, spostamento d’aria e rilevanza sul piano morfologico (le prime, agendo dall’interno, deformano in maniera vistosa la conformazione del terreno, formando diverse collinette intorno al piccolo cratere post-esplosione; le seconde, invece, si limitano alla creazione di un discreto avvallamento nel punto di impatto), le ultime due meritano invece un trattamento specifico. Le spyke provocano immani colonne di pietra, utili per raggiungere altezze inaccessibili (anche per l’entrancher) o per sorreggere parti specifiche di strutture (come ponti, balconi, ballatoi). Possono altresì essere usate come armi improprie. Alla voragine risucchiante innescata dalle granate vortex va invece il premio per l’effetto esteticamente più riuscito. I nemici nei dintorni, al pari della rocce e degli oggetti presenti sulla scena, vengono inglobati dal nucleo energetico senza possibilità di scampo, per poi sfracellarsi nell’implosione che ne consegue.
    Sebbene affascinante, la propensione degli sviluppatori verso un mondo totalmente deformabile stride a tratti con la sua effettiva realizzazione. In primis, solamente il terreno è modificabile. Gli edifici, se pavimentati, non subiscono gli effetti deformanti dell’entrancher né delle varie granate. E’ dunque necessario, al chiuso, utilizzare tattiche differenti, o in alcuni casi affidarsi ad eventuali spiragli di terra fuoriuscenti da una pavimentazione irregolare. L’interazione con gli edifici e le strutture di metallo è inoltre vittima di uno scripting notevole. Nella fattispecie, non è consentito distruggere, anche solo parzialmente, ciò che non è destinato ad esserlo. Scalfire porte, finestre o muri è solo un fatto cosmetico -quando presente- e nulla più. Mitragliare la cinta perimetrale di una casa procura la medesima reazione del lancio di una granata tettonica, non si scappa. Inoltre, laddove è prevista l’interagibilità, gli effetti sono gli stessi a prescindere dall’arma utilizzata, segno di un motore fisico che non si cura né della potenza distruttiva della stessa né dei materiali che compongono l’oggetto della demolizione.
    Il ritmo di gioco, rispetto alla build precedente, è parso ancor più sincopato. I nemici si spostano continuamente da un avamposto ad un altro, evitando di fornire punti di riferimento scontati. Inoltre, non mancano di trarre beneficio dalla deformazione del terreno, sebbene con minor frequenza rispetto a quanto è chiamato a fare il giocatore. L’IA non è comunque particolarmente sviluppata, e sebbene i miglioramenti da giugno siano palesi, le tecniche di ingaggio non prevedono movimenti o tattiche corali, quanto sortite individuali volte a stanare il videoplayer. Il loro numero, la resistenza ai colpi così come la precisione di tiro impongono tuttavia una considerevole dose di cautela. Il senso di sfida è dunque piuttosto alto e se a ciò si aggiunge la scarsa autonomia dell’armatura (oltre alla lentezza con cui si ricarica), la tensione vecchio stampo che ne deriva appare lampante.
    Il livello desertico, affrontabile in fiera, è invece il biglietto da visita più rappresentativo di Fracture. Immergendo il giocatore in un campo aperto, ma costellato da un numero cospicuo di strutture mastodontiche totalmente percorribili, restituisce appieno l’anima offensiva del titolo. Decine di aberrazioni genetiche si buttano a capofitto contro l’avatar, sfruttando l’intero armamentario per deformare il terreno e metterlo così alle strette. Da segnalare inoltre la presenza non solo di mutanti antropomorfi, coriacei e capaci di balzi sovrumani, ma anche di mostri veri e propri, terrificanti nell’aspetto e oltremodo difficili da individuare, vista la tendenza ad attaccare da sottoterra.
    L’elemento discriminante del gioco è proprio la sua natura instabile e continuamente mutevole. A differenza dei canonici TPS, le strategie di gioco corrono veloci sui binari dell’indefinito, proprio perché intimamente connesse ai cambiamenti del terreno. Inoltre, un altro fattore importante è l’approvvigionamento delle armi: le granate, in special modo, non crescono sugli alberi. Farne un uso oculato è in definitiva più che necessario, se si vuole sopravvivere più di qualche minuto.

    Io derivo, tu derivi... ma con classe

    A fronte del peculiare effetto di deformazione del terreno, le fonti di ispirazione paiono irrimediabilmente chiare: pescando a piene mani tanto dalla tradizione Epic (per le armature) quanto da quella Bungie (per l’architettura), Fracture fatica ad apportare quel quid necessario per rifulgere di luce propria, perlomeno sotto l’aspetto artistico. I protagonisti sono ben particolareggiati (luci, granate e armi secondarie danno un tocco di credibilità all’armatura), ma i nemici base sono davvero anonimi e privi di spunti di interesse. Texture e shader stupiscono per il salto di qualità compiuto negli ultimi mesi, al pari degl’effetti particellari, ai quali fa eco una nebbia volumetrica finalmente all’altezza della generazione HD; affinato infine il bump mapping applicato sui rigonfiamenti del terreno.
    Nelle animazioni permane un certo grado di ruggine: il risultato finale comunque non sfocia più nel legnoso, relegando le mancanze maggiori sempre ai comprimari.
    Semaforo verde per la colonna sonora, scritta dai curatori di vari temi per produzioni televisive di classe A: roboante e incalzante, sostiene perfettamente il ritmo dell’immagine, contribuendo a creare la giusta simbiosi col mondo di Fracture.

    Fracture L’appuntamento con la demo è fissato per domani. Everyeye non può che spalleggiare il download. Perché il genere degli sparatutto in terza persona aveva bisogno di Fracture, soprattutto per dare una visione diversa dei concept formulabili, anche in chiave multiplayer. Il gioco uscirà il 10 Ottobre su Xbox 360 e PS3.

    Che voto dai a: Fracture

    Media Voto Utenti
    Voti: 60
    6.6
    nd