Kingdoms of Amalur Reckoning Provato: un GDR in chiave moderna

Il gioco di ruolo in chiave moderna secondo Electronic Arts

Kingdoms of Amalur Reckoning Provato: un GDR in chiave moderna
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Quello di Kingdoms of Amalur: Reckoning, tenendo ben presente i nomi dietro le quinte (personaggi come Ken Rolston, R.A. Salvatore e Todd McFarlane), è uno dei più ambiziosi progetti di Electronic Arts per questa primavera. Lo scopo della produzione 38 Studios e Big Huge Games è senza ombra di dubbio quello di fornire ai giocatori un GdR vasto e profondo, che sappia al contempo venire incontro al videoplayer meno smaliziato in termini di accessibilità.
    A darci una conferma di tali velleità il codice preview giunto in questi giorni in redazione e sviscerato per una decina d'ore, portando il nostro personaggio fino al decimo livello ma percorrendo la linea di narrazione principale soltanto in un'infinitesima parte. I possessori di Playstation 3 ed Xbox 360 (piattaforme -assieme al PC- sulle quali è previsto l'approdo della produzione), è bene precisarlo, saranno in grado di testare con mano (una porzione ben più piccola) tra qualche giorno, per la precisione il 17 Gennaio, ottenendo in tal modo qualche oggetto bonus sia per lo stesso Reckoning che -udite udite- per Mass Effect 3.
    I più curiosi ed impazienti vorranno comunque avere subito un'idea di cosa aspettarsi da una produzione che tenta d'ergersi fiera di fronte alla maestosità di Skyrim? Vediamolo subito.

    Uno, nessuno e centomila

    Come in ogni avventura fantasy che si rispetti anche in Kingdoms of Amalur inizieremo, dopo aver scelto la razza alla quale appartenere (tra quattro) ed i lineamenti somatici (tramite un editor piuttosto conciso - alla Skyrim), da perfetti sconosciuti. Anzi, ancora meglio: da cadaveri. Scopriremo, dopo esser stati gettati in un fantomatico "Pozzo delle anime" di essere il primo ad aver da esso ottenuto il mitico beneficio della resurrezione per il quale lo stesso è stato progettato. Un breve incontro con il suo creatore basterà per metterci in testa un tarlo dietro l'altro sul nostro Destino, far ammazzare lo "studioso", ed introdurci in un disegno molto più grande di quanto non ci si possa immaginare, che coinvolge -nientemeno- una decennale guerra che sta vedendo gli esseri umani soccombere ai piedi dei Tuatha, una razza oscura guidata da una malvagia divinità il cui scopo ultimo è semplicemente l'annienamento di ogni forma vivente.
    Comprenderemo dalle criptiche parole di uno tra i personaggi chiave della vicenda (Agarth -uno dei Fateweaver) di poter essere l'eroe di Amalur, l'unico in grado di plasmarne il destino, dato che il nostro pare essere l'unico indefinito ed indecifrabile dalle carte del Fato. Grosse responsabilità da portare avanti all'interno di un intreccio narrativo che coinvolgerà un'infinità di possibili alleati (Mercenari, Ladri, Maghi...) sparsi in tutto il continente ed appartenenti alle razze più disparate: dagli immortali Fae (gli Elfi in Amalur) ai meno fieri ma altrettanto abili Gnomi, esperti nelle arti alchemiche e di forgiatura. Un viaggio ricco di sfaccettature che, nel nostro playtrough, si è mostrato a malapena, presentandosi -a dirla tutta- in maniera non troppo convincente.
    Le primissime ore, a dispetto di un buon piglio recitativo dei personaggi, non hanno saputo coinvolgerci come Skyrim, ad esempio; la colpa, con tutta probabilità, va equamente divisa tra una narrazione troppo frammentata dall'esorbitante quantitativo d'incarichi secondari in cui "inciamperemo" e la mancanza (almeno in queste prime ore) di un'efficace contestualizzazione della linea principale. Nel capolavoro Bethesda (mantenendolo come metro di paragone) si sente continuamente parlare del Dovahkiin, dei Draghi e della rivalità fratricida tra Imperiali e Manto della Tempesta; qui, invece, tutto tace, lasciando trasparire una certa "sconnessione" tra un villaggio e l'altro, tra una subquest e l'altra.
    Un'atmosfera (al momento) meno coinvolgente che non ci ha comunque impedito di rimanere assuefatti da una struttura di quest che ricorda molto quella del quinto capitolo di The Elder Scrolls, con la suddivisione in principali, secondarie, coalizioni (gilde) e favori per i cittadini, e che ci porta sin dai primi istanti a girovagare per l'immenso mondo di gioco.
    Il territorio, come in ogni GdR che si rispetti, farà la sua parte presentandosi suddiviso in cinque macro-regioni, caratterizzate da elementi architettonici e naturalistici unici che faranno la gioia di ogni estimatore d'ambientazioni open-world. Fiumi, foreste, strade, laghi, monti e grotte caratterizzeranno un mondo dalle tonalità prettamente fantasy, che ricorda molto da vicino il carattere stilistico e cromatico di World of Warcraft, allontanandosi dunque dalle velleità medievaleggianti di Skyrim.

    Raccogliere un'eredità

    Sebbene dal punto di vista estetico Kingdoms of Amalur tenti di prendere le distanze dalla saga di The Elder Scrolls, il gameplay ne riprende alcuni degli stilemi, soprattutto per quel che riguarda la componente ruolistica. Il nostro alter ego sarà completamente slegato da qualsivoglia classe, ed in grado dunque di equipaggiarsi in ogni istante come meglio crede o utilizzare alternativamente archi, spadoni, pugnali e magie senza particolari restrizioni. A caratterizzare l'eroe saranno dunque una serie di abilità, classicamente suddivise in rami come "Magia", "Forza" e "Destrezza", spendendo i punti nelle quali otterremo nuove mosse da utilizzare in combattimento, oppure bonus vari d'attacco e difesa.
    A questo punto la produzione 38 Studios prende una via diversa e molto interessante: investendo punti nei suddetti rami sbloccheremo man mano sempre più Carte del Destino, cuore portante dell'evoluzione dell'eroe. Queste carte determineranno, in sostanza, i bonus di classe, senza per questo inserire particolari restrizioni. Incrementando solo la Forza scopriremo classi come Guerriero o Annientatore, viceversa concentrandoci su Destrezza o Magia acquisiremo Ladro, Arcimago e chi più ne ha più ne metta. Le vere potenzialità del sistema stanno però nella grandissima quantità di ibridi che potremo sbloccare nel prosieguo dell'avventura, a seconda di come plasmeremo il nostro beniamino. Questo sistema, oltre a mostrare continuamente interessanti bonus e combinazioni tutte da sperimentare, renderà potenzialmente unico ogni personaggio, aggiungendo un certo grado di rigiocabilità al titolo. Ovviamente, ad affiancare queste tre macro-aree, vi saranno anche una serie di talenti da incrementare per rendere il nostro alter-ego efficace anche in attività collaterali al combattimento. Ecco dunque che ad ogni livello, oltre alla possibilità di spendere tre punti abilità, otterremo la facoltà d'investire anche un punto talento, per incrementare skill come Scassinare, Forgiare, Recuperare reagenti Alchemici, Persuadere e molto altro ancora.
    Torniamo dunque ad avvicinarci alle caratteristiche del titolo Bethesda, con la ripresa del crafting di pozioni, armi ed armature, dei dialoghi a scelta multipla (costante oramai in ogni RPG) e addirittura del sistema per scassinare porte e bauli. Particolarmente palese l'eredità di quest'ultima fase, con il nostro dotato di grimaldelli da "girare" nella serratura sino a che, muovendo un cursore da destra a sinistra, la serraturà non si aprirà senza intoppi. Qualche variazione sul tema, invece, per quel che concerne il crafting: riguardo alle pozioni è stata mantenuta la possibilità di sperimentare ma senza la possibilità d'ottenere risultati a meno che non si possegga l'effettiva ricetta di una pozione; per le armi, invece, ci occorreranno ben più "parti" rispetto al citato Elder Scrolls (else, impugnature, rivetti, borchie, parti metalliche ed organiche grezze...), recuperabili soltanto smembrando la dotazione in esubero. Ogni oggetto/pozione/serratura verrà suddiviso (esattamente come i talenti di cui si è parlato qualche riga fa) per gradi d'abilità, costringendoci a tentare la sorte o attendere il necessario per investire in tale specializzazione. Molto interessante, per chiudere il discorso crafting, la modalità di raccolta dei reagenti (dalla flora locale), che fallirà qualora non avessimo la maestria necessaria o non avessimo già tentato di raccogliere più e più volte (imparandolo a nostre spese) lo stesso ingrediente.
    Prendendo atto di tali (e positive) somiglianze (alle quali, per dovere di cronaca, dobbiamo aggiungere gli addestratori, presenti anche in Amalur) veniamo dunque al battle system, grazie al quale Reckoning si distingue da tutte le produzioni del genere. Il titolo integra infatti meccaniche molto simili a quelle degli action game in terza persona di questa generazione, con combinazioni (sbloccabili) differenziate tra un'arma e l'altra e differenziazione tra colpi potenti (caricati) e normali. Al tasto per gli attacchi con l'arma principale (melee) s'affiancano dunque quello dedicato alla secondaria (ranged) ed i modificatori (dorsali) dedicati rispettivamente alla parata (sinistro) e all'attivazione delle tecniche magiche (destro), delegata poi ai quattro front button, ai quali assegnare quelle che più ci aggradano. Con irrisoria facilità si potrà dunque passare da attacchi a lungo raggio e magie a fendenti corpo a corpo, riuscendo quasi a concatenare le tre tipologie d'attacco per il massimo danno. All'attacco non può non unirsi anche la difesa che alla parata con lo scudo unisce la schivata, veloce rimedio contro l'intestardirsi d'un avversario particolarmente coriaceo.
    Spettacolarità ed accessibilità sono dunque un vero mantra per quel che concerne il combattimento, che basa proprio sul clamore una delle sue più interessanti caratteristiche: la barra del Fato. Ogni nemico eliminato ci farà guadagnare punti Fato, che andranno ad accumularsi in una speciale barra; una volta piena potremo scatenare tutta la nostra furia, rallentando il tempo ed aumentando drasticamente le nostre statistiche. Come ciliegina sulla torta avremo la facoltà di modificare il destino di una delle creature, assecondando l'evento QTE che apparirà a schermo alla morte di ciascun avversario (esclusivamente durante questo sprigionamento). S'innescherà a questo punto una spettacolare finisher (variabile di arma in arma e anche a seconda del contesto ambientale) durante la quale premere velocemente il tasto indicato incrementerà il quantitativo di punti esperienza ricevuti.
    Per quanto la frenesia sia senza dubbio il filo conduttore dell'esperienza battagliera, in KoA: Reckoning ritroviamo anche qualche sottilissimo elemento tattico. Attivare il menù radiale degli oggetti consumabili (pozioni..) metterà infatti in pausa l'azione, permettendoci di recuperare energia e mana con calma, pianificando (seppur minimamente) le prossime mosse.
    Il sistema diverte, funziona e diventa man mano più vario (acquisendo armi ed abilità) limitando al minimo la ripetitività derivante da un'esplorazione che, in questa manciata d'ore, ci è sembrata piuttosto lineare; alla Dungeon Siege, per capirci, con un intero mondo da esplorare seguendo però una predefinita (per quanto vasta) serie di strade pre-impostate, con una limitata facoltà di deviazione.

    Questione di stile

    Tecnicamente Kingdoms of Amalur: Reckoning mostra un gran lavoro di ricerca dal punto di vista artistico, atto a caratterizzare il mondo di gioco in molte maniere completamenete differenti ed adatte a raffigurare le razze presenti secondo la concezione degli art designer coinvolti. Visuali mozzafiato e fantastici panorami sottendono ad una modellazione poligonale di buon livello, caratterizzata da uno stile più vicino alla caricatura che alla pedissequa ricerca del realismo, ricordando ancora una volta gli stilemi di World of Warcraft. Le visuali risplendono poi grazie ad un ciclo giorno notte che mette in luce soprattutto la vivace palette di colori, adattissima ad una produzione spiccatamente fantasy come questa, dove qualche texture non perfetta si perdona volentieri alla luce di atmosfere sognanti e scorci indimenticabili. Ritornando coi piedi per terra dobbiamo poi lodare il lavoro svolto per animare i modelli, sopratutto durante cut-scene (realizzate con il motore di gioco) e combattimenti. Sono state infatti utilizzate tecniche di motion capture che hanno permesso, grazie al supporto di controfigure reali, di rendere al meglio ogni movimento.
    Non da meno il comparto audio, che recuperà dal "Signore degli Anelli" l'epicità della soundtrack, affiancandovi un doppiaggio di alto livello, almeno nella sua versione anglofona da noi testata.

    Kingdoms of Amalur: Reckoning Un gameplay ruolistico profondo e stratificato affianca, in Kingdoms of Amalur, un battle system dinamico ed accessibile, per una combinazione davvero particolare ed, a nostro modo d’intendere, adatta soprattutto agli utenti console. Le caratteristiche peculiari della produzione 38 Games (carte del destino su tutte) dovrebbero essere poi in grado di donare quella ventata di freschezza che al genere fa sempre comodo. Se sarà -come supponiamo- un successo lo dovremo verificare in definitiva andando a saggiare in particolare qualità del plot e velleità esplorative, unici elementi che, al momento, non hanno convinto appieno.

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