Provato Mass Effect 2: secondo hands on dallo showcase di Electronic Arts

Secondo hands on in diretta dallo showcase EA

Provato Mass Effect 2: secondo hands on dallo showcase di Electronic Arts
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Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Il lancio di Dragon Age Origin è ormai alle spalle. E’ tempo per Bioware di guardare avanti. Precisamente al 29 Gennaio 2010, giorno del contatto col secondo capitolo di una trilogia già assurta allo stato di must buy.
    Interactive narrative. Queste le parole scelte da Ray Muzyka per aprire col botto lo showcase londinese di EA. “Col primo ME si è voluto gettare le basi per un’ibridazione di più generi. Ma a livello di rifinitura, di possibilità date all’utente, di pregnanza dello script, Mass Effect 2 è semplicemente su un altro pianeta, e probabilmente la summa più pura e cristallina dell’intera produzione Bioware”. Parole altisonanti, pur tuttavia ben suffragate dai fatti. La demo che abbiamo testato -brevissima, così come occorso la scorsa estate alla Games Com di Colonia- era divisa in due tronconi, ciascuno studiato per corroborare su schermo le parole del director di Bioware.
    “La drammaticità degli eventi, il modo in cui rotolano verso una situazione del tutto insostenibile, totalmente dark e per certi versi ineluttabili, pervade in maniera sensibile l’atmosfera di gioco. Come tutti sappiamo, gli umani nelle colonie della Via Lattea stanno scomparendo. Un nuovo ed agghiacciante nemico si profila all’orizzonte: i Collectors”.
    Intelligenza fredda. Spietata. Astronave madre di proporzioni immani. Tecnologia superiore. I punti di contatto fra i Razziatori e i Collectors paiono molteplici. L’involucro da insetto, però, apre nuove ed interessanti speculazioni sull’aggressività che si è evinta dal trailer mostratoci nonché sul loro particolare modo di attaccare in gruppo: sciami letali pronti a succhiare letteralmente la vita dalle altre specie.
    Sibilline poi le parole di Muzyka sugli esperimenti genetici condotti dagli stessi Collectors nel corso dei secoli, che avrebbero poi ingenerato legioni di informi dal dna ricombinato.
    “Per Shepard, dunque, è tempo di reclutare un team pronto a tutto ed imbarcarsi in una missione impossibile” continua Muzyka. “Ma il pericolo può serpeggiare ovunque, anche in situazioni di massima calma. Non si è mai al sicuro, proprio perché la paura avvelena le menti, e cambia i rapporti di forza. Gli umani, socialmente affrancati dopo il primo ME, devono combattere nemici ben più subdoli di chi cerca di sopraffare il prossimo con la forza, ancorché distruttiva, ancorché priva di ragione: luce verde invece anche ad avversari invidiosi, piccoli, insignificanti, che agiscono nell’ombra e rinfocolano la tensione nervosa, magari operando come singole cellule fuori da ogni controllo”.
    Stazione spaziale Omega. E’ qui che incontreremo sia Grunt che la sensualissima Subject Zero. In pratica, la zona mineraria altro non è che un crocevia del peggio delle varie galassie. Al momento, però, il nostro team è già definito e immutabile. Il tempo stringe e non possiamo girovagare come vorremmo, ma lo skyline circostante è senza dubbio meno appariscente del pianeta Asari di cui vi abbiamo raccontato la scorsa estate. Omega però è rinomata per l’accoglienza data ad un certo tipo di viaggiatore. L’Afterlife è il posto giusto per ristorarsi ammirando dolcissime donzelle danzanti, magari sorseggiando un drink. Magari proprio l’ultimo della nostra vita. Ecco quindi che le parole di Muzyka cominciano a divenire profetiche. Ci avviciniamo al bar. Tranquillamente. Ci viene offerto da bere. Potremmo declinare. Ma non lo facciamo. Il bicchierino è avvelenato. E il barista appartenente ad una razza -Bartarian- mossa da un odio atavico per quella umana.
    Shepard si accascia. Si contorce. E muore.
    I bivi narrativi, dunque, si annidano ovunque. Tutto è una scelta, in fondo. Ma talvolta l’incidenza del caso potrebbe anche risultare fatale.

    Il secondo spezzone, invece, ci ha posto dinanzi alla nuova natura action del titolo.
    “In Mass Effect 2, sebbene l’ingrediente RPG dia il grosso del sapore alla ricetta, la componente shooter è assolutamente più marcata. Gli scontri, serrati ed adrenalici, vedranno un maggior numero di forze in campo, ciascuna con IA e strategie di attacco e movimento peculiari. La tattica, nel posizionamento del proprio team, nello sfruttamento delle coperture -tasto A-, nella gestione degli spazi -numerosi le schermaglie su livelli diversi- è fondamentale”.
    Neanche il tempo di ritrovare un vecchio amico, Garrus, ed è già tempo di fendere l’aria con i laser dei fucili. E’ utile ribadire in primis come l’approccio soft del primo capitolo sia stato messo alla porta. Le armi paiono pesanti e letali al punto giusto, e le meccaniche di copertura seguono con fedeltà i dettami del buon Gears of Wars. Il lanciagranate con cui accogliamo i primi nemici è semplicemente devastante, e dona un inusuale senso di potenza.
    Purtroppo la build impedisce di controllare in prima persona il posizionamento dei due compagni, che tuttavia hanno davvero poco da spartire con l’IA ostentata due anni fa da ME: corrono e cambiano copertura con cognizione di causa, abbassandosi all’occorrenza, e paventando in generale un istinto di autoconservazione piuttosto spiccato.
    Lo scontro a fuoco si conclude poi con l’emblematico abbattimento di un mech di discrete dimensioni: mech che giocheranno un ruolo importante nell’economia del gioco, sebbene i dettagli al momento latitino.
    Sempre per restare in tema di scelte, durante lo scontro ci imbattiamo in un timido esempio del famigerato Interrupt System, progettato per speziare maggiormente la sequenze cinematiche. In pratica, durante alcune cut scene (predeterminate ovviamente da algoritmi scriptati) è possibile che venga richiesta la pressione del tasto LT per una fugace frazione di secondo. Assecondando un tale prurito, si possono aprire passaggi narrativi più o meno significativi, più o meno importanti. Nella fattispecie, premere LT ha comportato un bel headshot ad un ignaro nemico, ma Muzyka ha parlato di punti di rottura della trama succulenti. Non vediamo l’ora di scoprirli.
    Il profilo cosmetico, a fronte di una stabilità della build tutta da verificare, è parso davvero in grande spolvero, soprattutto alle voci texture (particolareggiate, e prive dell’orrido pop up manifestato dal predecessore) e sorgenti luminose (calde, avvolgenti, e meglio disposte nell’ambiente di gioco, aiutano a garantire l’atmosfera tenebrosa richiesta dal plot).
    Passi in avanti anche sul versante delle animazioni facciali: l’espressività di Shepard -amplificata- pare abbracciare anche la recitazione dei comprimari.

    HANDS ON - GAMES COM 09 Colonia

    Finalmente, dopo le prelibatezze mostrate all’E3, una piccola -ancorché intensa- prova giocata.
    Pochi minuti per esplorare con mano l’evoluzione del concept partorito due anni or sono da Bioware, che consacra una volta di più la narrazione come motore centrale del percorso ludico.
    Un percorso, quello di Mass Effect 2, che stimola attivamente il giocatore rendendolo parte sempre più attiva del suo svolgersi. Tramite scelte, non tanto morali, quanto prettamente relazionate all’animo umano, che amplificano varietà situazionale, accadimenti, bivi narrativi.
    Forzando la mano, con garbo, sul lato emotivo. Mass Effect 2 è dunque un gioco più che mai emozionale.
    Che allarga ancor di più il passaggio ad una dimensione decisamente cinematografica. Allentando però un altro bullone della narrazione classica, ovvero prevalentemente passiva.
    Se già il primo capitolo aveva contribuito a riposizionare il ruolo del giocatore tramite l’uso di dialoghi estremamente sfaccettati -sebbene a volte dagli esiti prevedibili- qui il comportamento di chi gioca influenzerà radicalmente l’esperienza ludica, fino alla fine e senza scorciatoie. E non potrebbe essere altrimenti, visto la natura suicida della missione affidata al Comandante Shepard.


    Più responsabilità. La prima parte della prova si è concentrata proprio su questo. Un semplice viaggio all’interno della Cittadella. All’interno del veicolo, Shepard e un’Asari che dovrebbe essere ben nota a chi ha amato il primo indimenticabile capitolo. Lo scambio di battute cambia direzioni con naturalezza, seguendo le risposte date dal giocatore e assecondano le inclinazioni caratteriali dei personaggi. Una conversazione che man mano diventa più serrata, quasi aspra, per poi venarsi di disincanto, raddolcendosi sul finale. Le possibilità date dai dialoghi sono veramente tantissime e rendono le conversazioni verosimili ed accattivanti.
    Più naturalezza. Già in Mass Effect parlare non significava racimolare solo un nugolo di informazioni. Si esploravano animi, storie, pulsioni dei vari protagonisti. Mass Effect 2 ne aumenta il peso specifico, legando la prima parte dell’avventura al reclutamento di una squadra che possa sostenere il peso morale di una missione che pare davvero senza ritorno.
    Significa dunque scavare nell’animo di chi sta intorno al giocatore, valutandone motivazioni, attitudini caratteriale e motivazioni. E cercando di non far prevalere il proprio ego per non alimentare inimicizie controproducenti, magari sul lungo periodo.
    Durante il nostro hands on abbiamo poi visto in azione il nuovo Interrupt System con il quale manipolare una volta di più l’andamento di un colloquio e aprendo le porte all’irrazionalità che è propria dell’animo umano. Così com’anche all’istintività. Premendo LT in determinati momenti (scriptati o generati casualmente: il mix pare ottimo), dunque quando l’icona del tasto compare sullo schermo, si può trainare la conversazione verso lidi sconosciuti. Quante volte nel primo capitolo la voglia di interrompere il ciarlare di un NPC s’infrangeva contro le barriere di scripting previste dagli sviluppatori? Qui è invece possibile lo scambio di vedute, magari ricorrendo alle maniere forti. O insultando l’interlocutore. O semplicemente abbandonando maleducatamente il dialogo. Basta premere un tasto, al momento giusto. Una soluzione veloce, che spesso fa eco con una scarsa riflessione. E si sa, le decisioni prese di fretta, magari perché infastiditi dalle parole di un estraneo poco accomodante, difficilmente sono sfilacciate da un carico pesante di conseguenze.
    Nella missione testata -infiltramento in una torre altamente sorvegliata, con due compari a corredare il team-, usare l’Interrupt System con la Asari a capo della struttura ha comportato la mancata entrata in scena di Thane, l’assassino fascinoso di razza drell.
    La volontà del team di sviluppo è quella di porre nelle mani del giocatore l’intero peso specifico delle scelte fatte, anche di quelle apparentemente più insignificanti, mischiando narrazione passiva e attiva per ricreare un climax davvero unico.
    Un peso che si fa bello pesante, soprattutto se si desidera riversare i salvataggi del primo Mass Effect all’interno del secondo, seguendo i dettami di una narrazione “persistente” unica nel suo genere.
    Ad esempio, la summenzionata Asari, capo della torre violata dal giocatore, non esisterebbe nell’universo narrativo di chi scrive, poiché morta ammazzata nel primo Mass Effect.

    Lo scontro a fuoco che ci ha visti protagonisti, tra tunnel sferzati dal vento e dagli spostamenti dei veicoli che scivolano nelle vicinanze, ha mostrato la natura più frenetica di questo sequel.
    Laddove in Mass Effect gli esercizi di copertura erano assai rudimentali (nella meccanica, e nelle animazioni), qui invece tutto ha un carattere maggiormente fluido, segno che la lezione impartita da Gears of War e dai suoi vari epigoni è stata finalmente mandata a memoria.
    Il ritmo è dunque più furioso ed incalzante, mentre i movimenti del team (così come il controllo sullo stesso) sono davvero più precisi e maggiormente differenziati (non abbiamo potuto però provare i nuovi comandi impartibili). L’IA, infatti, sia dei compagni che dei nemici è invero degna di menzione: i primi denotano una migliore cognizione ambientale -difficile che si incollino dietro qualche angolo-, mentre gli avversari perlomeno si coprono usando criteri di sopravvivenza, denunciando inoltre una maggior resistenza.

    Stile

    Come già riportato nell’articolo concernente la presentazione all’E3, Mass Effect 2 non teme confronti sotto l’aspetto tanto stilistico, quanto tecnologico.
    Dileguati i brutti pensieri sul caricamento ritardato delle texture, questo sequel si caratterizza per una compattezza visiva assolutamente fuori parametro.
    Il target era la magnificenza complessiva, la maestosa descrizione della grandezza -letterale- dei posti, dei luoghi, dei teatri in cui si muovono gli attori digitali.
    Il tutto ha un carattere eminentemente imponente: dalle strutture architettoniche, al flusso di veicoli che anima la Cittadella, alla profondità di un orizzonte visivo che pare inglobare centinaia di elementi sullo sfondo senza risentirne. Il frame rate, perlomeno nella parti visionate, non denuncia cali di sorta né tentennamenti, a tutto vantaggio della fluidità dell’azione.
    Rifinite anche le animazioni facciali, pregne com’era lecito aspettarsi di emozioni, e le animazioni, che dicono addio alla legnosità del prequel.
    Nuovi algoritmi anche per gli effetti particellari e per la dinamica delle luci, capaci di accendere sbalzi stilistici davvero evocativi.

    Mass Effect 2 Mass Effect 2 incornicia i pregi innegabili del prequel in un quadro ancor più curato e profondo. Le dinamiche relazionali si rallegrano per le possibilità date dai dialoghi, ricchi di microscelte che possono poi portare a conseguenze enormi. E poi l’interrupt system, la promessa di una maggior varietà delle sub quest e l’innegabile pathos generato da un plot narrativo carico di mistero, fascinoso e al tempo stesso così influenzabile, rendono davvero il titolo Bioware uno dei più attesi del 2010. Soprattutto perché la riscrittura delle meccaniche action pare aver iniettato il dinamismo tipico dei TPS di rango superiore. Iniziate pure a trattenere il fiato.

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