Provato Rain

La pioggia di Japan studio rivela un'avventura incantevole

Provato Rain
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Disponibile per
  • PS3
  • Sviluppato da Acquire e Japan Studio, Rain ha stregato il pubblico fin dalla prima volta in cui è stato presentato, alla Gamescom di un anno fa. Sognante e delicato, Rain è un titolo fatto di suggestioni particolari, intriso di una dolce malinconia e sorretto da un'idea sinceramente geniale. Seguendo il filone del videogioco emozionale, che da ICO si muove fino a Papo & Yo, la produzione realizzata grazie al programma PlayStation Camp cattura chi è alla ricerca di un'esperienza diversa, leggera, ammaliante.
    In attesa dell'arrivo su PlayStation Network, previsto per il primo ottobre, abbiamo potuto giocare una versione completa, che ci ha permesso di curiosare nei primi livelli di gioco, seguendo l'avventura di un protagonista impalpabile.

    Pioggia Battente

    Un bambino si affaccia alla finestra, posando lo sguardo sulle strade fradice della città, battute dalla pioggia. D'un tratto la vede: una figura misteriosa, esile, rivelata solo dall'acqua che le scroscia addosso: è una bambina in pericolo, inseguita da strani esseri invisibili, che come lei appaiono a intermittenza solo quando sono investiti dalle gocce di pioggia. La storia di Rain comincia così, raccontata da laconiche righe di testo che compaiono su schermate acquarellate.
    Il nostro protagonista decide di seguire questa evanescente ragazzina, e si trova anche lui inghiottito nella notte, anche lui invisibile.
    Attorno a questo aspetto ruota tutto il gameplay del titolo: l'eroe incorporeo di Rain si può vedere solo quanto è investito dal costante acquazzone che bagna la grande città. E' proprio questo che rende la produzione unica nel suo genere: il giocatore potrà infatti sfruttare l'invisibilità del protagonista a proprio vantaggio, per sfuggire alle creature malvagie -gli Oscuri- che inseguono lui come la ragazzina. Riparandosi sotto le tettoie, ad esempio, spariremo in un lampo e potremo quindi muoverci in relativa libertà. Prestando sempre e comunque attenzione a non urtare gli oggetti disseminati per le strade e per i tetti della città, col rischio di insospettire le creaturee. Questi stessi oggetti, e le piccole orme che lasceremo, saranno però fondamentali per intuire l'esatta posizione del personaggio: urtandoli o lasciandoli cadere, il giocatore avrà un'idea piuttosto precisa della propria ubicazione. Incapace di fronteggiare un avversario in combattimento, il ragazzino dovrà prestare la massima attenzione ai suoi movimenti, cercando sempre e comunque di aggirare i mostri scheletrici e macilenti, o cercando di ingannarli: magari sbattendo con forza i piedi in una pozzanghera, per distrarli il tempo che basta a fuggire lontano. L'obiettivo di Japan Studio è insomma quello di stimolare i giocatori procedere con cautela, mescolando i ritmi di puzzle e stealth game, senza mai eliminate la sensazione di precarietà e debolezza del protagonista.

    Nel corso dei primi livelli di gioco Rain introduce poco a poco nuovi elementi. Troviamo ad esempio pozzanghere fangose che ci sporcano i piedi, rendendoci individuabili anche quando siamo riparati: l'unico modo per tornare nascosti sarà quello di “lavarsi” in pozze di acqua limpida. Più avanti ci sono oggetti da spostare, chiavi da raccogliere (ma non pensiate di poterle trasportare sotto gli occhi delle creature, che altrimenti vi individuerebbero al volo), armadietti dentro cui infilarsi quasi come stessimo giocando a nascondino.
    Ad onor del vero, tuttavia, in questi primi stage le soluzioni adottate dal team di sviluppo sono forse un po' troppo semplici, lineari, e solo raramente stimolanti a livello ludico. A Rain non manca mail un certo fascino, il senso di meraviglia accompagna sempre la progressione, ma ci sarebbe piaciuto vedere qualche stage un po' più complesso. E invece, se Rain dovesse procedere seguendo gli stessi ritmi, saremmo un po' preoccupati per la seconda parte dell'avventura, che sembra al momento un po' troppo “pilotata”.
    Per fortuna a salvare la situazione ci pensa un colpo d'occhio evocativo come pochi. L'enorme città ha i tratti delle grandi capitali europee, con le strade lastricate e gli edifici in mattoni. La luce flebile dei lampioni riflette sulle superfici umide, illuminando debolmente le stradine e le grandi piazze. Il gioco sembra volerci condurre poi attraverso ambienti che sappiano trasmette in maniera più intensa il senso di solitudine e di abbandono. Prima una fabbrica in disuso, dove grandi blocchi di pietra svettano come monoliti, poi una chiesa abbandonata: dal tetto distrutto la pioggia continua a scrosciare sull'altare, sugli organi, sulle panche ordinate che trasmettono un senso di moderato squallore. Dietro alla chiesa, un piccolo cimitero diffonde un'aria di fantasmatica desolazione.

    L'immaginario visivo di Rain, nonostante insista in maniera ossessiva su cromatismi poco appariscenti, riesce a catturare gli sguardi, valorizzato anche dalla regia che si affida spesso ad inquadrature vertiginose, cogliendo dall'alto le piazze ed i vicoli.
    Bellissimo anche l'accompagnamento sonoro. In certi momenti le note blues di un pianoforte sono tutto quello che serve per trasmettere un senso di precarietà, risvegliando un sentimento di vicinanza affettiva nei confronti del protagonista, all'inseguimento di questa presenza eterea, sfuggente, in pericolo.

    Rain Rain è uno di quei titoli che racconta storie oblique, dimesse, senza sfarzo. E' un prodotto che va a pizzicare corde emotive molli e malinconiose, grazie all'incanto della sua poetica visiva, fatta di rime grige e di un tono piano e regolare. La pioggia battente di Rain svela con inaspettata delicatezza un gioco fatto di silenzi e di solitudini, porta alla luce le influenze di quel filone alternativo del videogioco che va da Ico a Journey, da Limbo fino a Papo & Yo. Nel dedalo di stradine di un'anonima città europea, ci siamo ricordarti quanto sia bello lasciarsi bagnare dalla pioggia. La speranza è che il gameplay del titolo Japan studio non sia, sulla lunga distanza, evanescente come il suo protagonista.

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