Provato The Bureau: XCOM Declassified

2K Marin mescola azione e strategia in un ibrido decisamente riuscito

Provato The Bureau: XCOM Declassified
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Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Prima si chiamava solo XCOM. Ed era -diciamoci la verità- un titolo un po' pasticciato. Uno sparatutto in prima persona con innesti tattici, un look fortemente stilizzato, ed un'atmosfera misteriosa da detective story, come fosse un episodio di X-Files ambientato nei primi anni '60.
    Il problema vero era però che il gioco andava a stuzzicare una licenza storica, scomodando niente meno che l'eccezionale UFO: Enemy Unknown del 1993, pubblicato in America sotto il nome di X-COM: UFO Defense. E quando si tratta di giocare con i ricordi è davvero facile fare confusione (lo dimostra il Syndicate di EA).
    Ora invece il contesto è cambiato: esattamente un anno fa è uscito infatti l'eccezionale XCOM: Enemy Unknown, reinterpretazione firmata Firaxis della “strategia aliena” che fu di Microprose. Il titolo ha conquistato i giocatori, ma soprattutto ha ammodernato e ravvivato il look dell'ambientazione, tratteggiando un mondo di gioco affascinante e immersivo. E' così che il publisher 2K, conquistata la fiducia incondizionata dei giocatori, può rilanciare il vecchio progetto in un clima ben più disteso.
    Non si tratta però di un rilancio “passivo”: l'XCOM di oggi non è quello di tre anni fa. A partire dal nome, tutto è cambiato. The Bureau è quindi un gioco completamente nuovo, rivisto nei ritmi e nel look, nell'interfaccia e nella scelta della visuale (adesso integralmente in terza persona). Nel corso di un lungo Studio Tour a Novato, abbiamo potuto vedere quali siano stati i frutti di un processo di ripensamento integrale che ha tenuto impegnato il team in questi anni. The Bureau: XCOM Declassified ci è apparso un prodotto ben più maturo, completo e intrigante di quanto non fosse il suo ideale genitore. Rivisto nelle fondamenta, riesce a coniugare azione e strategia ben meglio di tanti altri congeneri, arrivando a ricordarci le ottime qualità di quel Brothers in Arms che all'inizio della generazione aveva stregato gli appassionati degli sparatutto tattici.
    Poco male, quindi, se The Bureau arriva sul finale della generazione, nei negozi a partire dal prossimo 23 Agosto: si tratta di un gioco solido e d'impatto, ovviamente collocato (anche tecnicamente) nel contesto della Current-Gen, ma capace di appassionare e proporre un approccio alternativo ai Third Person Shooter.

    Gli anni del Boom

    Una delle poche cose che non è cambiata in questi tre anni di sviluppo è la collocazione temporale di The Bureau. L'avventura si apre nel 1962, e la scelta non sembra casuale. E' proprio nel dicembre dell'anno precedente che si registra il primo caso documentato di rapimento alieno, che gli appassionati di ufologia ben conosceranno (si tratta del caso dei coniugi Hill). Nell'universo di XCOM gli alieni non perdono tempo, e dopo gli studi preventivi decidono di attaccare il pianeta. L'assalto avviene all'improvviso, inizialmente su scala ridotta: quella raccontata da The Bureau è una guerra nascosta e silenziosa. Gli Outsiders assaltano dapprima piccole cittadine e basi militari, evitando quinti un conflitto massiccio per posizionare degli avamposti che li aiuteranno nell'invasione.
    Fin dai primi momenti intriga l'estetica tutta particolare del titolo 2K Marin. Gli studi preparatori e l'art design si sono concentrati su un periodo storico raramente esplorato nel mondo dei videogiochi (ci viene in mente solo LA Noire), che The Bureau abbraccia con curiosità. Il titolo ha un look che sembra un miscuglio fra l'edizione originale di Oltre i Limiti ed il Dr Stranamore: basi militari con i computer giganteschi e gentiluomini con il Fedora in testa. Ragazze con le gonne che arrivano sotto le ginocchia, ed uno stile generale compassato ed elegante. Dimenticate però i tratti stilizzati con cui XCOM si era presentato: adesso il colpo d'occhio è più in linea con quello di Enemy Unknown, solo un po' più “vintage”. La scelta dei colori, dei temi musicali, dei filtri grafici è perfetta per caratterizzare il titolo, che risalta proprio per questo suo look “d'epoca”.

    La storia di The Bureau comincia con un attacco a sorpresa che dà il via all'invasione aliena. A quanto pare gli Outsiders sono interessati ad un artefatto in mano alle forze armate degli Stati Uniti, e le operazioni di recupero inaugurano il conflitto a cui dovremo far fronte.
    La missione iniziale, in cui il protagonista William Carter deve raggiungere la sala riunioni di una base militare sotto assedio, serve per fare amicizia con il gameplay, metabolizzando un sistema di controllo che appare in verità parecchio intuitivo.
    La linearità di questo primo settore non deve spaventare, dal momento che si tratta soltanto di una breve introduzione, che ci permetterà di raggiungere il nucleo vero e proprio dell'esperienza di gioco: la base XCOM.
    The Bureau si propone di raccontare le origini del dipartimento di difesa internazionale che tutti gli appassionati di Enemy Unknown ben conoscono, e per far questo mette la centro della scena la base sotterranea che nel titolo di Firaxis dovevamo gestire in prima persona. Qui non ci sono elementi gestionali, ma la base si evolverà nel corso dell'avventura e fungerà da zona di raccordo. All'interno del Bureau vengono reclutati i migliori agenti e scienziati, e fra una missione e l'altra avremo l'opportunità di scambiare quattro chiacchiere coi nostri colleghi (scoprendo un interessante sistema di dialoghi a scelta multipla) e dare un'occhiata alle forze reclutate. Sarà proprio qui che potremo assemblare la squadra d'assalto che supporterà il protagonista, scegliendo due fra i tanti agenti disponibili. Una volta composto il nostro trio di soldati, sullo schermo gigante al centro della base potremo vedere le missioni disponibili. The Bureau proporrà, oltre ai livelli della storia principale, una serie di quest secondarie, che permetteranno di recuperare nuovi soldati o nuove tecnologie, e contribuiranno così allo sviluppo della base. Sarà molto importante dedicarsi a questi incarichi, anche per accumulare esperienza che permetterà a Carter e compagni di salire di livello, in un interessante sistema di crescita che esamineremo nel dettaglio più avanti.
    Quello che compiace è che le missioni secondarie siano lunghe e articolate quanto quelle principali, ambientate in stage ben costruiti ed efficacemente caratterizzati. Spediti qua e là per gli Stati Uniti, averemo modo di visitare basi militari, piccole cittadine di provincia, installazioni nascoste nelle campagne del midwest. Ottimo insomma il lavoro dal punto di vista contenutistico, almeno nelle fasi iniziali dell'avventura: nonostante all'interno degli stage la progressione sia comunque inquadrata, The Bureau lascia al giocatore la libertà di scegliere quanti sforzi dedicare allo sviluppo della base e del proprio contingente, e quanto a fondo indagare sulle ragioni dell'invasione.

    Questo senso di progresso e scoperta è ben gestito da 2K Marin: pur proponendo il bestiario classico di XCOM, il team ha introdotto nuove razze, e soprattutto infuso la narrazione di una sensazione di precarietà e mistero. Mentre vengono alla luce i motivi dell'invasione aliena, si scopre la terribile tecnologia degli Outsiders, che “seminano” nel terreno degli enormi globi di energia capaci di lacerare vastissime aree del pianeta. Il processo di “Xenomorphing” prevede che i tentacoli scuri di questi nuclei divorino le materie prime della Terra, e le utilizzino poi per allestire minacciose strutture metalliche, creando vere e proprie installazioni aliene.
    2K Marin, insomma, sembra aver utilizzato in maniera eccezionale l'immaginario di XCOM, a livello narrativo, stilistico e strutturale.

    Tattiche di guerriglia aliena

    Non dovete guardare a The Bureau: XCOM Declassified come ad uno sparatutto in terza persona. Ci sono le coperture dinamiche, l'inquadratura è quella, ma se pensate di sopravvivere adottando l'approccio alla Gears of War siete completamente fuori strada. Le forze nemiche sono soverchianti, cattive e determinate anche a livello di difficoltà medio. Restare esposti al fuoco significa cadere dopo pochi colpi. Entrare in copertura non è quindi un'operazione che dà il via al massacro indiscriminato: anzi, è piuttosto l'avvio di una fase strategica decisamente ben implementata dal team di sviluppo. Alla pressione di un apposito tasto, il tempo viene rallentato e sullo schermo appare un menù radiale suddiviso in tre aree distinte. Ognuna di queste zone rappresenta uno dei tre personaggi in campo: Carter, più due commilitoni pronti a servire il loro superiore. Secondo un sistema che appare simile a quello di Mass Effect, è possibile usare le abilità speciali dei soldati, ma qui si può anche decidere con cura dove posizionarli e su quale bersaglio concentrare il fuoco.
    L'interfaccia pensata dal team è parecchio intuitiva anche Pad alla mano: la telecamera si sposta sul soldato selezionato per mostrare il suo campo visivo e l'area circostante, e pianificare al meglio le strategie. E' possibile ovviamente impartire più di un ordine consecutivo, creando una vera e propria pila di azioni che i tre svolgeranno poi in contemporanea, appena rilasciata la “pausa”. Le virgolette sono d'obbligo, in quanto è bene sottolineare che il tempo continuerà a scorrere anche mentre è attiva la modalità tattica: questo per costringere il giocatore a pianificare velocemente le proprie mosse, trasmettendo un senso di emergenzialità che spinge a dare il massimo in ogni situazione.
    A parte qualche incertezza dovuta probabilmente all'incompletezza del codice, i compagni svolgono con precisione i compiti impartiti, che devono essere precisi e circostanziati. Posizionare gli alleati con cura è fondamentale, se si vuole che le loro linee di tiro siano libere e che la percentuale di danni inflitti agli avversari sia consistente. I nemici tendono a spostarsi spesso, facendo in modo che l'assetto del campo di battaglia cambi continuamente (quasi di “turno in turno”): passività e staticità vanno evitate, o si rischia di trovarci con un compagno a terra (soccorretelo velocemente perchè anche in The Bureau c'è la morte permanente).
    All'inizio dell'avventura le possibilità strategiche non sembrano invero moltissime, e tutto si limita ad un gioco di posizionamento e copertura. Carter e i suoi salgono però di livello abbastanza in fretta, sbloccando nuove abilità. Il protagonista, ad esempio, riesce a sfruttare il guanto costruito sulla base della tecnologia aliena per controllare droni ed avversari, aumentando di fatto il contingente alleato. Oppure può usare una sorta di onda d'urto per sollevare un nemico da dietro una copertura: azione perfetta per esporlo, magari, al fuoco coordinato degli altri due membri del team.

    Ognuno dei soldati che potremo selezionare ha poi una propria classe, che determina le sue abilità: gli ingegneri possono collocare sul campo torrette e mine, gli assaltatori riescono ad attirare l'attenzione dei nemici (magari per lasciarli scoperti da un fianco) e aumentare la propria potenza di fuoco, i tiratori scelti moltiplicano il danno di un singolo colpo (usatelo bene) ed i soldati di supporto possono curare ed alterare le statistiche dei commilitoni.
    Dal momento che possiamo scegliere soltanto due compagni, la selezione avrà risvolti importanti sul fronte tattico: il team suggerisce di provare di volta in volta nuove configurazioni, cercando al contempo di potenziare quanti più soldati possibile. I compagni possono raggiungere solo il livello cinque, così il giocatore può sfruttare le missioni secondarie per far crescere il rango delle reclute e avere a disposizione un contingente meglio addestrato. Avere uomini capaci permetterà anche di inviarli nelle missioni di ricognizione, che non si giocheranno direttamente: un po' come nelle quest per gli accoliti di Assassin's Creed, dovremo mandare in esplorazione i nostri uomini, nella speranza di vederli tornare vittoriosi e con qualche equipaggiamento extra: nuove armi o zaini particolari che ci diano qualche interessante bonus passivo.
    Ben più articolato sarà, in ogni caso, il percorso di Carter, che potrà raggiungere il ventesimo livello, sbloccando unità di salute extra ma anche abilità particolari. Potremo scegliere se focalizzarci sul ruolo di supporto, per curare i propri soldati e fiaccare le forze nemiche con granate potenziate, oppure prediligere l'essenza da “mastermind”, migliorando il controllo mentale e potenziando i droni evocati con il guanto.
    Nel corso della nostra prova abbiamo potuto giocare un paio di missioni della campagna principale e un tris di quelle secondarie. Tutte ci sono apparse molto estese, e sebbene l'interattività ambientale sia piuttosto fiacca (quasi assente), la conformazione degli stage è ottimamente pensata per valorizzare l'impianto strategico. Il focus di The Bureau sulla componente tattica è tutto particolare, ed il titolo 2K segue una strada più unica che rara, decidendo così di restare quanto più vicino possibile alla filosofia di XCOM. Questo aspetto potrebbe scoraggiare chi cerca uno sparatutto frenetico e veloce, e galvanizzare invece chi non ne può più dei soliti Shooter. The Bureau ha un carattere tutto suo, ed arriva alla fine della generazione per promuovere una “nuova via” che resta tutto sommato originale.
    La varietà di situazioni è buona, con qualche breve “Boss Fight” contro gli enormi Muton o i Sectopod, o battaglie estenuanti in cui si devono abbattere le navi da sbarco. La progressione appare comunque intrigante, ben studiata e sviluppata. Come si diceva in apertura, gli anni di ritardo nella pubblicazione ed il motore evidentemente current-gen limitano forse la spettacolarità complessiva della scena, per un colpo d'occhio non certo al top. Ma la gestazione più estesa del dovuto, almeno, ha cementato le fondamenta ludiche, consegnandoci un prodotto che, sul fronte del gameplay, funziona ed ha un suo carattere.

    The Bureau: X-COM Declassified Non è facile uscire a testa alta da un processo di sviluppo che avanza a singhiozzi, con cambi di rotta e profondi mutamenti concettuali. 2K c'è riuscita una volta con Borderlands (praticamente riscritto da zero), e sembra intenzionata a farlo anche con questo The Bureau. Negli anni in cui il progetto è scomparso dalle scene, 2K Marin ha lavorato sodo, e ci propone adesso, sul limitare di questa current-gen, un ibrido decisamente interessante. Si sente, per certi versi, che il progetto arriva proprio in extremis: il motore grafico non è al top, l'interazione ambientale limitata. Per fortuna il gameplay funziona. Anzi: esibisce con determinazione la propria originalità, riuscendo ad amalgamare una progressione da Third Person Shooter con un impianto strategico interessante e profondo. E' proprio la componente tattica quella che detta i ritmi dell'azione, delineando quindi il profilo di un ibrido particolarmente riuscito. Buona anche la coerenza stilistica: i bellimbusti ingessati degli anni '60 e le basi militari che sembrano uscite da una Spy Story di Hitchcock dipingono ottimamente un contesto particolare, e questa vena un po' retrò si oppone all'avanzatissima tecnologia di una minaccia aliena che pare incontenibile. Insomma: per gli appassionati del brand come per chi cerca una formula finalmente non usuale, il prossimo 23 agosto l'appuntamento è con The Bureau.

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