Acer Predator Cup: Michele Nerbi, da appassionato a simracer professionista

Il vincitore della Predator Race Cup 2021 ci ha raccontato la sua esperienza con i simracing e come è cambiata la sua percezione del genere.

Acer Predator Cup: Michele Nerbi, da appassionato a simracer professionista
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Tra i commentatori delle finali nazionali della Predator Race Cup 2022 - qui il nostro speciale sulla Predator Race Cup 2022 - c'era una figura che fino a qualche anno fa dei simulatori di guida e dei videogiochi connessi al genere non sapeva quasi nulla. Il suo nome è Michele Nerbi, oggi simdriver, come vengono chiamati i piloti virtuali, del team R8G Esports che fa capo direttamente al pilota di lungo corso Romain Grosjean, che come in molti sapranno vanta anche un'esperienza in Formula 1. Ma come si fa a far parte di una delle scuderie di simracing più ambite al mondo? Ne abbiamo parlato in una piacevole chiacchierata con lo stesso Nerbi.

Dagli inizi alla vittoria della Predator Race Cup

Un anno fa Nerbi vinceva la Predator Race Cup 2021, la prima edizione della competizione targata Acer, qualificandosi alle finali internazionali per trionfare anche a livello globale. Così si è guadagnato un posto nel team di Grosjean, che è partner proprio di Acer. Non male per un ragazzo che negli anni aveva iniziato la sua carriera da giocatore professionista nel poker, prima di rendersi conto che avrebbe potuto basarla su altre passioni come i videogiochi e il motorsport.

Nonostante per una scelta personale non abbia la patente, l'automobilismo è sempre stato uno dei suoi mondi preferiti, fin da quando all'età di tre anni suo padre lo portò per la prima volta a vedere la Formula 1 a Monza. Ma quando e come è davvero iniziata la passione per il simracing? "È iniziato tutto circa tre anni fa. Mi trovavo al centro commerciale Orio Center, dove proponevano una gara su di un simulatore di guida. Mi sono seduto, ho provato il gioco e qualche giorno dopo ho scoperto di essermi qualificato per le finali con uno dei migliori dieci tempi in assoluto."

Negli anni Michele ha anche coltivato la passione per i videogiochi, pur se diversi e lontani dal simracing: "Penso di aver giocato davvero di tutto ma è stato solo col simracing che mi sono davvero innamorato perché mi sono reso subito conto di essere bravo. In quel momento ho deciso di lanciarmi, di mettermi in gioco. Avevo appena un portatile, poi ho preso il volante, la pedaliera e ho iniziato a provare seriamente a vedere fin dove potessi arrivare. Anche se al torneo dell'Orio Center mi classificai solo ottavo alla fine, mi aveva lasciato la voglia di continuare su questa strada." E a quel punto Nerbi ha anche iniziato a guardarsi intorno per capire come funziona il simracing come attività "sportiva".

Non si tratta di un termine improprio visto che è stato anche inserito tra le cinque discipline delle prime storiche Virtual Olympic Series, le Olimpiadi di Sport Virtuali organizzate dal Comitato Olimpico Internazionale in occasione di Tokyo 2020 (e vinte da un italiano nella categoria motorsport)."In quel momento il mio obiettivo era capire come affrontare questa nuova sfida. Sono entrato in contatto con un primo team che mi ha istruito e dato numerosi consigli. Prima giocavo mezz'oretta al giorno, poi ho intrapreso una vera e propria disciplina d'allenamento di tre, quattro ore spese quotidianamente. Non solo di guida ma anche di studio della telemetria, dei circuiti, dei settaggi delle macchine e di tutti i dettagli di una gara che non possono e non devono essere sottovalutati."

Torniamo un attimo alla vittoria dell'anno scorso: prima di quella gara pensavi che la passione potesse trasformarsi in una professione? "No, non lo pensavo sinceramente. Io correvo in campionati un po' di nicchia ancora, ho fatto tanta gavetta da questo punto di vista, e non credevo di poter arrivare a competere a livelli così alti. Poi l'anno scorso ho visto quella opportunità e ho deciso di provare a coglierla: ho iniziato ad allenarmi tutti i giorni per tre settimane, per due, tre ore di guida, per poi passare allo studio della telemetria e capire dove sbagliavo in frenata, nelle curve, come limare ogni singolo secondo o addirittura decimo di secondo sul circuito. Vincere quella Predator Race Cup mi ha dato consapevolezza, mi ha permesso di credere di più in me."

L'approccio al simracing e la scena italiana

Se dovessi dare un consiglio a chi oggi volesse avvicinarsi al simracing quale sarebbe? Magari conviene procedere a piccoli passi o puntare fin da subito al massimo? "Sono due mentalità diverse, non credo che una strategia sia migliore di un'altra. E poi dipende molto dal proprio carattere. C'è sicuramente chi preferisce porsi subito l'obiettivo massimo e costruire il proprio percorso in quella direzione. C'è chi invece, come me ad esempio, preferisce viaggiare verso traguardi intermedi e piano piano capire quanto si può alzare l'asticella dopo ogni torneo o competizione. Il mio consiglio però è di non prendere questa carriera come unico obiettivo di vita: è necessario distrarsi, avere altre attività da intervallare, altrimenti diventa un'ossessione e molto spesso non aiuta, anzi, diventa controproducente."

Pensi che il simracing possa essere uno strumento per arrivare a competere nelle macchine reali? Penso al turco Cem Bolukbasi, passato dai simulatori, dove ha disputato la Formula 1 Esports Series, alle competizioni in Formula 2. "Secondo me sì, è possibile. Penso a Enzo Bonito che dal simulatore al reale ha battuto gente che sulle auto correva già da tempo. Non è scontato eh, per carità, però è sicuramente una via percorribile. Anche perché oggigiorno gli stessi piloti tradizionali si allenano tantissimo sul simracing e sui simulatori. Non potendo andare ogni giorno in pista, i simulatori e i videogiochi come Assetto Corsa aiutano enormemente a studiare i circuiti, le curve, le zone di frenata e di sorpasso, per poi verificare e sfruttare queste conoscenze sul tracciato reale."

Com'è la scena italiana? Quanti tornei ci sono? "I tornei di simracing in Italia sono veramente tanti, ci sono numerose possibilità per mettersi in gioco, sia a livello nazionale che europeo, ed è l'aspetto più importante. Quest'anno ho partecipato al Campionato Aci Sports, al campionato Logitech e McLaren e alle Alpine Esports Series, ad esempio. Le gare e i tornei sono fondamentali perché l'allenamento da solo aiuta a fare buoni tempi, sì, ma quelli valgono per le qualifiche: poi in gara? L'esperienza torneistica aiuta a gestire la pressione di una gara, a capire come comportarsi quando non si ha la pista libera davanti. Poi titoli come Assetto Corsa sono decisamente realistici sui contatti: anche solo toccarsi leggermente può mandarti fuori pista e compromettere un'intera corsa. O anche una minima distrazione dovuta al dover guardare negli specchietti retrovisori o cercare un sorpasso su chi sta davanti. Sono due fasi totalmente diverse, con la prima sul tempo e la qualifica e la seconda che invece si fonda sulla gara e la sua gestione. In quest'ultimo caso fare esperienza nei tornei è imperativo."

Eventi dal vivo come la Predator Race Cup possono aiutare la community e i giocatori a crescere e confrontarsi? "Decisamente sì, conoscersi di persona, potersi confrontare su tante dinamiche di gara aiuta, sia tra giocatori professionisti che con chi vuole diventarlo. Avere la possibilità di parlare con gente esperta è fondamentale per chi vuole migliorarsi. Nel nostro team di Grosjean ci confrontiamo continuamente, siamo 8 e parliamo costantemente per scambiarci consigli. Ma anche per un altro motivo: per avere la possibilità di mettersi in gioco. Pensate a me. Se non avessi visto quel simulatore in prova all'Orio Center probabilmente oggi non sarei qui a commentare la finale 2022 della Predator Race Cup da campione in carica."

A livello europeo come si piazza l'Italia? "Non siamo affatto messi male, abbiamo David Tonizza, Tonzilla, vincitore delle Ferrari Esports Series, che secondo me è tra i migliori al mondo. Probabilmente perché c'è tanta passione nel motorsport in Italia, passione che si è insediata nel tessuto culturale stesso. Se facciamo un paragone tra i videogiochi e il motorsport, il secondo viene visto di certo con un occhio più positivo dalla massa, perché fa parte della nostra cultura. Il simracing in tal senso potrebbe servire proprio a sdoganare anche i videogiochi, proprio perché si basa su quella che è una passione molto comune in Italia."

Qual è la tua situazione adesso? Le vittorie del 2021 ti hanno cambiato la vita? "Magari non rappresenta ancora la svolta a livello economico ma mi ha fatto capire che questo è quello che voglio fare, che deve diventare la mia professione. Ultimamente mi sto anche preparando per fare da coach, oltre che da pilota, in modo da aiutare i nuovi talenti ad affermarsi. E sotto questo punto di vista ci sono davvero tantissimi ragazzini di 13-14 anni che sono già quasi pronti per il grande salto. Girano fortissimo ma hanno bisogno di imparare a gestirsi, a volte hanno troppa irruenza dettata dalla loro giovane età e dall'inesperienza."

Parlando proprio di giovani, com'è stata la tua esperienza con i genitori? Ti hanno sempre sostenuto o hanno avuto momenti di dubbio? "Posso felicemente ammettere che mi hanno sempre supportato: essendo già appassionati entrambi di motorsport hanno compreso la mia carriera e mi hanno appoggiato. Però ho dovuto spiegarglielo: loro pensavano che fosse più simile a un videogioco, perché conoscevano solo i simulatori più vecchi. Invece hanno capito quanto lavoro ci sia dietro, quanta fatica, quanta conoscenza bisogna avere del circuito, delle auto e di tutti i settaggi necessari per abbassare il più possibile il tempo sul giro."