Days Gone: storia, narrazione e gameplay, la parola a John Garvin

Abbiamo intervistato John Garvin, direttore creativo di Days Gone, la nuova esclusiva PlayStation 4 in arrivo il 26 aprile: ecco cosa ci ha raccontato...

Days Gone: storia, narrazione e gameplay, la parola a John Garvin
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  • Pc
  • PS4
  • PS4 Pro
  • Durante il nostro ultimo contatto con Days Gone abbiamo avuto l'occasione di intervistare John Garvin, direttore creativo e anima del progetto targato Sony Bend. Abbiamo approfittato di questo confronto per parlare liberamente del gioco e cercare di saperne di più sulla storia e sul comparto narrativo, nonchè su ambientazione, background dei personaggi e dei nemici, gameplay e tanti altri aspetti di una delle esclusive PlayStation 4 più attese dell'anno, in uscita tra poco più di un mese, il 26 aprile. Mettetevi comodi... e buona lettura!

    Intervista a John Garvin

    Everyeye.it: Days Gone comincia con una scelta importante e dolorosa, che il protagonista compie durante la scena iniziale. Sull'elicottero di soccorso che poterà i sopravvissuti lontano da una città ormai in preda al panico c'è posto soltanto per due persone: Deacon dovrà decidere se salire sul mezzo con la moglie Sarah, abbandonando il suo amico Boozer, ferito e zoppicante, oppure se prestare soccorso al compagno di tante avventure, lasciando però la donna che ama. Propenderà per questa seconda eventualità. Puoi dirci qualcosa di più su questa scelta e sull'ideologia che c'è dietro?
    John Garvin: Ho voluto far iniziare Days Gone con questo momento perché credo che dia indizi importanti sul carattere del protagonista, sui rapporti fra i vari personaggi, ma anche sulla cultura dei Biker, che rimane centrale nell'economia del racconto.

    I membri di un Biker Club non sono semplici "amici", sono qualcosa di più: c'è un senso di appartenenza e di cameratismo che si avvicina a quello della famiglia, ed il supporto reciproco è fondamentale per la sopravvivenza, anche in un mondo "non infetto" che non sempre li vede di buon occhio.

    C'è da dire che la scelta di Deacon è in qualche modo comprensibile: Sarah sembra essere al sicuro, consegnata alle forze d'evacuazione che hanno a disposizione armi e tecnologia, ma è chiaro che molti giocatori resteranno colpiti dalla sua decisione: sono convinto che, provando a chiedersi cosa avrebbero fatto al posto di Deacon, in tanti non avrebbero nessuna esitazione a immaginare una fuga con la moglie. È proprio questa distanza dal sentire comune che trasmette un messaggio importante sui valori del protagonista.

    Everyeye.it: La storia del gioco si svolge poi due anni dopo questo evento. Deacon non ha mai più rivisto Sarah e sa che ha fatto una brutta fine. Il protagonista sembra avere addosso molta rabbia latente, forse sente qualche rimpianto per aver fatto una scelta sbagliata?
    John Garvin: Sicuramente il momento della separazione ha avuto un effetto dirompente su Deacon e sul suo modo di vedere il mondo. Parte del gioco si concentrerà proprio sulla scoperta di queste conseguenze.

    L'utente capirà, poco a poco, come mai due anni dopo l'accaduto Deacon sia ancora consumato dal rimorso e dal senso di una perdita lancinante. Strutturalmente parlando in Days Gone vi imbatterete in questline parallele e indipendenti, che potrete seguire liberamente e che si focalizzano su aspetti particolari del mondo di gioco o del racconto. C'è una specifica questline che vi permetterà di scoprire come mai Deacon sia diventato quello che è adesso, e magari vi porterà a cercare una via per la redenzione...

    Everyeye.it: A tal proposito ci siamo imbattuti in un flashback interessante, che racconta come Deacon e Sarah si sono conosciuti e ci dà qualche informazione sul passato del protagonista. Ce ne saranno molti, nel corso del gioco, focalizzati magari non solo sul mondo prima dell'epidemia, ma anche sui due anni che separano la scena iniziale dal resto dell'avventura?
    John Garvin: Non tantissimi. Una volta che l'utente avrà tutti gli indizi per capire il carattere del protagonista, la storia procederà nel mondo post-pandemico di Days Gone. E sarà proprio in quel mondo che Deacon avrà un'altra evoluzione. L'avventura durerà oltre trenta ore, il protagonista incontrerà decine di personaggi e questi incontri lo cambieranno nuovamente.

    Everyeye.it: Parlando ancora del mondo di gioco e della sceneggiatura, abbiamo assistito ad un paio di scene davvero molto crude. Volete veicolare l'idea di un luogo in cui non c'è più posto per la moralità?
    John Garvin: Più che altro l'elemento che mi interessa è la dicotomia fra i sentimenti che nascono e si sviluppano in situazioni così estreme. Deacon è un personaggio che ha dei valori positivi, è capace di amare e di prendersi cura del prossimo, non è certo un egoista, ed anzi è pronto a rischiare tutto per salvare un compagno.

    Eppure non si fa nessuno scrupolo ad uccidere una persona a sangue freddo, se questo gli permette di sopravvivere, mostrando in una delle prime scene assoluto disrispetto per la vita umana. Penso che questa capacità di raggiungere gli antipodi dei rapporti umani sia un elemento interessante dei racconti che si ambientano "dopo la catastrofe".

    Everyeye.it: Passando a parlare dei sistemi di gioco, abbiamo visto che il sistema di crafting è un elemento importante. Quanto sarà approfondito?
    John Garvin: Domanda fondamentale per capire il nostro approccio creativo. Days Gone è un Action/Survival, quindi mescola gli aspetti dei due generi senza eccedere. Non abbiamo mai voluto differenziare troppo le materie prime disponibili e rendere complessi i meccanismi di creazione. Il sistema di crafting, fra l'altro, non avrebbe dovuto interrompere del tutto il ritmo dell'azione, e per questo abbiamo creato la "crafting wheel": una ruota che compare sullo schermo e permette di assemblare velocemente vari oggetti, mentre il gioco rallenta ma non si ferma mai del tutto.

    D'altro canto il giocatore sarà spinto ad ottimizzare le proprie risorse, a fare delle scelte. Uno straccio potrà essere usato per creare una molotov oppure un bendaggio, e la quantità di oggetti trasportabili sarà limitata, così che sia necessario decidere come sfruttare quello che si è raccolto. Insomma, volevamo un sistema accessibile, integrato nel flusso di gioco, eppure non semplicistico, che trasmettesse il senso di emergenza e spingesse a cercare costantemente nuovi materiali.

    Everyeye.it: In termini di varietà, quante tipologie di nemici incontreremo?
    John Garvin: Fidatevi, ce ne saranno più di quante possiate immaginare, ma non vogliamo rovinarvi la sorpresa. Quello che posso dirvi per il momento è che i Furiosi non saranno l'unica minaccia. Ci saranno anche avversari umani, a volte organizzati in specifiche comunità. Un esempio è quello dei Ripugnanti: una congregazione di invasati religiosi di cui avrete modo di scoprire molto di più. Ci sarà una questline dedicata a loro, composta da varie missioni ma anche di attività sparse per il mondo di gioco. Potrete ad esempio trovare gli altari che il culto ha edificato, o ascoltare le prediche del suo deviato pastore.
    Ogni "fazione" nemica, insomma, ha una caratterizzazione ed un background, e questo vale anche per i Furiosi.

    Everyeye.it: Avevamo percepito che non si trattasse dei soliti zombie...
    John Garvin: Non li abbiamo mai chiamati così per un motivo preciso. Si tratta di creature viventi, non sono i classici non-morti. Sono di fatto branchi di bestie che ormai fanno parte di un macabro ecosistema, hanno comportamenti e abitudini precise. Un esempio sono le Orde: nel gioco ce ne saranno 40, che infesteranno specifiche aree della mappa.

    Guardandovi intorno potrete cogliere i segnali della loro presenza: ascoltare le urla che emergono dalle caverne in cui si nascondono durante il giorno, vedere lo sconquasso ambientale nei pressi delle zone in cui si nutrono, generalmente enormi fosse comuni. É importante sottolineare che le Orde possono essere decimate e, in ultimo, sconfitte, ma per la maggior parte si tratta di attività opzionali. Ci sono solo due Orde da affrontare durante la trama principale, la scelta di affrontare le altre è nelle mani del giocatore.

    Everyeye.it: Chiudiamo con una considerazione tecnica: qual è l'elemento del motore grafico che vi rende più fieri?
    John Garvin: Days Gone utilizza l'Unreal Engine 4, e forse l'aspetto più importante è che non sembra un gioco fatto con la tencologia di Epic. Abbiamo lavorato alla nostra versione, ristrutturato molte delle tecnologie di rendering, personalizzato completamente il sistema di creazione del fogliame, le skybox, la resa della pioggia. Ecco, forse l'aspetto che più mi colpisce è la capacitò di creare atmosfere davvero avvolgenti e uniche, il look complessivo del mondo di gioco, che ritengo senza dubbio unico.

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