Mass Effect: Una Galassia da esplorare

Intervista al team di sviluppo di Mass Effect Andromeda: "Se la galassia di Andromeda è il far west, noi siamo gli indiani."

Mass Effect: Una Galassia da esplorare
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Quando al termine della sua breve presentazione Fabrice Condominas, producer insieme a Mike Gamble di Mass Effect: Andromeda, appoggia il pad sulla sedia e ci indica le postazioni nelle quali giocheremo al titolo BioWare, non solo è contento e curioso dei feedback che il suo gioco riceverà di lì a breve, ma è anche evidentemente rilassato: "Poter spiegare a voi alcuni aspetti del gioco, come abbiamo fatto oggi, e poi darvi in mano un pad e lasciarvi giocare è di gran lunga il modo migliore per fare una presentazione". Difficile dargli torto: pur essendo un gioco importante e atteso, Andromeda è sempre stato piuttosto schivo, e fino ad ora non sono state molte le informazioni che Electronic Arts ha lasciato trapelare dai suoi uffici stampa.
    Non è però esattamente una novità. Negli ultimi anni stanno aumentando i titoli che rifuggono quello che fino ad ora è stato il canonico modo di presentarli: apparizione in una delle fiere, primi eventi di generica presentazione, primi hands-on, eventuale anteprima a ridosso del lancio, recensione una volta disponibile. Resident Evil 7 ad esempio si è smarcato da questo iter, così come Fallout 4 prima di lui e Prey, solo per citarne qualcuno. A questa lista si può serenamente aggiungere pure Andromeda, che fino alla prova di qualche giorno fa era una grande incognita.

    "Per noi è decisamente meglio questo modo di presentare i giochi, e di gran lunga. Quando si sviluppano opere così grandi e complesse, è solo alla fine dello sviluppo che si può avere un'idea chiara di quale sarà il risultato finale. Tutti gli elementi che lo compongono vengono infatti assemblati insieme solo verso la fine della produzione, e mostrarlo in quel momento vuol dire far capire al giocatore con molta più facilità quello che poi si troverà a casa una volta comprato il gioco. Oltretutto fare così permette a noi di distrarci il meno possibile, e ci lascia concentrare solo sullo sviluppo. Sai, noi non siamo esattamente gli sviluppatori più veloci del mondo" dice Condominas con una risata a metà tra il "lo so, lo so" e il "ti prego non infierire", "e anche se abbiamo delle scadenze che cerchiamo di rispettare l'obiettivo principale è sempre quello di mantenere alto il livello qualitativo. Tutti si ricordano un brutto gioco, ma nessuno si ricorda di un ritardo quando il gioco è molto bello. È un bene per noi non aver iniziato la campagna di marketing due anni fa, perché i cambiamenti che abbiamo apportato da allora sono radicali, e con una comunicazione errata magari la gente si sarebbe aspettata cose che noi avevamo deciso di eliminare".

    Nonostante una maggiore attenzione sull'esplorazione, di un combattimento più frenetico che perde la pausa tattica e una nuova generazione di nemici ancora tutti da scoprire (letteralmente: anche nella prova si vedevano appena), ci sono cose che Mass Effect: Andromeda non dovrebbe mai cambiare, e una di queste è il modo in cui posiziona il genere umano all'interno dell'universo conosciuto.
    "Spesso mi chiedono se la storia di Andromeda sia assimilabile a quella del far west, dove l'uomo va a conquistare territori popolati da civilizzazioni più arretrate, come gli indiani d'America per esempio. Ovviamente anche la galassia di Andromeda è un posto pericoloso, ma la differenza sostanziale è che sono le civilizzazioni locali a dominare te, non il contrario. Non vai là con le pistole contro archi e frecce, ma il contrario: le razze aliene presenti sono molto più avanzate di quella umana, e questo cambia totalmente il rapporto tra voi e le altre specie. Se anche l'uomo volesse conquistare quei mondi, e non è comunque questo il caso, semplicemente non potrebbe. Il gioco ruota sempre intorno alla razza umana, ma questa non è la razza dominante. Non è uno scenario a là Avatar, è esattamente il contrario. Siete voi gli alieni, e se gli autoctoni volessero cacciarvi, avrebbero i mezzi per farlo. È l'esatto contrario del selvaggio west, e questa cosa va gestita in qualche modo perché voi siete bloccati in quella galassia: il vostro è un viaggio di sola andata, quindi il rapporto con gli alieni non può essere apertamente conflittuale".

    A proposito di alieni e rapporti assortiti, Mass Effect e BioWare sono sempre stati molto attenti sul rappresentare la diversità all'interno dei loro giochi, e al non precludere mai qualsiasi tipo di relazione personale. Negli ultimi anni l'attenzione verso questo argomento si è molto acuita, e ci sono stati significativi passi avanti anche da parte di altri sviluppatori e publisher. Non è che è stata proprio questa serie a contribuire a questa maggiore percezione della tematica?
    "È una domanda da fare agli altri (ride). Ripensando al primo Mass Effect, quello che noi abbiamo sempre voluto fare era un gioco che ruotasse intorno a decisioni e conseguenze, e non voleva avere un messaggio politico dietro, solo scelte che potessero essere credibili o meno. Poter scegliere il colore della propria pelle o poter avere relazioni con persone dello stesso sesso non aveva un fine politico, era solo buon senso per noi. Quando uscì Mass Effect poi considera che non era ancora Mass Effect, ma una IP nuova e basta, e a noi sembrava semplicemente naturale toccare quei temi in quel modo. E quando abbiamo capito che in effetti quel modo di impostare il gioco aveva anche altre ripercussioni, beh, abbiamo continuato a farlo come se nulla fosse, soltanto più consapevoli. Nessuno nei meeting ha mai fatto notare che avrebbe potuto essere parte di un'agenda politica, era solo la cosa per noi più naturale. Spesso abbiamo discusso ad esempio delle immagini o del materiale da mostrare nei vari trailer, sapendo che avrebbe avuto un forte impatto sul pubblico, ma siamo sempre rimasti fedeli al nostro modo di fare. Abbiamo influenzato gli altri? Questo non lo posso sapere, ma nel caso, bene!".

    Sempre parlando di scelte e decisioni trovo un bel passo avanti l'abbandono della polarizzazione del protagonista, in favore di un sistema di relazioni personali più vario.
    "La scelta del tono in un dialogo incide molto: ogni volta che dite una cosa con un tono particolare questo va a modificare la relazione con il vostro interlocutore. Le storie d'amore, la fiducia, tutto è influenzato in maniera più organica e sopratutto meno netta. Quello che volevamo evitare con più forza è che si arrivasse a un certo punto del gioco nel quale le persone scegliessero la risposta senza nemmeno leggerla, visto che comunque potevano identificare subito quale fosse quella riferita allo Shepard eroe o allo Shepard rinnegato. Volevamo essere sicuri che il giocatore prendesse le decisioni che vuole lui, non quelle che prenderebbe il suo personaggio".

    Storicamente, quando l'uomo guarda tanto verso le stelle è perché la situazione a terra non è esattamente delle migliori. In questo periodo la fantascienza (ma non solo, basti pensare a cosa ha mostrato nei giorni scorsi la NASA) sembra vivere un momento d'oro. Romanzi, film, videogiochi: il materiale certo a cui ispirarsi certo non manca.
    "Ovviamente abbiamo avuto delle fonti di ispirazione, ma non direi che abbiamo direttamente mutuato qualcosa di specifico. È più una questione di sensazioni, di immaginario. Una di queste fonti è per esempio "The Left Hand of Darkness", che è un libro che parla di antropologia aliena che ci ha sempre affascinato e dal quale abbiamo appreso molto. Arrival per dire, che non può averci direttamente influenzato per una semplice questione di tempi, riflette il perfettamente feeling che noi volevamo per Andromeda, quella sensazione di grandezza e imprevedibilità cosmica che noi volevamo assolutamente per il nostro gioco. Ma guardiamo anche a cose più concrete, come le varie agenzie spaziali o la tecnologia attualmente disponibile per i viaggi extra planetari. E ovviamente guardiamo anche al resto dell'industry, a Destiny per esempio, o Overwatch, e a come alcuni loro elementi possano essere ri-elaborati nel nostro contesto. Ci sono poi ovviamente gli altri titoli BioWare che ci aiutano, grazie alle reazioni che i fan hanno giocandoli".

    Oltre al cambio del modo in cui un gioco viene presentato e mostrato al pubblico, questa generazione di console è stata anche la prima ad abbandonare il ciclo di vita granitico che abbiamo di fatto sempre conosciuto, introducendo upgrade della console più frequenti ma meno incisivi. Per Fabrice Condominace questo non ha cambiato molto le carte in tavola: "Quando abbiamo iniziato a sviluppare il gioco il 4k e l'HDR non erano uno standard, non c'erano console che li sfruttassero, mentre ora li stiamo già utilizzando. Se dovessero continuare così, con questo ciclo di aggiornamenti e questa architettura, è tutto sommato semplice aggiungere per noi feature di questo tipo. I produttori di console, sopratutto recentemente, sono molto attenti a non rendere le architetture e gli ambienti di sviluppo un incubo per noi sviluppatori. Nel nostro caso per esempio aggiungere 4k e HDR è stato facile, perché avevamo già sofferto prima (e lo dice ridendo) con il cambio di engine. Cambiare motore grafico è una cosa traumatica per noi, ma fortunatamente Frostbite è un tool di ultima generazione e ha già tutte queste caratteristiche nel suo codice, quindi sì, è stato tutto sommato agevole e per nulla paragonabile ad esempio al passaggio tra PS3 e PS4. Dovesse rimanere questo il ritmo e la porta dei cambiamenti allora sì, per noi rimarrebbe sempre abbastanza comodo continuare a stare al passo".

    Mass Effect: Andromeda uscirà il prossimo 23 marzo su PC, PS4 e Xbox One, un paio di giorni dopo l'uscita americana. E 600 anni prima di quella di Andromeda.

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