The Perfect Pencil: un Metroidvania italiano carico di stile

Abbiamo intervistato per voi Stefano Rauzi, ideatore e game director di The Perfect Pencil, il nuovo progetto del team italiano Studio Cima.

The Perfect Pencil: un Metroidvania italiano carico di stile
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  • Alla Milan Games Week 2021, tra i tanti stand consumer e le frotte di fan in cerca di un autografo da parte degli influencer presenti, c'era una piccola area dedicata alle produzioni indipendenti italiane. Uno spazio piuttosto contenuto, dove trovavano posto una quindicina di team con i loro stand. Si trattava dell'unico luogo della fiera dove era possibile provare giochi non ancora usciti, e di conseguenza anche il più interessante, almeno per chi scrive.

    Tra le tante produzioni in sviluppo presenti, una in particolare ci ha colpito soprattutto per il suo immaginario al contempo familiare e disturbato, immediatamente identificabile come una rappresentazione di certi angoli oscuri della mente umana. Il titolo del gioco è The Perfect Pencil e il team di una decina di persone che ci sta lavorando è l'esordiente Studio Cima. Dopo una prova convincente delle primissime fasi dell'esperienza, abbiamo potuto scambiare qualche parola con gli sviluppatori, che in seguito è diventata un'intervista al game director, Stefano Rauzi.

    La nostra intervista a Stefano Rauzi

    Everyeye: Partiamo dalla domanda fondamentale per capire lo spirito alla base della produzione: come nasce The Perfect Pencil?

    Stefano: Il progetto nasce dall'idea di voler raccontare un'esperienza personale, di un disturbo psicologico, di ansia e gestione del panico. La volontà da cui parte il progetto è quella di mostrare i tanti modi in cui siamo influenzati dalla paura, e le possibilità che abbiamo di affrontarla o tenerla a distanza. Nel gioco stiamo cercando di esplorare la crescita dell'individuo dal punto di vista delle ansie che lo accompagnano, sia sotto il profilo umano, sia sotto quello "patologico" e psicologico.

    Secondo noi può nascerne un discorso interessante, soprattutto in quanto a narrativa. Vorremmo raccontare, tra le altre cose, le situazioni su cui normalmente non ci concentriamo, quelle che restano leggermente al di fuori del nostro campo sonoro o visivo, sfocate. Magari per autodifesa, per distrazione. Quegli eventi che percepiamo appena e rimangono in qualche modo salvati in memoria, nella nostra testa, da qualche parte. Stiamo cercando di accentuare queste situazioni, come se fossero viste attraverso una lente di ingrandimento.

    A essere onesti, tutto parte da un'illuminazione che ho avuto a un certo punto della mia vita, ossia che anche io potevo realizzare un videogioco. Mi sono sempre piaciuti, fin da piccolo, però utilizzavo altri mezzi di espressione artistica, in particolare il disegno e la pittura. Semplicemente non avevo mai contemplato l'idea di realizzarne uno, anche perché tecnicamente non ne ero in grado. Avvicinandomi ad alcuni titoli indie mi sono accorto che certe persone, anche da sole, si cimentavano nello sviluppo, partendo da un'idea. Io l'idea ce l'avevo, anche piuttosto chiara, e ho deciso di provarci. Ho lavorato da solo per un mese, un mese e mezzo, senza riuscire a combinare molto.

    Non potendo andare oltre certi ostacoli con le mie conoscenze, ho deciso di cercare altre persone che potessero aiutarmi.

    Il videogioco ci mette a disposizione l'interazione, la sua caratteristica peculiare, e io sono convinto che in quanto a potere narrativo questo strumento abbia ancora tanto da dire. Quello su cui vorrei concentrarmi come game designer è proprio questo potenziale intrinseco, raccontare attraverso l'interazione, sia in The Perfect Pencil, sia in eventuali progetti futuri, se questo primo gioco andasse bene

    Everyeye: L'idea di narrare tramite l'interattività è sicuramente stimolante, ma in che modo state cercando di farlo in The Perfect Pencil?

    Stefano: Partendo dai generi classici. La mia idea è di mescolare il metroidvania action con l'avventura grafica, aggiungendo tante interazioni testuali e scelte morali. Vorremmo che chi sta dall'altro lato dello schermo formulasse delle considerazioni in base a ciò che osserva nelle situazioni, nel mondo e nei personaggi che lo popolano, sia tramite la meccanica dell'analisi che il protagonista ha a disposizione, sia esplorando l'ambiente.

    L'idea è che queste considerazioni possano influenzare le scelte del giocatore, che avrà così l'opportunità di delineare e costruire il suo percorso personale. Dove porterà la tua avventura in The Perfect Pencil dipenderà solo da te.

    Everyeye: Nel trattare temi simili, vi siete ispirati ad altri giochi basati su questi temi, come ad esempio Hellblade?

    Stefano: In realtà no, anche perché in Hellblade si parla di una persona affetta da un disturbo specifico (schizofrenia, n.d.r), mentre noi vorremmo raccontare di esperienze comuni, più diffuse e "quotidiane". Personalmente, ho avuto anche esperienza diretta di un disturbo d'ansia e della terapia ad esso associata, che ha ispirato buona parte del gioco.

    Stiamo costruendo la struttura delle aree di gioco in modo che dia un senso di progressione legato alla crescita dell'essere umano e alla sua evoluzione psicologica ed emotiva.

    Everyeye: Quali sono state le fonti di ispirazione principali?

    Stefano: Chi vede il gioco spesso lo associa ad Hollow Knight a livello di impostazione visiva, e in effetti è un titolo che amo particolarmente e a cui in parte ci siamo ispirati (a proposito, qui troverete la nostra recensione di Hollow Knight). Tuttavia, nonostante le similitudini, abbiamo intrapreso una strada diversa. Ciò che mi premeva era raccontare una storia e creare un mondo che potesse supportarla in maniera coerente.

    Ci sono alcuni elementi del titolo del Team Cherry, così come di altri videogiochi dai quali ho tratto ispirazione, tra cui Monkey Island e gli RPG in stile Earthbound. Di Hollow Knight in particolare mi è piaciuta la semplicità e l'efficacia del suo gameplay action e il sistema di potenziamento attraverso gli amuleti, da cui siamo partiti per costruire il nostro personale stile di gameplay e le nostre meccaniche.

    Il metroidvania si è dimostrato un genere secondo me particolarmente interessante e appropriato nel nostro caso. La progressione in questo tipo di giochi assomiglia molto al percorso che una persona fa a livello psicologico: vai avanti, torni indietro, crescendo ottieni dei nuovi strumenti per approfondire temi del passato e problemi che prima ti avevano bloccato.

    Metaforicamente la struttura simula l'evoluzione durante la crescita psicologica di un essere umano, in un certo senso. Ho pensato che fosse un genere particolarmente adatto per offrire il tipo di esperienza che vorremmo far vivere al giocatore, anche grazie alle meccaniche che abbiamo ideato.

    Everyeye: Da dove nascono invece l'estetica e l'immaginario di The Perfect Pencil?

    Stefano: I personaggi del gioco nascono da disegni e dipinti che ho fatto negli anni. Per quanto riguarda l'estetica del mondo di gioco, mi interessava creare qualcosa che fosse allo stesso tempo luminoso e ordinato, ma anche scuro e ambiguo. Trovo che autori come René Magritte, David Lynch e Wes Anderson riescano, attraverso l'estetica, a comunicare la quotidianità in maniera speciale. I loro lavori mi hanno ispirato per creare un setting onirico, in cui gli oggetti e i significati comuni vengono utilizzati per creare personaggi e situazioni allegoriche. L'obiettivo è quello di consentire al giocatore di scoprire un mondo che possa percepire tanto familiare e vicino, quanto sconosciuto e misterioso.

    C'è una cosa che vorrei dire sul mondo di gioco: non è una prodotto dell'immaginazione del protagonista, come qualcuno ha ipotizzato dopo averlo provato. È la rappresentazione metaforica di un mondo "reale" e condiviso, dove le persone vanno per compiere un percorso. Un po' come Silent Hill, giusto per citare qualcosa di simile.

    Everyeye: Una curiosità: come mai una matita, nel titolo e come arma, e una telecamera in testa al protagonista?

    Stefano: La telecamera è una metafora di come funziona la mente umana. Il nostro modo di percepire e interagire con l'esterno, elaborare le informazioni e agire su ciò che è fuori da noi. Questo aspetto ha un significato molto importante a livello narrativo, ma anche a livello ludico. Stiamo cercando di costruire un'esperienza fluida e coerente, e vorremmo dare al protagonista delle abilità legate alla telecamera e altre legate alla matita, che permetteranno di interagire col mondo. Oggetti e poteri che nelle nostre intenzioni saranno importanti non solo per il gameplay. In ogni caso ci sarà una sorta di sviluppo del personaggio, che speriamo possa dare anche una certa varietà di approccio al gioco.

    Per quanto riguarda la matita, per me rappresenta uno strumento fondamentale per rapportarmi alla mia vita e al mio lavoro. Nel gioco, è il simbolo di qualcosa di bello per cui vale la pena affrontare la vita e le difficoltà che ti presenta.
    The Perfect Pencil l'ho concepito con la mia matita, sia i personaggi che il setting. Inoltre, descrive quella passione che dà un senso alle mie giornate, e che mi motiva ad andare avanti.

    È qualcosa di bello a cui mi sento legato. In più è un oggetto che ho sempre con me, mi basta un foglio e una matita per esprimermi, posso farlo ovunque. Inoltre, è sempre stato anche un modo di esplorare me stesso e di conoscere e interagire con gli altri.

    È una forma di linguaggio, come lo è il videogioco: stai comunicando qualcosa a qualcuno, il principio in fondo è lo stesso. Fruire di un'opera di qualcuno, dopotutto, consente di assorbire qualcosa creato da lui e, in un certo senso, entrare in contatto con la sua vita attraverso ciò che lui ha realizzato. Tramite questo tipo di comunicazione, tramite l'arte in generale, si accende una sorta di fiamma dentro le persone.

    Everyeye: Parlando della struttura del gioco, come si colloca tra i metroidvania in quanto a esplorazione e interazione con i personaggi secondari?

    Stefano: The Perfect Pencil si rifà sostanzialmente a quel genere, con una progressione data dall'acquisizione di abilità, ma non è un metroidvania particolarmente dispersivo. L'avanzamento è piuttosto lineare e non si è quasi mai costretti al backtracking, per lo più sta al giocatore tornare nelle aree visitate per completarne l'esplorazione. Inoltre, non è un metroidvania solitario, non ci si trova in qualche pianeta deserto, circondati solo da forze ostili, ma si incontrano anche tanti personaggi amichevoli con cui interagire durante avventura.

    Everyeye: Cosa rappresentano questi personaggi secondari "amichevoli" presenti nel mondo di gioco?

    Stefano: Sostanzialmente sono tutti viaggiatori, come il giocatore. In The Perfect Pencil, il protagonista non è l'eroe che deve salvare il mondo, quanto piuttosto un esploratore che deve affrontare le stesse difficoltà di tutti gli altri personaggi. Attraverso di loro, proviamo anche a descrivere le varie sfaccettature dei macro-temi del gioco. Ad esempio, la prima area, ossia quella giocabile alla Games Week, formata da una foresta e da un hotel, rappresenta il luogo dove si fermano coloro che hanno troppa paura per partire per questo viaggio. I personaggi presenti in questa zona sono legati a questo tema e ci aiutano a raccontarlo meglio.

    In questi due anni e mezzo, da quando ho iniziato a realizzare il progetto, mi sono sempre più reso conto delle possibilità di interazione e di comunicazione con i fruitori, attraverso ciò che si può far fare in un videogioco.

    Tramite questo medium e i suoi strumenti, come le quest, i dialoghi, le scelte e i combattimenti, vorremmo dare la possibilità al giocatore di esplorare le diverse sfaccettature delle reazioni umane alle situazioni piacevoli e spiacevoli che affrontiamo, consentendogli di approfondire quegli aspetti emotivi e psicologici che non sempre riusciamo a mettere a fuoco, ma che possono aiutare ad accrescere la consapevolezza di noi stessi.

    Everyeye: L'idea, quindi, è di raccontare attraverso l'interazione, ma cosa volete trasmettere al giocatore? Qual è il messaggio o la morale?

    Stefano: La nostra idea è di far vivere un'esperienza ai giocatori che dia diversi input su cui ognuno può riflettere arrivando a conclusioni diverse. Vorremmo far sì che ogni giocatore possa fare il suo percorso liberamente all'interno del gioco, mostrandogli come e quanto la paura possa influire sull'esperienza di vita.

    Ci piacerebbe comunicare quanto, a nostro avviso, alcune condizioni - soprattutto di sofferenza - cambino la percezione delle cose, così quanto spesso non sia facile comprendere i modi differenti che chi ci sta attorno ha di guardare il mondo. Non vogliamo porci come degli insegnanti o dei terapeuti, speriamo soltanto di riuscire a dare degli spunti di riflessione su certe tematiche, che possano risultare utili per avere un confronto.

    Nel gioco abbiamo cercato di costruire una sorta di struttura narrativa che racconti queste condizioni, senza essere giudicanti. Anzi, l'idea è di accompagnare il viaggiatore raccontando anche certi aspetti "negativi" della psicologia umana, per avere la possibilità di comprendere meglio le nostre paure. In The Perfect Pencil, infatti, non c'è un eroe epico che si scontra col male, quanto più una sorta di eroe contemporaneo, che affronta le difficoltà umane che tutti viviamo.

    Everyeye: A livello tematico e operativo siete stati influenzati dall'esplosione del COVID, che con i lunghi mesi di lockdown ha avuto varie ripercussioni psicologiche su tante persone?

    Stefano: In realtà in quanto a sviluppo non ci ha influenzati particolarmente, anzi. Il lavoro su The Perfect Pencil è iniziato prima del COVID in remoto ed è continuato in remoto anche durante la pandemia, allo stesso modo. Nel mio caso, durante quel periodo sono stato anzi particolarmente attivo nello sviluppo del gioco, in un certo senso è stato una salvezza. Avere questo progetto in atto mi ha permesso di impiegare il tempo e distrarmi dalla situazione problematica.

    Sicuramente lavorare insieme e dal vivo, seppur saltuariamente, aiuta e accorcia i tempi. Ci si capisce meglio e probabilmente il processo creativo ne guadagna, però a prescindere dal lockdown siamo comunque tutti piuttosto lontani e non sarebbe stato facile vederci spesso. Un paio di ragazze del team sono in zona Roma, ad esempio, mentre gli altri sono dislocati nel nord Italia, tra Milano e Torino.

    Tra l'altro non tutti hanno lavorato full time al gioco, per cui non sarebbe stato semplice. L'idea di trovare una soluzione alternativa per vederci più spesso c'è, soprattutto se questo gioco dovesse andar bene, ma vedremo in futuro.

    Everyeye: Una domanda un po' specifica: dal punto di vista della difficoltà, The Perfect Pencil quanto sarà impegnativo? Avete realizzato anche delle boss fight? Se sì, avranno un alto tasso di sfida?

    Stefano: Sì, abbiamo già preparato alcune boss fight, tra principali e mid boss. Inoltre, stiamo lavorando a una meccanica, strettamente legata agli aspetti narrativi, provvisoriamente chiamata "attacco-cura", che spinge il giocatore ad aprirsi e correre rischi, nei momenti in cui tenderebbe a proteggersi. È sostanzialmente un attacco che una volta caricato, se sferrato al nemico, permette di recuperare vita. Chiaramente, porta a esporsi e ludicamente ha delle conseguenze.

    Parlando di difficoltà, vorremmo che il gioco rappresenti una sfida concreta senza però risultare frustrante. Ci piacciono i giochi d'azione e ci piace la soddisfazione derivante da una sfida di gameplay e di combattimento, pur non puntando ad un'esperienza eccessivamente hardcore. Vorremmo soddisfare certamente gli amanti del genere, rimanendo però quanto più possibile accessibili a tutti. Stiamo valutando anche la possibilità di inserire una easy mode, visto che comunque il gioco è fortemente narrativo. Potrebbe avere senso consentire ai giocatori di godersi il racconto, senza dover destinare troppe energie al gameplay.

    Everyeye: Parlando invece del team, ci racconteresti qualcosa dello Studio Cima? Com'è nato e quando? Com'è fondare uno studio di sviluppo indipendente in Italia? Quanti siete oggi e come vi siete organizzati?

    Stefano: Lo Studio Cima è nato circa due anni e mezzo fa, quando ho deciso di provare a fare un gioco, come ti dicevo prima. O meglio, diciamo che è nato quando ho iniziato a cercare altre persone che lavorassero con me. Attualmente siamo nove nel team. Siamo stati anche di più ma nel tempo qualcuno lo abbiamo perso per strada. In più collaboriamo con uno studio esterno per il comparto audio e la colonna sonora.

    Inizialmente ero partito a realizzarlo da solo con RPG maker, ma quasi subito sono passato a Game maker per ottenere un risultato migliore. È quasi tutto ideato da me, ma in seguito è stato realizzato tecnicamente da tre bravissimi artisti. Attualmente, Francesca si occupa di realizzare i personaggi in digitale e animarli, Sharon (che ha sostituito Raffaele) di fare i concept delle ambientazioni e realizzarne gli asset, mentre Claudia assembla e allestisce il mondo di gioco e gli effetti vari, come ad esempio i particellari.

    Ho iniziato proprio dalla parte artistica, che era quello su cui ero un po' più ferrato, e ho valutato diverse persone fino a trovare Francesca, appunto, il cui stile mi è sembrato perfetto per quello che volevo realizzare. Dopo ho trovato un game designer, Andrea, e un programmatore, che purtroppo dopo un po' ha dovuto abbandonarci. Fortunatamente, in seguito, ne abbiamo trovato un altro, Davide, molto in gamba, che ha davvero salvato il progetto. Il team conta, inoltre, altri due designer, Enrico e Ilenia, e una psicologa, Michela, che mi dà una mano per tutta la parte di sviluppo narrativo e, appunto, psicologico.

    Collaborando, provando diverse cose, sbagliando e imparando dagli errori, siamo riusciti a intraprendere una strada che ci convince, e che abbiamo seguito nell'ultimo anno circa. Dovrebbe volerci un altro anno ancora, forse poco meno.

    Per quanto riguarda Il nome dello studio, viene dal cognome di entrambe le mie nonne. Era una cosa curiosa che mi è sempre piaciuta, in più mi piace come suona. Il logo invece viene da un quadro che avevo fatto tempo fa, ispirato da una canzone, White Rabbit dei Jefferson Airplaines, che a un certo punto ripete la frase "feed your head/dai da mangiare alla tua testa", e suggerisce di farlo quando ti senti di aver perso un po' la bussola.

    Everyeye: Volevamo farti una domanda sul mondo dello sviluppo indipendente: come appare dal tuo punto di vista, in particolare in Italia? E come si colloca secondo te lo Studio Cima in questo mondo?

    Stefano: Io amo il mondo dei giochi indipendenti, e apprezzo particolarmente che tra loro sia possibile ritrovare spesso stimoli nuovi e originali. Penso che il modo migliore di cominciare a fare videogiochi sia questo: partendo dal basso, imparando a poco a poco a realizzare le varie parti del gioco. Chiaramente mettere assieme i pezzi è veramente complesso, molto più di quanto mi sarei aspettato. Devi lavorare bene sui singoli aspetti e lavorare bene per farli funzionare assieme.

    Mentre sviluppi stai facendo un investimento, sia temporale che economico, con la speranza che quando il gioco uscirà ripagherà gli sforzi. Come ci vedo nel panorama indie non lo so onestamente. Io vorrei realizzare dei giochi "curati" e vorrei farlo sul lungo periodo, anche dopo The Perfect Pencil, dando importanza sempre all'interazione e ai modi di utilizzarla. Per adesso ci concentriamo su questo ovviamente, per il futuro vedremo.

    Everyeye: Ecco, a proposito di questo vogliamo farti l'ultima domanda: quali sono le tue speranze e le tue aspettative per il gioco e per il team?

    Stefano: Per quanto riguarda il gioco, spero piaccia ai giocatori e spero ripaghi l'investimento. Il sogno sarebbe che lo ripagasse, mi desse da vivere e mi permettesse di finanziare lo sviluppo di un prossimo gioco. Più in generale la mia speranza è riuscire a creare un vero e proprio studio e far sì che questo diventi un lavoro vero, fisso e che mi permetta di viverci. Realizzare giochi come mestiere significherebbe davvero realizzare un sogno enorme.

    Potete aggiungere The Perfect Pencil alla wishlist di Steam a partire da lunedì 7 febbraio 2022.

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