Durante la scorsa Gamescom avevamo avuto un interessante incontro con i ragazzi di Three One Zero, team di sviluppo guidato da Adam Orth, famoso responsabile di quel "deal with it" twittato in occasione delle polemiche sul DRM di Xbox One che gli costò, nel 2013, il suo posto presso Microsoft. Guidati dunque da un direttore creativo in cerca di rivalsa, i ragazzi americani sono attualmente al lavoro sul loro primo progetto, Adrift. Si tratta di un titolo molto particolare e diverso dal solito, che riprende sostanzialmente l'idea del film Gravity e la trasforma in un'esperienza interattiva, dove in seguito ad un incidente su una stazione spaziale ci si troverà a vagare nel vuoto cosmico, cercando disperatamente di tornare a casa. Un'esperienza visiva e sensoriale più che un videogioco dunque, sebbene il gameplay sia destinato a trovare una sua formula basata sull'esplorazione e sulla soluzione di puzzle ambientali. Invitati presso gli uffici del publisher Halifax, abbiamo avuto modo di riprovare una demo tecnica PC con visore Oculus Rift, e successivamente fare qualche domanda proprio ad Adam Orth, cercando di comprendere meglio i confini del progetto.
Assenza di gravità
Sebbene la demo fosse del tutto prima di qualsiasi effettivo elemento di gameplay, provvisti di tuta spaziale abbiamo avuto modo di aggirarci per qualche minuto sia all'interno della stazione spaziale (ormai devastata e depressurizzata), sia all'esterno, dove i detriti fluttuano nello spazio profondo. Anche grazie all'immersione offerta dal visore, l'esperienza è da subito avvolgente e maestosa. Tra suoni completamente attutiti e una simulazione della fisica già sin d'ora convincente, l'impressione è quella di trovarsi davvero alla deriva nello spazio, con tutto lo spaesamento e la sensazione di totale solitudine che ne deriva. Grazie al tracciamento del visore, muovendo la testa è possibile far fare altrettanto al nostro avatar, scoprendo come l'interno del caso sia stato fedelmente riprodotto, con tanto di interfaccia olografica che segna la riserva d'ossigeno disponibile (molto probabilmente, la versione completa del gioco richiederà il ritrovamento di specifiche riserve d'aria a intervalli regolari, aumentando il senso di ansia e urgenza). Chiaramente, in totale assenza di gameplay, ci siamo potuti concentrare solo ed esclusivamente solo sulla qualità della riproduzione dell'ambientazione spaziale, davvero impressionante. La mole poligonale è notevole, gli spazi riprodotti con un design realistico ma ispirato, che sa trovare nei dettagli quel colpo d'occhio necessario a convincere. Chiaramente, proprio il visore rappresenta uno dei principali strumenti atti a favorire l'immersione nell'ambientazione, e dunque ci siamo chiesti se questa possa funzionare altrettanto bene anche senza Oculus Rift. Ci siamo dunque rivolti proprio ad Adam Orth, il quale ha confermato come le console di nuova generazione siano proprio il punto di riferimento principale di Adrift, e dunque gli sviluppatori siano al lavoro per garantire l'immersività anche su schermi tradizionali. Tutto questo, sia mantenendo immutata la possibilità di muovere la testa all'interno del caso della tuta spaziale, fattore che contribuisce ad un sensazione di netta claustrofobia, sia lavorando molto sul comparto audio, che sarà assolutamente fondamentale per avvolgere il giocatore nella sensazione di vuoto totale.
Relativamente al gameplay vero e proprio, Adam ha confermato che durante l'esperienza si avrà la possibilità di esplorare cinque diverse aree, divise tra quelle all'interno della stazione e lo spazio profondo, costantemente incalzati dalla limitata riserva d'ossigeno. Ancora non è del tutto chiaro se altri eventuali sopravvissuti all'incidente faranno capolino durante la ricerca di una via di fuga, ma di certo sarà possibile trovare lungo il percorso file audio e oggetti appartenuti all'equipaggio, utili sia a ricostruire la drammatica vicenda che ha portato all'incidente, sia ad approfondire il contesto. Quanto al realismo, Orth ha confermato come precedenti collaborazioni con la NASA abbiano permesso al team di lavorare su un discreto livello di conoscenza della vita a gravità zero, per quanto l'assoluto realismo non sia uno degli obbiettivi della produzione. In altre parole, qualche licenza poetica ci sarà, ma sempre volta a rendere l'esperienza interessante e coinvolgente. Infine, una piccola nota sui puzzle ambientali che occorrerà risolvere, i quali si presenteranno in varie forme: la maggior parte saranno basati sull'assenza di gravità, ma Orth ha confermato come in alcuni momenti vi saranno piccole sorprese, come enigmi basati addirittura sulla musica.