Aragami 2: un sequel ispirato a Tenchu e Sekiro

La nostra prova di Aragami 2, seguito che riprende quanto tracciato nel primo capitolo... ma aggiunge un pizzico di Sekiro Shadows Die Twice.

Aragami 2: un sequel ispirato a Tenchu e Sekiro
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • PS5
  • Xbox Series X
  • Il primo capitolo di Aragami si era presentato sul mercato come un sentito omaggio a Tenchu ed alla grande tradizione dei videogiochi stealth della prima ora. Un titolo semplice e a basso budget che tentava di replicare le sfide dei grandi classici del genere, videogiochi che declinano lo stealth nella sua accezione più pura e in cui rivelare la propria posizione al nemico equivale quasi automaticamente a morire. Le ultime produzioni stealth di successo erano stati Metal Gear Solid V e Dishonored, e l'allora neonata Lince Games sembrava averne appreso gli insegnamenti, anche solo in maniera superficiale, per riversarli all'interno del loro titolo d'esordio. A proposito, qui troverete la nostra recensione di Metal Gear V e la nostra recensione di Dishonored 2.

    Aragami non fu un successo travolgente, ma riuscì comunque a ritagliarsi una sua piccola fetta di pubblico di appassionati abbastanza grande da spingere il team di sviluppo a voler creare un sequel dell'avventura. Sequel previsto in uscita il 17 settembre e che abbiamo provato in anteprima in una sua versione non definitiva ma perfettamente in grado di illustrare tutte le novità inserite nel gioco e la direzione scelta dal team di Lince Games.

    Una nuova ombra silenziosa

    La storia di Aragami 2 si svolge un secolo dopo gli avvenimenti del capitolo precedente. Nonostante questo il team ha sottolineato come Aragami 2 sia stato concepito per essere un'avventura quasi del tutto indipendente dal primo episodio, in modo da poter essere giocata senza problemi anche da chi non è mai entrato in contatto con il titolo. A livello ludico, Aragami 2 si presenta quindi come un'evoluzione quasi totale delle meccaniche originali, mentre dal punto di vista narrativo la storia che racconta sembra essere molto slegata da quella dell'originale.

    Il nuovo protagonista senza nome ricalca nello stile e nelle fattezze quello del capitolo precedente, lo stesso vale anche per il concept alla base del progetto che sembra andare in una direzione molto simile di quella imboccata da Lince Games nel 2016. A colpire è proprio il fatto che Aragami 2 sia cambiato in tutte le sue parti fondamentali, ma in qualche modo è riuscito a rimanere molto fedele al mood delle sue origini.

    Si tratta ancora una volta di un omaggio, realizzato sempre a basso budget, a Tenchu e agli stealth game 3D della prima ora, ambientato nello stesso Giappone feudale e con una grande predilezione per la furtività rispetto al combattimento. È cambiato drasticamente lo stile grafico, che dal cel shading è passato ad un tratto meno fumettoso e lievemente più realistico, ed è mutato anche il level design, che ora si è aperto ad una verticalità mai così preponderante in passato e che rende possibile adottare approcci e strategia molto più varie per attraversare le aree di gioco.

    Tra omaggi ed ispirazioni fin troppo palesi

    Come già detto, è quasi impossibile parlare di Aragami senza citare la serie dei Tenchu. Il primo capitolo ne era una sorta di erede spirituale, che ne riprendeva il concpet fondamentale e ne ricalcava la rappresentazione molto fedele del Ninjutsu, troppo spesso banalizzato e trattato con estrema sufficienza quando riportato all'interno della cultura pop.

    Tutto questo avveniva, per l'appunto, nel 2016, quando il Giappone feudale, il ninjutsu e soprattutto i videogiochi stealth non erano più sulla cresta dell'onda da molto tempo. Era quindi ovvio che le ispirazioni per quanto riguardava l'estetica, lo stile e le meccaniche fossero i già citati Metal Gear Solid V, da cui Aragami riprendeva in parte la gestione della UI, e Dishonored, da cui recuperava invece il concetto del teletrasporto del protagonista tra le zone d'ombra presenti nelle varie ambientazioni. Poi, però, nel 2019 FromSoftware ha pubblicato Sekiro, e il team di Lince Games ha deciso di prendere appunti in maniera piuttosto approfondita (avete letto la nostra recensione di Sekiro Shadow Die Twice?) .

    La stragrande maggioranza delle novità di Aragami 2 si originano proprio dagli evidentissimi richiami a Sekiro, da cui viene mutuata una grandissima quantità di idee e concetti. Di per sé non sarebbe nemmeno un grosso problema, sia chiaro: tributi, omaggi e citazioni non sono da inquadrare sempre e comunque come il male assoluto o come sintomi della mancanza di creatività. Il problema di Aragami 2, per quanto visto, sta nel fatto che troppo spesso parte di ciò che riprende da Sekiro si sposa poco bene con il concept stesso di gioco che vorrebbe proporre.

    Oltre ad una palese ricalco della gestione dell'Interfaccia a schermo, Aragami 2 va a mimare anche la funzione del rampino di Sekiro sostituendola con una nuova versione del teletrasporto introdotto nel primo capitolo, che non richiede più la presenza di coni d'ombra per essere attivato ma è utilizzabile solo per spostarsi da un appiglio all'altro. C'è un'altra strizzatina d'occhio abbastanza evidente a FromSoftware che in Aragami 2 ha poco senso: il fatto che non si possa mettere in pausa il gioco, ma che premendo il tasto start si acceda ad un menù senza interrompere lo scorrere del tempo interno al gioco.

    Se per Dark Souls e tutti i suoi emuli questa meccanica serviva a rinforzare l'immersione e la percezione del mondo come sempre pericoloso, qui sembra essere un vezzo senza reali giustificazioni. Si tratta di una piccolo dettaglio, per carità, ma l'abbiamo trovata un'aggiunta poco sensata all'interno dell'esperienza proposta da Lince Games.

    Una direzione poco precisa

    Il problema più evidente, però, sta nel fatto che in Aragami 2 il protagonista non si presenta più come un assassino-ombra silenzioso ma come un guerriero armato di tutto punto. Il gioco resta concentrato quasi interamente sullo stealth, ma è stata introdotta una nuova meccanica di combattimento, anch'essa palesemente ispirata a Sekiro visto il focus sulle deflezioni e sull'azzeramento della stamina dei nemici, che fatica a trovare un posto all'interno dell'economia di gioco.

    Quella di sguainare la katana per combattere in Aragami 2 è presentata abbastanza chiaramente come una risorsa da utilizzare solamente in casi limite, e funziona solo ed esclusivamente in situazioni di uno contro uno. La realtà dei fatti, però, è che ogniqualvolta si viene individuati ci si trova quasi immediatamente accerchiati da un gruppo di nemici che tenteranno di combattere all'arma bianca.

    È proprio in queste situazioni che il combat system mostra appieno tutte le sue contraddizioni e le sue debolezze: combattere gruppi di nemici è difficilissimo e, soprattutto, non offre alcun tipo di vantaggio tattico. Venire scoperti equivale a venire uccisi, solo che in Aragami bastava un colpo per venire uccisi, mentre in questo sequel si deve passare per un combattimento che finisce per risultare come un'inutile perdita di tempo, che porta quasi sempre allo stesso risultato.

    L'esistenza di uno skill tree (per quanto piuttosto elementare) lascia presagire che si possano effettivamente migliorare le proprie capacità nelle situazioni di battaglia, ma il tutto continua a sposarsi veramente poco bene con la filosofia del gioco, che peraltro continua a conteggiare le uccisioni come malus all'interno del sistema di punteggio e valutazione delle missioni. Il dubbio è che questa scelta sia stata fatta per agevolare chi trovava frustrante la mancanza di difese del protagonista del primo capitolo, ma che non vada comunque a risolvere la situazione e si configuri quasi più come un tappabuchi poco ragionato e malriuscito.

    Il fatto è che Aragami 2 continua a voler essere un videogioco stealth duro e puro, tra l'altro molto veloce nell'esecuzione, ma questa sua nuova inclinazione verso l'action va a cozzare pesantemente con la sua filosofia. Per quanto tecnicamente si siano fatti dei passi avanti, Aragami 2 sembra essere un videogioco molto meno ispirato del suo predecessore e con una direzione molto meno chiara in testa.

    Molte ombre sferzate da qualche spiraglio di luce

    Tra le novità più apprezzabili introdotte da Lince Games c'è un fondamentale ripensamento della struttura di gioco. Se Aragami era un corridoio da attraversare per arrivare dall'inizio alla fine del gioco, Aragami 2 si configura in maniera differente. È stato infatti introdotto il Kakurega Village, un hub centrale in cui tornare tra una missione e l'altra in giro per la Rashomon Valley, che al suo interno raccoglie una serie di NPC, negozi di armi e dojo in cui spendere punti abilità per sbloccare nuove tecniche di controllo delle ombre per avvantaggiarsi durante le missioni.

    Allo stato attuale delle cose il Kakurega Village risulta essere un po' vuoto (anche se la ost vocale che risuona quando si è al suo interno è di una bellezza veramente sbalorditiva), ma molto probabilmente è colpa del fatto che la beta provata è ancora un work in progress e verrà migliorata in tempo per l'uscita, visti anche i piccoli ma numerosi bug che è possibile incontrare durante le missioni fin qui disponibili.

    Al netto di questo e della sua piccola crisi d'identità, Aragami 2 è un videogioco divertente ed appagante, soprattutto per quei giocatori che non si sono ancora rassegnati a vedere i videogiochi stealth ibridarsi sempre di più con l'action. La varietà di approcci possibili in ogni situazione, così come la presenza di un punteggio ed una valutazione alla fine di ogni missione, sono uno stimolo notevole per migliorarsi di continuo provando e riprovando ogni sezione fino a che non si riesce ad affrontarla alla perfezione senza mai farsi individuare, quasi come se si fosse uno spettro invisibile agli occhi del nemico.

    Aragami 2 Non resta che aspettare il 17 settembre per vedere come e quanto cambierà Aragami 2 rispetto a questa sua forma intermedia. Allo stato attuale delle cose, il sequel non sembra un vero e proprio passo avanti rispetto al primo capitolo. Appare piuttosto come una sua seconda incarnazione profondamente diversa che ne condivide comunque i problemi principali, primo tra tutti quello di essere un titolo quasi del tutto privo di una propria personalità.

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