Provato Armikrog

Dall'autore di The Neverhood sta per arrivare una nuova avventura punta e clicca: due strambi protagonisti, un gameplay vecchia scuola ed il solito stile grafico in claymation. Ecco le prime impressioni.

Provato Armikrog
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Disponibile per
  • Wii U
  • Pc
  • PS4
  • Chi ricorda gli episodi di Pingu o dell'inarrestabile duo Wallace & Gromit in compagnia dei quali si trascorrevano spensierati giorni d'infanzia? Ebbene, entrambe le serie televisive erano (e sono) realizzate con il claymation, tecnica che consiste nel costruire a mano modellini di plastilina ed animarli in stop motion. Sebbene simile stile d'animazione sia stato ampiamente sfruttato in ambito televisivo e cinematografico, lo stesso non si può dire per quanto concerne il medium videoludico. A porre rimedio a tale mancanza è stata la DreamWorks Interactive, che nell'ormai lontano 1996 sviluppò The Neverhood, leggendaria perla del genere punta e clicca. Dopo quasi vent'anni, il game designer Doug TenNapel si rimette all'opera e, sotto l'etichetta Pencil Test Studios, coadiuvato da alcuni animatori dell'indimenticabile Earthworm Jim, modella Armikrog, nuova avventura grafica point and click vecchio "stampo". Abbiamo avuto modo di provare una versione beta del gioco e possiamo confermarvi sin da subito che, prevedibilmente, il punto di forza principale di Armikrog consiste proprio nell'essere stato programmato artigianalmente in claymation e a passo uno, esattamente come The Neverhood, del quale si figura quindi come una sorta di sequel spirituale.

    Anima di Plastilina

    Un incipit praticamente indistinguibile da un film d'animazione ci mostra il protagonista Tommynaut naufragato su di un pianeta alieno, dopo un atterraggio (s)fortunoso, insieme a Beak Beak, fido cane alieno affetto da raucedine. Immediatamente attaccati da un orrido mostro di plastilina, i nostri prodi avventurieri si rifugiano in una torre che nasconde, loro malgrado, molte più insidie di quelle che si sarebbero aspettati.

    I giocatori dotati di buona memoria, che ricordano anche per sommi capi lo stile di The Neverhood, intuiranno già che, contrariamente al dogma base delle avventure grafiche, Armikrog non presenta alcun inventario né interfaccia di sorta. Il corpo malleabile di Tommynaut funge da utilissimo contenitore di oggetti, e all'occorrenza potremo estrarre le cianfrusaglie raccolte per utilizzarle sugli elementi interattivi dello scenario. Ogni area della torre, che ci accorgiamo immediatamente essere strutturata secondo un principio di architettura impossibile, come se Escher si divertisse a progettare con il pongo, cela numerosi enigmi che saremo costretti a risolvere per trovare una via d'uscita. Non essendoci hotspot né suggerimenti visuali a facilitarci il compito, dovremo ben presto aguzzare la vista e le meningi per venir a capo di questo labirinto: i primi puzzle consisteranno semplicemente nel recuperare e attivare particolari leve che aprono porte serrate, ma poco a poco le cose inizieranno presto a complicarsi, sostituendo alla linearità della progressione orizzontale uno sviluppo dell'ambiente più verticale e contorto, con piani sovrapposti nei quali si celano nuovi oggetti e indizi. Una volta raccolti, ritornare sui nostri passi in stanze già visitate ci permetterà di scovare vie alternative e piccoli easter egg. È certamente impossibile giudicare la varietà delle situazioni e dei puzzle nei circa 60 minuti di demo messi a disposizione, eppure possiamo già fiutare una buona diversità. I livelli, infatti, complice una struttura della torre piuttosto stravagante che scardina ogni logica architettonica, si susseguono senza reale soluzione di continuità e senza molta omogeneità estetica, il che si traduce quindi in un'ispirata imprevedibilità artistica di fondo. Occorrerà ovviamente valutare se nel gioco completo simile estro non rischi di rivelarsi sfilacciato e privo di coesione, ma da queste prime battute di gioco siamo rimasti abbastanza colpiti dal curioso design dei vari quadri esplorabili. Ogni stanza difatti si compone di una serie di dettagli e anfratti da scrutare con attenzione, tra cui piccoli cunicoli nei quali mandare il cane Beak Beak in avanscoperta. La presenza di un compagno di viaggio amplifica notevolmente le potenzialità del gameplay, perché prendere il controllo del quadrupede alieno comporta la necessità di analizzare l'ambiente da un altro punto di vista, al fine di recuperare alcuni oggetti irraggiungibili per Tommy. Così facendo si giustifica il ricorso ad un backtracking che si spera non divenga troppo invasivo nella versione finale, e che in queste prime fasi dell'avventura pare accuratamente contestualizzato, essendo legato soprattutto alle abilità di Beak Beak. Quando giocheremo nei suoi panni (e basta un semplice click per "indossarli" a nostro piacimento) lo schermo diverrà completamente bianco, come se stessimo guardando attraverso i suoi occhi, palesando anche degli indizi fluorescenti che solo il cane può percepire coi suoi sensi acuiti. Sembra quindi che il team si stia prodigando il più possibile per offrire una discreta varietà dal punto di vista delle meccaniche di gioco, alternando classici enigmi ambientali con minigame di diversa natura, e inserendo altresì saltuari rimandi a The Neverhood che negli amanti del retrogaming susciteranno un vivace senso di dejà vu: come la sequenza, presente in modo quasi identico nel predecessore, in cui guidare una navicella elettrica.

    C'è da dire però che, nonostante la semplicità strutturale del gameplay punta e clicca, abbiamo riscontrato talmente tanti problemi d'interazione con l'ambiente e di controllo del personaggio da credere che la build fornitaci fosse in realtà un'alpha mascherata da versione beta. Tommy, infatti, spesso non rispondeva correttamente agli input e finiva col rimanere non poche volte incastrato nello scenario, imponendoci il riavvio della demo, nella quale non era neppure concesso di chiudere il gioco dal menù (mancanza che ci ha costretto ad abortire ogni volta l'applicazione per tornare al desktop). È richiesto dunque un duro ed impellente lavoro di polishing non solo dal punto di vista dei numerosissimi bug e glitch in cui siamo spiacevolmente incappati, ma anche sul versante sonoro, con effetti ambientali che si attivavano e si disattivavano arbitrariamente. Per quanto riguarda l'aspetto grafico, invece, non ci aspettiamo sostanziali miglioramenti nella release finale, anche perché il gioco è tutto costruito a mano ed il risultato è, già in questa fase di sviluppo, piuttosto soddisfacente. Non guasterebbe in ogni caso l'inserimento di qualche filtro extra di post processing per rendere l'immagine un po' più simile alle cutscene realizzate con la medesima tecnica, davvero bellissime da vedere, molte delle quali sono tuttavia ancora da implementare, sostituite provvisoriamente con storyboard appena abbozzati.

    Armikrog Armikrog è, lo abbiamo detto, l’erede spirituale di The Neverhood: ciò significa che ci troveremo dinanzi a un’avventura grafica profondamente old style, che non dispensa aiuti al giocatore e non si sottomette alla semplificazione ultimamente imperante. Riprende dunque la formula di gioco del suo ideale predecessore, e la espande con la possibilità di controllare due diversi personaggi, che alternano il loro punto di vista e modificano in parte l’approccio al gameplay. Il suo particolare stile grafico lo rende poi un titolo dotato di una riconoscibilissima personalità e la tecnica “artigianale” con cui è realizzato gli dona quel pizzico di verve in più che a tratti ci dà l’impressione di star giocando ad un vero e proprio film in stop motion. Le corde della nostalgia dei veterani delle avventure punta e clicca sono quindi solleticate a dovere, ma resta pur sempre da valutare il livello di sfida che l’ultima scultura videoludica di Doug TenNapel sarà in grado di raggiungere, nonché la varietà dell’offerta enigmistica. Non mancano, infine, ancora parecchi aspetti da limare sul fronte tecnico, con un corposo lavoro di ripulitura generale nel reparto audiovisivo, in attesa dell’uscita ufficiale prevista su Steam per il 18 agosto di quest’anno.

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