Provato Black Mesa

Nato come un progetto amatoriale e portato avanti per dieci anni, il lavoro di Crowbar Games aggiorna tecnicamente (e non solo) uno dei grandi capolavori della storia videoludica. Si torna nei panni di Gordon Freeman.

Provato Black Mesa
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  • Esistono giochi che diventano rappresentativi della loro generazione: ce li ricordiamo perché particolarmente divertenti e fuori dagli schemi, o magari per una grafica all'avanguardia in grado di renderci orgogliosi di un computer assemblato con tante attenzioni. Ecco, esistono questi titoli, poi esiste Half Life: una pietra miliare che ha stravolto completamente il modo di giocare e ha introdotto, a tutti gli effetti, la moderna concezione di sparatutto single player. Tutto ciò avveniva nel lontanissimo 1998 e probabilmente nemmeno la stessa Valve era pienamente consapevole di quanto il loro lavoro avrebbe influenzato praticamente tutti i giochi che sarebbero arrivati successivamente. Premio dopo premio, a distanza di 6 anni, uscì un seguito diretto che, non contento dei risultati ottenuti in passato, sconvolse nuovamente il panorama videoludico, introducendo anche un nuovo motore grafico che si sarebbe dimostrato uno dei più longevi di sempre: il Source Engine.
    Per venire incontro anche a quei giocatori che potevano essersi perduti il capitolo originale, Valve decise di adattare il suo capolavoro con le nuove tecnologie, aggiornandone qualche effetto e poco altro. L'idea di Black Mesa Source nasce proprio da questa sorta di riscrittura, evidentemente non soddisfacente per la community al punto da farle pensare che sarebbe stato possibile fare molto di più per rendere giustizia a un prodotto di tale caratura. Fu così che alcuni volenterosi modder si misero al lavoro, nel 2005, e cominciarono a ricostruire da zero l'intero telaio della prima avventura di Gordon Freeman, inizialmente in forma gratuita e, successivamente, grazie al supporto economico di Steam. Dopo circa 10 anni dall'inizio dei lavori, finalmente abbiamo potuto mettere le mani su una build Early Access completa circa all'85%, che ci ha dato un'idea ben più che convincente di quanto sia stato realizzato in questo periodo. La sveglia è suonata da un pezzo, è tempo di recarci al lavoro...

    Il più piacevole dei Déjà-vu

    La lunghissima sezione introduttiva in cui dobbiamo attraversare l'intero complesso di Black Mesa in un vagone di trasporto è già sufficiente per farci capire come, nonostante tutto sia cambiato, in realtà l'esperienza che ci approcciamo a vivere ancora una volta rimane immutata in questa rivisitazione di Half Life. Tutto è al suo posto: i robot, le guardie, le strutture: un'armonia prestabilita che i ragazzi di Crowbar Collective hanno deciso (a ragion veduta) di non intaccare. Perché, ricordiamolo ancora una volta, il loro intento è e rimane quello di trasporre lo spirito dell'originale con un'estetica al passo coi tempi. Una volta arrivati a destinazione siamo accolti da una guardia ed è qui che ha inizio il nostro viaggio per gli innumerevoli laboratori del complesso. Camminando per i corridoi e intrattenendoci con i nostri colleghi scienziati ci rendiamo conto della cura che il team di sviluppo ha riposto nel ricreare le atmosfere originali, potenziandole allo stesso tempo con una ricchezza e un gusto estetico di prim'ordine. La disposizione di elementi aggiuntivi negli scenari non disturba affatto, anzi, rende tutto più naturale e vivo nonostante ciò che appare su schermo sia mosso da un engine che a breve festeggerà una decade d'esistenza. Siamo più che convinti che i giocatori di vecchia data dotati di maggior memoria non potranno non lasciarsi scappare una lacrimuccia nel compiere questo indimenticabile salto nel passato.
    Dopo aver indossato la leggendaria tuta di contenimento arancione possiamo, finalmente, recarci nell'area di ricerca a noi assegnata, ma la quiete non può durare a lungo e i guai infatti non tardano ad arrivare. L'esperimento del giorno sfugge al nostro controllo e un temibile squarcio dimensionale si apre proprio nell'intero complesso, permettendo ad un esercito di temibili alieni di invadere il nostro pianeta nel più violento dei modi. Non sappiamo quanto tempo sia passato al nostro ritorno nella stanza dei test, ma la situazione sembra piuttosto chiara dal momento che i nostri colleghi sono stesi a terra in un lago di sangue e noi siamo praticamente disarmati. Dobbiamo trovare uno strumento con cui difenderci ed è qui che, con nostro sommo piacere e sorpresa, scopriamo che i Crowbar Collective hanno modernizzato non solo l'aspetto esteriore, ma anche alcune parti del gameplay ritenute troppo "old school". Nella fattispecie, il ritrovamento dello storico piede di porco avviene in maniera diversa rispetto al passato: dovremo infatti attraversare alcune sezioni in cui incontreremo nemici senza poter fare alcunché, fino a raggiungere una stanza in cui la nostra arma preferita è stata adibita a chiusura d'emergenza per una porta. Intendiamoci, non si tratta di modifiche che stravolgono particolarmente l'avventura o la sua storia, ma semplicemente delle migliorie che vanno a colmare delle lacune che, a distanza di 17 anni, non è più possibile continuare a riproporre al grande pubblico.

    I puristi probabilmente staranno storcendo la bocca, ma vi assicuriamo che le nuove trovate funzionano decisamente bene, e non creano alcun tipo di forzatura all'interno dell'avventura, provvedendo a sfruttare al meglio le potenzialità del nuovo engine, inserendo di tanto in tanto inedite interazioni ambientali (come nel caso di un ponte da sollevare attraverso dei barili galleggianti). In altri momenti, inoltre, come nella sezione su binari dei primi livelli, abbiamo notato un concreto snellimento, onde evitare la presenza di situazioni troppo lente o intricate che avrebbero spezzato eccessivamente l'azione (chi lo provò all'epoca si ricorderà quanto poteva essere frustrante scambiare gli svincoli nel modo sbagliato).
    E' sempre difficile valutare un'operazione che si trova a metà fra il recupero "filologico" di un titolo uscito così tanti anni fa e la riscrittura, pur marginale e contenuta, delle sue meccaniche. E' quasi impossibile giudicare oggettivamente l'opportunità degli interventi del team: bisogna infatti considerare le implicazioni di tipo storico e affettivo che finiranno per orientare ogni giocatore in maniera differente. Cercando di astrarsi per un attimo da questa logica, possiamo però affermare chela formula di Half Life funziona ancora nel 2015: è ancora in grado, pur con tutti i suoi limiti, di affascinare i giocatori, segno che il prodotto Valve può definirsi a pieno titolo uno dei grandi "classici" del nostro medium.

    Oltre il semplice HD

    Passiamo ora a ciò che caratterizza effettivamente questa tanto attesa rivisitazione: il comparto tecnico. Se sul fronte della storia e del gameplay era davvero difficile riuscire a sbagliarsi, qui le cose erano ben più complicate. Era del resto necessario trovare un equilibrio che rendesse giustizia agli ambienti del passato, senza però snaturarne l'essenza. In tal senso vi diciamo con assoluta fermezza che il risultato è pienamente soddisfacente, e supera indenne persino test comparativi con il capitolo originale. Tutto è rimasto al suo posto, ma allo stesso tempo tutto è più ricco e più bello: Black Mesa riesce insomma ad annichilire quell'orribile sensazione che spesso si prova riprendendo in mano un vecchio capolavoro, per scoprire che al giorno d'oggi quella grafica un tempo meravigliosa fa quasi tenerezza.
    Il Source Engine si comporta decisamente bene e la mole di elementi a schermo è superiore a quella di altri prodotti più recenti basati sullo stesso motore, come Left 4 Dead 2 o di Portal 2, con picchi di nitidezza e pulizia che "tradiscono" una cura peculiare dei team specializzati in mod. Texture in altissima risoluzione, shader precisi e illuminazione nel complesso buona, abbinati a una completa rimodellazione poligonale, hanno permesso all'intera struttura di Black Mesa di tornare a brillare di luce propria, senza lasciare nulla al caso e stupendoci in più di un'occasione con elementi realistici all'inverosimile. Purtroppo la bontà di tale lavoro, che pur offre una qualità superiore alla maggior parte dei titoli sulla sua stessa fascia di prezzo (19.99€), è limitata allo stesso tempo dall'engine stesso. Nonostante il Source sia invecchiato più che bene rispetto a tanti altri "colleghi", di fronte a un progetto di tale ampiezza si iniziano a notare alcuni scricchiolii, a partire dai fastidiosissimi tempi di caricamento tra una zona e l'altra, che arrivano generalmente in momenti di calma, ma che spezzano eccessivamente il ritmo (e in maniera troppo brusca). Facendo un discorso più ampio si possono poi citare la mancanza di un solido sistema d'illuminazione, l'assenza di veri e propri filtri cinematografici e i legnosi movimenti facciali dei personaggi, che restituiscono un'immagine troppo pulita e irreale quando si vive l'esperienza oltre il semplice screenshot.

    Le vecchie atmosfere sono rimaste inalterate

    Va poi tenuto a mente che l'origine del progetto è di tipo amatoriale e che, almeno all'inizio, il tutto avrebbe dovuto rimanere gratuito per la community, segno di un lavoro nato con intenzioni e ambizioni ben diverse da quelle attuali. 10 anni sono lunghi anche per il team più esperto, figuriamoci per un manipolo di modder desiderosi di dare nuovo lustro a un titolo che ha segnato la storia dei videogiochi. Certo è che, se l'uscita su Steam fosse avvenuta 3 anni fa, la risonanza di un lavoro del genere sarebbe stata ancora maggiore, poiché negli ultimi tempi vi è stata una vera e propria impennata generale sul fronte grafico che ha inevitabilmente alzato l'asticella della bontà tecnica di un videogame. In realtà quanto detto sinora è più che altro un inciso obbligatorio per coloro che non avessero ben chiara la gestazione di Black Mesa Source, al fine di valorizzare appieno quella che si è dimostrata un'impresa di stampo faraonico, di quelle memorabili e rare nell'industria videoludica.

    Black Mesa Tornare a Black Mesa è sempre un'emozione unica, e siamo convinti che possa essere un’esperienza avvincente anche per coloro che per la prima volta si troveranno a guidare Gordon Freeman nella sua odissea, sotto l’occhio vigile del misterioso G-Man. Nonostante la build da noi testata sia un Early Access, in realtà abbiamo avuto modo di provare gran parte dell’avventura, sempre più convinti che pure le parti mancanti saranno ai livelli di quando finora pubblicato da Crowbar Collective: un team di sviluppo capace di farsi notare per le proprie qualità anche in un mercato così agguerrito e (purtroppo) spesso concentrato sul puro successo commerciale. L’avventura è rimasta la stessa, ma con alcune piacevoli aggiunte e snellimenti sul fronte del gameplay, mentre la grafica è stata rivisitata da zero mantenendo però le atmosfere tanto care ai giocatori. Manca all’appello di questa analisi un esame del comparto multiplayer, ancora troppo acerbo per poter esprimere una valutazione adeguata in proposito, ma che contribuirà, in sede di recensione finale, a dare a questo prodotto e al suo team il riconoscimento che effettivamente meritano. In quella che è diventata una scalpitante attesa nel mettere le mani su una build definitiva, ci sentiamo fin da ora di consigliare l’acquisto di questo Early Access a tutti coloro che si ritengano appassionati di sparatutto o di videogiochi in generale, perché difficilmente troveranno una sintesi di amore e talento migliore di questa.

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