Close Combat The Bloody First: provata la campagna italiana

Abbiamo avuto l'opportunità di provare in anteprima alcune missioni della campagna italiana di Close Combat The Bloody First.

Close Combat The Bloody First: provata la campagna italiana
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  • I videogiochi, così come qualsiasi altro medium, hanno spesso e volentieri preso spunto dagli orrori del secondo conflitto mondiale per creare storie e narrare uno dei periodi più bui della storia dell'uomo. Per paradosso, quello più ricco di documentazione, proprio perché così tragicamente vicino a noi.
    Dalle grandi operazioni sino alle scaramucce più insignificanti, dalle vittorie ai fallimenti alleati durante la corsa verso Berlino così come nel Pacifico, tutto è stato passato al setaccio, ricostruito, mitizzato, glorificato o condannato, a seconda dei punti di vista.
    Di produzioni ludiche, nel corso del tempo, ce ne sono state a bizzeffe: FPS, giochi di ruolo, action, grand strategy, RTS. La mente andrà immediatamente a ripescare l'ottimo Company of Heroes o, ancora, R.U.S.E., Steel Division Normandy '44, Blitzkrieg, Panzer General, Combat Mission, Man of War, Hearth of Iron, Medal of Honor...insomma, potremmo davvero citare titoli per ore.

    Prendendo in considerazione, invece, solamente gli RTS, chi ha qualche annetto sulle spalle si ricorderà sicuramente della serie Close Combat, pilastro indiscusso dell'età dell'oro della strategia in tempo reale. Nonostante la proprietà intellettuale abbia ricevuto nel corso del tempo una grande quantità di nuovi capitoli, da un po' di tempo era caduta nell'oblio. Per fortuna Slitherine, prolifico publisher britannico specializzato nella creazione e distribuzione di ogni sorta di "war game" in circolazione, ha creduto in un progetto utopico: riportare in vita la serie. Ve ne abbiamo parlato per la prima volta l'anno scorso, quando il titolo si trovava ancora in una versione preliminare. Ora abbiamo avuto finalmente l'opportunità di testare le migliorie apportate da Matrix Games, lo sviluppatore responsabile del progetto. Siamo dunque partiti per affrontare in anteprima quattro missioni della campagna italiana.
    Vi raccontiamo come è andata.

    Overture

    Matrix e Slitherine ci hanno catapultati in Sicilia, a fianco dell'offensiva Alleata. Nome in codice dell'operazione: Husky. Ci troviamo nella torrida estate del 1943, in una fase del conflitto ormai avanzata: l'impero millenario, partorito dalle contorte farneticazioni di Hitler, sta lentamente ma inesorabilmente assistendo all'erosione delle conquiste operate negli anni precedenti. I territori sotto l'occupazione nazista si estendono dal Mare del Nord alle coste africane. Gli "italienischen Freunde" non saranno tali ancora per molto, dato che un mese dopo i plenipotenziari delle stremate forze del Regio Esercito firmeranno l'armistizio di Cassibile. Inoltre, le spiagge della Normandia da lì a un anno saranno pregne del sangue di migliaia di soldati, divisi dalla fazione e dagli ideali, ma uniti in un insensato, estremo sacrificio.

    La nostra prova, dunque, prende piede poco dopo lo sbarco alleato nei pressi di Gela e ci conduce nell'entroterra, verso Niscemi tra le fauci del lupo: la divisione corazzata Goring.
    L'operazione non iniziò nel migliore dei modi: il martellante supporto dello sbarramento navale unito all'atterraggio disorganizzato di diverse compagnie di paracadutisti (si parla di circa 5.000 uomini), cercò di aprire la strada alle forze di terra che, dopo aver conquistato le spiagge, si apprestava ad addentrarsi nell'aspro entroterra siculo.
    Le missioni a nostra disposizione, dicevamo, sono state solo quattro ma ci sono bastate per tornare ai bei vecchi tempi e passare qualche ora di soddisfacente gestione tattica, da bravi deus ex machina.
    Non solo: le mappe ci hanno anche permesso di osservare le migliorie apportate al titolo e farci un'idea preliminare di quello che ci aspetterà quando Close Combat tornerà a far bella mostra di sé nella nostra softeca.
    Prima di proseguire nella trattazione, però, bisognerebbe fare una seconda introduzione, dedicata questa volta alle forze nazi-fasciste. Il titolo, ovviamente, ci permette di cambiare casacca per tentare di resistere all'avanzata degli anglo-americani.

    Immaginate, dunque, una copertina "double face" da girare a seconda dell'edizione che volete mostrare sugli scaffali. Il livello di difficoltà, ovviamente, sarà profilato di conseguenza: italiani e tedeschi, in quei fatidici giorni, soffrivano di una pesante penuria di informazioni, uomini, mezzi e soprattutto coordinamento. Cosa, quest'ultima, che li portò a disperdere lungo una linea sin troppo estesa il possibile sbarramento alla testa di ponte alleata. Ciò nonostante, quando ebbe inizio l'invasione, i manipoli italiani e le divisioni tedesche riuscirono a resistere e a rallentare (e non di poco) l'offensiva del nemico il quale subì molte perdite in più rispetto a quanto inizialmente preventivato.

    Da Gela a Niscemi

    Esattamente come accaduto nei precedenti episodi, Close Combat: The Bloody First può essere considerato uno "squad RTS" alleggerito della parte gestionale. Messe da parte le canoniche risorse, dunque, l'attenzione del giocatore viene catalizzata verso il cuore dell'azione: ovvero il comando diretto delle unità schierate. Prima di iniziare lo scontro, dobbiamo passare attraverso una fase preliminare di preparazione, in cui possiamo decidere su quali unità contare e il tipo di supporto che può coadiuvarci dalle retrovie.

    Le truppe sono chiaramente limitate a quelle realmente operanti in quel determinato teatro bellico. Anche la loro "disponibilità" ricalca la complessa situazione strategica dei due schieramenti. All'esiguità delle forze dell'Asse, infatti, fa da contraltare la generosa quantità di uomini e mezzi che gli Alleati possono mettere in campo.
    Una volta conclusa la fase di briefing (in cui si possono personalizzare altri parametri, come l'esperienza delle unità, il loro morale, la visibilità e le win condition), si passa alla "deployment phase" in cui è possibile schierare le unità all'interno di una determinata zona d'influenza e impartire i primi ordini con tutta calma, studiando prima di tutto il terreno su cui i nostri uomini si apprestano a combattere.

    La conoscenza della mappa, in Bloody First, viene favorita dalle due innovazioni principali di cui vi parlammo già un anno fa.
    La telecamera, sempre "top down" come impone la tradizione, può esser avvicinata e ruotata a seconda delle esigenze. Non solo: l'avvento della terza dimensione ci consente di avere maggiore cognizione delle asperità del terreno, dei punti di vantaggio e delle potenziali linee di tiro favorevoli ai nostri uomini. L'orografia riveste quindi un ruolo tattico fondamentale e, molto spesso, una corretta interpretazione della mappa - come tutti i bravi strateghi sanno molto bene - può rappresentare la miracolosa sopravvivenza delle forze sotto al nostro comando.

    In Close Combat queste ultime, infatti, non sono semplici ammassi di carne da mandare al macello, bensì divengono squadre di semplici uomini soverchiate dagli orrori della guerra. Ciò va a influire sulla coesione dei reparti e sulla loro motivazione al combattimento. Sottoporre i soldati al fuoco nemico in campo aperto non condurrà solo alla morte della maggior parte di essi: spezzerà la loro resistenza frantumando una linea d'avanzamento faticosamente imbastita. Le unità subiranno anche gli effetti della fatica e delle ferite, la carenza di munizioni e approvvigionamenti, il panico incotrollabile. Inoltre, come accade in un conflitto reale, gli individui che riusciranno a sopravvivere alla singola battaglia acquisiranno esperienza, diventando dei veterani esperti.
    L'aspetto umano del conflitto, insomma, è proprio uno dei punti forti della serie e i ragazzi di Matrix sembrano aver fatto un buon lavoro nell'approfondire e valorizzare tale feature.

    Nobis incedentibus rupes ruunt

    Rispetto alla nostra precedente prova, il titolo ha fatto discreti passi avanti tanto sotto il profilo del sistema di controllo (ora più razionale, intuitivo e leggibile rispetto all'alpha), quanto riguardo all'aspetto puramente grafico e di gestione della fisica dei proiettili e del movimenti dei modelli poligonali a schermo.

    L'engine 3D, che l'anno scorso ha sostituito il precedente progetto in Unity, permette una migliore lettura della mappa, ora arricchita con nuovi elementi ambientali. Ciò su cui, a nostro avviso, il team deve ancora lavorare è l'ottimizzazione generale dell'engine, ancora claudicante, e ovviamente la visibilità delle unità. Davvero minuscole e sovente caratterizzate da una palette cromatica che si confonde con il terreno.

    Quando finalmente debutterà, Close Combat: The Bloody First presenterà ben tre differenti scenari (Nord Africa, Sicilia e Normandia) suddivisi in undici macro operazioni e trentasei missioni. Il titolo, inoltre, avrà anche il multiplayer e una funzione interamente dedicata all'editor di mappe, cosa che permetterà ai giocatori di creare e condividere nuovi e inediti scenari per la community.

    Close Combat: The Bloody First Close Combat: The Bloody First sta lentamente prendendo una forma definita e promette di riportare in auge una delle saghe strategiche più blasonate dell'intero panorama videoludico. Rispetto alla versione preliminare, che abbiamo avuto modo di giocare poco più di un anno fa, il titolo sembra aver fatto discreti passi su tutti i fronti. Attualmente il gioco si trova ancora in una fase di closed beta, a cui potete iscrivervi sul sito ufficiale di Slitherine. Se riuscirà a mantenere le promesse, la nuova iterazione della serie potrebbe fare la felicità non solo della vecchia guardia, ma anche delle nuove leve, curiose di provare uno strategico diverso da quanto siamo abituati a vedere oggigiorno.

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