Close Combat The Bloody First: il ritorno della strategia vecchia scuola

A oltre vent'anni dal debutto, la serie Close Combat sta per tornare con un nuovo capitolo della serie. L'abbiamo provato in anteprima.

Close Combat The Bloody First: il ritorno della strategia vecchia scuola
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  • Close Combat è una serie storica, che non ha bisogno di presentazioni. Gli appassionati strateghi da scrivania la conosceranno di sicuro mentre, per chi non ha mai avuto la possibilità di giocare a un titolo del franchise, un piccolo riassunto è d'obbligo. La serie ha debuttato ben vent'anni fa. Un'eternità, dal punto di vista videoludico. In quell'epoca, diciamo dal 1995 al 1998, i capisaldi dei ragazzi erano sostanzialmente quattro: Age of Empires, Warcraft 2, Starcraft e, appunto, Close Combat. Insomma, un'età dell'oro per gli strategici. Close Combat, però, pur rientrando nel genere, prendeva decisamente le distanze dai "colleghi" grazie ad alcune felici intuizioni, addirittura rivoluzionarie. Tralasciando, per un momento, il particolare mix tra turn based e RTS, la gestione della visuale, la mappa bidimensionale e il setting del secondo conflitto mondiale, la serie introduceva nell'equazione i parametri psicologici e fisici delle unità.
    Il giocatore, quindi, doveva fare i conti con una complessità tattica ancora più profonda e sfaccettata. Le unità sotto il suo comando potevano "reagire" alle sollecitazioni in modo sempre diverso e imprevedibile. I soldati potevano, ad esempio, esser assaliti dal panico se bersagliati dal fuoco martellante dell'artiglieria (oppure alla vista dei compagni morti) e quindi non rispondere agli ordini. Lo stato fisico era parimenti importante, così come l'esperienza accumulata dai soldati. Gettare nella mischia fresca carne da cannone, infatti, conduceva quasi sempre a un massacro.
    Close Combat, da quel lontano 1997, ha avuto molteplici iterazioni e rivoli secondari che esulavano dalla strategia, entrando entravano nell'alveo degli sparatutto tattici. Il franchise ha vissuto fortune alterne e ora, a distanza di oltre quattro anni dall'ultimo capitolo, Close Combat sta per vivere - si spera - una nuova giovinezza, grazie a Slitherine e al team di sviluppo interno Matrix. Abbiamo avuto l'opportunità di testare in anteprima il nuovo, atteso capitolo della serie. Vediamo come se l'è cavata. Prima di iniziare, però, vi diamo il consiglio spassionato di chi è cresciuto in compagnia di Close Combat: recuperatevi e giocate i primi capitoli, resi da poco disponibili sulla piattaforma GOG.com.

    Un Close Combat come un tempo, solo più moderno.

    Close Combat: The Bloody First può essere considerato, al pari dei precedenti episodi, uno "squad level RTS". Al contrario di altri RTS, infatti, il titolo si "alleggerisce" della parte gestionale più pura (ovvero, semplicemente, la raccolta delle risorse e la gestione degli edifici) per focalizzare tutta l'attenzione del giocatore sul cuore dell'azione e, in particolare, sulle unità che si trova a comandare. Come abbiamo accennato nel paragrafo introduttivo, la serie è sempre stata famosa per alcune feature, come ad esempio la previsione dei parametri psico-fisici delle unità comandate. In altre parole, Close Combat ha avuto il pregio di introdurre l'aspetto "umano" del conflitto. In The Bloody First, ovviamente, tale componente non poteva di certo mancare. Ma andiamo con ordine.
    Il giocatore, prima di scendere nell'agone, avrà la possibilità di accedere alla fase di preparazione dello scenario. Nel pre partita, una schermata intuitiva permette di capire quali unità si avranno a disposizione ed eventualmente di modificare il proprio battaglione a seconda delle esigenze (e limitatamente alle unità realmente presenti in quel periodo, in quel determinato contesto bellico).
    Una volta completata questa fase di preparazione, si passa alla consueta "deployment fase". In questo caso il gioco sarà in pausa e si potrà impartire i primi ordini alle unità con tutta calma, studiando prima (e molto attentamente) il terreno di scontro.

    Rispetto ai Close Combat del passato, il nuovo capitolo apporta due importanti innovazioni: prima di tutto, farà il suo debutto una opzione tridimensionale per quel che riguarda la visuale. In buona sostanza sarà possibile passare dalla tradizionale visuale "top down" bidimensionale a una visuale isometrica, cosa che permetterà anche di avere una cognizione maggiore del posizionamento delle unità e dell'orografia del territorio in cui si troveranno a dover combattere. Questo conduce a una seconda, importantissima novità: la linea visiva. Riguardo a questo aspetto il giocatore potrà avere cognizione di ciò che potranno (o non potranno) vedere le unità semplicemente attraverso una combinazione di comandi intuitiva che coinvolge il puntatore del mouse.

    Passandolo sui rilievi della mappa, la parte priva di ostacoli per la squadra selezionata comparirà normale, mentre la parte della linea visiva ostruita verrà oscurata, un po' come fosse la fog of war. L'interfaccia, pur essendo ancora in una fase embrionale, ci è parsa chiara e di facile comprensione. Certo, la strada è ancora lunga e il team di sviluppo dovrà limare alcune spigolature emerse nel corso della prova ma, tutto sommato, anche chi non ha mai avuto modo di approcciarsi alla serie, dopo un breve periodo di ambientamento, potrà riuscire a giocare sin da subito. Ad ogni modo, una volta dato il via alla fase di scontro, starà al giocatore gestire in modo certosino le forze in campo. "Ogni uomo conta". In Close Combat questa affermazione diviene drammaticamente reale. Iniziata la battaglia, non ci saranno rinforzi; il giocatore non potrà contare su nessuna "unit rush" come da tradizione per gli RTS vecchio stile. Ogni soldato, ogni pezzo di artiglieria sarà prezioso e anche solo una perdita potrà causare la rottura del fronte mandando a monte l'intero piano.

    "Il valore dei soldati è posto nell'abilità del comandante"

    Come dicevamo ogni singolo soldato può, in potenza, essere l'ago della bilancia di uno scontro. Dall'azione corale, il giocatore dovrà necessariamente soffermarsi su ogni unità per pesare le mosse da intraprendere e capire come si sentiranno gli uomini al proprio comando, tanto sotto il profilo fisico quanto riguardo all'aspetto psicologico. I soldati, infatti, reagiranno attivamente agli stimoli esterni. Se, ad esempio, si troveranno a subire un pesante fuoco di sbarramento, questi correranno verso la prima copertura utile ma inizieranno anche ad avere paura. E un soldato che si nasconde tremante non spara. Potranno inoltre farsi sopraffare dal panico, se circondati dai cadaveri dei compagni morti e, semplicemente, fuggire. Al contrario, nelle fasi iniziali, in caso di superiorità numerica o di offensiva particolarmente efficace, gli uomini risponderanno positivamente, mettendo in campo tutto il loro valore. Abbiamo visto campeggiare, a fianco dei nomi dei soldati, stati d'animo come "Heroic" o addirittura "Berserk".

    Le unità, inoltre, verranno influenzate dalla fatica (costringendole a marce forzate le farà giungere stanche a contatto col nemico) e ovviamente dalle ferite subite, queste ultime presenti in diversi gradi di gravità.
    Questi stati psico-fisici non saranno confinati all'interno di un solo scenario. Ciò significa che, proprio come accade in un conflitto reale, le forze superstiti acquisiranno esperienza, diventando così dei veterani esperti mentre, per rimpiazzare le perdite, sarà necessario chiamare reclute fresche, con il rischio di mandarle velocemente al massacro. La campagna seguirà le forze americane (create seguendo un'accurata ricerca storica) nel corso del secondo conflitto mondiale, su tre differenti contesti e 36 mappe diverse: il Nord Africa, l'invasione della Sicilia e le fredde terre francesi, a partire dalla consueta Normandia. Il titolo, inoltre, avrà anche il multiplayer un editor che permetterà ai giocatori di creare e condividere nuove mappe e scenari.

    Close Combat: The Bloody First Close Combat: The Bloody First promette di riportare lo storico franchise ai fasti di un tempo, pur senza perdere di vista il contatto con la realtà attuale. Tutto ciò che di buono si è visto nei primissimi capitoli sembra qui ripresentarsi sostanzialmente invariato, mentre le due principali innovazioni, ovvero l'introduzione della visuale in 3D e la gestione della linea visiva delle unità, sono delle gradite aggiunte che, di sicuro, contribuiranno a rendere il profondo tatticismo della serie un po' più attraente per le nuove leve che non hanno mai avuto modo di giocarci. Close Combat: The Bloody First si trova ancora in piena fase di sviluppo presso gli studi di Matrix e dovranno passare ancora diversi mesi prima di poterlo vedere finalmente debuttare. Alcune spigolature emerse dovranno assolutamente essere migliorate e, in generale, molto deve ancora esser fatto. Il titolo, però, ha mostrato un ottimo potenziale, e potrebbe far la felicità degli strateghi da scrivania vecchi e nuovi. Continueremo a seguire da vicino lo sviluppo del titolo, sperando di potervi raccontare presto qualcosa in più.

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