Daymare 1998: il survival horror italiano ispirato a Resident Evil 2

Daymare: 1998 è un progetto ambizioso, dotato di un grande potenziale che però deve fare i conti con i limiti tipici delle produzioni indipendenti.

Daymare 1998
Anteprima: Multi
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Daymare: 1998 è il punto di arrivo di un percorso iniziato nel 2015, quando un gruppo di giovani sviluppatori italiani iniziò a lavorare a un remake non ufficiale di Resident Evil 2. Un'iniziativa nata sul terreno fertile di una passione condivisa, quella per le pietre miliari del genere survival horror e, in particolare, per le esperienze confezionate da Capcom sul calare degli anni ‘90.
    Dopo lo stop imposto dallo studio giapponese, già impegnato nel remake ufficiale del titolo (qui la recensione di Resident Evil 2), il nucleo creativo di Invader Studios decise quindi di reinvestire quella passione in un progetto totalmente nuovo, un gioco che fosse in grado di riportare su schermo le stesse atmosfere snervanti dei classici dell'orrore digitale.

    Un obiettivo ambizioso, specialmente per un team (di 10 persone) agli esordi, con disponibilità economiche molto limitate e in un contesto come quello nostrano, non certo il più favorevole per la scena indipendente. Tutti elementi da tenere in considerazione per inquadrare nel modo giusto i pregi e i difetti emersi durante la nostra ultima prova con Daymare: 1998.

    Quella maledetta estate del 1998

    Daymare si apre nella lunga notte del 19 agosto 1998, a poche ore dal rilascio di un misterioso agente chimico in grado di trasformare gli uomini in fameliche macchine di morte. Una premessa che, in coro con l'estetica delle divise degli agenti H.A.D.E.S. (praticamente una revisione apocrifa dell'Umbrella Security Service) e con i toni da action horror anni ‘90, rende immediatamente chiari i tratti della produzione di Invader Studios, che accoglie i sensi del pubblico fra le righe sanguinose di una sentita lettera d'amore ai classici dello spavento videoludico.

    L'atmosfera si fa sin da subito densa e familiare, carica di attesa, mentre l'elicottero con a bordo il nostro primo alter ego, l'agente Liev, si avvicina al luogo dell'incidente: l'installazione militare segreta Aegis, in silenzio radio da ormai 12 ore. Già a questo punto, però, si palesa uno dei temi chiave di questo articolo: il difficile rapporto tra ambizioni e limiti produttivi. Se infatti la sequenza raggiunge, in termini di scrittura e regia, livelli qualitativi piuttosto promettenti (per gli standard del genere di riferimento), la modellazione poligonale dei volti appare immediatamente datata, accompagnata da una notevole rigidità espressiva e da grossi problemi di lip-sync. Compiendo i primi passi verso l'ingresso della base, si nota anche un dondolio innaturale nelle animazioni del protagonista, che pare muoversi quasi a balzelli. Di lì a poco, il primo incontro con una delle orripilanti creature a piede libero nella struttura evidenzia qualche incertezza nel sistema di shooting, perlopiù legata all'assenza ricorrente di feedback visivo per i colpi a segno. Un punto, quest'ultimo, d'importanza cardinale, specialmente considerando come la scarsità di risorse letali rappresenti, in linea con i canoni del genere, uno dei cardini dell'esperienza.

    Scambiando quattro chiacchiere con il team di sviluppo, abbiamo avuto la conferma - confortante - di come la squadra di Invader Studios sia pienamente cosciente dei problemi attualmente presenti nel gioco, e stia lavorando a ritmi serrati per risolverli in tempo per il lancio, previsto per questa estate. Una consapevolezza che abbraccia in pieno anche quelli che sono i limiti tecnici di una produzione totalmente indipendente, che non punta certo a competere con i titoli del circuito tripla A.

    Malgrado tutto, però, l'impressione è quella di avere per le mani un gioco col "cuore al posto giusto", motore di un titolo dalle sfumature squisitamente nostalgiche che non rinuncia a qualche guizzo creativo molto interessante.

    Tra questi troviamo un doppio sistema di ricarica, che permette ai giocatori di inserire rapidamente un nuovo caricatore nell'arma lasciando a terra quello vecchio (per recuperarlo successivamente), oppure di prendersi il tempo necessario per riporre nell'inventario la clip appena svuotata. Più in generare, l'approccio a questa specifica meccanica è l'esempio più lampante di un concetto di realismo modellato per mantenere la tensione ad alti livelli. Dovremo quindi abituarci a non ricaricare prima di aver consumato per intero la riserva di ogni clip (per ottimizzare il munizionamento e l'efficienza combattiva), e ricordarci di riempire manualmente, tra uno scontro e l'altro, ogni caricatore riposto nell'inventario. L'accesso a quest'ultimo, volutamente limitato e dotato di una certa macchinosità "old school", non interromperà mai il flusso dell'azione, costringendo il giocatore a pianificare attentamente ogni sua mossa.

    Per cogliere appieno le implicazioni mortifere delle dinamiche in questione, vi invitiamo a immaginare di trovarvi circondati da un gruppo di erranti a vari livelli di disfacimento anatomico e di scoprire, dopo averli bersagliati con qualche chiletto di piombo, di non aver farcito di proiettili il caricatore di riserva. Il tutto senza il rifugio sicuro di un inventario capace di sottrarvi, con una salvifica stasi temporale, al massacro imminente. Esatto, vi trovereste immersi fino al collo in un oceano di guano.

    Un complesso di rimandi ludici hardcore cui fa eco un'ampia gamma di citazioni più o meno palesi alle principali fonti d'ispirazione del titolo, come la presenza, su uno dei documenti sparsi nelle sale della base Aegis, della firma dell'ammiraglio giapponese Shinji Mikami, o la repentina apparizione di un sopravvissuto molto simile al Marvin Branagh di Resident Evil 2. L'infame sorte di questo personaggio rappresenta il primo assaggio di un racconto dalle tinte cupe, che recupera molti dei stilemi più rodati del genere (macchinazioni governative, tradimenti inaspettati ed epidemie letali), inserendoli però in un intreccio che già sembra offrire spunti piuttosto intriganti.

    Una notte carica di cospirazioni

    La scelta di somministrare la narrazione attraverso le vicende di tre personaggi molto diversi tra loro (un soldato d'elite, un pilota e una guardia forestale) incarna la volontà di costruire una storyline sfaccettata, e gli stessi sviluppatori ci hanno raccontato di aver investito molto nella caratterizzazione dei personaggi, e nella composizione di una trama articolata e accattivante.

    Rimanendo volontariamente vaghi sugli eventi al centro della sezione in prova, possiamo confermarvi che il primo capitolo ci ha lasciato in testa domande cui non vediamo l'ora di dare risposta. Questo al netto di qualche piccola inconsistenza nella scrittura, con una specifica svolta narrativa un po' pretestuosa e qualche dialogo fin troppo sovrabbondante. Si tratta comunque di difetti compatibili con lo stile tipico delle produzioni anni ‘90, da cui Daymare eredita atmosfere e routine di gameplay.

    Per quanto estremamente lineari, le sezioni testate colpivano i sensi con un concerto di suggestioni audiovisive efficacemente ansiogene, grazie anche a un ottimo comparto sonoro e a una buona gestione dell'illuminazione ambientale. Fedele ai canoni tipici dei survival horror di una volta, l'impasto ludico comprende enigmi che riportano subito alla mente quelli, tanto irragionevoli quanto stimolanti, dei capisaldi del genere, accompagnati da altri dal taglio più moderno. Durante la nostra breve avventura, ci è quindi capitato di dover recuperare indizi per accedere al database di un PC vintage, "ovviamente" digitando le password su una tastiera a lettere greche. In un altro momento, ci siamo trovati ad armeggiare col pannello di un - immancabile - generatore disattivato, cercando di distribuire al meglio le risorse energetiche per sbloccarne l'avvio. Ben meno interessanti, almeno per il momento, i minigiochi legati alla violazione dei sistemi di sicurezza delle porte, troppo basilari per contribuire in maniera incisiva alla varietà generale dell'azione. Proprio la diversità situazionale, in coppia con lo spessore delle sfide messe a punto dallo studio, sarà uno degli aspetti principali da valutare in fase di recensione, per farsi un'idea più chiara del valore dell'esperienza confezionata da Invader Studios.

    Per quanto la porzione provata mostrasse qualche cedimento ritmico piuttosto consistente, infatti, gli sviluppatori hanno precisato che si tratta di una sezione "tutorial" pensata per lasciare ai giocatori un po' di tempo per metabolizzare tranquillamente le meccaniche di gioco, e pertanto dotata di un'intensità ridotta.

    Tanto basta però per farsi un'idea del carattere di un gameplay duro e impietoso, che impone un'accurata gestione delle risorse nell'inventario (con tanto di combinazioni curative o potenzianti) e una certa capacità di discernimento, specialmente nella selezione dei bersagli da uccidere o da aggirare, magari per mettere da parte qualche proiettile in più. Seppur non particolarmente originale (almeno per quel che riguarda i nemici della demo) il design degli abomini è di buona fattura, complice il contributo di Satoshi Nakai, già collaboratore di Capcom per Resident Evil Code: Veronica X (qui la recensione del remaster HD) . In alcuni casi, però, i problemi tecnici del titolo riducono considerevolmente l'efficacia angosciante degli avversari, a causa di animazioni goffe al limite del grottesco e di routine comportamentali un po' abbozzate.

    Tra i difetti del comparto tecnico troviamo anche qualche incertezza nella gestione delle collisioni, mentre risulta decisamente azzeccata la scelta di permettere ai giocatori di rinunciare totalmente all'hud per amplificare il senso d'immersione. Buono il design delle ambientazioni (seppur un po' disuguale dal punto di vista qualitativo), così come il livello di ottimizzazione proposto dalla build testata su PC, generalmente priva di grosse fluttuazioni sul fronte del frame rate.

    Daymare 1998 Daymare: 1998 si conferma come un titolo promettente: un survival horror che tenta di equilibrare al meglio vecchio e nuovo per offrire un’esperienza dotata di sfumature piacevolmente nostalgiche. L’opera prima di Invader Studios si rivolge chiaramente agli appassionati dei survival horror della vecchia scuola, e lo fa rielaborando gli stilemi classici del genere con l’aggiunta di qualche elemento ludico di valore, accompagnato da un racconto già piuttosto intrigante, che non vediamo l’ora di approfondire. Al netto di qualche piccola incertezza nella scrittura e nel design, al momento i principali problemi della produzione riguardano il versante tecnico, e risultano legati a doppio filo alla natura totalmente indie del progetto. Limiti che si vedono e si sentono, per quanto l’opera prima di Invader Studios abbia comunque il potenziale per ritagliarsi uno spazio più che dignitoso tra i titoli di genere. A decretare le sorti del gioco sarà la capacità del team italiano di proporre alla platea un prodotto caratterizzato da una buona varietà situazionale, da un ritmo sempre sostenuto e da una solidità convincente, sia per quel che riguarda il gameplay che la narrazione. Sarà inoltre importante collocare il titolo nella fascia di prezzo più adatta, onde evitare difficili paragoni con i campioni del mercato tripla A. Dubbi destinati a diradarsi a breve, visto che Daymare: 1998 dovrebbe arrivare sugli scaffali digitali nel corso dell’estate.

    CONFIGURAZIONE PC DI PROVA

    • CPU: I7 7740X
    • RAM: 16 GB DDR4 3200MHz
    • GPU: GTX 1070

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