Dolmen: un nuovo Soulslike dalle atmosfere horror

Abbiamo provato Dolmen, Soulslike sviluppato dallo studio brasiliano Massive Work Studio, in una versione ancora preliminare.

Dolmen
Anteprima: PC
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • PS5
  • Xbox Series X
  • Dolmen è sviluppato da Massive Work, uno studio con base a Natal, nel nordest del Brasile. Il progetto è nato dal sogno di un gruppo di amici, che sono riusciti a ottenere il supporto di un grande publisher, Prime Matter, la nuova etichetta di Koch Media, capace di dargli esposizione mediatica. È bello sentirsi raccontare storie di persone con un obiettivo e che arrivano a raggiungerlo, sapere che anche in paesi con meno possibilità di sviluppare videogiochi per il grande pubblico c'è qualcuno impegnato a farlo. Tuttavia, dopo aver provato Dolmen per qualche ora in una versione contenuta e preliminare, ci viene facile inserire il gioco nella categoria di quelli che hanno poco o nulla da dire, e che si accodano alle mode di mercato con la speranza di raggranellare un pubblico.

    Di Dolmen si potrebbe parlare citando solamente altri giochi, tant'è un miscuglio di idee ereditate apparentemente senza troppa convinzione. È descritto come un souls-like fantascientifico con inserti di orrore cosmico lovecraftiano. Ha un'estetica che riprende quella di Dead Space e la storia racconta di una tragedia avvenuta su una miniera del pianeta Revion Prime: lì è stato trovato un cristallo dal nome di Dolmen che ha il potere di connettere dimensioni differenti. Ovviamente da uno di questi piani d'esistenza sono giunte creature mostruose che hanno massacrato i minatori, spingendo il o la protagonista a lanciarsi una missione per eliminare le minacce extradimensionali. (Se vi interessa leggere di più riguardo alle premesse e alle caratteristiche del gioco, ne abbiamo parlato più approfonditamente nell'anteprima di Dolmen.)

    Un Soulslike poco ispirato

    Dolmen opera una mimesi poco convinta, che sin da subito dimostra come il team non abbia interiorizzato a dovere le caratteristiche dei giochi da cui vuole prendere spunto. Basta l'inizio per averne dimostrazione, dove lo studio tenta di riprodurre il sistema "semi-diegetico" dei Dark Souls per veicolare informazioni di tutorial, ma lo fa in maniera impacciatissima: a terra compaiono dei glifi slegati dall'ambientazione che aprono delle sovrimpressioni con tanto di filmati esplicativi.

    Le interfacce esterne, specie in giochi in cui è necessario interiorizzare il sistema di combattimento con l'azione diretta, sono uno dei modi più sgraziati e intrusivi di comunicare le meccaniche, all'opposto del metodo applicato invece nei giochi di Miyazaki.Fortuna che qualche nemico su cui testare movenze e abilità c'è: delle cavallette giganti molto deboli che hanno il ruolo di manichino d'addestramento. Grazie a esse si intuiscono le nozioni basilari: c'è una barra della stamina che si esaurisce con attacchi e corsa, si possono effettuare colpi leggeri, pesanti e in combo, si può effettuare un parry deflettendo l'attacco al momento giusto.

    Sono anche presenti alcune divergenze dalla formula originale: il personaggio può impugnare un'arma da fuoco e sparare consumando una barra di energia che si ricarica col tempo. La stessa barra di energia può essere usata per attivare una modalità alternativa nel corpo a corpo, nella quale i fendenti consumano energia invece che stamina.

    L'energia ha poi un terzo utilizzo ed è quello curativo: premendo un tasto si può rigenerare all'istante una porzione di vita, consumando tuttavia in modo permanente una parte dell'energia massima. Per recuperarla è necessario sfruttare delle batterie/estus presenti in numero limitato e che si ricaricano completamente all'attivazione di radiofari/falò.

    Va detto che qualche idea interessante nel sistema di combattimento di Dolmen c'è. L'aspetto che emerge di più, tuttavia, è la sua realizzazione grezza, approssimativa, imprecisa. Sia nelle animazioni che nei ritmi dettati dalle routine nemiche il gioco restituisce sensazioni quasi mai positive. C'è qualcosa che non va in come il protagonista impugna le armi da fuoco, nel modo che ha di saltare o spostarsi. Dolmen è ancora in lavorazione con l'uscita fissata per un generico 2022, e forse ci sarà tempo di rivedere alcune di queste cose, ma difficile aspettarsi una completa revisione.

    Il gioco è poi tecnicamente abbastanza primitivo e dal colpo d'occhio poco esaltante, forse sintomo di una produzione che non dispone degli strumenti per rapportarsi col mercato dei cosiddetti doppia A. Si tratta comunque di caratteristiche su cui si potrebbe passare sopra felicemente se solo nascondessero qualcosa di interessante e di valore. Nel corso della nostra prova non abbiamo però intravisto elementi di tale fattura, nel quadro di una produzione che sembra soffrire di una sudditanza psicologica nei confronti dei grandi attori del genere. Lo si vede negli aspetti già descritti e pure nella gestione della "narrativa ambientale": utilizziamo le virgolette perché non si tratta davvero di narrativa ambientale, ma di semplici testi consultabili interagendo con alcuni elementi dello scenario come terminali, monitor e cadaveri.

    Purtroppo la narrazione, che già di per sé fatica a catturare l'interesse sin dalle premesse, è spezzettata arbitrariamente e distribuita a piccole dosi attraverso oggetti interattivi che spesso non hanno alcun legame col contenuto dei testi. Invece di reinterpretare la gestione del racconto in base alle caratteristiche della propria produzione, Massive Work ha scelto la via più lineare, nel tentativo di trasmettere fascinazione e interesse nei confronti dell'ambientazione. Un traguardo che - allo stato dei fatti - risulta piuttosto lontano, nel quadro di un gioco che ha ancora molto da dimostrare.

    Dolmen Allo stato attuale, Dolmen risulta purtroppo estremamente derivativo e senza caratteristiche davvero distintive. L'assetto preliminare della versione testata ci impone cautela, ma nonostante questo ci viene difficile immaginare che il gioco possa migliorare così tanto nel tempo che lo separa dall’uscita. Il publisher Prime Matter ha di certo gli strumenti per farlo risaltare tra congeneri che non hanno alle spalle grandi aziende, ma basterà? A mesi dall’esordio, previsto per il 2022, abbiamo l’impressione che il titolo di Massive Work sia un gioco poco ispirato e con poche idee, che rischia di perdersi tra le tante produzione pubblicate ogni anno; oppure uno che sa celare benissimo le proprie qualità.

    CONFIGURAZIONE PC DI PROVA

    • CPU: AMD Ryzen 2700X
    • RAM: 16 GB
    • GPU: Nvidia RTX 2070

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