Field of Glory Empires: il racconto dell'ascesa di Cartagine

Abbiamo testato una demo del nuovo, ricco strategico di Slitherine: partiamo insieme alla conquista di Cartagine!

Field of Glory Empires: il racconto dell'ascesa di Cartagine
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  • Slitherine è un publisher ormai noto tra le frange degli amatori della strategia dura, pura e senza fronzoli: pertanto, se non bazzicate nell'ambiente degli strategici a turni e dei cosiddetti "grand strategy", difficilmente avrete sentito parlare di Field of Glory. Si tratta di una serie nata nel 2009 come trasposizione digitale dell'omonimo wargame di ambientazione storica: Empires, capitolo che si ambienta nell'Europa dell'epoca Classica e ne riprende i tratti principali, ma lo sviluppo è passato al team francese AGEod, molto esperto in termini di grand strategy. Siamo potuti entrare in contatto con Empires grazie ad una curiosa sfida a puntate (quella di cui vi parleremo è la seconda), che attraverso alcuni obiettivi e la scelta di una civiltà su cui focalizzarsi, permette di entrare in contatto con la complessa struttura di gioco.

    Di primo impatto, Field of Glory Empires ci è parso un titolo piuttosto valido e non eccessivamente complicato, come invece potrebbe presentarsi all'inizio a causa di una migliorabile schermata tutorial, ma è chiaro che la "firma" di Slitherine si nota sempre, nel bene e nel male. Dal punto di vista della comodità dell'interfaccia siamo su livelli accettabili, ed i menù sono programmati con lo scopo di funzionare al meglio, mettendo in secondo piano l'estetica. Nel complesso, l'intero colpo d'occhio fa sembrare Empires un gioco d'altri tempi, proveniente da un passato lontano.
    Fatte le dovute premesse, veniamo al cuore della nostra prova: l'obiettivo era quello di prendere il controllo di Cartagine, appropriarsi di venti territori e raggiungere un ammontare di 7500 oro nelle casse dello stato entro cinquanta turni. Di seguito vi raccontiamo i vari passaggi della nostra avventura.

    Contesto storico

    Originariamente una colonia fenicia, Cartagine accumulò ben presto un tale potere da poter dichiarare l'indipendenza e costruire un temibile dominio commerciale, specialmente nel bacino occidentale del Mar Mediterraneo. La città e il suo popolo vengono sovente ricordati per via delle vicende di Enea e Didone narrate nell'Eneide di Virgilio, o ancor più frequentemente quando si parla delle celebri Guerre Puniche, durante le quali venne consacrata la figura di quello che viene oggi ricordato come uno dei generali più acuti: Annibale Barca.

    Ma Empires parte molto prima che il clangore delle guerre puniche investisse il mediterraneo, quando ancora Cartagine non immaginava che il suo impero sarebbe stato annientato da Scipione Emiliano: siamo nel 310 a.C. e i cartaginesi dominano i mari e i porti commerciali, ma le loro mire espansionistiche non sono dome. In Empires Cartagine è in possesso della parte nord dell'odierna Tunisia, i suoi domini si estendono poi ad est, nella Tripolitania e ad ovest, con le città di Subur e Septa, centri abitati dediti al commercio che lambiscono lo Stretto di Gibilterra. A nord delle Colonne d'Ercole, i cartaginesi hanno colonizzato parte della penisola iberica con gli insediamenti di Baetis (sul fiume Guadalquivir) e Malaka (Malaga), entrambe città di pastorizia e commercio. Più ad est si trovano le Isole Baleari, anch'esse sotto il controllo di Cartagine (e fonte dei frombolieri delle Baleari, purtroppo assenti in Empires). Il dominio si estende poi ancora più ad occidente con la parte sud della Sardegna, a meridione con Erice - nella parte occidentale della Sicilia - e Melita (l'attuale Malta).

    Nel fittizio 310 a. C. di Empires, la famiglia dei Magonidi governa Cartagine, conferendo dei discreti vantaggi nella logistica. Per di più i cartaginesi ottengono grandi entrate dal commercio ma soffrono per la mancanza di un vero e proprio esercito, che invece viene composto da mercenari reclutati nei territori limitrofi e dai paesi sudditi. I bonus e i malus di fazione che il gioco di Slitherine assegna a Cartagine rispecchiano a grandi linee quelli che erano i veri punti di forza e le debolezze storiche. Agire con attenzione e ponderazione è dunque necessario, specialmente considerando la prodezza dei nemici, in questo caso la città greca di Siracusa (storicamente mai soggiogata dai cartaginesi).

    Come ottenere la vittoria

    Nonostante Cartagine sia la regina del commercio, i gettiti di denaro iniziali non erano sufficienti a finanziare una spedizione militare: è stata quindi ordinata la costruzione di strutture commerciali in vari centri abitati, alle quali sono stati assegnati cittadini e schiavi, diversi per qualità del lavoro e propensione alla ribellione. In Empires esistono quattro possibili assegnazioni: "Food", per la crescita della popolazione e per sfamare civili ed esercito; "Infrastructure", utile al mantenimento e funzionamento degli edifici, che altrimenti perderebbero efficienza; "Commerce", per i ricavi, e "Culture", che migliora l'integrazione di nuove popolazioni e aumenta la lealtà verso il governo centrale.

    La microgestione e la specializzazione delle città è importantissima sulla lunga distanza e va quindi gestita con accortezza, o al limite assegnata ad un governatore dell'intelligenza artificiale: visto che la nostra era una corsa contro il tempo, abbiamo preferito sbilanciare la nostra gestione, e se la partita fosse stata più lunga, saremmo incappati in guai seri. Per di più gli obiettivi prevedevano solo l'annessione di altri cinque territori (di partenza Cartagine ne ha quindici) e dunque abbiamo ridotto a zero la potente flotta a nostra disposizione per reinvestire risorse in un'armata da invasione. L'esercito stanziato a Cartagine aveva comunque abbastanza uomini per permetterci di consolidare le coste dell'Africa settentrionale.

    Comandata dal generale Aaron, un ventisettenne abile nelle azioni offensive, la forza di terra era composta da fanteria d'élite, cavalleria ed elefanti. L'avanguardia era formata dalle falangi del Battaglione Sacro, il non plus ultra dell'esercito cartaginese reclutato direttamente tra i cittadini. A supporto, c'erano tre battaglioni di lancieri libico-fenici, che componevano il cuore dell'esercito. Armati di spada e scudo, e spesso vestiti con cotte di maglia, i mercenari celtiberi svolgevano il ruolo di efficace (ed economica) forza d'assalto. Per supportare la fanteria, Aaron disponeva di due squadre di quelli che erano definiti i carri armati dell'antichità, cioè dei possenti elefanti africani, ottimi per sfondare e scompaginare le formazioni. Sulle ali trovavano posto due gruppi di cavalieri mercenari e due di schermagliatori.

    Con un esercito al quale nessun paese limitrofo avrebbe potuto porre freno, abbiamo iniziato a consolidare il dominio africano attaccando il piccolo centro di Ampsaga, in Numidia, difeso da un regnante indipendente. I numidi hanno intercettato le nostre forze su un terreno collinare, favorevole alla cavalleria: in Empires il terreno in cui si svolgono le battaglie è molto importante, perché garantisce dei valori che possono anche determinare delle improbabili vittorie. Come la Storia insegna, piccoli manipoli di uomini ben posizionati hanno saputo tenere in scacco armate ben più numerose: facile fare l'esempio della battaglia delle Termopili (anche se al tempo i greci erano più di settemila e non solo trecento, che era invece il numero di spartani).

    Allo stesso modo è importante valutare l'esperienza degli uomini impiegati, l'efficacia del loro armamento e il loro grado di stanchezza, oltre all'abilità del generale che li governa. Nello scontro in Numidia le nostre forze non avevano un vantaggio di posizione, ma erano più esperte nel combattimento e, soprattutto, molto più numerose. Certi della vittoria siamo passati alla visuale della battaglia, che si svolge a turni, proprio come in un gioco da tavolo. L'esercito è disposto in formazione e ogni unità combatte con quella immediatamente di fronte.

    In partenza è il turno delle unità a distanza: i nostri schermagliatori hanno ammorbidito le truppe numidiche, composte da un corpo centrale di cavalieri e cammellieri e ai lati di una debole fanteria improvvisata. Poi è toccato ai corpi al centro dello schieramento: la cavalleria numidica, storicamente tra le più efficaci del mondo antico, si è diretta contro il Battaglione Sacro e ha riportato una leggera vittoria. Il risultato dei singoli scontri tra unità è determinato non solo dalle statistiche, ma anche dal lancio di alcuni dadi. Le unità più valide hanno più chance di vittoria proprio in virtù della possibilità di effettuare lanci aggiuntivi, un bonus che può esser fornito anche da alcuni generali. Sebbene i numidi avessero valore da vendere e combattessero su un territorio vantaggioso, i nostri lancieri non hanno avuto problemi a smantellare i lati dello schieramento e, conseguentemente, a mettere in rotta i pochi soldati rimasti in vita.

    Dopo la conquista di Ampsaga abbiamo iniziato il reclutamento di un altro esercito composto da fanteria libico-fenicia, che ci sarebbe servito per rinforzare la nostra armata principale e lanciare un attacco a Siracusa. Ad Ampsaga abbiamo sfruttato l'opzione per costruire nuovi edifici per erigere un negozio di garum: avrebbe di sicuro fatto piacere ai romani e ci avrebbe garantito qualche danaro in più nelle casse. Aaron era invece in marcia verso la Musulamia, vicino l'odierna Tripoli, per creare - abbattendo un regno indipendente - un corridoio che dalla Tripolitania avrebbe condotto direttamente a Cartagine. Nel frattempo ad Erice era stato notato un moderato contingente al soldo di Siracusa, il quale aveva iniziato la costruzione di macchine d'assedio per occupare la città.

    In Empires è possibile invadere dei territori e assediare le città fortificate attraverso strumenti d'assedio: è una scelta che va presa in considerazione, poiché alcuni centri abitati sono molto ben difesi e riuscirebbero a respingere anche enormi forze d'invasione. Perdere Erice sarebbe stato un disastro: la città siciliana era infatti una testa di ponte per poi estendere il dominio in tutta la Sicilia, e senza di essa le nostre manovre militari avrebbero subito un pesante arresto.

    Ci siamo allora visti costretti a trasportare via mare molti dei fanti addestrati a Cartagine e a metterli a difesa di Erice. Nel mentre, l'attacco alla Musulamia andava a buon fine: Aaron aveva sconfitto nel deserto il debole contingente nemico e aveva ucciso tutti i fuggitivi.

    Con velocità gli abbiamo dunque ordinato di dirigersi ad Agrigento e di strappare la città da un tiranno greco che l'aveva presa per sé: in quella maniera le truppe siracusane si sarebbero trovate tra due fuochi, da una parte la guarnigione - sempre più numerosa - di Erice, dall'altra il grosso dell'esercito cartaginese. Ad ovest, nella città di Septa, ci giungevano notizie di numerosi raid organizzati da bande da guerra numide: abbiamo lasciato che la milizia cittadina si occupasse di repellere gli invasori, dato che non avevamo risorse da sfruttare per difendere una parte così remota del nostro regno.

    La fine delle ostilità

    La guerra in Sicilia, tuttavia, aveva preso una piega inattesa: Siracusa aveva desistito dall'attacco di Erice e, forse subodorando una grossa trappola, aveva spostato le truppe a difesa di Messina. Sbarcato sulle coste della Sicilia, il grande contingente dell'esercito cartaginese si era abbattuto sulle difese di Agrigento, la quale aveva lasciato il controllo al generale Euriloco: gli equilibri di forza erano similari, ma Cartagine non aveva avuto troppe difficoltà a penetrare tra i ranghi dei falangiti mercenari che componevano l'avanguardia greca.

    Conquistata Agrigento, la ex-colonia greca era diventata la nuova base delle operazioni cartaginesi, che avevano iniziato ad ammassare una grossa forza d'assalto guidata da Ithobal (esperto d'assedi) con obiettivo Messina. La città siciliana era ai tempi un punto strategico per il commercio nel Mediterraneo e dunque un obiettivo centrale se si voleva stabilire il primato commerciale. C'era solo un problema: le pesanti fortificazioni la rendevano molto difficile da prendere, anche per l'enorme esercito stanziato ad Agrigento.

    Bisognava però impedire che i greci si organizzassero, e dunque il nostro ordine di attacco è avvenuto quasi immediatamente: le truppe di Ithobal hanno provato a far breccia nelle mura di Messina, fallendo diverse volte prima di riuscire. Le sconfitte ripetute avevano causato enormi danni tra i fanti celtiberi, che si erano dimostrati poco adatti a contrastare le falangi degli opliti siracusani, ma la presa di Messina metteva Siracusa in una grossa posizione di svantaggio. Con l'annessione della città era possibile inoltre istituire una provincia, una pratica che in Empires rende più semplice la microgestione dei vari territori.

    Reagendo alla violenza, Siracusa aveva ordinato ad un piccolo contingente di fanti l'occupazione di Malta, lasciata con poche difese. Per riprenderla abbiamo mobilitato uno sparuto drappello di lancieri, mentre continuavamo ad ammassare truppe ad Agrigento: arrivavano nuovi uomini a rinforzare il Battaglione Sacro e le ricche casse dello stato avevano reso possibile pagare degli addestratori per fornirci altri contingenti di elefanti.

    L'esercito di Cartagine era divenuto d'imponenti dimensioni: passato sotto il comando di Amilcare, il più esperto tra i generali, si era mosso allora verso Siracusa per bombardarla con un incessante fuoco di catapulte. Giunse poi il primo attacco, respinto dai valorosi fanti greci nonostante l'inferiorità nelle forze schierate (il numero della potenza del nostro esercito era quasi tre volte superiore a quello dei greci). E poi un secondo ed un terzo, dopodiché Siracusa ha spalancato le porte al suo nuovo regnante: la guerra era finalmente finita, ed aveva un vincitore.

    Sedata qualsiasi minaccia e conquistati i territori strategici, abbiamo deciso di ridurre sensibilmente il numero di soldati per permettere così al commercio di fiorire e al denaro di fluire nelle casse dello stato. Dopo ventinove anni, venti dei quali impiegati nella guerra con Siracusa, Cartagine era diventata una potenza ancora più ricca e temibile di quella ch'era un tempo.

    Field of Glory: Empires Il breve scenario che abbiamo vissuto al comando di Cartagine ci ha fatto comprendere la cura e l’attenzione ad alcuni dettagli storici sfoggiata da Field of Glory: Empires. Ed è servito inoltre a ricordarci quanta potenza narrativa ci sia nei giochi di strategia, specialmente in quelli che consentono all’utente di operare in completa libertà e con pochissime restrizioni, se non quelle tecniche. È vero che Empires sembra un po’ grezzo e condivide alcune leggerezze di molti giochi dello stesso tipo (ci riferiamo in particolar modo alla diplomazia, tradizionalmente l’aspetto più difficile da valorizzare), ma tali mancanze non riescono a smorzare la fantasia e la piacevolezza nel riscrivere la Storia con le nostre mani.

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