Grow Song of the Evertree: sfruttare la natura col sorriso

Grow è un gioco dai toni colorati, che in profondità cela dei messaggi contradditori rispetto a quelli che emergono guardando solo la superficie.

Grow Song of the Evertree: sfruttare la natura col sorriso
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • PS5
  • Xbox Series X
  • Grow: Song of The Evertree è il secondo gioco sviluppato dallo studio canadese Prideful Sloth. Il primo è stato Yonder: The Cloud Catcher Cronicles e, a quanto sembra, i due titoli hanno parecchio in comune. Sono entrambi caratterizzati da uno stile colorato, smussato e piacevole, per quanto non sia particolarmente originale o ispirato. Tutt'e due sono giochi senza combattimenti, "agresti", dal ritmo lento e rilassato. Anche Growth, però, trasmette l'impressione che possa "diventare monotono dopo qualche ora di gioco" e tendere a "prolungare artificiosamente il viaggio del giocatore, costringendolo a lunghe sessioni di recupero delle risorse", come è stato scritto ai tempi nella recensione di Yonder.

    Natura incontaminata e corruzione: l'eterno contrasto

    Il mondo di Grow è tratteggiato in maniera molto stereotipata: la natura, in questo caso identificata nel rigoglioso e possente Albero Eterno, è minacciata dall'Avvizzimento, una forza famelica distruttrice che ha corrotto le radici dell'albero e ha scacciato gli Alchimisti, coloro che mantenevano intatta l'armonia del mondo grazie al proprio canto. Il protagonista o la protagonista (il personaggio può essere

    caratterizzato dal giocatore) è una giovane alchimista, l'ultima della sua stirpe e perciò l'unica in grado di guarire l'Albero Eterno e riportare l'armonia. È chiaro che si tratti di un racconto senza ambizione alcuna, una storia fanciullesca e naif dalle vaghe sfumature ecologiche. I personaggi paiono usciti da un libro per bambini: sono sempre sorridenti e hanno nomi estremamente didascalici. Rambicco è un alambicco senziente che aiuta la protagonista a recuperare sostanze alchemiche dagli oggetti. Manuala è un pesante manuale che dispensa consigli molto utili e tiene traccia degli obiettivi raggiunti. Anzianicus è l'anziano del popolo degli Eternicus, animaletti che vivono in sintonia con l'Albero Eterno; Zoticus è un contadino; ad Acchiappacus piace acchiappare gli insetti. Inutile andare avanti: il tono dovrebbe esser chiaro.

    Se si riesce ad andare oltre questo aspetto - simpatico, sì, ma dopo un po' stucchevole - ci si imbatte in una storia che sembra esser stata vista o letta decine di volte, e che perciò fatica ad attirare l'attenzione. Più che altro è interessante constatare come i temi ambientalisti e la natura spensierata di Growth si intersechino con le sue meccaniche.

    Il gioco prende ispirazione da Harvest Moon e probabilmente anche da Dragon Quest Builders (se volete approfondire, questa è la recensione di Dragon Quest Builders): richiede di occuparsi della salute del terreno rimuovendo erbacce e altri vettori di corruzione, di piantare dei semi che poi si trasformeranno in alberi o fiori rigogliosi; allo stesso tempo chiede di pianificare l'espansione di una cittadina, assecondando le richieste dei suoi abitanti ed imbastendo attività commerciali per guadagnare risorse utili.

    Più che essere un elogio della natura incontaminata, le meccaniche di Grow esaltano una natura pianificata e antropizzata, ottimizzata perfino: i mondi (il gioco è diviso in aree tematiche) sono enormi giardini manipolabili a piacimento e in cui la natura viene spesso sfruttata per ricavare risorse "en masse" dopo distese sessioni di raccolta (ci sono anche degli indicatori che sottolineano quanti fiori o insetti sono stati raccolti e quanti ne mancano, innescando così comportamenti da completista). Inoltre, l'Avvizzimento si manifesta sotto forma di elementi perlopiù naturali: grossi rovi, erbacce e piante violacee. Elementi facenti parte della natura incolta che si vorrebbe arginare. Il contrasto, dunque, non è tra purezza e corruzione, ma tra controllo e anarchia: tra una natura addomesticata dall'uomo e una che invece non gli è di nessun servizio.

    In apertura è stato detto che in Grow non ci sono combattimenti, ma questo non vuol dire che non ci sia violenza. Si possono catturare insetti per abbellire le nostre riserve naturali, per esempio, oppure pescare. Ovviamente si tratta di piccole cose

    che non strappano al gioco l'etichetta di "wholesome" (Grow è apparso nella lista dei Wholesome Games, di cui fanno parte "videogiochi edificanti, compassionevoli e accoglienti"), però ogni tanto bisognerebbe chiedersi cosa rappresenta davvero, quell'etichetta. Perché di giochi wholesome che nelle meccaniche erano tutt'altro che wholesome se ne son visti parecchi: che stia diventando una semplice categoria merceologica (come l'indie) in cui buttare dentro i giochi colorati e "pucciosi"? Il rischio che la violenza continui a essere identificata solo come estetizzazione della stessa e non come un elemento che può anche annidarsi in profondità nelle meccaniche è altissimo: bisognerebbe andare oltre la superficie. Perché Grow è un gioco che esalta l'antropizzazione, il controllo e lo sfruttamento, ma lo fa col sorriso, con uno stile fanciullesco che è potenzialmente fuorviante.

    Un altro approccio

    Se invece si vuole giocare a Grow (legittimamente, sia chiaro) con più superficialità e spirito consumistico, ci si trova davanti a un titolo gradevole; perlomeno lo è stato nelle prime sette ore. Malgrado la mancanza di originalità, il gioco è stato comunque capace di differenziarsi costantemente: all'inizio ci ha chiesto semplicemente di accudire un giardino, ma pian piano ha iniziato ad aggiungere elementi tra loro interdipendenti, espandendo la lista d'attività. Si entra in contatto con il villaggio degli Eternicus, un gruppetto di casupole in cui

    questi placidi animaletti vivono una vita in armonia con l'Albero Eterno e ogni tanto chiedono alla protagonista qualche favore, per esempio pescare dei pesci o abbattere degli alberi. In un certo momento il gioco si apre e consente di edificare il proprio borgo sulle ceneri dell'antica città, ora distrutta dalla corruzione. Per costruire servono risorse, ricavate dallo "smaltimento" di oggetti raccolti oppure dalle attività commerciali, e spazio abitabile, ottenibile rimuovendo detriti o rovi.
    Tutto è scandito dallo scorrere del tempo: le costruzioni si completano dopo un giorno e entro una certa ora la protagonista dovrà per forza andare a dormire. L'impossibilità di protrarre i propri compiti forza dei ritmi, almeno all'apparenza, più calmi e rilassati. Di fatto non è così, poiché la lista di cose di cui prendersi cura diviene via via sempre più ampia (più avanti si possono creare nuovi mondi dove piantare il proprio giardino) e dunque lo scorrere del tempo potrebbe invece innescare una gara al completamento che rischia di diventare frustrante. Alla base però l'idea è valida: aggiunge il giusto pizzico di realismo e permette di godersi la vista del proprio insediamento anche al tramonto o a tarda sera.

    Per far prosperare la città serve trattare bene i suoi abitanti e far sì che sempre nuovi se ne aggiungano. Ognuno di essi ha interessi diversi, richieste specifiche, il posto di lavoro dei sogni. Venire incontro alle loro esigenze significa renderli meglio disposti nei nostri confronti e questo, anche se non è ancora dato sapere davvero a cosa porterà, non può che essere positivo. Quando una nuova persona giunge nella cittadina è necessario che le sia fornita un'abitazione dove stare (altrimenti rischia di andarsene prima del tempo).

    A un certo momento, tuttavia, lo spazio abitabile non sarà più abbastanza e sarà necessario espandere il controllo su altre regioni territorio contaminato. È il gioco a stabilire quando è possibile farlo, questo, perlomeno, solo per quanto concerne le fasi iniziali.

    La prova di Grow suggerisce che si tratti di un gioco in cui la libertà di scegliere come caratterizzare la propria cittadina e sviluppare i propri giardini è sempre garantita, eppure è esso a tenere le redini, a decidere quando dare spazio a nuove meccaniche e a proporre modi alternativi di affrontare quelle già introdotte. In ogni caso, nonostante le differenziazioni non siano mancate, pare realistico che il gioco a un certo punto si fermi, costringendo a interfacciarsi con gli stessi sistemi in maniera sempre più massiccia. L'impressione che a un certo momento la noia e la ripetitività possano pesare è molto forte, questo andrebbe tenuto a mente.

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