Halo Infinite: la campagna alla prova, impressioni dopo dieci ore di gioco

Abbiamo avuto l'occasione di provare la campagna single player di Halo Infinite per circa dieci ore: ci ha stupito oppure no? Ecco il nostro responso.

Halo Infinite: impressioni sulla campagna
Anteprima: Xbox Series X
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  • L'incipit della Campagna di Halo Infinite è un colpo al cuore. La cinematica iniziale, con una ferocia inaspettata, racconta la brutale disfatta dell'UNSC. Pochi anni dopo la conclusione degli eventi del precedente capitolo assistiamo all'attacco finale degli Esiliati, al barbaro arrembaggio di Atriox e del suo esercito: e vediamo Master Chief sbattuto, trascinato a terra senza cura né grazia, piegato. E poi abbandonato nello spazio siderale come un detrito, un relitto senza più niente da difendere. L'umanità è sconfitta, alla deriva, e l'enorme struttura spaziale conosciuta come Zeta Halo giace, spezzata per sempre, nelle oscure profondità del cosmo. Eppure la speranza è dura a morire, coriacea come la corazza di uno Spartan. Quella di Master Chief, tra l'altro, fa esattamente il suo dovere: entra in modalità protezione per mantenere vivo il soldato al suo interno, John-117.

    Ecco dunque che qualche tempo dopo il tracollo delle forze terrestri, il pilota di un Pelican rimasto attorno all'orbita dell'anello si imbatte in questo prodigio della tecnica. Una scintilla di energia e, miracolosamente, Chief è di nuovo operativo. Comincia così il racconto di Halo Infinite, abbrivio di una campagna che porta sulle proprie spalle tante responsabilità. Si tratta infatti del primo passo di un percorso che, nell'ottica di 343 Industries, dovrà durare un decennio, rappresentando una ripartenza integrale per il franchise: un punto d'ingresso per i neofiti e un rilancio per i fan di lungo corso, che si troveranno proiettati nella nuova generazione di Halo. Abbiamo giocato per una decina di ora la nuova avventura, e siamo pronti a raccontarvi le nostre impressioni.

    Le fasi iniziali

    Le fasi iniziali della Campagna, strutturalmente parlando, sono puro Halo. Un incedere serrato e lineare racconta come Master Chief intenda far ripartire l'offensiva terrestre: prima l'assalto ad una nave degli Esiliati, poi la decisione di avvicinarsi all'anello spaziale per capire se sia rimasto qualcosa da salvare. Nel frattempo, la ricerca di una nuova Intelligenza Artificiale da integrare nella corazza, per sostituire Cortana, almeno a livello funzionale. Nelle prime due ore di gioco il team di sviluppo strizza insomma l'occhio ai fan storici, comunicandogli che sul fronte del gameplay e della narrativa è davvero tutto al posto giusto.

    Un paio di momenti "nostalgici", in cui nella testa di John si materializzano i ricordi della dottoressa Halsey, servono anche per introdurre brevemente la storia del personaggio ai nuovi arrivati, e dare così un minimo di contesto a chi non conosce la saga. La verità è però che Infinite si presenta - dal punto di vista del racconto - come un episodio pensato in primis per gli appassionati, per quei giocatori che abbiano un'idea degli eventi pregressi e magari anche una breve infarinatura dell'universo espanso (vi suggeriamo, per conoscere la storia degli Esiliati, di recuperare Halo Wars 2, e Rise of Atriox potrebbe essere una lettura interessante per orientarvi ancora meglio). Al netto di una sceneggiatura che sembra aver ritrovato lo spirito un po' "spaccone" e la leggerezza della trilogia originale, almeno nel rapporto fra Chief e la nuova IA (Arma), il racconto passa ben presto in secondo piano, soprattutto di fronte alla goduriosa piacevolezza del gameplay.

    Un Halo di carattere

    Non fosse bastata la Beta Multiplayer a confermare la bontà della componente shooting (vi rimandiamo alla prova del multiplayer di Halo Infinite per saperne di più), la rimarchiamo una volta per tutte dopo una decina di ore passate in compagnia di Infinite: questo capitolo di Halo è un FPS di carattere, stimolante e avvincente. Il ritmo è serrato ma non ipercinetico, le armi sono ben caratterizzate, il senso di sfida è costante, stavolta anche selezionando il livello "normale". Non è mai stato un mistero che il team abbia sempre considerato la difficoltà "Eroica" come lo standard per i vari capitoli di Halo, ma in Infinite, come hanno confermato i ragazzi di 343 Industries nel corso di un'intervista, anche il grado intermedio è stato curato di più.

    Così, indipendentemente dall'opzione selezionata, gli avversari sono incalzanti, decisi a mettere un freno all'impetuosa avanzata di Chief. L'intelligenza artificiale, a parte qualche piccolo inciampo, fa sì che gli Esiliati non lascino respiro al giocatore, costringendolo a restare sempre in movimento e a tenere d'occhio il livello degli scudi. L'avanzamento, in Halo Infinite, è tutta questione di ritmo: ci si espone per neutralizzare un avversario, scaricando su di lui il caricatore di un Battle Rifle o di una Carabina al Plasma, e poi si cerca riparo mentre si aspetta che la corazza riattivi il suo strato protettivo.

    A tal proposito, l'introduzione del rampino è estremamente preziosa, per allontanarsi dalle situazioni pericolose oppure per acchiappare al volo un'arma lasciata cadere dalla nostra ultima vittima. Proprio l'alternanza di bocche da fuoco è uno degli elementi fondamentali di Infinite. Di tanto in tanto si incappa in scorte di munizioni che permettono di rimpinguare i caricatori delle armi che stringiamo fra le mani, ma la verità è che spesso e volentieri i proiettili scarseggiano.

    Una Pistola ad Aghi esaurisce le sue cariche dopo un tris di uccisioni, i Fucili d'Assalto della UNSC durano appena di più: e così Chief si trova a raccogliere armi sempre nuove dal campo di battaglia, dalle rastrelliere nemiche, esplorando tutte le possibilità garantite da un arsenale vasto e ottimamente diversificato. È questa costante alternanza di fucili, di granate, di armi bianche (fra Lame e Martelli) che rende Halo Infinte così speciale.

    Un gunplay estremamente vario sfocia in un gameplay mutevole, trascinante, che trasmette in maniera impeccabile la sensazione di vestire i panni di un supersoldato letale e specializzato nel conflitto armato. Halo è uno shooter clinico, in cui la cosiddetta "iron sight" (l'utilizzo del mirino) rimane spesso uno strumento secondario, e la risorsa migliore del giocatore è invece la mobilità, la reattività e lo spirito di adattamento. In questo contesto, come dicevamo, il rampino si inserisce ottimamente, sottolineando ulteriormente le sensazioni inebrianti del gameplay. Giusto per tracciare un profilo di Halo Infinite a chi non abbia mai frequentato l'FPS di 343 Industries, specifichiamo che le sensazioni nono sono viscerali e materiali come quelle di Doom, "carnali" e sanguigne come in Wolfenstein o RAGE (ve lo ricordate? Rinfrescatevi la memoria con la recensione di Rage); ma neppure impalpabili come succede nei COD. Halo non è un tiro al bersaglio sci-fi, semmai il contrario: è la digitalizzazione di una battaglia intensa, uno scontro concitato in cui vince chi sa padroneggiare ogni arma, interiorizzandone il ritmo e la funzione, e sfruttare l'ambiente per ottenere un vantaggio tattico su avversari determinati e in costante sovrannumero. Insomma, è l'incarnazione più pura di uno sparatutto classico.

    Una maggiore libertà, la coop e i potenziamenti

    Dopo aver ucciso il primo luogotenente degli esiliati, in una sorta di rapida boss fight inaugurale, Halo Infinite cambia faccia. L'azione si sposta infatti sulla superficie terraformata dell'anello, quello Zeta Halo che probabilmente ospiterà la maggior parte della Campagna. La linearità che ha contraddistinto le prime ore di gioco viene totalmente abbandonata, e si comincia a capire quale sia l'equilibrio che 343 Industries ha cercato per il suo titolo. Nonostante il team di sviluppo continui a sostenere che Infinite non sia un gioco Open World, bensì un ibrido tra un approccio tradizionale e uno più aperto, è innegabile che una svolta in direzione del free roaming ci sia eccome.

    Resta vero, in ogni caso, che non è possibile esplorare tutta l'area di gioco fin dall'inizio, ma bisogna invece procedere seguendo un sentiero che lo studio definisce "Golden Road". In pratica, ogni regione della mappa di gioco include una struttura da assaltare per poter accedere alla zona successiva, e idealmente la sequenza di queste missioni che potremmo definire "principali" compone l'intelaiatura della Campagna. Eppure è evidente una contaminazione che arriva direttamente dal modello Far Cry. La prima cosa che ci viene chiesto di fare sull'Anello è liberare due vecchie basi UNSC ormai finite in mano agli esiliati.

    Una volta ripulita uno di questi avamposti, si sbloccano sulla mappa delle icone legate a varie attività. Ci sono dei Nuclei Spartan che permettono di potenziare l'armatura di Master Chief, delle antenne della propaganda da distruggere, manipoli di soldati prigionieri da liberare e bersagli di alto profilo che vanno uccisi assieme agli esiliati sotto il loro comando. Se questo elenco vi suona familiare, è perché si tratta di un calco abbastanza esplicito della struttura di molti Open World moderni.

    Sia chiaro che non necessariamente l'apertura degli spazi di gioco è un elemento problematico, ma in Halo Infinite alcune oscillazioni qualitative si percepiscono potentemente. In ognuno dei settori della mappa ci sono delle operazioni speciali più elaborate delle altre, che riescono a tenere alta l'attenzione del giocatore e risultano piacevolmente complesse. D'altro canto ci sono anche tante attività evidentemente riempitive, da affrontare quasi come se fossero una checklist: libera l'ennesimo gruppetto di Marine, raggiungi il luogo indicato sulla mappa per accumulare risorse, spacca una struttura per ottenere in cambio un po' di Valore, la valuta con cui si sbloccano armi e mezzi di trasporto da richiedere nelle basi principali. È vero che esiste una Golden Road, un percorso costellato di missioni più intriganti, ma ci sono anche tanti incarichi meno stimolanti, che diluiscono l'esperienza di gioco. Certo, il gunplay esaltante di cui dicevamo nel paragrafo precedente non viene mai meno: in ogni singolo avamposto da liberare, in ogni torre da assaltare, per ogni squadriglia di esiliati da neutralizzare il momento dell'ingaggio armato è sempre galvanizzante.

    Eppure, di tanto in tanto viene da pensare che non sarebbe stato necessario avere un contenuto così diluito, solo per moltiplicare il numero di ore di gioco. Fra l'altro le operazioni di spostamento da un punto di interesse all'altro avvengono, almeno nelle fasi iniziali dell'esplorazione libera, in zone discretamente vuote, prive di reali minacce e forse anche di landmark evocativi dal punto di vista estetico o architettonico.

    L'area di gioco alterna piccoli distaccamenti militari e basi nemiche a spazi apertissimi ma privi di stimoli, da attraversare a bordo di Mongoose e Warthog. Su questo fronte Halo Infinite paga anche lo scotto dei tempi di sviluppo estremamente dilatati, che sfociano in una distribuzione posticipata di alcune feature che sarebbero state (e che probabilmente saranno) fondamentali per la piena godibilità del titolo.

    La co-op, ad esempio, avrebbe reso potenzialmente diversa l'esplorazione delle aree di gioco: immaginate di organizzare una piccola squadriglia di Spartan, pronti a mettere a soqquadro le zone di guerra, con un giocatore alla guida e gli altri saldamente arroccati sulle postazioni di fuoco dei mezzi militari. In alcuni casi il design di certe attività sembra prevedere la compresenza di più utenti: assaltare i bersagli prioritari accerchiando l'area in cui si nascondono, e facendo fuori contemporaneamente le sentinelle nemiche appostate ai lati opposti della zona, sarebbe (e sarà) un'esperienza sicuramente più intrigante.

    Del resto, tornando proprio a Far Cry, non è un caso se la saga Ubisoft, nelle sue ultime declinazioni, ha puntato in maniera decisa sulla dimensione multiplayer cooperativa. In Halo ci sono anche altri elementi strutturali che - pure storicamente - sono pensati per valorizzare la collaborazione fra giocatori. Per esempio i Teschi, modificatori che variano la difficoltà delle partite aggiungendo regole speciali, sono da sempre il pane quotidiano di gioca in compagnia. Queste Mod, che possono essere recuperate nella mappa di gioco e attivate durante una partita successiva, non rappresentano gli unici oggetti da scovare sulla superficie dello Zeta Halo.

    Ci sono infatti varianti cromatiche per le corazze, registrazioni audio che raccontano la storia degli esiliati e dell'UNSC, e soprattutto nuclei Spartan che servono per potenziare i gadget della tuta di Chief. Usando questi punti possiamo ad esempio migliorare la resistenza dello scudo, trasformare il rampino in una sorta di arpione elettrico che immobilizza i nemici, o affinare le capacità del rilevatore di minaccia. Nel corso dell'avventura, seguendo la strada tracciata dal team di sviluppo, ci imbatteremo nelle corazze di altri Spartan meno fortunati di John, recuperando altri gadget che amplieranno la dotazione bellica e il loadout del protagonista.

    Nei trailer della Campagna si vedono chiaramente dei propulsori che permetteranno di eseguire scatti laterali, e uno scudo di protezione da posizionare in situazioni di difficoltà. Dovremo valutare l'impatto di queste novità sul gameplay quando metteremo mano alla versione finale: al momento vogliamo citare che questa sfumatura "ruolistica" resta per fortuna molto contenuta e non è minimamente paragonabile all'accumulo di livelli e punti esperienza che invece viene proposto da altri prodotti, per "allungare il brodo". Il problema della deriva Open World di Halo Infinite, insomma, non è tanto legato ad una forzosa estensione dell'avventura oltre i confini che sarebbero opportuni: è relativo alla caratterizzazione delle attività secondarie e delle aree che le ospitano, e a questo senso di solitudine che sfortunatamente ammanta le sessioni di gioco.

    D'altro canto, sarebbe ingiusto non citare che proprio durante gli incarichi principali il level design torna ad essere più ispirato ed efficace: sebbene le strutture-cardine occupate degli Esiliati siano un po' troppo uniformi in fatto di stile e atmosfere, esplorarle e ripulirle dagli invasori è un piacere e una sfida concreta. È proprio per questo motivo che ribadiamo con forza il concetto espresso anche all'inizio di questo articolo: Infinite ha i suoi momenti più riusciti quando decide di mettere in mostra il DNA tipico della saga. Insomma: quando decide di essere, tradizionalmente, Halo.

    La resa grafica

    Il percorso comunicativo di Halo Infinite non è cominciato nel migliore dei modi: un anno fa il video gameplay pubblicato da Microsoft aveva proiettato un'ombra sulla produzione (tanto che 343 ha dovuto rispondere alle critiche sulla grafica di Halo Infinite) riducendo le aspettative del pubblico sulle prestazioni del nuovo motore. Oggi Halo Infinite si presenta come un titolo più pulito e rifinito, ma non certo beato da un colpo d'occhio rivoluzionario. In certi casi, anzi, ci sono oscillazioni qualitative difficili da giustificare in una produzione di questo profilo. Che il titolo si trovi a cavallo fra due generazioni è lampante: si nota soprattutto nella modellazione poligonale, a tratti molto scarna e dalle geometrie semplificate, ma anche nella profondità di campo quando ci spostiamo nell'area Open World.

    Sono spariti in larga parte i fenomeni di pop-out, ma il Level of Detail è gestito in maniera a tratti desolante. Mentre Chief si muove a piedi compaiono, a breve distanza dalla sua posizione, ombre, dettagli poligonali sulle rocce e sugli alberi, texture in risoluzione migliore. Ne soffre la piacevolezza visiva e la pulizia generale dell'esperienza, e a conti fatti non si capisce perché il team non sia riuscito ad ottimizzare meglio la build, anche di fronte ad un modo piuttosto vuoto e ad una serie di asset generalmente uniformi.

    È stata perfezionata l'illuminazione generale, ma il salto qualitativo si nota soprattutto negli interni, laddove negli ambienti aperti anche la gestione della luce resta abbastanza piatta. In generale, non si può dire che questo aspetto sia al livello dei migliori titoli della scorsa generazione: già Metro Exodus mostra un'illuminazione più avvolgente, naturale, credibile.

    Il ciclo giorno-notte regala invece qualche soddisfazione in più, con gradevoli skybox notturne e un tramonto che riempie di luce color ocra i panorami dello Zeta Halo. Per fortuna si notano passi in avanti sul fronte delle texture e degli shader. La contropartita di un colpo d'occhio estremamente trattenuto è una fluidità per larghi tratti incrollabile, con qualche calo sporadico che non influisce negativamente sulla godibilità dell'esperienza.

    Halo Infinite Mentre il Multiplayer di Halo Infinite si distingue già in questa pre-season, la Campagna vive di alti e bassi. Da una parte c'è un gameplay clinico, preciso e trascinante, sostenuto da un'inedita varietà di armi e da una serie di missioni principali intense e ben costruite. Dall'altra, invece, una fase a mondo aperto povera di stimoli e potenzialmente molto ripetitiva. Fra cinematiche d'impatto e un rendering che non stupisce, anche il colpo d'occhio oscilla vistosamente. La sceneggiatura, invece, è ispirata e con una scrittura intelligente. Purtroppo non abbiamo nessuna informazione concreta sul futuro della produzione: quando arriverà la modalità cooperativa, che potrebbe aumentare il replay value dell'avventura e smussare il senso di solitudine che si prova esplorando l'area di gioco? Quali contenuti aggiuntivi arriveranno nei prossimi anni, e con che frequenza? Si tratta di elementi che valuteremo non appena 343 Industries ci darà comunicazioni a riguardo. Nel frattempo, in attesa della recensione, valuteremo anche la tenuta della storia, la sua durata, e la qualità complessiva del racconto. Presto, su queste pagine, vi daremo dunque un giudizio definitivo sulla nuova avventura di Master Chief.

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