Homefront The Revolution: impressioni sulla modalità cooperativa

Deep Silver si appresta a pubblicare Homefront The Revolution: ecco le nostre impressioni sulla modalità cooperativa, provata approfonditamente a Londra nel corso di uno speciale evento organizzato dal publisher.

Homefront: The Revolution
Anteprima: PlayStation 4
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • È normale che ci sia un po' di preoccupazione per le sorti di Homefront: The Revolution, seguito dello sparatutto sviluppato da Kaos Studio nel 2011. Del resto sappiamo tutti che cosa succede ai videogiochi che passano di mano in mano, costretti a sopportare bruschi "scossoni creativi" e tempi di produzione biblici. Ecco: l'FPS free-roaming che Koch Media si appresta a lanciare il prossimo 17 Maggio, di questi passaggi di staffetta ne ha visti già troppi. In cantiere addirittura ai tempi di THQ, l'IP è stata rilevata da Crytek durante l'asta fallimentare, ma neppure la software house teutonica ha potuto portare a termine lo sviluppo per problemi finanziari. In realtà, quando è arrivato nelle mani di Koch Media -e più specificatamente nelle mani del giovanissimo Dambuster Studio- il gioco aveva già l'impronta inconfondibile del team tedesco, che aveva appunto sacrificato l'incedere lineare del capostipite in nome di un approccio Open World un po' più simile a quello di Crysis. Il fatto che sul prodotto stia comunque lavorando gran parte del vecchio team (Crytek UK) è tutto sommato rassicurante; eppure, dopo aver provato a fondo la modalità cooperativa durante un evento che il publisher ha organizzato a Londra, non ce la sentiamo di dire che il secondo Homefront sia del tutto fuori pericolo. Vediamo perchè.

    Riassunto delle puntate precedenti

    Prima di passare a descrivere struttura e qualità della modalità co-op, facciamo un piccolo ripasso sulle caratteristiche di Homefront: The Revolution. Il background narrativo è lo stesso del capitolo originale, anche se la trama riparte spostando gli orologi in avanti di qualche anno. Dal quel fatidico 2025 in cui l'unione Koreana ha soggiogato gli USA è passato abbastanza tempo da aver permesso agli invasori di consolidare la presa di potere. Gli Stati Uniti, in altre parole, sono sotto dominazione, le convezioni sociali sfaldate dal pugno di ferro dell'esercito nemico. La situazione sembra disperata e senza via d'uscita, ma una resistenza va lentamente formandosi, intenzionata a destabilizzare le forze d'invasione e riguadagnare la libertà. L'avventura, ambientata nella città-simbolo di Philadephia, ci proporrà una progressione non lineare: l'ambiente di gioco sarà diviso in tre zone liberamente esplorabili, ciascuna delle quali caratterizzata da compiti differenti da portare a termine. Lo scopo ultimo di ogni azione sul territorio è quello di crearsi diverse "safehouse", che verranno occupate da militanti che potremo coordinare negli attacchi successivi. In questi luoghi di comando sarà possibile gestire le diverse cellule che agiscono sul territorio, prima di buttarsi a capofitto nelle sparatorie. Nel corso delle prime prove avevamo molto apprezzato l'atmosfera e la struttura della mappa di gioco, pur senza avere una reale idea riguardo all'effettiva varietà delle missioni principali e secondarie. La città, completamente abbandonata, è costella da palazzi diroccati, lunghe rampe in lamiera sorrette da tubi arrugginiti e impalcature malferme, quasi a suggerire l'idea una ricostruzione morta sul nascere, senza speranze. Strutturalmente parlando certe aree di gioco ricordano fortemente Dying Light, per la palette cromatica e la libertà d'esplorazione. In questo caso, però, bisogna rinunciare quasi integralmente al parkour (c'è solo la possibilità di scavalcare qualche muro e salire sugli edifici più bassi), ma si può invece guidare una rapida motocicletta con cui spostarsi in città e organizzare azioni di guerriglia "mordi e fuggi". Al giocatore toccherà anche gestirsi l'equipaggiamento, in un sistema di crafting che potrebbe rivelarsi piuttosto profondo. Durante la libera esplorazione sarà infatti possibile raccogliere materie prime di vario genere, che potranno essere poi combinate per la creazione di esplosivi, sistemi di ricognizione, diversivi e kit medici. Purtroppo il team di sviluppo ci ha mostrato sequenze troppo brevi e frammentate per potersi fare un'idea su quella che sarà la qualità dell'avventura principale. Sappiamo invece che i suoi tratti distintivi, ovvero l'approccio free-roaming ed il sistema di crafting appena citato, "filtreranno" anche nella modalità cooperativa, che abbiamo giocato per un paio d'ore.

    In quattro è meglio?

    Homefront: The Revolution proporrà un multiplayer co-op per quattro persone, completamente indipendente dallo Story Mode. Questo sarà composto da dodici missioni, che gli utenti potranno affrontare selezionando tre diversi livelli di difficoltà. Le missioni saranno ambientate in zone un po' più circoscritte rispetto a quelle dell'avventura, che saranno invece aperte ed esplorabili liberamente. Nonostante l'introduzione di questi "confini", la mappa di gioco resta comunque molto ampia, e perlomeno sufficiente a scacciare la linearità desolante di certi FPS. La sequenza di incarichi che andrà a comporre ogni missione, quindi, potrà essere affrontata con un discreto grado di libertà. Nel momento in cui dovremo attaccare un'installazione nemica, ad esempio, potremo decidere se farlo frontalmente oppure di soppiatto, infilandosi nei tunnel che corrono sotto le strade della città per sbucare direttamente dentro l'avamposto, nel tentativo di cogliere alla sprovvista le forze avversarie.

    Per quanto piacevole sia il tentativo di salvaguardare anche nella modalità co-op almeno uno scampolo della filosofia open world che dovrebbe essere il cavallo di battaglia della produzione, scesi in campo ci si accorge che questo non basta a coprire tutte le falle di Homefront: The Revolution. I problemi principali riguardano il feeling di gioco un po' ingessato, ed in generale un gunplay non proprio ai vertici della categoria. In certi momenti sembra di dover "fare a pugni" con la mira di precisione, con il rinculo un po' scattoso delle armi, con i movimenti poco reattivi del nostro soldato (creato appositamente per questa modalità). Non crediamo che tutti gli sparatutto debbano scegliere la via di un gameplay ipercinetico come quello di Call of Duty, ma questo nuovo Homefront sarebbe davvero da sgrezzare. Dalle animazioni di ricarica a quelle relative all'interazione con l'ambiente di gioco, tutto trasmette una certa "ruvidità", a cui si deve giocoforza fare l'abitudine. Per far fronte a meccaniche di gioco non proprio rifinite, Homefront: The Revolution sceglie la via della varietà. Oltre all'arma principale e a quella secondaria, tutti i quattro membri del team avranno a disposizione diversi gadget con cui sarà possibile uscire dalle situazioni più complesse. C'è ad esempio un dispositivo di hacking con cui è possibile prendere possesso dei droni da combattimento e dei veicoli nemici (controllati evidentemente da un'Intelligenza Artificiale di qualche tipo). Oppure una molotov con cui far fuori folti gruppi di avversari, erigendo al contempo una barriera di fuoco per prevenire l'avanzamento dei manipoli avversari. Chiudono la dotazione un potente esplosivo ed un diversivo in grado di attirare per qualche secondo l'attenzione di tutti i nemici nell'area. L'aiuto di questi gadget risulterà molto prezioso nelle missioni più difficili, per questo sarà indispensabile raccogliere in giro per la mappa materiali con cui costruire nuove scorte. Rovistare tra i corpi degli avversari uccisi sarà indispensabile anche per recuperare munizioni, visto che quelle in dotazione all'inizio della missione non saranno molte. Tutti i gadget citati potranno anche essere personalizzati, in modo da modificarne leggermente il funzionamento. Gli esplosivi potranno quindi trasformarsi in mine ad innesco automatico (ideali per preparare trappole mortali), oppure in piccoli e graziosi peluche detonanti, in grado di incuriosire i nemici.

    Questo sistema di personalizzazione è esteso anche alle armi, e rappresenta uno degli elementi più riusciti della produzione. In ogni momento sarà possibile aggiungere accessori ed installare modifiche sull'arma che avremo selezionato, trasformandola completamente. In certi casi ci limiteremo a sostituire i caricatori di base con altri che aumenteranno il numero di colpi o la loro efficacia, ma alle volte potremo cambiare completamente il comportamento delle nostre bocche da fuoco. Installando un'ottica di precisione ed un silenziatore su un fucile a colpo singolo, ad esempio, avremo a disposizione un letale cecchino per approcci stealth, mentre un modulo lanciagranate montato su un fucile a pompa aumenterà notevolmente la potenza d'impatto e ci permetterà di abbattere persino veicoli corazzati. Al netto delle problematiche di cui dicevamo sopra, un'impostazione del genere sembra in grado di vivacizzare un po' le partite, che altrimenti potrebbero risultare abbastanza monotone. Nel corso della nostra prova, del resto, il design e la struttura delle missioni non ci ha colpito molto, e considerando pure un'intelligenza artificiale non proprio intraprendente diremmo che la varietà dell'arsenale è più che opportuna e ben gradita. Esaminata nel suo complesso, la componente co-op di Homefront: The Revolution ci è sembrata quantomeno dignitosa; sicuramente non ai vertici della categoria in quanto a gunplay e ispirazione, ma per lo meno in grado di saziare gli appassionati di First Person Shooter. Purtroppo è l'aspetto contenutistico che torna subito a preoccuparci. La modalità cooperativa arriverà al lancio con dodici missioni e nulla più. Considerando che in meno di due ore di test ne abbiamo giocate quattro, potete avere un'idea di quanto sostanziosa possa essere questa "portata secondaria". Idealmente, per stimolare i giocatori a tornare sul campo, ed affrontare le missioni a livello di difficoltà superiore, c'è un sistema di progressione del proprio personaggio, che prevede la possibilità di sbloccare nuove armi, gadget e abilità. Mentre gli Skill Point si guadagnano accumulando esperienza, e permettono di specializzare il nostro ribelle in uno dei quattro rami disponibili (migliorandone la resistenza, le capacità di crafting o le doti di "scavenger"), armi e consumabili si trovano all'interno di appositi pacchetti di carte, un po' come succede nella modalità Warzones di Halo 5: Guardians.

    Tralasciando per il momento la presenza delle microtransazioni (che non piaceranno ad una certa fetta di pubblico, ma che non ci sono sembrate troppo invasive), anche in questo caso bisogna sottolineare una povertà di contenuti potenzialmente molto preoccupante. Le armi da fuoco sono divise in tre categorie (fucile a pompa, fucile a colpo singolo e mitraglietta), e sono dodici in tutto (se si escludono le semplici pistole). "Sbustare" i pacchetti, insomma, servirà quasi solo per accumulare boost temporanei all'esperienza, ai danni inferti o alla resistenza, dal momento che dopo qualche ora di gioco avremo con tutta probabilità sbloccato la maggior parte delle armi e degli accessori. Il team di sviluppo mette le mani avanti e conferma che la modalità co-op verrà supportata con nuovi contenuti "per almeno sei mesi". Non sapendo però la natura (e magari il prezzo) di questi contenuti, preferiamo per il momento consigliare un po' di cautela. Le ultime considerazioni su Homefront: The Revolution sono di carattere tecnico. Il gioco è sviluppato con il CryEngine; il motore offre strumenti di creazione molto dinamici, ma che non è certo facilissimo da ottimizzare. Gli ambienti sono quindi discretamente vari e ottimamente costruiti, ed altrettanto interessante è l'atmosfera complessiva. La palette cromatica scelta, con toni che variano dal grigio all'ocra, offre un'interpretazione interessante dello stato di oppressione e sconforto che grava sulla città. Anche la versione PC del gioco, tuttavia, si mostra un po' spoglia, con qualche problema relativo al caricamento delle texture, e scheletri poligonali generalmente semplici. Immaginiamo che su console le "storture" del comparto tecnico possano essere amplificate.

    Homefront: The Revolution Nel corso delle nostre prove Homefront: The Revolution non ha mai brillato, e non lo fa neppure grazie a questa modalità cooperativa. Le missioni per quattro giocatori ereditano la vastità della mappa di gioco dalla componente single player, e propongono poi un sistema di personalizzazione delle armi e dei gadget che rappresenta uno dei pochi guizzi della produzione. Per il resto bisogna mettere in conto un gameplay un po' grezzo, un comparto tecnico che non riesce a primeggiare nell'ambito degli FPS, ed un'Intelligenza Artificiale sempliciotta. Giocare in compagnia di tre amici, si sa, è sempre discretamente divertente, e tutto sommato la proposta di Dambuster Studio è tutt'altro che disastrosa. Ma non è certo la modalità cooperativa quella che ne deciderà le sorti. Anzi, con appena 12 missioni al lancio ed una quantità di armi tutt'altro che lusinghiera, diremmo che il compito di ingraziarsi i giocatori ricadrà sull'avventura principale. Se la mappa di gioco sarà abbastanza grande e le attività risulteranno varie e numerose, gli appassionati di sparatutto potrebbero chiudere un occhio sulle storture del gunplay. Anche in quel caso, crediamo che sia un po' difficile rivaleggiare con gli ultimi due Far Cry o con il già citato Dying Light.

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