Uno dei titoli che ci ha incuriosito di più durante la prima puntata di State of Play è stato certamente Observation dei ragazzi di No Code. Nato dalla collaborazione tra lo studio scozzese e Devolver Digital, questo thriller sci-fi si basa su un concetto che non potrebbe lasciare indifferenti gli amanti del genere, come ben spiegato da Jon McKellan: "È una sorta di 2001 Odissea nello Spazio ma voi siete HAL. Non vi trovate all'interno della stazione: voi siete la stazione". In altre parole, a seguito di un misterioso incidente, l'intelligenza artificiale della struttura prenderà coscienza di sé e dovrà svelare l'arcano in compagnia di Emma Fisher, l'unico membro dell'equipaggio contattabile.
Benché una storia del genere non possa definirsi inedita, il punto di vista dalla quale viene narrata lo è di certo. Difatti non andremo a impersonare la dottoressa ma la stessa IA, prendendo parte a un'epopea che solo un coraggioso videogioco potrebbe raccontare. Avendo amato Stories Untold, la precedente opera dello studio, non avremmo potuto resistere al richiamo di Observation. Per questo motivo siamo volati a Glasgow in esclusiva italiana, curiosi di testare la bontà della produzione e conoscerne la storia.
Il chiodo fisso di Khan e McKellan
Dopo aver passato una decade nell'industria tripla A, partecipando attivamente allo sviluppo di Alien: Isolation e del pluridecorato Red Dead Redemption 2, Jon McKellan ha aperto un nuovo capitolo della propria carriera, fondando No Code assieme ad Omar Khan. Ma perché tuffarsi nell'universo indie dopo aver lavorato con i colossi del gaming?
Questa è stata la prima domanda che abbiamo posto a McKellan, il quale - con occhi sognanti e vivo entusiasmo - non ha esitato a risponderci: "Avevo le mie storie da raccontare, tante idee da realizzare che non potevano rispettare le regole ferree del mondo tripla A". Dopo aver supportato il fratello da dietro le quinte, anche Graeme McKellan si è unito a No Code, diventando una risorsa preziosa per la nascita di Observation. In tal senso, l'ambiziosa space opera rappresenta il fine ultimo di un processo evolutivo cominciato tre anni fa, che - per il bene del discorso - sarebbe utile ripercorrere.
Sin dalla nascita del sodalizio artistico, McKellan e Khan non riuscivano a togliersi dalla testa il concept di Observation, che avrebbero voluto realizzare a qualsiasi costo. Per riuscire in tale impresa, chiaramente, c'era bisogno di un publisher che fosse disposto a credere nel progetto, supportandolo con fiducia e senza limitarne l'ambizione. Il partner ideale, per loro fortuna, non ha impiegato molto a palesarsi, imbarcandosi assieme a No Code nella gestazione di Stories Untold. A metà tra un'avventura testuale e un'esperienza punta e clicca al sapor di anni '80, il thriller pubblicato da Devolver Digital ha conquistato stampa e utenza, ricevendo premi e confermando il talento dei suoi creatori. Nonostante le indiscusse qualità ludiche ed espressive, Stories Untold è stato solo un banco di prova per il team, una sorta di biglietto da visita interattivo. In esso ci sono l'idea di storytelling, l'estetica e le atmosfere "nocodiane", le stesse che abbiamo ritrovato ancor più splendenti in Observation. Infine, all'incirca due anni fa, l'avventura di SAM ed Emma Fisher ha emesso i primi vagiti, abbracciando i canoni del thriller psicologico a tinte horror. Trattandosi di una storia ambientata attorno al 2026, avrebbe dovuto offrire un contesto realistico e credibile, lontano dal futuro anteriore di Mass Effect e al contempo vicino a un riferimento reale: la Stazione Spaziale Internazionale.
Dalla ISS alla Observation
Nel titolo di No Code vestiremo i panni di un protagonista atipico, intangibile ma allo stesso tempo onnipresente: SAM (System Administration and Maintenance). Siccome i suoi sistemi controllano l'interezza della stazione - al pari di HAL in 2001 - potremmo dire che questa costituisce il corpo stesso dell'IA, nonché la chiave per svelare il mistero che avvolge gli eventi narrati. Ne consegue che gli sviluppatori abbiano curato non poco gli ambienti della Observation, compiendo una miriade di ricerche per caratterizzarli al meglio.

Come confermato da Graeme McKellan, il teatro delle tribolazioni della Fisher è un po' più grande della Stazione Internazionale ma i sistemi coi quali interagiremo e i moduli che esploreremo sono basati su quelli della ISS. Perfino i marchingegni di cui ci serviremo - come i droni che abbiamo teleguidato nella demo - sono effettivamente impiegati in alcuni esperimenti nello spazio.
"Non solo le ambientazioni e il feeling, anche il puzzle design e la narrazione si basano su alcuni eventi che sono accaduti sulla ISS". Le parole di Jon, ci pare giusto sottolinearlo, non implicano che un giocatore debba essere un fisico o un astronauta per venire a capo degli enigmi ma testimoniano la volontà di proporre una serie di grattacapi credibile e ragionata. In aggiunta, Graeme ci ha detto che la sede di No Code si è trasformata in una sorta di succursale della Stazione Internazionale: "Pensa che in ufficio abbiamo una mensola enorme piena di manuali e materiale sulla ISS, come progetti e disegni della stazione. Ogni oggetto che troverete nel gioco doveva avere una controparte reale". Fatta la doverosa premessa, crediamo sia arrivato il momento di parlare della nostra prova, che - lo diciamo subito - quando è terminata ci ha lasciato con l'amaro in bocca... perché non volevamo proprio saperne di posare il pad.
BRING HER: l'odissea nello spazio ha inizio
Non appena abbiamo avviato la demo in una suggestiva area dello Science Center di Glasgow, ci siamo ritrovati nell'oscurità più fitta, udendo una flebile comunicazione radio. La dottoressa Fisher provava a raggiungere Houston, il controllo missione, ma senza avere risposta. Sono bastati pochi istanti per apprezzare la bontà del comparto sonoro orchestrato da Omar Khan.
L'audio director di Observation ha speso molto tempo per registrare i suoni e i rumori giusti, essenziali per delineare una stazione spaziale in rovina. Abbiamo quindi cominciato ad avvertire una certa dose di tensione, la quale si è acuita in un lento ma progressivo crescendo fino alla fine. Tornando a noi, l'astronauta parlava di uno strano incidente come probabile causa di una perturbazione che stava facendo ruotare la struttura. Al pari di lei - che non riusciva a contattare né i compagni né SAM - anche noi abbiamo tentato di capire che cosa fosse successo, finché non siamo "tornati online". Dopo un breve caricamento del sistema, la Fisher ha chiesto a SAM di registrare la sua impronta vocale, in modo da potergli impartire ordini senza difficoltà.
Grazie a un comando dedicato siamo quindi entrati in "modalità risposta", udendo la voce di SAM per la prima volta. Complice l'ottima interpretazione di Anthony Howell, l'impostazione vocale dell'IA ci ha subito ricordato HAL 9000. Sebbene sia stato possibile solo rispondere a comandi diretti, gli sviluppatori ci hanno promesso un'espansione delle opzioni di dialogo, volte alla comprensione del background dei personaggi.
La nostra compagna di viaggio ha voluto una scansione dei moduli 8,9 e 10, che abbiamo operato con un apposito menù di diagnostica. Questo offriva una mappa stilizzata della stazione, lasciando trapelare un forte legame con l'estetica di Alien: Isolation. Del resto Jon McKellan ha lavorato come UI artist per il titolo di Creative Assembly, quindi non ci siamo stupiti più di tanto della somiglianza. Durante la diagnostica ci è stato possibile fornire risposte sbagliate o non pertinenti alla dottoressa, la quale ha reagito in diversi modi alla nostra "fallibilità". Proprio come l'equipaggio della Discovery One in Odissea nello Spazio, ha commentato con preoccupazione i nostri errori, arrivando a infastidirsi in alcuni casi.
La presa di coscienza di SAM - verificatasi a seguito dell'incidente - non indica soltanto l'avvenuto contatto con le menti dei giocatori ma ha anche una valenza narrativa: dal suo ritorno online, infatti, pare che sia stato riprogrammato da qualcosa o qualcuno, come abbiamo avuto modo di provare subito dopo. Mentre la Fisher realizzava di non poter accedere al modulo 9, chiedendoci di aprirle la porta, sono comparsi degli strani simboli sullo schermo, i quali - precedendo una serie di disturbi video in stile VHS - hanno poi lasciato spazio a delle misteriose coordinate.

Nel frattempo a causa di un suono tanto assordante quanto inatteso, la dottoressa è svenuta, mentre un messaggio a caratteri cubitali ha occupato buona parte della visuale: BRING HER. Stavolta però non abbiamo potuto disattendere il comando, anzi siamo stati costretti ad accettarlo per proseguire. Quel che era già un forte sospetto ha trovato un'indiscutibile conferma: mentre in Stories Untold abbiamo fatto i conti con situazioni surreali per giungere a un epilogo ordinario, in Observation finiremo con lo sperimentare qualcosa di estraneo al concetto di normale.
Diventare un'intelligenza artificiale
Con SAM ci siamo calati nei panni di un'intelligenza artificiale a tutti gli effetti, avvalendoci delle sue facoltà operative per eseguire i comandi di Emma. Una volta ridestatasi, la scienziata ci ha chiesto di analizzare i sistemi della nave, così da avere un bilancio dei danni subiti. Neanche a dirlo, le possibilità iniziali del System Administration and Maintenance si sono rivelate piuttosto ridotte, costringendoci a ricollegare l'IA a ogni singolo dispositivo della stazione, inclusi i pannelli per sbloccare le porte.
In aggiunta, gran parte della memoria di SAM è andata perduta, ecco perché - per farlo tornare all'antico splendore - abbiamo dato inizio a un'opera di scansione e recupero dei dati. A tal proposito, esplorare la Observation saprà soddisfare i curiosi, che in essa troveranno alcuni easter egg, gli immancabili audiolog dell'equipaggio e, ciliegina sulla torta, dei trucchetti operativi per rendere più agevole il ripristino della stazione. Gli sviluppatori volevano premiare i più curiosi e dare un significato importante al nome stesso del gioco, che di fatto stuzzicherà la nostra malcelata indole da voyeur.
Andando con ordine, la Fisher ci ha connesso manualmente al sistema di telecamere della nave, facendole diventare i nostri stessi occhi. Tramite le diverse inquadrature - tre per ogni modulo - abbiamo potuto recuperare dati preziosi e interfacciarci con i pannelli delle porte, purché questi rientrassero nel campo visivo. Sebbene su carta possa sembrare noioso, sperimentare questa sorta di dono dell'ubiquità ci è piaciuto non poco, consentendoci di ammirare il lavoro svolto dal team nella costruzione della scena: l'ottima illuminazione generale faceva risaltare anche i piccoli dettagli, dai pulsanti, alla cavetteria, fino agli avvisi per l'equipaggio.
L'egregio utilizzo di Unity ci ha riportato alla mente le parole di Jon, che per il suo gioco desiderava una qualità grafica da tripla A e un'anima spiccatamente indie. Dopo aver ricollegato al sistema gli ingressi di alcune aree, abbiamo permesso alla dottoressa di entrare nel modulo 9. È proprio qui che ha tentato invano di contattare i suoi compagni, togliendosi il casco per la prima volta. Giovane, piacente, coraggiosa ma spaventata, ci ha fatto subito una buona impressione, pur al netto di alcune espressioni facciali non proprio convincenti. Purtroppo, la nostra "protetta" non ha avuto il tempo di chiedersi dove fosse il resto dell'equipaggio o perché non riuscisse a comunicare con Houston: un incendio è divampato in un modulo della stazione e noi avremmo dovuto scoprire dove.
Tramite il sistema operativo di SAM, raggiungibile con la pressione del touch pad, abbiamo potuto controllare agevolmente lo stato di tutti i moduli, segnalando un'irregolarità nel numero 4. Siccome trovare le fiamme non avrebbe certo implicato uno spegnimento automatico, abbiamo scortato la Fisher fino a lì, aprendole le porte alla bisogna. Tra l'altro, avendo già sbloccato un ingresso in precedenza, abbiamo ricevuto i complimenti per il nostro operato e la nostra solerzia. Domate le fiamme, l'astronauta ci ha chiesto di attivare le ventole per liberare il modulo dal fumo. Nel caso in cui non si fosse capito, questa sinergia tra SAM e la dottoressa sarà fondamentale per arrivare a capo del mistero, perché l'uno non potrebbe fare le veci dell'altro e viceversa.

Dopo aver superato un altro momento critico - preferiamo non entrare nel dettaglio stavolta - abbiamo ottenuto l'accesso alle telecamere esterne della stazione, aggiornando Emma sui danni subiti dalle strutture. La Observation si è dimostrata convincente e dettagliata anche da queste nuove prospettive, regalandoci un sontuoso spettacolo visivo. Quest'ultimo però è stato nulla in confronto alla sorpresa che il gioco aveva in serbo per noi: siamo rimasti letteralmente di stucco quando abbiamo scoperto che la stazione era ormai ben lontana da "casa".
A zonzo per la stazione
Abbiamo scelto deliberatamente di tacere sui maggiori colpi di scena della demo. Jon e Graeme hanno divulgato pochi dettagli sulla loro opera, e non a caso. D'altronde, nonostante offra un gameplay fresco e accattivante, Observation è un'esperienza story-driven e non vorremmo in alcun modo rovinarvi le sorprese, soprattutto ora che siamo a poche settimane dal lancio. Ancora attoniti per la scoperta appena fatta abbiamo osservato i titoli di testa - accompagnati da uno straniante pezzo a tinte dark - e ci siamo preparati a concludere la prova.
Dopo aver eseguito il reboot di SAM, Emma sembrava aver perso la sua calma inossidabile, soverchiata da un mare di domande e un timore quasi palpabile. Con ciò, la giovane ha scelto di riattivare l'IA, ben conscia della sua utilità all'interno di uno scenario sempre più opprimente e misterioso. Fin qui la demo si è mantenuta ben guidata, come a voler essere un tutorial per farci prendere confidenza con le meccaniche di base. Da questo momento in poi invece siamo stati lasciati sempre più liberi di operare, con la Fisher che in alcuni casi non sapeva come aiutarci nella risoluzione dei puzzle.
Nonostante la sua situazione psicologica, la scienziata ci ha aperto le porte dell'esplorazione diretta della stazione, munendoci di un piccolo drone sferico. Nonostante fosse capace di muoversi liberamente negli ambienti, abbiamo trovato scivoloso e impreciso il sistema di controllo dell'aggeggio, ma nella build definitiva le cose potrebbero cambiare in meglio. Ad ogni modo, con la sfera abbiamo avuto accesso alle stanze secondarie e ci siamo spinti fino all'EFR contenuto nel modulo 1. Tramite il reattore a fusione, infatti, avremmo dovuto riportare l'energia nella struttura come richiestoci da Emma. Purtroppo però il dispositivo si trovava dietro a un portello saldamente chiuso e non sbloccabile normalmente. Stavolta ci è servito uno schema specifico per effettuare l'override del pannello, che implicava anche un piccolo puzzle per andare a buon fine. In questi frangenti si è manifestata una forte connessione ludica tra Observation e Stories Untold, che per quanto concerne il problem solving sembrano essere l'uno l'evoluzione dell'altro.
Superato l'ennesimo ostacolo, abbiamo eseguito un'iniezione di plasma all'interno dell'EFR tramite un altro rompicapo, che ha soltanto confermato la buona varietà dei puzzle. Speriamo davvero che questa possa restare tale per le 8/12 ore necessarie al completamento del gioco, che a quel punto potrebbe rivelarsi un vero gioiello. Sfortunatamente l'energia ha smesso di fluire dopo pochi istanti, preannunciando il ritorno del suono assordante e di quella frase "BRING HER", che non ha più smesso di intimorirci e affascinarci.