Outcast Second Contact: Provato il remake di Outcast

Durante l'evento organizzato a Parigi dal publisher BigBen Interactive, abbiamo provato Outcast: Second Contact, remastered del classico del 1999.

Outcast Second Contact: Provato il remake di Outcast
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Probabilmente in molti non lo ricorderanno, ma Outcast, nel lontano 1999, segnò un importante punto di svolta per gli action-adventure tridimensionali. Si tratta, a tutti gli effetti, di uno dei più influenti "classici dimenticati" della storia del gaming, un titolo che è stato in grado di rivoluzionare alcune meccaniche ludiche e ridefinire i canoni del genere, grazie soprattutto ad uno sviluppo non lineare dell'avanzamento, al raggiungimento di nuove vette tecnologiche e alla creazione di un inedito e stratificato universo fantascientifico. Ad oggi, l'opera sviluppata dal team Appeal forse non conosce la fama che meriterebbe: il suo nome non riecheggia con la giusta eco nella memoria dei giocatori più giovani, ed ha purtroppo finito per ritagliarsi un proprio angolino soltanto nella nicchia di nostalgici appassionati. È allo scopo di portare l'IP di nuovo in auge che lo studio Appeal (sotto l'egida del publisher Big Ben Interactive) ha deciso di riproporre alle nuove generazioni una remastered in alta definizione, Outcast: Second Contact, in procinto di vedere la luce entro la fine dell'anno su PC e console.
    In realtà, il gioco ha già sperimentato sulla sua pelle un processo di ringiovanimento: al termine di una fallimentare campagna crowdfunding, il cosiddetto Outcast 1.1 fu rilasciato su Steam e GOG nel 2014, supportato solamente da una leggera rivisitazione grafica.La nuova versione in HD, invece, compie un processo di aggiornamento un po' più marcato ed invasivo rispetto alla precedente, nonostante mantenga immutati (forse anche troppo) i pilastri di gameplay che sorreggevano l'edizione originale: invitati a Parigi in un sontuoso evento organizzato da BigBen, abbiamo avuto l'opportunità di provare con mano una build ancora un po' acerba di Second Contact e discutere con Yves Grolet, co-fondatore dello studio Appeal, a proposito degli obiettivi e dell'idea alla base di questa rimasterizzazione. Abbiamo così scoperto che l'intento del team è quello di proporre agli utenti esattamente lo stesso prodotto di circa vent'anni fa, senza intaccarne (se non in minima parte) il feeling pad alla mano, ma anzi cercando di mantenersi il più fedeli possibili alla formula di partenza. Simili operazioni filologiche - per quanto apprezzabili - rischiano di rivelarsi concretamente una lama a doppio taglio, soprattutto quando un'opera non resiste alle intemperie del tempo con la giusta dignità.

    Se da un lato la fedeltà all'edizione originale può essere reputata un valore aggiunto, dall'altro l'incapacità di smussare alcune (evidenti) spigolosità rendono Second Contact un titolo talmente "antico" da risultare "vetusto". Poco o nulla è mutato, in breve, in confronto all'edizione del 1999, a cominciare dal comparto narrativo. La storia segue, infatti, pedissequamente gli eventi che alcuni giocatori avranno già imparato a conoscere: il viaggio del protagonista Cutter Slade verso un mondo parallelo chiamato Adelpha ci metterà quindi in contatto con un intero universo alternativo, popolato da un biosistema tendenzialmente ostile. Mentre la popolazione locale lo considera come il messia, Slade dovrà confrontarsi con un regime distopico che tiene il pianeta sotto lo stretto giogo della violenza, in modo tale da liberare gli abitanti dall'oppressione e tornare finalmente a casa. Un grande merito in Outcast è senza dubbio quello di aver dato vita ad un immaginario sci-fi di grande fascino, attraverso la creazione di un mondo parallelo ottimamente caratterizzato: il nostro avatar si muove in un "medioevo" futuribile dove, accanto ad una vita rurale con case in legno e coltivazioni di campi, trovano spazio armi iper-tecnologiche ed avanzatissimi sistemi di migrazione spazio-temporale.

    Da questo punto di vista, tutto è rimasto pressoché identico al gioco originale: l'aggiunta di cutscene riscritte quasi da zero e di due aree segrete (non presenti nel primo capitolo) si limita ad arricchire marginalmente la storia principale, lasciando che sia il giocatore a scoprire poco alla volta tutto il background narrativo, esplorando l'ambiente e dialogando con le creature antropomorfe che lo popolano. Second Contact è diviso in tre macro-regioni tutte liberamente esplorabili: ne consegue che la progressione non segue binari ben specifici, ma ci permetterà di portare a termine le missioni (sia principali, sia secondarie) nell'ordine che preferiamo. Un gran ruolo nell'economia del titolo rivestiranno - come già accennato - le discussioni con gli NPC, tramite i quali non solo carpire nuove informazioni sull'universo che ci circonda, ma anche ottenere ulteriori incarichi opzionali. Le aree visitabili non sono certo incredibilmente vaste, ma risultano comunque abbastanza dense di materiali ed oggetti da recuperare, i quali andranno poi consegnati all'apposito fabbro di ogni villaggio per ottenere nuovi pezzi di equipaggiamento.
    Come in ogni action-adventure che si rispetti, in buona sostanza, l'esplorazione rappresenta una delle colonne portanti dell'avanzamento: in assenza di veicoli motorizzati, per velocizzare gli spostamenti da un luogo all'altro potremo saltare al galoppo di qualche buffo animaletto simile ai chocobo di Final Fantasy, e sfrecciare così tra le praterie di Adelpha con maggiore rapidità. Ecco: se sul fronte della struttura ludica Outcast si mantiene piuttosto attuale (grazie a scelte di game design che due decadi fa si dimostrarono decisamente "pionieristiche"), per quanto riguarda l'anima più "action" della produzione c'è da dire - di contro - che gli anni trascorsi dalla sua prima release sono stati decisamente inclementi.
    Le sequenze shooter ci sono parse, dunque, molto obsolete: l'assenza di coperture dinamiche invoglia a un approccio frontale, ma il dinamismo è lasciato tristemente in disparte in favore di una legnosità anacronistica e di hitbox abbastanza intangibili.
    La buona varietà di armi a disposizione non modifica l'approccio alle battaglie, ed il tutto si riduce ad un susseguirsi di sparatorie meccaniche e poco coinvolgenti. Nel bene o nel male, l'impressione è quella di star giocando ad un gioco del 1999, con tutti i limiti e le problematiche che ne conseguono. Laddove l'Outcast originale presentava, inoltre, un'intelligenza artificiale incredibilmente evoluta, almeno per l'epoca, questo Second Contact non ha fatto altro che limare i pattern di comportamento della prima versione: senza "aggiornare" agli standard odierni l'IA degli avversari, ci ritroveremo a bucherellare dei bersagli mobili privi di reattività o di elaborate routine d'attacco e difesa.
    Se a tutto questo aggiungiamo animazioni dell'anteguerra, grossolane e rigide proprio come quelle di un gioco di vent'anni fa, il risultato non può che essere alquanto destabilizzante. Il motore grafico (il pur versatile Unity 5) non riesce neppure ad inscenare a schermo un'immagine di livello qualitativamente pari a quello delle moderne produzioni indipendenti: per quanto l'impatto generale sia pulito e nobilitato da un discreto design ambientale, i dettagli scenici si perdono in un ammasso di poligoni squadrati e grezzi, aggravati da animazioni facciali piuttosto inattuali.

    Second Contact è quindi una produzione che fatichiamo ad inquadrare correttamente nel panorama videoludico dei giorni nostri: dinanzi ad un titolo invecchiato in malo modo, d'altronde, l'opzione più raccomandabile forse sarebbe stata quella di un remake integrale, invece di una "semplice" remastered: o perlomeno, il team avrebbe potuto concentrare le sue attenzioni in un lavoro di restauro più sostanzioso, modernizzando - se non il corredo tecnico - anche soltanto le dinamiche da sparatutto in terza persona. Attualmente - e siamo lieti di essere smentiti in occasione della release finale - Second Contact ci è parso un gioco che supera il confine tra un'opera "vintage" ed una "primitiva": in tal senso, allora, Outcast - nel marasma di tanti altri congeneri - potrebbe davvero recitare la parte dell'"emarginato".

    Quanto attendi: Outcast: Second Contact

    Hype
    Hype totali: 25
    56%
    nd