Provato Project Morpheus

Sony entra nel mondo della realtà virtuale

Provato Project Morpheus
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Dobbiamo ammettere che quando, pochi giorni prima di partire per San Francisco, abbiamo fissato l'appuntamento per provare Project Morpheus, eravamo pervasi da uno scetticismo strisciante ma avvertibile. Nei mesi successivi all'annuncio ufficiale, avvenuto proprio alla GDC dello scorso anno, il visore Sony è stato un po' troppo troppo pigro ed in disparte, lontano dalle luci della ribalta e ostinatamente impegnato a mostrare le stesse, insipide tech demo sviluppate per il reveal. A onor del vero, dopo l'acquisizione di Oculus Rift da parte di Facebook, tutto il carrozzone della realtà virtuale ha ridotto un po' il ritmo di marcia: in mancanza di specifiche, costi, finestre d'uscita, e soprattutto di prodotti forti pensati esclusivamente per i visori VR, l'entusiasmo del pubblico si è un po' spento.
Adesso tutto cambia: prima Valve annuncia i suoi “occhialoni” (prodotti in collaborazione con HTC) e conferma l'uscita nel 2016, e poi Sony ritorna sul palco della Game Developers Conference per mostrare il nuovo prototipo di Morpheus (probabilmente quello definitivo) e ribadire che mancano al massimo 18 mesi per il lancio ufficiale. Finalmente abbiamo una tabella di marcia precisa, che fa presagire l'imminente arrivo di qualche annuncio “forte” in termini di software.
Yoshida, nel corso di una breve chiacchierata, ci conferma che l'E3 sarà il momento giusto per adocchiare i primi titoli veri e propri e scoprire qualcosa in più (ma anche il nome ufficiale della “periferica”, dato che Morpheus è solo un nome in codice). Per il momento, però, ci toccano ancora nuove Tech Demo, software che a detta di London Studio (alle prese con la realtà virtuale da un paio d'anni, in veste di avanguardia dell'esercito di team interni di Sony) non si trasformeranno in prodotti veri e propri. Per fortuna anche queste piccole applicazioni ci hanno riservato qualche sorpresa.

Un visore da sogno

l nuovo modello di Morpheus, posizionato saldamente sulla testa, si dimostra molto più comodo da indossare del primo prototipo, che già era un passo avanti alla concorrenza in fatto di ergonomia. Pur non avendo provato ancora il Vive di Valve, Morpheus si indossa meglio dell'Oculus, grazie a questa fascia che possa sulla fronte, evitando che il peso del visore vero e proprio si scarichi sul naso. Oltre ad essere un po' più leggero, sono più facili le regolazioni: ci sono due pulsanti che permettono di stringere la fascia che cinge la testa (e poi troviamo una rotella per le regolazioni di fino) e gestire la distanza delle lenti dagli occhi. Per noi che lo avevamo provato l'anno scorso, quello che colpisce subito è l'aumento dell'angolo di visione. Dai 90 gradi di 12 mesi fa siamo saliti a 100, e per fortuna è scomparso quasi del tutto il fastidioso “effetto oblò”: posizionando correttamente il visore non si notano più i bordi neri, e questo aiuta non poco l'immersione. Anche l'aumento della frequenza di refresh dello schermo, adesso fissata a 120hz, si fa sentire, facendo sparire del tutto l'effetto scia e l'eventuale “motion sickness” che qualcuno continuava a sentire. La differenza è palpabile, avvertita in maniera sostanziosa da chiunque abbia provato prima London Heist (la nuova demo a 120Hz) e poi la versione aggiornata di The Deep. La pericolosa immersione nelle cupe acque virtuali è stata la meno convincente non solo per la sua natura terribilmente passiva, ma anche per questioni spiccatamente tecniche (continua infatti a girare a 60Hz). Per quanto riguarda la risoluzione, sicuramente il nuovo OLED di Morpheus rende molto meno avvertibile la griglia di pixel, ma questo è un “problema” che non potrà mai sparire del tutto, almeno nel breve periodo e con le tecnologie attualmente disponibili. Mettendosi d'impegno è sempre possibile concentrare lo sguardo sul reticolo dello schermo (ma davvero: bisogna volerlo e non capiamo perché qualcuno dovrebbe desiderare di “rompere” l'immersione), ed in certi casi il fatto che lo schermo sia così vicino sembra in qualche modo ridurre l'efficacia dei filtri anti-aliasing, mettendo in mostra qualche scalettatura. Magari potrebbero servire nuovi algoritmi e nuove tecniche di post processing più adeguate alla realtà virtuale, e chissà che nei prossimi anni qualche team di sviluppo concentrato sui visori non trovi una soluzione.

Al di là delle impressioni positive sull'ergonomia e la qualità dell'esperienza di visione, le due nuove demo con cui Sony si è presentata alla GDC hanno sicuramente fatto colpo. La prima, Bedroom Robot, non è un'esperienza propriamente ludica, eppure risulta veramente ben confezionata e a suo modo “appassionante”. In pratica ci troviamo di fronte ad un piccola casa delle bambole, abitata dai microscopici robottini visti anche in PlayRoom. L'unica cosa che possiamo fare è muoverci nello spazio per sbirciare nelle stanze, cercando di dare un'occhiata alle attività degli esserini. É una vera e propria “minuteria”, abbastanza futile e per nulla interattiva, ma stuzzica a sufficienza la curiosità dell'utente. Quando lo sguardo si posa su uno dei robot, poi, questo compierà un'azione particolare, sentendosi osservato. Rispetto a tante altre tech demo che, in questi anni, ci hanno messo di fronte a modelli tridimensionali, qui viene voglia di muoversi nello spazio, accucciarsi, inclinare la testa, e insomma esplorare uno spazio tridimensionale ricreato fin nei minimi dettagli. A tal proposito, uno dei punti di forza di Morpheus sembra proprio quello del''head tracking. Già lo scorso anno, grazie ai quattro led posizionati ai margini del visore frontale, la PlayStation Camera riusciva a seguire i movimenti dei giocatori. Nella nuova versione di Morpheus troviamo tre led in più, per una mappatura davvero precisa e reattiva, e soprattutto a 360 gradi. Pure nella demo The Deep abbiamo girato su noi stessi un paio di volte, senza mettere in crisi il sistema. La demo più interessante resta tuttavia quella di London Heist, breve esperienza a sfondo criminale che sfocia in una sparatoria in prima persona insospettabilmente dinamica. La demo comincia con una scena non interattiva: siamo legati ad una sedia e un energumeno poco raccomandabile resta impassibile davanti a noi. Ai suoi piedi c'è una grossa fiamma ossidrica, ed anche prima che inizi a parlare sappiamo già come andranno a finire le cose. Vedere questo personaggio che si alza, sbatte la sedia, ci urla in faccia, vederlo cioè a pochi centimetri dal nostro viso, ha un impatto che nessun filmato potrebbe avere.
In questi giorni di GDC sia Yoshida che Vander Caballero (autore di Papo & Yo, attualmente al lavoro su Time Machine, titolo pensato per la realtà virtuale) ci hanno detto sostanzialmente la stessa cosa: “Con la VR è possibile ottenere un coinvolgimento emotivo molto più forte rispetto a quello del videogioco classico”. L'incipit di London Heist prova che avevano ragione. La scena cambia però nell'arco di pochi minuti e, come se fossimo catapultati in un flashback, ci troviamo nel bel mezzo dell'azione. In mano stringiamo due Move: già l'anno scorso, provando la demo chiamata “Medieval”, avevamo confermato quanto fosse interessante l'utilizzo dei motion controller in questo nuovo contesto. Anche Yoshida conferma che la realtà virtuale ha aperto nuove prospettive, “spostando l'attenzione da quello che fino ad oggi abbiamo chiamato 'controllo motorio' ad una nuova idea di cognizione spaziale e di partecipazione”.

Anche in questo caso dobbiamo dare ragione al buon Shuhei: con le due mani ci troviamo ad aprire i cassetti di una scrivania, puntando una torcia per illuminarne gli interni e recuperare chiavi, caricatori e altri oggetti. Ci siamo evidentemente infilati in questa stanza con l'intenzione di rubare qualcosa, ma le cose non vanno per il verso giusto e un bel po' di guardie si precipitano su di noi. Entrano dalle porte di fronte, ci puntano dalle balconate. Troviamo e raccogliamo una pistola. In questo momento London Heist si trasforma in una sorta di sparatutto su binari. Dobbiamo puntare gli avversari e far fuoco, e ogni tanto ricaricare fisicamente l'arma (raccogliendo un caricatore con il Move e infilandolo nel calcio della pistola). L'aspetto più bello è l'utilizzo prettamente fisico della scrivania che abbiamo davanti come copertura. Spostandoci fisicamente nell'ambiente di gioco possiamo accucciarci per evitare di essere colpiti, sporgerci per sparare, cercare un angolo di visuale con una traiettoria libera. Ecco, i pochi secondi di sparatoria proposti da London Heist sono qualcosa di mai visto a livello ludico. Chi scrive si è lanciato in ginocchio, e poi di lato, e poi è schizzato nuovamente fuori dal riparo, animato da un fervore tutto nuovo. London Heist, sia chiaro, è tutto fuorché un prodotto completo e complesso. E pure se dovesse trovarsi a proporre una serie di sequenze come quella che abbiamo giocato, avrebbe probabilmente una struttura troppo semplicistica per reggere sulla lunga distanza. Ma in qualche modo si tratta di un'applicazione che ribadisce quale sia il potenziale della Realtà Virtuale, che arriva dopo un anno di silenzio relativo, esperienze passive, “adattamenti” di titoli già consumati (come Mirror's Edge o Half-Life) e non certo pensati nativamente per i nuovi visori. Oltre a dimostrare le qualità tecniche del nuovo Morpheus, ed a presentare una scena complessivamente ben modellata, ricca di dettagli e bella da vedere, la demo di London Studio ci ha rimesso addosso la curiosità che negli ultimi mesi si era affievolita.

PlayStation VR Ci sono ancora tanti dubbi riguardo al successo dell'operazione Morpheus. Uno di questi è legato al prezzo della periferica, che potrebbe salire nel caso in cui qualche titolo dovesse sfruttare anche due Move come fa la demo più riuscita fra quelle portate alla GDC. Un altro è relativo invece alla Line-Up: alla GDC abbiamo visto tanti titoli pensati per la realtà virtuale, ma si trattava di produzioni generalmente seminali, e mai sufficientemente strutturate per diventare “di richiamo”. C'è poi da dire che, essendo compatibile solo con Ps4, Morpheus si precluderà, almeno all'inizio, tutte quelle esperienze non propriamente ludiche a cui si potrebbe avere accesso su PC. In attesa di avere una Line-Up ed una data, però, Sony ci ha convinto ancora: non solo migliorando il suo prototipo e smussando quasi tutti gli spigoli che avevamo evidenziato nel corso delle prove precedenti, ma anche dimostrando in pochi minuti che studiare esperienze interattive originali e specifiche è possibile. Già questo è un gran risultato.