Giocare a Psychonauts 2 è come fare un viaggio indietro nel tempo, un tuffo a ritroso nelle pieghe dello sviluppo videoludico per tornare a una stagione che non esiste più. Parlo di quell'epoca in cui il videogame di stampo narrativo non aveva ancora imboccato il sentiero del realismo, e anzi spuntavano spesso e volentieri immaginari fantastici, produzioni oniriche, avventure astratte e surreali. Erano gli anni 2000, quelli di American McGee e del suo Alice, quelli di Bloodrayne e di Stubbs the Zombie, e ovviamente quelli del primo Psychonauts (abbiamo parlato di Psychonauts in MyGeneration), che inaugurò la lunga (e travagliata) avventura di Double Fine, casa di sviluppo fondata da Tim Shafer dopo l'abbandono di LucasArts.
A quei tempi gli Action 3D si facevano in un'altra maniera, con un pizzico di artigianalità che oggi le grandi produzioni non possono più permettersi. Molto spesso si manteneva una struttura "a livelli", con stage indipendenti che avevano un tema forte e immediatamente riconoscibile; alla componente d'azione si alternava quasi sempre il linguaggio del platform, e l'esplorazione procedeva così tra prove di tempismo, salti millimetrici e persino qualche enigma ambientale. Tra segreti e collectible emergeva fortemente una dimensione ludica e giocosa che si intrecciava con l'avventura, in un'epoca in cui gli strumenti espressivi del videogame erano sicuramente meno maturi, ma i prodotti non risultavano certo meno efficaci o genuini.
Il ritorno di Psychonauts
Psychonauts 2 è un tributo a quel modo di fare videogiochi, e un poderoso colpo al cuore di chiunque abbia vissuto della stagione. Per quanto non risulti attualissima nelle meccaniche di gioco e nella grafica, la nuova avventura di Razputin mi ha letteralmente magnetizzato, e proprio no voleva saperne di lasciarmi andare. Ho giocato e rigiocato gli stage della versione preview per trovare tutte le fantasticherie e i bagagli emotivi, perdendo il conto delle ore e sacrificando il sonno come facevo da adolescente.
Mi risulta impossibile astrarmi del tutto dalla prospettiva di chi vede il gioco come una vivace e opportuna celebrazione di quei tempi, e non saprei dire se i giocatori che non li hanno sperimentati rischino di trovare il nuovo titolo di Double Fine un po' anziano, concettualmente parlando. Con un moto di ottimismo spero che lo reputino, semmai, diverso. Orgogliosamente diverso: leggero nei toni, acido nei colori, bizzarro nelle forme. Insomma, proprio come l'estro di chi l'ha creato, eccentrico e non omologato.
La storia
La storia di Psychonauts 2 comincia subito dopo Rhombus of Ruin (a questo link potete leggere la nostra recensione di Psychonauts VR), sfortunatissima avventura in realtà virtuale che fa da ponte tra il primo capitolo della saga e questo sequel ufficiale. Se avete paura di non avere una visione chiara degli eventi, magari perché non avete giocato l'originale o l'intermezzo in VR, all'avvio troverete un completissimo filmato che riassume gli antefatti della vicenda. Che restano per altro immediatamente "digeribili": il protagonista Raz è appena uscito dal campus per giovani Psionici, dove ha coltivato i propri poteri mentali, e viene finalmente arruolato tra le fila degli Psychonauts, le stravaganti psico-spie che danno il nome alla produzione.
La storia del gioco racconta di una losca macchinazione all'interno dell'organizzazione segreta, ma a conti fatti si tratta di un pretesto per focalizzarsi in maniera più concreta sui personaggi e sulla mitologia di questo mondo pazzo e surreale. Si capisce subito che la sceneggiatura di Tim Shafer e Eric Wolpaw (scrittore che ha lavorato ai due Portal e al recente Half-Life: Alyx) è interessata soprattutto a spiegare le gerarchie degli Psychonauts, presentando le figure che tengono in piedi tutto il sistema e i padri fondatori che per primi hanno deciso di riunire tutti gli psionici sotto un unico vessillo. Allo stesso tempo anche le origini di Razputin diventeranno più chiare: fuggito da una famiglia di acrobati circensi per coltivare i suoi poteri paranormali, Raz avrà modo di scoprire quali sono le sue radici, in un'avventura pensata soprattutto per spiegare un mondo, per esibirne le stramberie. Dopo aver giocato per circa quattro ore non possiamo ovviamente dire di più sulla qualità della sceneggiatura, ma confermiamo che la scrittura è sempre brillante, impreziosita da uno humor molto efficace, che oscilla felicemente fra la stranezza e il non-sense.
Il gameplay
Il potere più grande degli Psychonauts, come il loro nome lascia intendere, è quello di saper navigare nella psiche di qualsiasi persona, entrando nella mente del paziente da una piccola porticina collocata sulla sua testa per scoprire ansie, turbe e oscuri pensieri. La nuova avventura di Double Fine comincia proprio così, con un allucinato viaggio all'interno della contorta personalità di Caligostro Loboto, folle dentista già incrociato nel primo capitolo. Questa prima esplorazione mentale serve per prendere confidenza con le meccaniche di gioco, e capire così che tipo di esperienza ci aspetta.

Come dicevamo in apertura Psychonauts 2 è un action/platform tridimensionale, in cui si alternano combattimenti ed esplorazione. In entrambe le evenienze utilizziamo i poteri psichici di Raz, che da una parte attacca gli avversari con una proiezione della propria forza mentale (a forma, ovviamente, di manate e cazzottoni), dall'altra utilizza capacità pirocinetiche per bruciare oggetti e svelare stanze e passaggi nascosti. Questa sorta di "duplicità" della struttura ludica, che si divide costantemente tra azione ed esplorazione, si riflette anche sui poteri del protagonista, che hanno diversi utilizzi a seconda della situazione.
Le fiamme della pirocinesi permettono ovviamente di danneggiare gli avversari oltre che gli oggetti, e la capacità di creare "connessioni mentali", che nelle fasi platform serve per agganciarsi a dei "groppi" di idee che fluttuano per aria, in combattimento funziona come una sorta di laccio per trascinare a sé gli avversari. È chiaro fin da subito che nell'economia di gioco gli scontri hanno un ruolo tutto sommato marginale: rappresentano degli intermezzi che diversificano la progressione, ma al centro della scena c'è sempre e comunque l'esplorazione. E per fortuna, diremmo noi: sondare gli angoli più remoti delle menti in cui penetriamo resta la parte più stimolante dell'esperienza.
Capire come andare avanti, superare una sequenza di salti particolarmente ostica, o ancora cercare di raccogliere tutti gli oggetti sparpagliati nella testa dei nostri "pazienti" è sicuramente l'aspetto più stimolante del gioco. Anzi: a tenere avvinto il giocatore c'è proprio questa vibrazione da collectathon che spinge a curiosare in giro. In ogni psiche che visiterete potrete trovare un buon numero di "fantasticherie", idee appena abbozzare rappresentate come schizzi disegnati a mano. Ci sono poi bagagli emotivi che vanno etichettati e ricordi preziosi conservati in luoghi ben nascosti. Per completare davvero i livelli si deve scandagliare ogni area, percorrere strade secondarie e non lasciare niente di intentato. Alle volte sarà necessario tornare a visitare qualche mente in un secondo momento, dopo aver ottenuto i poteri più avanzati di Raz, tra cui la possibilità di creare una proiezione di se stesso e quella di rallentare il tempo per bloccare ingranaggi e piattaforme. Quello che funziona, in Psychonauts 2, è che tutti gli sforzi per raccogliere fantasticherie e ricordi vengono ricompensati da un sistema di sviluppo del personaggio, che permette di salire di grado e potenziare i poteri psionici del protagonista. Non è solo il senso di completamento che spinge a perlustrare i meandri delle menti altrui, ma anche una progressione sempre gratificante e ben scandita.
In nome della varietà
Al di là delle esplorazioni mentali, una parte consistente dell'avventura di Raz si ambienta all'interno del quartier generale degli Psychonauts, centro nevralgico delle operazioni dello pisco-gruppo. Anche in questo caso il titolo non sconfessa la sua natura, stimolando un'esplorazione partecipe e attiva. In giro per la Motherlobe ci sono missioni secondarie, carte volanti utili a salire di grado, e assurdi personaggi impegnati in conversazioni più o meno stravaganti.
Il quartier generale è una vasta area tutta da scoprire, che nelle fasi avanzate dell'avventura riserverà sicuramente qualche sorpresa. Resta vero che l'incedere di Psychonauts 2 è molto legato alle incursioni psichiche, ciascuna delle quali rappresenta un livello a sé stante. Nel corso della nostra prova abbiamo potuto visitare le menti di tre diversi soggetti, ciascuna caratterizzata da meccaniche di gioco e atmosfere molto diverse.

La mente di un'insegnante malata di ludopatia, ad esempio, non è altro che un enorme casinò, traboccante di roulette e pachinko. In questa fase l'obiettivo è quello di rompere e creare connessioni mentali, per far in modo che il concetto di rischio non venga più associato alla vittoria, al denaro e alla ricchezza. Uno dei punti di forza principali di Psychonauts 2 si rivela proprio il rapporto fra la scrittura e i mondi che il team ha creato: le ossessioni dei personaggi e le cicatrici del loro subconscio si concretizzano perfettamente nell'immaginario visivo, negli scorci e nell'estetica degli stage, strappando un compiaciuto sorriso in chi sa leggere tra le righe.
C'è in primis un lavoro di sceneggiatura manifesto ed esplicito, che riguarda il tema della mente, della personalità e del pensiero: gli avversari che ci troviamo ad affrontare, ad esempio, non sono altro che rimorsi, rimpianti, giudizi impietosi e istinti censori che vogliono scacciare i pensieri scomodi. Ma c'è anche uno sforzo creativo più sottile, non certo sussurrato ma comunque consegnato al giocatore senza spiegazioni didascaliche. Quando ci infiliamo nella mente di Compton Boole, uno dei padri fondatori degli Psychonauts, ci troviamo ad esempio all'interno di uno stravagante programma di cucina.
Le gag a cui assistiamo sono divertenti, con un pubblico composto da vari ingredienti che smania per farsi cuocere dal protagonista: ma mentre le uova si rilassano nell'acqua calda e le fragole si lasciano strapazzare dal frullatore, capiamo che il problema di Compton è la sua incredibile ansia sociale. La paura di essere giudicato dagli altri suoi pari, che nella sua testa sono gli spietati giudici del programma, si è trasformata in questa sorta di deviata versione di Master Chef. Poco dopo finiremo in un'altra storica mente degli Psychic Six, Cassie O'pia. Qui troveremo diverse versioni della paziente, che sa essere insegnante, scrittrice e persino falsaria ma che non riesce a dar sfogo a nessuna di queste sue disposizioni, da momento che una rigida bibliotecaria, rigorosa e metodica, tiene imbrigliate e imprigionate le altre versioni di sé. Visto che in un modo o nell'altro tutte le versioni di Cassie hanno a che fare con la carta e con i libri, questa mente ha la struttura di un'enorme biblioteca, ricolma di libri in cui possiamo entrare, di lettere e parole, di città cartacee costruite con origami e libri pop-up.
Ed ecco che spunta un altro grande valore di Psychonauts 2, ovvero quello della varietà. In quattro ore di gioco abbiamo visitato basi spionistiche che sembravano uscite da una fiction degli anni '70, menti così contorte che parevano un film espressionista degli anni '20, e poi casinò al neon e mondi di cartone.
L'intento di Psychonauts 2 è chiaramente quello di stupire il giocatore, dargli in pasto qualcosa di nuovo ad ogni ora, incuriosirlo ora con una trovata estetica, ora con un livello dalle meccaniche inaspettate. Spostandosi senza sosta da una fase bidimensionale ad una corsa contro il tempo, da una boss fight tentacolare a un enigma basato sull'associazione di idee, il titolo riesce a conservare il fattore sorpresa, e un lieve ma costante senso di meraviglia che non vi abbandona mai.