Ok, ragazzi, siate onesti. Quanti di voi hanno rischiato di mollare una lacrimuccia di gioia alla vista del reveal trailer di Soulcalibur VI, nel mezzo di un'edizione di The Game Awards decisamente memorabile? D'altronde parliamo di uno dei brand più cari agli amanti dei picchiaduro, costellato di picchi d'eccellenza clamorosi. No, oggi non vi strazieremo con le gloriose rimembranze legate al primo capitolo per Dreamcast (anche se ci è già partito un po' di nostalgico magone), perché abbiamo ricordi ben più freschi da condividere con voi. Parliamo di quelli accumulati nel corso dell'evento parigino Bandai Namco Level Up Winter Edition, che ci ha permesso di posare i nostri smaniosi artigli su un titolo che attendiamo con un certo, innegabile, friccicorio. Per la cronaca, ci siamo divertiti come se fosse il 1999.
"Victory belongs to the last one standing"
Considerando il peso storico, culturale ed emozionale del brand in questione, crediamo sia giusto aprire questa anteprima condividendo con voi il primo pensiero che ci è frullato per la mente dopo la prima manciata di match in compagnia del nuovo picchiaduro di Bandai Namco: "Soulcalibur sta tornando, e in grande spolvero". Una volta messe le mani sul pad, la prima cosa che colpisce è l'aumento considerevole delle ritmiche che combattimenti, decisamente più frenetiche e sincopate rispetto a quelle del precedente capitolo della saga. Questo perché non solo per la velocità intrinseca del combat system, comunque consistente, ma Soulcalibur VI sembra voler tornare all'immediatezza dei primi capitoli della saga, di Soulcalibur II in particolare.
Una sensazione corroborata dalle dichiarazioni del producer Motohiro Okubo, che ci ha confermato come il team di sviluppo abbia fatto il possibile per conciliare l'incredibile flow del secondo capitolo con la profondità tecnica dell'ultima iterazione della serie."Volevamo fare il modo che il sistema 8-Way Run di Soulcalibur VI offrisse al pubblico la responsività e l'immediata godibilità di Soulcalibur II, senza rinunciare ai passi avanti fatti sul fronte delle meccaniche in Soulcalibur V - ci ha spiegato il producer - Per ottenere questo risultato, abbiamo optato per un sistema di combattimento che permettesse di gestire buona parte delle tecniche con la pressione di un singolo tasto, anche perché abbiamo avuto l'impressione che l'evoluzione della saga l'avesse portata ad avere un sistema di controllo fin troppo articolato, quasi inaccessibile per i nuovi utenti". E in effetti la nuova iterazione del picchiaduro di Bandai Namco risulta godibile sin dal primo istante, anche per chi non ha passato l'ultimo ventennio a incrociare le lame sui campi di battaglia della serie. Una volta presa la giusta confidenza con i controlli di base, il titolo diventa immediatamente godibile, senza però mai cedere platealmente a facilismi che, nel quadro del genere di appartenenza, potrebbero risultare invalidanti e possibilmente controproducenti.
L'impressione è che Soulcalibur VI sia un titolo semplice da approcciare, ma tutt'altro che povero in termini di tecnicità potenziale.
La neointrodotta meccanica della "Reversal Edge" è un chiaro esempio di questa duplice natura. Si tratta di una mossa speciale, attivabile con il dorsale destro al costo di una barra di energia, che coinvolge i combattenti in uno scontro al rallentatore il cui esito dipenderà dalle tecniche scelte dai due contendenti. Esattamente come nella morra cinese, il triangolo delle mosse coinvolte (attacco verticale, orizzontale e sidestep) è infatti basato su precisi rapporti di dominanza, in grado di determinare quale dei due guerrieri finirà col mettere a segno il colpo: l'attacco verticale batte sempre quello orizzontale, ragionevolmente efficace contro il sidestep, che a sua volta vince sul fendente verticale.
Come ovvio, parliamo di una meccanica che introduce un elemento di fortuna in un genere tradizionalmente ostile alla casualità, ma per Motohiro Okubo si tratta di un rischio calcolato.
"Per la ‘Reversal Edge' potremmo ricevere molte critiche da parte dei vecchi fan della serie - ci ha detto Okubo - questo lo sapevamo dall'inizio. Ma c'è un fattore di rischio molto forte legato a questa meccanica, che probabilmente farà sì che i giocatori smettano di usarla col tempo".
La "Reversal Edge" è in sostanza una meccanica didattica, utile ad offrire ai neofiti una dimostrazione pratica delle interazioni di base tra le tecniche di Soulcalibur VI. Il fatto che, con un po' di pratica, la mossa possa essere tranquillamente schivata lascia intendere che questa sorta di "counter automatico" sia effettivamente destinato a sparire nelle partite tra giocatori di buon livello. Rimane comunque qualche dubbio sull'effettiva validità del sistema, che potrebbe ridurre artificialmente il margine di scarto tra giocatori a diversi livelli di abilità. Così come non convince appieno la scelta di permettere l'esecuzione della combo speciale "Critical Edge" con la sola pressione del grilletto destro (al costo di due barre di energia), anche se si tratta di una soluzione non molto distante da quella utilizzata agli albori della saga (in Soul Edge bastava premere i tre tasti d'attacco in contemporanea). Considerando però l'importanza della gestione del movimento, delle distanze e delle tempistiche nell'economia dei combattimenti, specialmente ad alti livelli, è difficile credere che questa semplificazione eserciterà un peso rilevante sul fronte competitivo, anche in virtù delle mire eSportive della produzione.
"Crediamo che il gioco abbia tutto il potenziale per esordire nel panorama degli sport digitali, un ambito che Bandai Namco tiene in gran conto - ha dichiarato Okubo - In ogni caso tutto dipenderà dalla community, che speriamo troverà il gioco divertente e lo sosterrà sul fronte competitivo". In generale, abbiamo avuto l'impressione che gli sviluppatori stiano gestendo bene la gamma dei pro e dei contro generati dalle modifiche apportate al sistema di combattimento, che ci è quindi sembrato appagante, piuttosto ben calibrato e soprattutto divertentissimo. Se è vero, ad esempio, che anche la modalità potenziata "Soul Charge" (che produce chip damage e garantisce danni maggiorati a ogni attacco) può essere innescata con un singolo tasto (grilletto destro con una barra di energia), la finestra di vulnerabilità durante l'attivazione continua ad essere un forte elemento di scarto tra giocatori a diversi livelli d'abilità. La modalità "Soul Charge" permette tra l'altro di inanellare particolari - e potenti - combo che richiederanno una certa familiarità con le meccaniche di alto profilo, specialmente dal punto di vista ritmico. Discorso applicabile anche alla gestione delle stance, dei counter "manuali", e degli assalti a partire da Guard Break (l'ex Guard Impact che ora non consuma barre per essere eseguito).
"Power without idea isn't justice"
Come prevedibile, durante l'evento parigino il producer Motohiro Okubo ha deviato più che abilmente tutte le nostre domande sulla storia portante del nuovo Soulcalibur, tornando a confermare che il titolo sarà ambientato nel sedicesimo secolo, all'epoca del primo capitolo della saga. Stesso discorso per il roster che, fatta eccezione per la presenza di Sophitia e Mitsurugi, rimane ancora avvolto dal mistero. Nel corso del nostro hands-on abbiamo potuto però verificare che il titolo includerà almeno una ventina di combattenti, e Okubo ci ha confermato che il team di sviluppo sta lavorando per comporre un roster capace di titillare i fan con "qualche bella sorpresa". Passando al profilo tecnico della produzione, il titolo ci è sembrato in buona forma, specialmente dal punto di vista della fluidità delle animazioni, sostenuta da un frame rate solidamente ancorato alla soglia dei 60 fps. Allo stato attuale, il design di personaggi e ambientazioni pare tendere verso ottimi livelli qualitativi ma, come intuibile, si tratta di valutazioni assolutamente preliminari.
Buono anche il sistema di illuminazione, sebbene ci sia sembrato di intravedere una certa tendenza alla sovraesposizione in determinati frangenti. Non particolarmente piacevole, invece, l'utilizzo di un filtraggio grafico piuttosto aggressivo, che causa un effetto "grain" piuttosto marcato. In generale, però, il team di sviluppo ci è sembrato a proprio agio con l'Unreal Engine 4, anche grazie all'esperienza maturata dai "cugini" al lavoro su Tekken 7.
"I due team di sviluppo si sono influenzati in modo positivo, stabilendo una rivalità molto stimolante - ci ha raccontato il producer - In termini di condivisione del know-how, è stata molto proficua la condivisione delle conoscenze delle due squadre sull'uso dell'Unreal Engine 4. Ha sicuramente fatto bene a entrambe le produzioni. Per quanto riguarda le meccaniche, però, credo che ognuno dei due giochi abbia una identità ben definita, unica". Parlando del supporto post-lancio, Okubo ci ha confermato che Bandai Namco è intenzionata a seguire lo stesso approccio scelto per Tekken 7, il cui Season Pass comprendeva nuovi costumi, una modalità di gioco inedita e un paio di personaggi aggiuntivi. In tutta onestà, non possiamo fare a meno di sperare che il team opti per un maggior focus sull'arricchimento del roster, senza investire troppo sulla gamma delle variabili modaiole a disposizione dei giocatori.
Il nostro primo incontro con Soulcalibur VI ci ha lasciati con le dita stanche e un buon sapore ludico in bocca. Malgrado qualche piccolo dubbio circa gli equilibri dell’impostazione “a due anime” del prodotto, ci è sembrato che il picchiaduro di Bandai Namco abbia tutto il potenziale per riuscire a convincere anche i veterani della saga. Il ritorno alle origini ritmiche della serie offre ai giocatori un combat system accessibile ma profondo, capace di appagare sia i neofiti che gli esperti. È probabile che questi ultimi accantoneranno ben presto alcune delle meccaniche più “semplici” del gioco (“Reversal Edge” in primis), per affondare i polpastrelli nelle dinamiche più tecniche di una produzione chiaramente pensata per accogliere un’ampia gamma di utenti. Resta da capire se il prodotto finale avrà tutte le carte in regola per trovare una sua collocazione nel panorama competitivo, ma gli auspici appaiono senz’altro positivi. Specialmente se si considera la forte unicità caratteriale del gioco di Bandai Namco che, grazie alla forza del sistema 8-Way Run, non teme sovrapposizioni con altri esponenti del genere.